mercoledì 16 maggio 2012

VERSO LA CHIUSURA DELLE PROVINCE


 Economia Cristiana

Ritorniamo con un nuovo argomento sul decreto c.d. “Salva Italia” (decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito nella legge n. 214 del 22 dicembre 2011).
All’interno della congerie di disposizioni che compongono il provvedimento qui in esame ve ne è una di natura  squisitamente istituzionale (l’articolo  23), in merito ad una significativa riduzione del numero dei componenti le diverse Autorità amministrative indipendenti (Agcom; AVCP; Autorità per la energia elettrica e per il gas; Autorità Garante della concorrenza e del mercato; Commissione Nazionale per la società e per la borsa; Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo; Commissione per la vigilanza sui fondi pensione; Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche; Commissione di garanzia della attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali).
L’aspetto, però, che più ci interessa  afferisce le  Province: il decreto ha messo finalmente mano al loro ridimensionamento, seppur in luogo della più saggia e razionale soppressione  - che, in verità,  può avvenire solamente  in forza di  intervento con legge costituzionale soppressivo delle disposizioni della Carta ad esse riferite -,  vista la loro scarsa utilità  ordinamentale in seno ad un quadro normativo che vede le competenze a livello periferico tutte concentrate sulle Regioni e sui Comuni.
L’art. 23 del decreto ha compiuto, pertanto, a Costituzione invariata, il massimo dello sforzo consentito in termini di snellimento del livello di governo provinciale.
In primo luogo, alla Provincia spetta esclusivamente funzioni di indirizzo e coordinamento delle attività dei comuni  nelle materie e nei limiti tracciati con legge statale o regionale. L’espressione “ esclusivamente”  determina il fatto che le Province non potranno più avere compiti e funzioni di diretta gestione di specifici  settori di intervento, bensì solo funzioni di indirizzo e coordinamento di attività, la cui titolarità sia in capo ai comuni, quali unici enti locali a cui l’art. 118 della Costituzione assegna, in via ordinaria, la generalità dei compiti e delle funzioni amministrative. E’ evidente, dunque,  la residualità delle competenze delle Province, le quali attendono solamente  di essere espunte dall’ordinamento istituzionale.
Tutte le competenze al di fuori di quelle di indirizzo e controllo sono trasferite ai comuni, una volta approvate le leggi statali e regionali, secondo le rispettive competenze.
Quanto al profilo strutturale, sono organi di governo della Provincia il Consiglio e il Presidente, che durano in carica cinque anni, mentre la Giunta provinciale è stata soppressa.
Il numero dei componenti il Consiglio è sensibilmente ridotto a non più di dieci, eletti dalle Assemblee dei comuni ubicati all’interno della circoscrizione territoriale della Provincia. Già il numero dei consiglieri era stato abbassato  ad opera della  legge finanziaria del 2010 a far data dal 2011 (legge 23/12/2009,  n. 191, modificata e integrata dal d. l. 25/1/2010, n. 2 convertito in  legge 26 marzo 2010 n. 42), con un massimo di 36 consiglieri per le Province con più di 1.400.000 abitanti.
Il Presidente, a sua volta, è eletto dal Consiglio provinciale fra i suoi componenti. Conseguenza di tale importante innovazione è la  scomparsa del metodo elettivo del Presidente della Provincia e dei consiglieri provinciali,  con una evidente notevole riduzione di spese per l’Erario, spese che non saranno più impegnate per lo svolgimento delle procedure elettorali, oltre un sensibile vantaggio per la didattica che non vedrà ridotte il numero di  lezioni in ragione della consueta destinazione delle aule scolastiche per l’allestimento dei seggi elettorali (sono certo  che su questo punto gli studenti dissentiranno da me!) .
Una legge dello Stato – da adottarsi entro il 2012 – avrà l’onere di definire le nuove  modalità di elezione ( “di secondo grado”)  dei componenti il Consiglio provinciale e del Presidente della Provincia. Lo scorso 6 aprile  il Consiglio dei Ministri ha approvato a tale proposito un disegno di legge.
Atteso  quanto sino ad ora esplicitato  le elezioni amministrative dei prossimi 6 e 7 maggio inevitabilmente non includeranno anche quelle afferenti i  citati  organi ex elettivi. Per essi e per quelli che dovranno  essere rinnovati entro il 31/12/2012  si applica, fino al 31 marzo 2013, il disposto dell’art. 141 del Testo Unico degli Enti Locali (*) in tema di scioglimento dei Consigli provinciali;  quelli, invece,  che dovranno essere rinnovati successivamente alla data del  31 dicembre 2012, resteranno in carica sino alla scadenza naturale.
Decorsi i due termini appena indicati, si procederà alla elezione dei nuovi organi provinciali (Consiglio e Presidente) nel rispetto del dettato dell’ esaminato art. 23 e, secondo quanto stabilirà il d.d.l. governativo una volta approvato dal Parlamento.

