martedì 20 novembre 2012

EXCURSUS SULLA DISCIPLINA DEGLI IMMOBILI CONFISCATI ALLA MAFIA



L’ordinamento nazionale si è preoccupato, nel tempo, di portare avanti, tra le altre, anche una azione di contrasto agli interessi economici e patrimoniali delle  associazioni criminali di natura camorristico - mafiosa.
Nella formazione antimafia italiana la lotta avverso le ricchezze delle mafie si articola in due grandi fasi: la prima nasce con la legge Rognoni -  La Torre nel 1982 (L.13 settembre 1982, n. 646) e riguarda le indagini della polizia e i procedimenti aventi ad oggetto il sequestro e la confisca di specifiche unità immobiliari; la seconda si rivolge all’uso che lo Stato fa dei patrimoni sottratti al crimine organizzato e fondamentale è stata, a questo proposito, la legge 7 marzo 1996, n. 109. Si può asserire che, fino alla approvazione di quest’ultima, l’intervento dello Stato nell’ambito dei beni  accumulati illecitamente da Cosa Nostra è stato soprattutto di carattere repressivo.  Un grande patrimonio immobiliare, strappato alla mafia grazie all’applicazione delle misure di prevenzione di ordine patrimoniale, introdotte con la legge Rognoni-La Torre del 1982, giaceva in una situazione di totale abbandono, o addirittura,  in alcuni casi paradossali, continuava ad essere nella disponibilità delle cosche.
Con la citata legge n. 109/1996 è stato stabilito che i beni confiscati debbano essere restituiti ai cittadini ai quali furono sottratti con la violenza e il delitto.
Dal punto di vista applicativo, la problematica principale emersa  sin dal principio si è concretizzata nelle lungaggini procedurali e  burocratiche  fra il sequestro e la confisca, per giungere in ultimo all’utilizzo dei beni: la notevole rilevanza degli interessi economico – finanziari –commerciali in gioco  hanno attivato le agguerrite difese messe in campo dalle associazioni previste dall’art. 416 bis c.p. per il loro mantenimento.
Le procedure amministrative attraverso le quali il cespite viene posto nella disponibilità delle associazioni e delle cooperative si sono mostrate  lunghe e dense di ostacoli (ipoteche, stato di degrado degli immobili, occupazioni abusive), e si è  rilevata una inadeguatezza complessiva della macchina burocratico – amministrativa (in particolare della Agenzia del Demanio e delle  Prefetture).
Questa situazione ha dilatato sensibilmente la durata dell’iter di assegnazione del bene che, seppur, in molte ipotesi, in buone condizioni all’atto della confisca, al momento della sua assegnazione risulta essere in stato di abbandono e di degrado.  
Ulteriore punto di forte criticità che il tempo ha potuto evidenziare, è rappresentato dai diritti dei c.d. terzi in buona fede, soprattutto banche, che vantano garanzie reali a fronte di crediti posseduti nei confronti del soggetto sottoposto a misura di prevenzione.
Per la disciplina relativa alla destinazione e all’utilizzo dei beni confiscati, occorre far riferimento alla legge 31 maggio 1965, n. 575.
Tale normativa descrive le modalità con le quali deve avvenire la confisca dei beni: su iniziativa del procuratore della Repubblica, del direttore della Direzione Investigativa Antimafia o del questore territorialmente competente,  il tribunale (in veste collegiale), anche di ufficio, ordina con decreto motivato il sequestro dei beni nella disponibilità diretta o indiretta  della persona nei cui confronti è iniziato il procedimento,  quando il loro valore risulti sproporzionato al reddito dichiarato o all’attività economica esercitata,  ovvero ogniqualvolta, sulla base di sufficienti indizi, si abbia motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.
Il tribunale affida ad un amministratore il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e alla amministrazione dei beni  durante tutta la durata del  procedimento di sequestro, anche al fine di incrementarne, se possibile, la redditività.

