giovedì 25 ottobre 2012

FABRIZIO GIULIMONDI: UN CASO INTERESSANTE DI OMISSIONE DI ATTI DI UFFICIO




Un allievo alla Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara mi ha posto il seguente quesito, che può interessare anche i lettori di questo blog: “Integra la fattispecie di cui all'art. 328 c.p. l'ipotesi relativa al preposto alla filiale di un Istituto Bancario che, a distanza di un anno dalla notifica dell'ordine di esibizione di documentazione relativa a determinati conti correnti,  non ha ancora fornito la documentazione richiesta o l'ha fornita solo in parte?”

La risposta è negativa, ma occorre argomentarla, facendo una breve premessa sulla fattispecie criminosa del rifiuto di atti di ufficio-omissione, prevista e punita dall’art. 328 c.p..
L’art.328 c.p. disciplina due distinte ipotesi di reato: nella prima il delitto si perfeziona con la semplice omissione del provvedimento di cui si sollecita la tempestiva adozione, incidente su beni di valore primario (giustizia,sicurezza pubblica, ordine pubblico,igiene e sanità); nella seconda,invece, ai fini della consumazione, “è necessario il concorso di due condotte omissive, la mancata adozione dell’atto entro trenta giorni dalla richiesta scritta della parte interessata e la mancata risposta sulle ragioni del ritardo.”.
Più specificamente, l’art.328 c.p., nella sua attuale formulazione, prevede due distinte fattispecie, di cui la prima è punita più gravemente, vale a dire il rifiuto di atti d’ufficio, cioè tecnicamente il diniego espresso o comunque l’omissione di atti dovuti dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio (ad esempio un gestore concessionario di servizi pubblici essenziali come la fornitura d’acqua,energia elettrica,ecc.) che indebitamente (in sintesi ingiustificatamente) rifiuta un atto del suo ufficio (cioè di sua competenza) e,  l’elemento oggettivo della figura delittuosa in parola prevede che si debba trattare di atti dovuti per ragioni di giustizia, o di sicurezza pubblica, di ordine pubblico o di igiene e sanità . L’elenco delle ragioni e delle relative materie è tassativo, tutte le altre fattispecie penalmente rilevanti potranno essere ricomprese nel secondo comma dell’art.328 c.p., punito meno gravemente.
Una corrente di pensiero giurisprudenziale più tralaticia (Cass. Sez. Un. 10467/81), muovendo dal presupposto che l’attività bancaria fosse segnata da un interesse pubblico imminente, era orientata nel senso di attribuire all’attività creditizia, pubblica e privata, natura di servizio pubblico in senso oggettivo, e agli impiegati degli enti creditizi la qualifica di incaricati di un pubblico servizio. Tuttavia, già nel 1983 la Corte Costituzionale, sulla scorta delle critiche che tale impostazione suscitava in dottrina, oltre che degli orientamenti comunitari, rivolgeva un esplicito invito al legislatore ad intervenire positivamente. La svolta, nel senso di riconoscere prevalente il carattere imprenditoriale dell’attività creditizia (anche pubblica) è stata segnata dalle Sezioni Unite della Cassazione Penale che, nella sentenza 8342/1987, affermava: «lo statuto penale della P.A. è applicabile soltanto all’attività degli enti creditizi pubblici che esula dalla gestione economica». I dipendenti delle banche, siano esse pubbliche o private, sono dunque semplici impiegati privati e non esercenti un pubblico servizio. Tale indirizzo è stato ribadito dalla decisione delle sezioni unite della Cassazione del 28 febbraio 1989 che ha affermato: "L'ordinaria attività bancaria, indipendentemente dalla natura dell'ente che la esercita, è una attività di natura privata e, conseguentemente, agli operatori bancari, quando esplicano la normale attività di raccolta del risparmio e di esercizio del credito, non sono riferibili le qualificazioni soggettive di cui agli articoli 357 e 358 del codice penale"....."è di natura pubblica l'attività bancaria relativamente ai crediti speciali o agevolati, e in genere a tutti i crediti di scopo legale, e rispetto a questa attività è pertanto applicabile lo statuto penale della pubblica Amministrazione". Va, però, segnalato che, nonostante l’avallo che tale impostazione ha ricevuto dalla Corte Costituzionale (sent. 309/1988), la l. 30 luglio 1990 n. 218 (legge “Amato”), nel prevedere le due figure di ente pubblico conferente e di società bancaria conferitaria comporta l’assimilazione dei dipendenti dell’ente pubblico conferente a quelli della Pubblica Amministrazione sotto il profilo della responsabilità penale ai sensi degli artt. 357 e 358 c.p.. Particolare interesse assume la sentenza della Cassazione 24 aprile 1997, n. 3882 nella quale si evidenzia che l’attività delle banche, che normalmente esula dall’ambito pubblicistico, vi è invece sottoposta per quelle funzioni collaterali svolte in campo monetario, valutario, fiscale e finanziario, in sostituzione di enti non economici nella veste di banche agenti o delegate, con le spettanze della qualifica di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio ai relativi operatori. Per ciò che concerne gli amministratori (in senso lato) degli enti pubblici economici, accertare, di volta in volta, se gli atti sono stati posti in essere nell’ambito della gestione privatistica dell’attività imprenditoriale ovvero quali indicazioni di esercizio di poteri autoritativi di autorganizzazione, ovvero di funzioni pubbliche svolte in sostituzione dell’Amministrazione dello Stato, o di pubbliche potestà. Si ricorda, infine, che sempre secondo la Corte di Cassazione (Sent. 26 febbraio 1994, n. 3620), non sono pubblici ufficiali gli amministratori di società per azioni a partecipazioni pubblica in quanto la titolarità di azioni di parte dello Stato, o di un ente pubblico, non muta la natura privata delle società.
In conclusione: i dipendenti, addetti, amministratori e preposti in genere agli Istituti creditizi e bancari non sono qualificabili pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, salvo le loro funzioni non rientrino in quelle autoritative di autoorganizzazione o poste in essere in sostituzione della Amministrazione dello Stato o di enti pubblici non economici, in correlazione con i servizi in campo monetario, valutario, fiscale e finanziario. Si concreterà, pertanto, il delitto di omissione o ritardo di atto di ufficio previsto e sanzionato dall'art. 328 c.p. solamente se l'atto sia espressione di tale residuale competenza bancaria e creditizia.
         Prof. Fabrizio Giulimondi


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Fabrizio Giulimondi

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