(*)Articolo 141 T.U.E.L.
 (Scioglimento e sospensione dei consigli comunali e provinciali)
1. I consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno:
a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico;
b) quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti cause:
1) impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia;
2) dimissioni del sindaco o del presidente della provincia;
3) cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell'ente, della metà  più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia;
4) riduzione dell'organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio;
c) quando non sia approvato nei termini il bilancio.
2. Nella ipotesi di cui alla lettera c) del comma 1, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, l'organo regionale di controllo nomina un commissario affinché lo predisponga d'ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l'organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo e' data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.
3. Nei casi diversi da quelli previsti dal numero 1) della lettera b) del comma 1, con il decreto di scioglimento si provvede alla nomina di un commissario, che esercita le attribuzioni conferitegli con il decreto stesso.
4. Il rinnovo del consiglio nelle ipotesi di scioglimento deve coincidere con il primo turno elettorale utile previsto dalla legge.
5. I consiglieri cessati dalla carica per effetto dello scioglimento continuano ad esercitare, fino alla nomina dei successori, gli incarichi esterni loro eventualmente attribuiti.
6. Al decreto di scioglimento è allegata la relazione del Ministro contenente i motivi del provvedimento; dell'adozione del decreto di scioglimento e' data immediata comunicazione al Parlamento. Il decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
7. Iniziata la procedura di cui ai commi precedenti ed in attesa del decreto di scioglimento, il prefetto, per motivi di grave e urgente necessità, può  sospendere, per un periodo comunque non superiore a novanta giorni, i consigli comunali e provinciali e nominare un commissario per la provvisoria amministrazione dell'ente.
8. Ove non diversamente previsto dalle leggi regionali le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, agli altri enti locali di cui all'articolo 2, comma 1 ed ai consorzi tra enti locali. Il relativo provvedimento di scioglimento degli organi comunque denominati degli enti locali di cui al presente comma è disposto con decreto del Ministro dell'interno. 

Fabrizio Giulimondi

NOVITA'

Il Consiglio dei Ministri il 5 luglio 2012  ha approvato il decreto legge 95/2012 (d. l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito il legge 7 agosto 2012, n. 135) sulla c.d  spending review (“disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica a servizi invariati”). 
Riporto gli artt. 17 e 18 che afferiscono proprio il tema della soppressione delle province e della istituzione delle Città metropolitane.
Art. 17. 

