venerdì 18 novembre 2011

La competenza penale del giudice di pace fra fiducia e sfiducia del legislatore (seconda parte)

Per altri aspetti la disciplina dettata dal decreto 274 esprime un'alta considerazione del giudice di pace e, talora, attua in maniera maggiormente rigorosa alcuni principi costituzionali.

In prima battuta, oltre ad avere posto particolare attenzione al rispetto del contraddittorio ed alla fase di giudizio a mente dei riformulato art. 111 Cost., come già posto in evidenza al punto 4), il Legislatore delegato ha tenuto ad astringere la com­petenza territoriale del giudice di pace penale alla determinazio­ne costituzionale del giudice naturale previsto nell'art. 24 Cost.In caso di competenza territoriale dovuta a connessione, qualora i reati siano stati commessi in luoghi diversi, l'ara 8 del decreto, in relazione all'art. 7, prevede uno spostamento della competenza per territorio del giudice dl pace,solo nelle ipotesi di concorso di persone nel reato (art. 110 cah), ovvero dl coope­razione di persone in delitto colposo (art. 113 c.p.), ovvero di concorso formale di reati. Tutte le restanti ipotesi descritte nell'art. 12 c.p.p. (condotte indipendenti fra più persone; reato continuato ed art. 81, secondo comma, c.p.; reato mezzo a reato fine ex art. 61, n. 2, c.p.) non rientrano nelle cause che cagionano una modifica dei criteri di individuazione del giudice competente a livello territoriale, in caso di reati perpetrati in siti diversi. L'art. 25 Cost, non solo impone all'ordinamento l'esistenza di un giudice precostituito per legge, id est di un giudice individuato in astratto e prima dell'insorgere della con­troversia da giudicare, ma prevede anche un giudice naturale. Secondo la giurisprudenza costituzionale (10), posto che la competenza territoriale del giudice penale (quindi adesso anche del giudice di pace, n.d.r,) è disciplinata dalla legge in conside­razione del luogo ove è stato commesso il reato, alio scopo di consentire che ivi si dia luogo-alla migliore concentrazione delle attività del processo... e che il criterio del formo commissi delicti, pur se ispirato da finalità attinenti in modo prevalente alla economia processuale, risponde anche all'esigenza di una più facile raccolta delle prove e dunque evidentemente incide, rendendolo più agevole, sull'esercizio del diritto di difesa, il Legislatore, nel dettare i criteri attributivi della competenza, deve tendenzialmente ispirarsi al rispetto del principio del focus conernissi delicti; deroghe a tale criterio (come avviene con la connessione, n.d.r.), comportando una maggiore gravosità delle modalità dl esercizio del diritto di difesa, possono ritenersi legittime se sorrette dalla salvaguardia di interessi ritenuti, non irragionevolmente, degni di tutela Pertanto, come anche alcuni insigni Autori sostengono (11), il collegamento della competenza al toctis perpetrati deficit integra il requisito della a naturalità del giudice, come richiesto. dall'art. 25, comma primo, della Costituzione, accanto al sopra nominato aspetto della precostituzlone per legge. Sussiste quest'ultimo elemento, ma non quello delta naturalità dell'organo giudiziario, quando la competenza territoriale del giudice non è determinata in base al focus denoti. Poiché la disciplina di cui sl tratta ha ristretto sensibilmente le ipotesi di spostamento della competenza territoriale per ragioni di con. nessione, si appalesa chiaramente linirnus del Legislatore delegato di tenere unite, saldamente la concezione del giudice naturale a quella dl un giudice precostituito per legge.

Visti i tratti, caratterizzanti il profilo del giudice di pace nel settore giuscivilistico, non poteva essere altrimenti la consegna-a questi di pregnanti poteri conciliatori, ogniqualvolta l'azione penale fosse esercitata nei confronti di reati procedibili a querela. La possibilità dl addivenire alla conclusione del processo penale In esito alla remissione della querela è già cono­sciuta nella procedura penale. L'art. 564 c.p.p,, prima della riforma del giudice unico, già riconosceva al Pubblico Ministero la possibilità (non l'obbligo) di promuovere la remissione della querela per giungere bonariamente alla cessazione della materia del contendere, Il vigente art. 555, comma terzo, c.p.p., impone al Tribunale in composizione monocratica di verificare se Il quere­lante è disposto a rimettere la querela ed 11 querelato ad accettare la remissione. In realtà ilmotere di conciliazione è implementato nel processo penale dinanzi al giudice di pace: sia l'aspetto termino­logico, sia quello più squisitamente procedurale evidenziano quanto detto.

