sabato 27 ottobre 2012

ROMANZO COMUNALE, I SEGRETI DEI PALAZZI DEL POTERE DI ROMA, di Umberto Croppi (con Giuliano Compagno), Newton Compton editori



 



La formulazione del presente commento mi ha impegnato più di altri avendo  la lettura di Romanzo Comunale determinato in me forti emozioni e grande disagio nello stesso tempo, per aver  vissuto quegli anni e conosciuto tutti i personaggi del racconto, a partire dall’autore Umberto Croppi.
Umberto Croppi è stato un protagonista e un attento osservatore  della storia della Destra italiana (anche se usare il singolare, a mio avviso, è un plateale errore che anche io continuo a compiere: la Destra è composta da tante Destre, differenti per sensibilità, cultura, tradizioni, storia, uomini…..forse tante quanti sono coloro che  ad essa aderiscono): la sua Destra non è la  Destra di tanti miei amici, ma il peso culturale ed intellettuale di Croppi oltrepassa  questi, oramai tralatrici e desueti, confini  ideologici.
Il titolo non può non rimandare la mente dei più maliziosi a Romanzo Criminale, di Giancarlo de Cataldo (e perché non al film Romanzo Popolare?).
Il titolo, però, specie se volessimo sentirlo vicino al libro di De Cataldo sulle gesta della Banda della Magliana, può trarre in inganno, non rispecchiando in alcun modo il contenuto dello scritto di Croppi, né potrebbe essere altrimenti. Chi si aspetta rivelazioni sensazionali e truculente, sangue e vendette, odio e rabbia, bava e urla rimarrà deluso, perché non conosce Croppi, E’ vero: generalmente i lavori ascrivibili al genere letterario che si occupa di attualità a contenuto politico-partitico trasudano  sudore e invettive nel loro linguaggio, nemici da abbattere, verità assolute. Non questo, perché il libro è il prodotto intellettuale della mente dello  scrittore e se colui che scrive è un signore non potrà che esprimere la propria  signorilità nei periodi vergati sulla carta.
L’Autore con eleganza,  garbo e ironia ripercorre  la storia della Destra italiana e romana e le vicende della amministrazione capitolina dall’insediamento della giunta Alemanno nell’aprile del 2008 alla fatidica notte fra il 13 e il 14 gennaio del 2001, durante la quale, a seguito dell’ azzeramento della giunta comunale avvenuto due giorni prima, furono stabiliti i nomi degli assessori componenti il nuovo organo esecutivo, con molte nuove entrate e qualche conferma. Fra i non confermati ci fu proprio Croppi che vide finire la propria esperienza come apprezzato e stimato Assessore alla Cultura di Roma.
Croppi ebbe la capacità di sconfiggere  il pregiudizio ideologico che inevitabilmente l’intelligencija  progressista della Città eterna nutriva nei confronti dei nuovi inquilini del Palazzo Senatorio e, di conseguenza, verso lo stesso Croppi, spin doctor alemanniano, uno dei principali artefici  della salita di “Gianni” sullo  scranno di Primo Cittadino  della Capitale d’Italia.
L’Autore con eleganza,  garbo e ironia riporta fatti non conosciuti ai più e, con altrettanta eleganza,  garbo e ironia – passatemi l’espressione slangdice cose toste, talora tostissime.
Chi conosce Umberto Croppi conosce  inevitabilmente  il suo sorriso ironico dipinto sul viso mentre ascolta alcuni discorsi, oltre  la sua bonomia condita con la finezza dell’intelletto: ecco, Voi nel leggere Romanzo Comunale vedrete dietro ogni parola quel sorriso ironico e quella bonomia.
L’aggressione da cui siamo abitualmente violentati nei programmi  televisivi  qui non  esiste, a dispetto di certe strumentalizzazioni compiute da giornalisti e opinionisti televisivi e della carta stampata nel recensire l’opera in parola.
L’ironia intelligente, financo graffiante e sferzante, che permea tutte le pagine, dalla storia della Destra nazionale e locale a quella del governo municipale romano, trionfa in pagine di rara alta ilarità nella descrizione delle ore (fatalmente drammatiche e convulse) che hanno preceduto la cessazione dall’incarico di Assessore alle Politiche Culturali di Roma Capitale di Umberto Croppi.

Fabrizio Giulimondi

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