Soppressione e razionalizzazione delle province e loro funzioni

1. Al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti dagli obblighi europei necessari al raggiungimento del pareggio di bilancio, le province sono soppresse o accorpate sulla base dei criteri e secondo la procedura di cui ai commi 2 e 3.
2. Entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (ndr il Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012 ha definito i criteri per il riordino delle province - dimensione territoriale e popolazione residente - previsti dal decreto sulla spending review: In base ai criteri approvati, i nuovi enti dovranno avere almeno 350mila abitanti ed estendersi su una superficie territoriale non inferiore ai 2500 chilometri quadrati. Nei prossimi giorni il Governo trasmetterà la deliberazione al Consiglio delle autonomie locali (CAL), istituito in ogni Regione e composto dai rappresentanti degli enti territoriali (in mancanza, la deliberazione verrà trasmessa all'organo regionale di raccordo tra Regione ed enti locali), il Consiglio dei ministri determina, con apposita deliberazione, da adottare su proposta dei Ministri dell'interno e della pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, i criteri per la riduzione e l'accorpamento delle province, da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente in ciascuna provincia. Ai fini del presente articolo, anche in deroga alla disciplina vigente, la popolazione residente e' determinata in base ai dati dell'Istituto nazionale di statistica relativi all'ultimo censimento ufficiale, comunque disponibili alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Sono fatte salve le province nel cui territorio si trova il comune capoluogo di regione. Sono fatte salve, altresi', le province confinanti solo con province di regioni diverse da quella di appartenenza e con una delle province di cui all'articolo 18, comma 1.
3. Il testo della deliberazione di cui al comma 2 e' trasmesso al Consiglio delle autonomie locali di ogni regione a Statuto ordinario o, in mancanza, all'organo regionale di raccordo tra regione ed enti locali, i quali, entro quaranta giorni dalla data di trasmissione, deliberano un piano di riduzioni e accorpamenti relativo alle province ubicate nel territorio della rispettiva regione. I piani di cui al primo periodo del presente comma, costituenti iniziative di riordino delle province, sono trasmessi entro cinque giorni al Governo, che acquisisce entro i successivi dieci giorni il parere di ciascuna Regione interessata, ai fini di cui al comma 4.
4. Entro venti giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con atto legislativo di iniziativa governativa sono soppresse o accorpate le province, sulla base delle iniziative deliberate ai sensi del comma 3. Se a tale data tali deliberazioni in una o piu' regioni non risultano assunte, il provvedimento legislativo di cui al primo periodo del presente comma e' assunto previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, che si esprime entro dieci giorni esclusivamente in ordine alla riduzione ed all'accorpamento delle province ubicate nei territori delle regioni medesime.
5. Le Regioni a statuto speciale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, adeguano i propri ordinamenti ai principi di cui al presente articolo, che costituiscono principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica nonche' principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica. Le disposizioni di cui al presente articolo non trovano applicazione per le province autonome di Trento e Bolzano.
6. Fermo restando quanto disposto dal comma 10 del presente articolo, e fatte salve le funzioni di indirizzo e di coordinamento di cui all'articolo 23, comma 14, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel rispetto del principio di sussidiarieta' di cui all'articolo 118, comma primo, della Costituzione, e in attuazione delle disposizioni di cui al comma 18 del citato articolo 23, come convertito, con modificazioni, dalla citata legge n. 214 del 2011, sono trasferite ai comuni le funzioni amministrative conferite alle province con legge dello Stato fino alla data di entrata in vigore del presente decreto e rientranti nelle materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, della Costituzione.
7. Le funzioni amministrative di cui al comma 6 sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-Citta' ed autonomie locali.
8. Con uno o piu' decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, sulla base della individuazione delle funzioni di cui al comma 7, si provvede alla puntuale individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connessi all'esercizio delle funzioni stesse ed al loro conseguente trasferimento dalla provincia ai comuni interessati. Sugli schemi dei decreti, per quanto attiene al trasferimento di risorse umane, sono consultate le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
9. La decorrenza dell'esercizio delle funzioni trasferite ai sensi del comma 6 e' inderogabilmente subordinata ed e' contestuale all'effettivo trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie all'esercizio delle medesime.
10. All'esito della procedura di accorpamento, sono funzioni delle province quali enti con funzioni di area vasta, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione:
a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento nonche' tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;
b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale nonche' costruzione, classificazione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente.
11. Restano ferme le funzioni di programmazione e di coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle materie di cui all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, e le funzioni esercitate ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione.
12. Resta fermo che gli organi di governo della Provincia sono esclusivamente il Consiglio provinciale e il Presidente della Provincia, ai sensi dell'articolo 23, comma 15, del citato decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito nella legge 22 dicembre 2011, n. 214.
13. La redistribuzione del patto di stabilita' interno tra gli enti territoriali interessati, conseguente all'attuazione del presente articolo, e' operata a invarianza del contributo complessivo.
Art. 18.