Nell'art. 29, comma quarto, del D.Lgs. 274100 si trova esplici­tate l'espressione e conciliazione •, a differenza dell'art. 555 c.p.p. In cui ci si limita a conferire al giudice monocratico il potere-dovere di verificare la possibilità della remissione della querela da parte 'della persona offesa. L'aspetto terminologico non è di poco momento, visto che spiega il rafforzamento dei momento procedurale. A differenza dell'ari. 555 c.p.p. che si limita ad indicare l'esistenza del a tentativo del giudice, senza prevedere in alcun modo il quomodo, l'art. 29, comma'quarto, prevede dettagliatamente il tracciato, anche eventuale, che Il giudice di pace penale deve percorrere per far al di giungere utilmente alla conclusione bonaria del-processo (12). Che si tratti di una vera e propria attività di conciliazione, dl efficacia Maggiore di quella prevista nell'abrogato art. 564 c.p.p, e nel vigente art. 555 c.p.p., si argomenta in base alla possibilità conferita al giudice di pace di usufruire anche della mediazione di centri e strutture odiate e pubbliche. In questo caso-la natura di magistrato non professionale, istituito nel 1991 per rinvigorire il rapporto fra Istituzioni giudi­ziarie e cittadini e persmahire parte del carico processuale civile, ha giovato alla configurazione del nuovo giudice di pace, a cui è demandato l'esercizio dell'impegnativo potere di accelerare la risposta di giustizia, tramite un saggio e calibrato, uso delle proprie capacità di convinzione delle parti di chiudere la controversia.

Questo profilo di giudice che media tra le posizioni conflittua li delle parti e che ha lo scopo istituzionale di consegnare alla collettività una rapida ed efficace giustizia ha condotto il Legi­slatore ad attribuire al giudice dl pace penale alcuni strumenti decisori che, almeno in parte, coincidono con quelli adoperati dal Tribunale dei Minorenni quando giudica in sede penale: esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto (art. 34) ed estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie (art. 35).

Questi provvedimenti che il giudice di pace può adottare a chiusura del procedimento o del processo rappresentano una sorta di parziale compensazione della scelta operata dal Legisla- ' tore di non consentire il ricorso ai giudizi alternativi tipici del processo ordinario: possono considerarsi meccanismi finalizzati a definire II processo/procedimento senza pervenire alla decisione di merito. Desta un particolare interesse il primo degli strumenti, per la possibilità che la norma che prevedel'esclusio­ne della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto contrasti con il dettato costituzionale. Forse In tale ipotesi Legislatore ha esagerato con la volontà di attribuire al giudice di pace poteri decisoti che tendano a ridurre i tempi dl attesa della giustizia. Confrontando quanto disciplinato nell'art. 34 del decreto 274 con la declaratoria di improcedibilità per irrilevan­za del fatto prevista nel processo penale minorile, siamo portati ad evidenziare il Contratto della prima norma con l'art. 112 Cost.

Lasciando alle future discussioni dottrinarie e giurispruden­ziali la corretta determinazione del significato di particolare tenuità del fatto e volendo, semmai, interpretare l'espressione particolare tenuità del fatto alla stessa stregua di come viene generalmente intesa l'espressione irrilevanza del fatto a all'interno del processo(13), permane indubitabilmen­te41 punto dolente dell'assoluta discrezionalità dell'esercizio dell'azione penale nel processo davanti al giudice di pace.

Il momento di partenza di qualsivoglia ragionamento razionale giuridico, in tale argomento, deve essere sempre l'art. 112 Cost. che sacramentalizza Irrimediabilmente l'obbligato­rietà dell'azione penale del Pubblico Ministero..

In seconda battuta è altrettanto evidente che tl fatto criminoso. sia quando si verta nell'ambito del processo minorile, sia quando si vene nell'ambito del nuovo processo dinanzi al giudice di pace, corrisponde qualitativamente alla previsione normativa del reato, ossia gli elementi costitutivi

della condotta criminoso. posta in essere dal soggetto agente coincidono in tutto e per tutto con la fattisPecie dellituosa descritta nella norma penale incriminatrice.

Conseguenza ineluttabile logico-giuridica non può essere che, anche nell'ipotesi individuata nell'art. 34, si deve procedere all'esercizio dell'azione penale, come d'altronde avviene nella situazione similare nel processa minorile (14), essendo al di fuori della Costituzione la possibilità - espressa nell'ari. 34, comma secondo-che Il giudice dl pace archivi Il procedimento per la particolare tenuità del fatto: il fatto di reato esiste, seppur lieve, e non si può non giungere all'adozione di una sentenza di merito, seppure con tutte le attenuanti del caso, anche di parti­colare rilievo.

Fra fiducia e sfiducia del Legislatore nel confronti del giudice di pace penale, fra il rafforzato rispetto della Costituzione per quanto riguarda la tutela del giusto processo (art. 111 Cosa) ed ilPiincipio del giudice naturale (art. 25 Cosa), da una parte, ed il sospettò di Incostituzionalità del secondo comma dell'art. 34 D.Lgs. 274/00 per contrasto con l'art. 112 Cost., dall'altra, in conclusione è bene mettere in luce anche un errore di tecnica legislativa che si riscontra nel testo legislativo in esame.

Il contenuto dell'art. 33 indica due diverse tipologie di sanzioni che Il giudice di pace penale può adottare: la perma­nenza domiciliare ed il lavoro di pubblica utilità. Ebbene, la rubrica della sopra citata disposizione in realtà enuncia solamente la sentenza di condanna alla pena della permanenza domiciliare, non facendo alcun richiamo alla pena del lavoro di pubblica utilità.

Dott. Fabrizio Giulimondi

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