sabato 30 marzo 2013

CHE GESU' RISORGA NEL CORPO DI MASSIMO E LO LIBERI DALLA SLA



Auguri di felice e serena Santa Pasqua a tutti i lettori di questo blog e non.
Fabrizio Giulimondi

"BENVENUTO PRESIDENTE!" DI RICCARDO MILANI


Benvenuto Presidente! - visualizza locandina ingrandita
“Benvenuto Presidente!” di Riccardo Milani con Claudio Bisio, la veramente bella Kasia Smutniak, Beppe Fiorello, Remo Girone e  Piera degli Espositi, ridanciana ed intelligente commedia all’italiana, mai così profetica come in questi giorni.
Il nostro protagonista si trova ad essere eletto Presidente della Repubblica italiana, suo malgrado,  a causa di schermaglie politiche fra  Destra e Sinistra, che indicano e votano come Capo dello Stato Giuseppe Garibaldi. Peccato che il personaggio interpretato da Bisio abbia proprio questo nome e cognome, 50 anni di età ed un certificato del casellario giudiziale immacolato, così come prevede la Carta Costituzionale. Ovviamente porterà nel Palazzo del Quirinale l’anarchia, sconvolgendo prima, e facendo innamorare dopo, la vice Segretaria Generale della Presidenza della Repubblica, la bellissima Smutniak, baluardo delle regole del cerimoniale. Oltre il caos, però,  sarà latore anche di una ventata di rivoluzionarie novità tutte a vantaggio del Popolo italiano.
Il finale è coraggioso, perché fa dire al Presidente della Repubblica all’atto delle sue dimissioni dinanzi alla Camera dei Deputati, che il “cittadino”, la  tanto osannata “società civile”, il quisque de pupulo, sempre pronti a lanciare pietre contro i politici, tutti ladri, tutti corrotti, tutti cattivi, non sono affatto immuni da pecche gravi, pure gravissime, simili invero, nelle loro condotte di vita, personali e professionali,  ai tanto vituperati esponenti politici (la pellicola è rigorosamente bipartisan).
 Aggiungo io, supportato dagli attuali fatti di cronaca istituzionale e parlamentare: mi chiedo quanti di coloro che sono in costante stato di scandalo  in ragione dell’uso delle auto, dei cellulari, degli alloggi di servizio e dai lauti stipendi degli “altri”, nel momento in cui divenissero loro stessi possessori di tutto ciò se ne priverebbero sdegnosamente e subitaneamente.
“La risposta, amico mio, sta soffiando nel vento!”…caro, vecchio, sempre attuale Bob Dylan.

Fabrizio Giulimondi

giovedì 28 marzo 2013

"LA MADRE" DI ANDRES MUSCHIETTI


E’ la prima volta che recensisco un film appartenente al genere horror.
La pellicola in questione è “La Madre” del bravo regista argentino Andres Muschietti, presentato da Guillermo del Toro, apprezzato cineasta per aver scritto e diretto il bellissimo e impressionante “Il labirinto del fauno”,  ambientato nella Spagna franchista.
La Madre è indubbiamente un film del terrore come non se ne vedevano da tempo. E’ sconsigliato alle persone che soffrono di pavor nocturnus, facendo fare ripetuti salti sulla sedia allo spettatore: il mancato divieto ai minori di anni quattordici da parte della competente commissione è un marchiano errore, avendo visto ictu oculi ragazzini piangere per la fifa.
La narrazione riprende più filoni e tradizioni cinematografiche “di paura”, da quello spiritistico, a quello in tema di streghe (quoddam ubique, quoddam semper,  quoddam ab omnibus creditum est),  a quello sulle “case maledette”, a quello legato in alcuni lavori di Dario Argento alle figure demoniache di mater lacrimarum, mater sospiriorum e  mater tenebrarum (Inferno; La terza Madre), nonché alle traduzioni sul grande schermo di alcuni libri di Stephen King, come Pet Semetary.
Probabilmente Muschietti ha inventato una nuova categoria di orrore, che potremmo qualificare sentimental-horror, vista la presenza di elementi da autentico film sentimentale,  specie nel finale,  che un poco  ricorda ET e un poco Ghost.
1929: anno della grande crisi. Omicidi e suicidi fra i protagonisti  della alta economia e finanza. Un uomo uccide la moglie, scappa con le due figlie, una di un paio di anni, l’altra un po’ più grande. Le conduce  in una casupola in mezzo ad un bosco ove vuole ucciderle. Viene fermato e soppresso dallo spettro (veramente impressionante, che in parte riproduce la raffigurazione realizzata  dell’essere malvagio in Al calare delle tenebre, film del 2003 di John Liebesman) di una malata mentale che era vissuta decenni prima in un ospedale psichiatrico  di zona e oramai chiuso, morta suicida con la figlioletta nelle acque di un fiume (nulla di nuovo sotto il sole!), dopo aver ucciso una suora che la aveva  in custodia.
Le due bambine, allevate dal fantasma, vengono trovate dopo cinque anni dallo zio (fratello del padre), che non si era mai dato pace della loro scomparsa e aveva continuato a cercarle. Le nipoti hanno un aspetto repellente e, grazie ad uno psichiatra, sono riportate alla realtà (ma non troppo!) e affidate al parente e alla sua compagna.
Fra le mura della  loro abitazione, però,  va ad abitare anche “Madre” e la sua presenza si fa sentire, come le palpitazioni che proverete Vi segnaleranno.
La più piccola delle due è particolarmente legata affettivamente a “madre” come il the end farà ben comprendere.
CONSIGLIATO…..e buona tachicardia.