Istituzione delle Citta' metropolitane e soppressione delle province del relativo territorio

1. A garanzia dell'efficace ed efficiente svolgimento delle funzioni amministrative, in attuazione degli articoli 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, le Province di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria sono soppresse, con contestuale istituzione delle relative citta' metropolitane, il 1° gennaio 2014, ovvero precedentemente, alla data della cessazione o dello scioglimento del consiglio provinciale, ovvero della scadenza dell'incarico del commissario eventualmente nominato ai sensi delle vigenti disposizioni di cui al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, qualora abbiano luogo entro il 31 dicembre 2013. Sono abrogate le disposizioni di cui agli articoli 22 e 23 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, nonche' agli articoli 23 e 24, commi 9 e 10, della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni.
2. Il territorio della citta' metropolitana coincide con quello della provincia contestualmente soppressa ai sensi del comma 1, fermo restando il potere di iniziativa dei comuni ai sensi dell'articolo 133, primo comma, della Costituzione. Le citta' metropolitane conseguono gli obiettivi del patto di stabilita' interno attribuiti alle province soppresse.
3. Sono organi della citta' metropolitana il consiglio metropolitano ed il sindaco metropolitano, il quale puo' nominare un vicesindaco ed attribuire deleghe a singoli consiglieri. Gli organi di cui al primo periodo del presente comma durano in carica secondo la disciplina di cui agli articoli 51, comma 1, 52 e 53 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. Se il sindaco del comune capoluogo e' di diritto il sindaco metropolitano, non trovano applicazione agli organi della citta' metropolitana i citati articoli 52 e 53 e, in caso di cessazione dalla carica di sindaco del comune capoluogo, le funzioni del sindaco metropolitano sono svolte, sino all'elezione del nuovo sindaco del comune capoluogo, dal vicesindaco nominato ai sensi del primo periodo del presente comma, ovvero, in mancanza, dal consigliere metropolitano piu' anziano.
4. Fermo restando che trova comunque applicazione la disciplina di cui all'articolo 51, commi 2 e 3, nonche' che, in sede di prima applicazione, e' di diritto sindaco metropolitano il sindaco del comune capoluogo, lo Statuto della citta' metropolitana puo' stabilire che il sindaco metropolitano:
a) sia di diritto il sindaco del comune capoluogo;
b) sia eletto secondo le modalita' stabilite per l'elezione del presidente della provincia;
c) sia eletto a suffragio universale e diretto, secondo il sistema previsto dagli articoli 74 e 75 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, nel testo vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto; il richiamo di cui al comma 1 del citato articolo 75 alle disposizioni di cui alla legge 8 marzo 1951, n. 122, e' da intendersi al testo vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. Il consiglio metropolitano e' composto da:
a) sedici consiglieri nelle citta' metropolitane con popolazione residente superiore a 3.000.000 di abitanti;
b) dodici consiglieri nelle citta' metropolitane con popolazione residente superiore a 800.000 e inferiore o pari a 3.000.000 di abitanti;
c) dieci consiglieri nelle altre citta' metropolitane.