Quanto alla gestione dei beni e alla loro destinazione (anche per sopperire alle problematiche burocratiche cui si è precedentemente accennato), il Parlamento italiano ha approvato alcune leggi (legge 24 luglio 2008, n. 125 di conversione del decreto legge 23 maggio 2008, n. 92; legge 15 luglio 2009, n. 94), volte a rendere più incisiva l’azione di individuazione e confisca dei beni e più rapida ed efficace la loro restituzione alla collettività.
 Per semplificare e velocizzare le procedure e dare efficienza all’opera delle Istituzioni, attraverso una iniziativa di coordinamento e di impulso, è stato istituito nel 2007 l’Ufficio del Commissario Straordinario del Governo per la gestione e la destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali.
È stata modificata la legislazione che regola il procedimento di destinazione dei beni: dai tribunali il bene passa direttamente alla Autorità amministrativa; il  Prefetto diventa la massima autorità di governo sul territorio ed ha il compito di emanare i provvedimenti di destinazione (generalmente affidati ai Comuni) e di vigilare affinché i beni siano effettivamente utilizzati per fini sociali pubblici.
Infine,  il decreto -legge 4 febbraio 2010, n. 4 (modificato dalla legge di conversione 31 marzo 2010, n. 50) ha istituito l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
Allo stato attuale, dunque, i beni immobili e aziendali confiscati (il cui sequestro, quindi, si è trasformato e cementificato in un provvedimento definitivo di confisca), con delibera del Consiglio Direttivo della Agenzia Nazionale, sulla base di specifica stima del valore, possono acquisire diverse destinazioni:
·        sono devoluti allo Stato: il provvedimento definitivo di confisca è comunicato dalla cancelleria dell’ufficio giudiziario alla  Agenzia del Demanio competente per territorio (ossia quella del  luogo ove si trova il cespite o la  sede della azienda oggetto di confisca), alla Agenzia Nazionale per la amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, e, infine, al Prefetto territorialmente competente. L’Amministratore giudiziale, qualora confermato, prosegue il proprio ufficio sotto la vigilanza dell’Agenzia;
·        sono mantenuti al patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile e, ove idonei, anche per usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse, salvo che si debba  procedere alla vendita degli stessi finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso;
·        sono mantenuti al patrimonio dello Stato e, previa autorizzazione del Ministro  dell’Interno, utilizzati dalla Agenzia per finalità economiche;
·        sono trasferiti per finalità istituzionali o sociali, in via prioritaria, al patrimonio del comune ove l’immobile è sito, ovvero al patrimonio della Provincia o della Regione. Gli enti territoriali, anche consorziandosi, possono amministrare direttamente il bene o, sulla base di apposita convenzione, assegnarlo in concessione, a titolo gratuito e nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità e parità di trattamento, a comunità, anche giovanili, ad enti, ad associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali, ad organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, a cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, oppure a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti di cui al T.U. delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nonché alle associazioni di protezione ambientale riconosciute ai sensi dell’art. 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349. La convenzione disciplina la durata, l’uso del bene, le modalità di controllo sulla sua utilizzazione, e le cause di cessazione dell’utilizzo. Se entro un anno l’ente territoriale non ha provveduto alla destinazione del bene, l’Agenzia dispone la revoca del trasferimento ovvero la nomina di un commissario con poteri sostitutivi;
·        sono trasferiti al patrimonio del comune ove sono ubicati, se confiscati per il reato di cui all’art. 74 del citato T.U. 309/1990 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope). Il Comune può amministrare direttamente il bene oppure, preferibilmente, assegnarlo in concessione, anche a titolo gratuito, ad associazioni, comunità o enti per il recupero di tossicodipendenti operanti nel territorio ove è sito l’immobile;
·        sono trasferiti al patrimonio del comune ove essi sono individuati e, qualora  possiedano caratteristiche tali da consentirne un uso agevole per scopi turistici, dati in concessione a  cooperative di giovani di età non superiore a 35 anni, ai sensi dell’art. 56, comma 2, decreto legge (c.d. Semplifica Italia) 9 febbraio 2012, n. 5, convertito in legge 4 aprile 2012, n. 35

I beni immobili di cui non sia possibile effettuare la destinazione o il trasferimento per le finalità di pubblico interesse sono destinati alla vendita con provvedimento della Agenzia, osservate, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura civile.
I beni aziendali sono mantenuti al patrimonio dello Stato e destinati, con provvedimento della Agenzia che ne disciplina le modalità operative:
·    all’affitto, quando vi siano fondate prospettive di continuazione o di ripresa dell’attività produttiva, a titolo oneroso;
·        alla vendita, per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima  eseguita dalla Agenzia, a soggetti che ne abbiano fatto richiesta;
·        alla liquidazione, se vi sia una maggiore utilità per l’interesse pubblico o qualora la liquidazione medesima sia finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di stampo mafioso, con le modalità di cui al punto  precedente.

