lunedì 18 giugno 2012

“La bottega dei libri proibiti” di Eduardo Roca,


La bottega dei libri proibiti 


Non è facile commentare un romanzo storico come “La bottega dei libri proibiti” di Eduardo Roca, Mondadori, per la sua complessità, completezza dello sviluppo narrativo, articolazione dei capitoli e descrizione dell’epoca di suo svolgimento.
E’ un lavoro che si legge lentamente, sbocconcellando la storia sino a pag. 300. Dopo, sino alla fine (e sono 550 pagine!) l’apoteosi! Sempre più avvincente! Sempre più appassionate!Sempre più coinvolgente!
Libro erudito, colto, da cui si apprende  molto, la cui collocazione nel XV secolo è fondamentale.
Sacro romano impero germanico. Colonia. 1430-1442 D.C.
Tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV l’Europa vive un periodo di decadenza. La fine del periodo di caldo del Medioevo, durante il quale le alte temperature avevano favorito i buoni raccolti, aveva portato con sé un freddo rigido che aveva danneggiato profondamente l’agricoltura. Le epidemie, in particolare la peste, non erano state d’aiuto. La crescita demografica verificatasi nei quattro secoli precedenti si era interrotta bruscamente e la popolazione europea si era ridotta di un terzo. Il sistema feudale cominciava a vacillare.
In questa raffigurazione si muovono i tantissimi  personaggi del libro: le prime decine di pagine servono per inquadrarli. 
Quattro sono i coprotagonisti.
 Lorenz, l’orafo, vedovo per non essere riuscito a salvare dalle fiamme di un incendio l’amata consorte, sua figlia tredicenne Erika (che avrà un ruolo sempre più pregnante nel racconto),  la nuova “fidanzata” Olga ( in realtà si chiama Ilse e il perché dovete scoprirlo da soli),  i suoi amici fra cui padre Martin ( fine terribile l’attende!), e Yohann il libraio (anche lui vittima di atrocità) e molti altri.
         Nikolas il copista, proprietario di uno scriptorium, suo figlio Alonso, amanuense, frutto  di un amore tormentato con la figlia di un principe islamico nel regno di Granada in Spagna e le varie sue concubine
         E’ l’epoca in cui i libri si tramando trascrivendoli a mano ed è la Chiesa ad avere il monopolio della cultura e dei laboratori ove avvengono le trascrizioni dei testi, ma  Nikolas rompe questo monopolio con la prima, importante e propizia attività laica di copiatura a mano di libri originali su incarico di potenti. Gli stessi potenti, però, gli chiedono copia di  altri tipi di libri, che violano le sacre leggi della Chiesa: il Decameron di Boccaccio e il Kamasutra,  scritto da Vatsyayana,  antico manoscritto in lingua sanscrita  risalente al periodo Gupta della storia indiana.
Questa attività al fine di non incorrere nelle terribili sanzioni ecclesiastiche e civili, è realizzata da Nikolas all’interno di uno  scriptorium segreto, con l’ausilio di  lavoranti storpi e deformi.
 Queste operazioni illecite  possono essere  poste in essere grazie alle amicizie con l’ Arcivescovo di Colonia (di cui scoprirete la turpitudine) e del crudele Sindaco (anche se in realtà in quell’epoca erano due i Burghermaister di Colonia).
Quale è il filo conduttore delle vicende che si intrecciano fra di loro?
 La cultura, i libri, la tensione morale che si fa azione, anche estremamente rischiosa, financo a ricevere una morte atroce, affinché cultura e libri  si possano  propagare  sempre di più, sino a permearsi fra i ceti meno abbienti e  la  conoscenza  non sia solo di pochi:  solo in questa maniera  il popolo si sottrarrà al giogo di Autorità civili ed ecclesiastiche la cui ferocia nel romanzo viene ben  evidenziata con la descrizione di torture e di roghi.
E’ in questo sommo anelito intellettuale teso a trovare i mezzi  per diffondere il più possibile la cultura e la conoscenza anche tra il volgo,  che si insinua tra le pieghe della narrazione la scoperta della scrittura artificiale, ossia della copiatura meccanica del contenuto delle pagine dei libri (ndr le fotocopie).
Nel  1448  Gutemberg a Magonza individuerà la tecnica per procedere alla  stampa di un testo (anche se pare  siano stati gli olandesi i primi).
         In realtà nel romanzo l’antesignano è proprio il mite e laborioso Lorenz che trasformerà un torchio per l’uva in strumento per copiare i libri meccanicamente: quello che prima necessitava  di decine di amanuensi e impegnava mesi di tempo, ora può essere ottenuto in poche settimane, come la riproduzione di 50 copie  dell’ Etica Nicomachea di Aristorele, consentendone la lettura originale in contrasto  con la interpretazione addomesticata del  pensiero scolastico e, in particolar modo, del suo capostipite  San Tommaso D’Aquino; o come  la copiatura (e per questo v’era il rogo preceduto dalle più efferate torture) di 200 Vangeli scritti (udite!udite!) in lingua tedesca. Tale diffusione e, quindi, tale lettura, avrebbe fatto conoscere il contenuto del  Sacro Verbo direttamente nella lingua conosciuta anche dalle persone più semplici, senza  più la obbligatoria interposizione ermeneutica della Chiesa.
Questo -  ed altro -  avrebbe portato nella prima metà del ‘500 alla riforma luterana… ma questa è un’altra storia.

Fabrizio Giulimondi

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