6. I componenti del consiglio metropolitano sono eletti, tra i sindaci dei comuni ricompresi nel territorio della citta' metropolitana, da un collegio formato da questi ultimi e dai consiglieri dei medesimi comuni, secondo le modalita' stabilite per l'elezione del consiglio provinciale e con garanzia del rispetto del principio di rappresentanza delle minoranze. L'elezione del consiglio metropolitano ha luogo entro quarantacinque giorni dalla proclamazione del sindaco del comune capoluogo o, nel caso di cui al comma 4, lettera b), contestualmente alla sua elezione. Entro quindici giorni dalla proclamazione dei consiglieri della citta' metropolitana, il sindaco metropolitano convoca il consiglio metropolitano per il suo insediamento.
7. Alla citta' metropolitana sono attribuite:
a) le funzioni fondamentali delle province;
b) le seguenti funzioni fondamentali:
1) pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali;
2) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, nonche' organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano;
3) mobilita' e viabilita';
4) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale.
8. Alla citta' metropolitana spettano:
a) il patrimonio e le risorse umane e strumentali della provincia soppressa, a cui ciascuna citta' metropolitana succede a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi;
b) le risorse finanziarie di cui agli articoli 23 e 24 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68; il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al citato articolo 24 e' adottato entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, ferme restando le risorse finanziarie e i beni trasferiti ai sensi del comma 8 dell'articolo 17 del presente decreto e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio statale.
9. Lo statuto metropolitano, da adottarsi da parte del consiglio metropolitano a maggioranza assoluta entro sei mesi dalla prima convocazione:
a) regola l'organizzazione interna e le modalita' di funzionamento degli organi e di assunzione delle decisioni;
b) regola le forme di indirizzo e di coordinamento dell'azione complessiva di governo del territorio metropolitano;
c) disciplina i rapporti fra i comuni facenti parte della citta' metropolitana e le modalita' di organizzazione e di esercizio delle funzioni metropolitane, prevedendo le modalita' con le quali la citta' metropolitana puo' delegare poteri e funzioni ai comuni, in forma singola o associata, ricompresi nel proprio territorio con il contestuale trasferimento delle relative risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per il loro svolgimento;
d) puo' prevedere le modalita' con le quali i comuni facenti parti della citta' metropolitana possono delegare compiti e funzioni alla medesima;
e) puo' regolare le modalita' in base alle quali i comuni non ricompresi nel territorio metropolitano possono istituire accordi con la citta' metropolitana.
10. La titolarita' delle cariche di consigliere metropolitano, sindaco metropolitano e vicesindaco e' a titolo esclusivamente onorifico e non comporta la spettanza di alcuna forma di remunerazione, indennita' di funzione o gettoni di presenza.
11. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, e successive modificazioni, ed all'articolo 4 della legge 5 giugno 2003, n. 131. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nel rispetto degli statuti speciali, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni di cui al presente articolo, che costituiscono principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica.