I beni mobili, anche iscritti in pubblici registri, come autovetture, navi, imbarcazioni, natanti e aeromobili sequestrati, sono affidati dall’autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta, per l’impiego in attività di polizia di sicurezza e giudiziaria, ovvero possono essere affidati alla Agenzia o ad altri organi dello Stato o ad altri enti  pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale.
Occorre rilevare che la legge 109/96, introducendo l’art. 2 duodecies nella legge 575/65, non si è limitata ad apportare innovazioni sostanziali e procedurali in tema di amministrazione dei beni sequestrati e confiscati, ma ha recepito anche l’esigenza di attuare un monitoraggio permanente su di essi anche attraverso la creazione di una banca dati unica.
L’esigenza di dare vita ad una banca dati deriva anche dal fatto che, sino a quel momento, la raccolta delle informazioni era stata rimessa alla iniziativa delle amministrazioni a vario titolo interessate, le quali, senza alcun raccordo tra loro, avevano provveduto a istituire autonomi sistemi di rilevazione, talvolta privi di precisi criteri procedurali. L’art. 2 duodecies, comma 4, l. 575/65, ha recato significative innovazioni, disponendo che la raccolta dei dati relativi ai beni sequestrati o confiscati, concernenti lo stato del procedimento per il sequestro o la confisca, nonché dei dati inerenti la consistenza, la destinazione e  il riutilizzo dei beni in parola,  venisse disciplinata da un regolamento da emanarsi con decreto del Ministero della Giustizia di concerto con le amministrazioni interessate (Difesa, Economia e Finanze e Interno).
Atteso che il codice delle leggi antimafia (d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, in attuazione degli artt. 1 e 2 della legge delega 13 agosto 2010, n. 136, segnatamente al libro I, Titolo III (amministrazione, gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati), Capi I, II, III e IV) ha raccolto, semplificato, sistematizzato e razionalizzato tutte le disposizioni sopra enunciate, l’art. 49 del codice ha raccolto il richiamo al citato regolamento (ancora non emanato) che avrà il compito di collazionare i dati relativi ai beni sequestrati o confiscati, le informazioni concernenti lo stato del procedimento per il sequestro o la confisca degli immobili, le notizie relative alla consistenza, alla destinazione e alla utilizzazione dei cespiti sequestrati o confiscati, nonché la trasmissione dei medesimi alla Agenzia.
Allo stato attuale, oltre la Banca dati S.I.P.P.I. (Sistema Informatico Prefetture e Procure d’Italia) presso il Ministero della Giustizia,  esiste anche quella dell’Agenzia del Demanio per le fasi procedimentali di sua competenza. Essa, destinata ad avere come utenti i dipendenti delle filiali dell’Agenzia, raccoglie le informazioni dei procedimenti amministrativi di destinazione dei beni definitivamente confiscati. Le due banche dati fanno emergere ulteriori problemi di coordinamento, in ragione del fatto che trattano separatamente due fasi diverse del procedimento di confisca e destinazione senza alcuna integrazione automatica. L’applicativo S.I.P.P.I., infatti, presta una attenzione maggiore ai dati dei soggetti e alla ricostruzione dei patrimoni loro riconducibili, adottando una classificazione che ricalca quella dei registri ufficiali per materia, senza che vengano valorizzati i settori relativi alle informazioni attinenti la gestione dei patrimoni medesimi
La banca dati dell’Agenzia del Demanio possiede, invece, come fulcro le conoscenze necessarie alla gestione degli immobili, con particolare attenzione al  monitoraggio dei dati afferenti le ipoteche e i contratti di affitto.
Un problema particolare va sottolineato al termine di questo lavoro, ossia la questione del sequestro-confisca delle  unità immobiliari in odore di mafia rinvenibili al di fuori dei confini nazionali, ancora non risolta dall’ordinamento giuridico italiano, a causa della mancata adozione degli strumenti legislativi necessari alla trasposizione nel diritto interno delle relative norme U.E..
La decisione quadro del Consiglio Europeo 2006/783/Gai del 6 ottobre 2006 (applicazione del principio di reciproco riconoscimento ed esecuzione immediata delle decisioni di confisca), pur oggetto dell’art. 49, comma 1, lett. a), della legge 7 luglio 2009, n. 88 (legge comunitaria 2008) che conferiva al Governo il potere-dovere di approvare un decreto legislativo di recepimento entro il 29 luglio 2010, non risulta ancora essere stata attuata in Italia: le ultime notizie risalgono al  22 luglio 2010, data  in cui è stato  presentato uno schema di decreto legislativo attuativo della decisione quadro da parte del Ministro delle Politiche Comunitarie, senza però che sia seguita alcuna deliberazione definitiva da parte del Consiglio dei Ministri, previo obbligatorio parere del Consiglio di Stato.

Prof. Fabrizio Giulimondi

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