Fabrizio Giulimondi

martedì 26 marzo 2013

TIZIANO ALLE SCUDERIE DEL QUIRINALE A ROMA


Tiziano Vecellio, Ritratto di Paolo III senza camauro, 1543
Alle Scuderie del Quirinale a Roma Vi consiglio vivamente la bella mostra su  (Vecellio) Tiziano (1490-1576), dal 5 marzo al 16 giugno.
Può apparire un volo pindarico, ma gli ultimi pictures at an exhibition commentati sul cubismo -  all’interno di questa stessa Rubrica -  e l’arte tizianesca sono strettamente uniti fra loro, come Rodolfo Allucchini nel 1969 ha ben messo in luce: “Nell’opera pittorica tizianesca, realizzata nell’arco di un sessantennio, si avvicendano due civiltà: si potrebbe dire quella di Ariosto e l’altra dello Shakespeare. Il codice espressivo tizianesco a sua volta sarà di base alla civiltà pittorica occidentale, che dal Rubens e dal Velazquez si conclude nel nostro secolo con l’avvento del cubismo.”.
Il pensiero di Allucchini indica un percorso di verità: Tiziano è stato l’artista delle arti figurative che più ha influenzato le opere nei secoli successivi, a partire da Rembrandt, sino ad entrare con il cubismo  nei primi decenni del XX secolo: “Fu non solo divino come il mondo lo reputava, ma come un dio e senza pari”, come disse  Ludovico Dolce nel 1957.
Essere ritratti da Tiziano significava entrare a far parte della schiera degli immortali. Come potrete ammirare al secondo piano delle Scuderie del Quirinale, la ritrattistica evidenzia la particolare attenzione di Tiziano per lo studio psicologico del soggetto rappresentato, tanto che il  Primo Pittore, come lo qualificò l’imperatore Carlo V,  è stato celebrato e ricercato più di qualunque altro, rappresentando egli  il vertice di una tradizione formatasi su tre generazioni di pittori veneziani.
Passeggiando per gli  austeri saloni ove la mostra è  allestita,  godrete della visione di pale e tele magnificenti e non potrete non condividere le riflessioni con le quali  Anton Maria Zanetti nel 1771 commentò  le opere realizzate fra il 1530 e il 1560 (c.d. periodo sacro), le quali  conservano “l’idea della verità in ogni oggetto”; perseguono “la vaghezza delle tinte”; danno “forza alle carni”; abbelliscono la realtà ”dentro i confini del vero”.
Il colore. La luce. Tiziano ne è veramente il Maestro indiscusso, discepolo di Giorgione (oltre ad avere la sua produzione figurativa basi fondanti su quella fiamminga e, segnatamente, in Bosch,  a cui ho dedicato in precedenza una recensione sempre in questa Rubrica), che influì sulla Riforma Tonale del colore nel ventennio 1510-1520: il colore modulato dalla luce struttura sia le forme che i volumi; i colori, specie il nero, il bianco e il rosso,  attraversati da fasci di luce; la ricchezza della varietà del rosso amaranto, carminio, borgogna, corallo, cremisi, granata, porpora, mattone, pompeiano, scarlatto,  che incanta gli occhi e, attraverso di essi, il cuore e l’anima del visitatore.
Colore e luce. Luce e colore. Inscindibilmente connessi. La luce penetra nel colore, le cui tinte assumono  variegate e multiformi sfaccettature in virtù della luce. Ecco il fenomeno del “fiato del colore”: la luce impregna di un baluginio dorato le carni dei personaggi raffigurati, come nella Danae e la pioggia di monete nell’ultima sala al secondo piano dell’edificio.
La luce sembra reale, sgorgante da lampade inesistenti ai lati delle tele, esempio fra tutti lo straordinario Martirio di San Lorenzo, appena entrate nella prima sala al  pian terreno, ove il corpo martoriato del Santo nella parte bassa della pittura è illuminato da una luce intensa, che induce chiunque a cercare l’origine esterna  di tale forte chiarore, che invero esplode dall’interno, avendo la sua fonte nello Spirito Santo che squarcia il buio delle tenebre nella parte superiore del quadro.
Ulteriore annotazione di rilievo estetico: non ci sono paesaggi e l’antico non è interpretato, nei lavori tizianeschi, in una  chiave archeologica classica, “passatista”,  ma attraverso i “nuovi” studi del tempo in subiecta materia, come potrete constatare di persona. 
Last but not least: mentre Vi portate dal secondo al primo piano, nello scendere la scala esterna “aperta”, godeteVi il paesaggio mozzafiato, i tetti del centro di  Roma, il Palazzo del Quirinale e quello della Consulta, i campanili, il Cuppolone.