Prof. Fabrizio Giulimondi

Ulteriori aggiornamenti:


La sentenza del 23 luglio 2013, n. 220 della Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità dell'art. 23, commi 4,14,15,16,17,18,19 e 20-bis del decreto legge 201/2011 e degli artt. 17 e 18 del decreto legge 95/2012, riferiti a province e città metropolitane. In primo luogo, la Consulta ha messo  un paletto in tema di abuso della decretazione d'urgenza, fondando la pronuncia di illegittimità sulla considerazione che lo strumento del decreto legge, configurato dall'art. 77 della Costituzione come "atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità ed urgenza", non è "utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate".
Per la Corte, risulta evidente che le norme censurate incidono notevolmente sulle attribuzioni delle province, sui modi di elezione degli amministratori, sula composizione degli organi di governo e sui rapporti dei predetti enti con i comuni e con le stesse regioni. 
L'art. 117, secondo comma, lettera p), nell'attribuire alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la disciplina in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane, conferisce le componenti essenziali dell'intelaiatura dell'ordinamento degli enti locali a leggi destinate a durare nel tempo e rispondenti a esigenze sociali e istituzionali di lungo periodo, secondo le linee di svolgimento dei principi costituzionali nel processo attuativo delineato dal Legislatore statale e integrato da quelli regionali. Trattasi, quindi,  di norme ordinamentali che non possono essere interamente condizionate e piegate alla contingenza del momento, incidendo esse su  materie di così ampio  respiro.
La legge 7 aprile 2014, n. 56 ("Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni" - c.d. riforma Delrio), ha ridisegnato la geografia degli enti locali in siffatta maniera:
 - Sono individuate le città metropolitane di Torino, Milano, Firenze, Venezia, Bologna, Genova, Bari, Napoli e Reggio Calabria.
Il territorio della città metropolitana coincide con quello della provincia omonima. Il 1 gennaio 2015 la città metropolitana subentra alle province omonima e succedono ad esse in tutti i rapporti attivi e passivi (spettano alla città metropolitana il patrimonio, il personale e le risorse strumentali della provincia, a cui ciascuna città metropolitana succede a titolo universale).
A tale proposito questo subentro automatico della città metropolitana alla provincia, costituzionalmente prevista nell'art. 114 Cost. (che si  estingue  tout court senza il passaggio parlamentare rinforzato ai sensi dell'art. 138 Cost), inevitabilmente cadrà sotto la scure della Corte Costituzionale, sostanziandosi di nuovo il vizio di incostituzionalità che ha inficiato già i decreti Monti in parte qua e declarato  dalla citata decisione  220/2013.
Le città metropolitane sono enti territoriali di area vasta con le seguenti finalità istituzionali generali: cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano; promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione di interesse della città metropolitana; cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, ivi comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee.
Gli organi della città metropolitana (tutti incarichi a titolo gratuito) sono: il sindaco metropolitano; il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana. Questi organi non sono eletti  tramite consultazioni popolari dirette, ma dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni facenti parte del territorio della città metropolitana (elezione di secondo grado);
 - Le province sono enti territoriali di area vasta e tra le quali sono  riconosciute le specificità delle c.d. "province montane", con territorio interamente montano e quelle confinate con Paesi stranieri.
Le funzioni fondamentali delle province sono: pianificazione territoriale provinciale di coordinamento; pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, nonché costruzione e gestione per le strade provinciali  e regolazione della circolazione stradale a esse inerente; programmazione provinciale della rete scolastica; raccolta ed elaborazione dei dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali; gestione dell'edilizia scolastica; controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale.
Gli organi della Provincia (tutti incarichi a titolo gratuito) sono: il Presidente della provincia; il Consiglio provinciale e l'Assemblea dei sindaci. Anche qui l'elezione è di secondo grado e vale quanto sopra detto per le città metropolitane;
 - Unione di comuni: enti locali costituiti da due o più comuni, di norma contermini,  per l'esercizio associato di funzioni e servizi di loro competenza. Il limite demografico minimo ordinario per l'istituzione di una Unione di comuni è di 10.000 abitanti, mentre è di 3000 abitanti e deve essere costituito de minimis da tre comuni  se i comuni che si uniscono appartengono o sono appartenuti a comunità montane.
Gli organi sono: il Presidente, la Giunta e il Consiglio e valgono le stesse regole sopra indicate per le province e le città metropolitane per quanto attiene la liberalità di detti incarichi e l'elezione di secondo grado dei medesimi:
 - fusione di comuni: l'istituzione di un nuovo comune non può avere una popolazione inferiore ai 10.000 abitanti, regola che non vale se il nuovo comune è conseguente alla fusione di più  comuni minori. La fusione in senso stretto si sostanzia nella unificazione dei territori e delle strutture  di più comuni in un nuovo comune più grande, mentre l'incorporazione è una operazione in forza della quale un comune di dimensioni maggiori ingloba il territorio e le strutture di uno o più comuni più piccoli: non vi sarà un nuovo comune ma un comune di maggiore cabotaggio. 

Fabrizio Giulimondi


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