Fabrizio Giulimondi

venerdì 22 marzo 2013

"LA FRODE" CON RICHARD GERE



 

“La frode” di Nicholas Jarecki con Richard Gere, Susan Sarandon, la bellissima Laetitia Casta, potrebbe avere come adeguata colonna sonora Money dei Pink Floyd, roteando la trama del film sui soldi (o forse è la vita stessa che gira intorno ad essi?). Bel thriller che tocca temi tipici dei film ambientati nel mondo dell’alta finanza, con sullo sfondo la bella famiglia americana, l’uomo ricchissimo e affascinante, l’amante, che fatalmente muore in un incidente automobilistico causato dalla stanchezza da troppo lavoro del tycoon. Il criminoso accadimento deve essere nascosto a tutti i costi perché porterebbe condurre alla rovina di quest’ultimo, potendo  disvelare una operazione truffaldina diretta ad aggiudicarsi un contratto miliardario. Moglie e figlia scoprono il tutto, ne rimangono scandalizzate, ma mantengono debitamente  il silenzio: il mantenimento  dello status familiare e patrimoniale è molto meglio che finire in galera e in povertà. Interessante la presa in giro del detective che, profondamente invidioso della ricchezza altrui, fa di tutto per incastrare il riccastro: non l’amore per la giustizia ma l’odio per l’indagato lo conduce a falsificare  maldestramente le prove, facendo saltare così l’impianto accusatorio contro il nostro Richard Gere.
Nel sistema giudiziario statunitense le prove ancora sono al di sopra della ideologia.

Fabrizio Giulimondi

giovedì 21 marzo 2013

"LA MIA VITA IN UNO SGUARDO" DI SIMONA MATZEU

Custodire dei sogni a volte, ti aiuta a vivere. Ti aiuta a rialzarti quando inciampi, nelle innumerevoli difficoltà del tuo cammino. E ti aiuta nei momenti in cui perdi la speranza per il futuro.”.
Iniziano così le conclusioni dell’opera prima  di  Simona MatzeuLa mia vita in uno sguardo” (ilmiolibro.it Gruppo Editoriale L’Espresso s.p.a.), breve racconto  autobiografico che dimostra che in 65 pagine si possono esprimere grandi emozioni, grandi sentimenti e si può intraprendere un percorso terapeutico. Scrivere può essere salvifico e forse per la nostra Autrice lo è stato, specie quando per trentanove anni ha cercato il padre, perché quella assenza non poteva più rimanere tale, non poteva più continuare a segnare una adolescenza, una gioventù e una esistenza tormentata, malessere affievolito, addolcito e rinfrescato dalla presenza di una amica, amica vera, amica che c’è, sempre, sino alla morte.
La Matzeu compirà il suo cammino carico di speranza verso il padre Giuseppe e, nel suo percorso incontro a lui, scoprirà di avere due sorelle (Loredana e Monica) ed una nipote (Melissa), perché quando si esce dal buio la luce è più intensa di quanto ci si aspettava all’inizio dell’impresa e i presagi ammonivano.
Questa storia toccante e vera, lacrime e risa vere, gioia, urla e felicità vissute che si fondono nelle pagine divenendo inchiostro, è da leggere, perché è la più alta e nobile dimostrazione che un bambino ha bisogno del  padre e della madre e non può subire la loro escissione: la mancanza di uno dei due comporterà una mutilazione che continuerà a sanguinare finché non avverrà la ricongiunzione. Il padre, la madre, i figli: una caro, la stessa carne, una sola cosa, un unicum
La narrazione termina con una citazione del grande scrittore argentino Paulo Coelho. Mi permetto di aggiungerne una io, tratta da uno dei suoi più bei libri Lo Zahir: ” Lo zahir è un pensiero che all’inizio ti sfiora appena e finisce per essere la sola cosa a cui riesci a pensare. Il mio zahir ha un nome e il suo nome” sono Giuseppe, Loredana, Monica, Melissa…e Giulia.

Fabrizio Giulimondi

lunedì 18 marzo 2013

"BELLE PER SEMPRE" DI KATHERINE BOO


Belle per sempre“Belle per sempre” del premio pulitzer  Katherine Boo (Piemme Voci editore), è vincitore del National Book Award 2012, il più prestigioso premio letterario statunitense.
E’ un romanzo – documentario, con un utile glossario in epilogo, per stomaci forti e anime non troppo sensibili, di  morte e sofferenza indicibile, di quotidiane infamie contro inermi, di una umanità senza umanità, di uomini e donne, ragazzi e ragazze, bambini e bambine che conducono sin dalla nascita una esistenza animalesca.
Annawadi slum di Mumbai, uno dei tanti slum indiani, dove brulica la disperazione.
Anno 2008.
Sono stato in India nel 1981 e ho visto il quotidiano orrore in cui vive quel Popolo. Non pensavo che in trenta anni nulla fosse cambiato, a parte la comparsa della tecnologia, dei computer e degli ipad.
Una famiglia musulmana, gli Husain -  centro di gravità  introno a cui gira il canovaccio narrativo del libro in esame - è specializzata in individuazione, selezione e smercio di immondizia. L’immondizia che sta per strada. L’immondizia che sta nelle cloache. L’immondizia dove ratti immondi e maiali lerci si muovono  e mordono i volti dei bambini, le cui ferite si infettano e si riempiono di vermi.
Abdul Husain è un instancabile raccoglitore e  commerciante di grande valore di lerciume e aiuta la famiglia ad ottenere una leggera miglioria economica.
L’invidia credo sia, fra i sette peccati capitali, il più devastante, perché induce gli essere umani ad annientare  se stessi pur di distruggere l’altro.
Fatima è storpia,   è indù,  è dedita al sesso, per vizio, per rabbia, per denaro e odia gli Husain solo perché sono migliori di lei: la  loro determinazione li ha portati a cambiare in meglio la propria condizione materiale e questo Fatima non può accettare.
Fatima si da fuoco e morirà fra atroci sofferenze attingendo però il suo  obiettivo: rovinare gli Husain, farli incarcerare nelle ignominiose prigioni indiane con l’accusa di averle appiccato il fuoco.
L’innocenza in India viene fatta valere se paghi: tangenti ad agenti di polizia, a guardie penitenziarie, a giudici. Tutto è corruzione. La corruttela e il puzzo dell’immondizia, dei lerci vicoli dello slum, degli animali e degli uomini (non dissimili dai primi) trasudano dai  pori delle pagine. Le sentite. Le vivete. Ne rimanete sconvolti. Gli effluvi maleodoranti e ributtanti aleggiano come un alone mefitico sul e intorno al libro.
Il processo agli Husain -  e la mente vola ai nostri Marò -  si fonda su falsità elevate a diritto. I giudici, i pubblici ministeri, gli avvocati e gli  assistenti giudiziari Vi faranno percorrere un leggero brivido lungo la spina dorsale.
In questa ignominia Abdul Husain è un ragazzo che cerca per il tramite di un  lavoro  da paria (gli intoccabili nella rigida struttura in classi della Comunità indiana, tuttora vigente nonostante la formale sua abrogazione legislativa)  il riscatto sociale della propria famiglia.
In questa normalità dell’ orrore Manju, una bella ragazzina  indiana di quindici anni,  contrappone se stessa alla amoralità della madre, Asha, che incarna in tutto e per tutto i peggiori istinti dei bassifondi indiani (forse anche quelli della high society): la pratica prostituiva, tangenti per ottenere qualsiasi risultato, anche il più comune, anche il più modesto, anche il più giusto; chiudere gli occhi dinanzi anche la barbarie più inammissibile, se non giungono nelle mani rupie, tante rupie, il più possibile rupie.
Manju si sta laureando. Manju insegna ai bambini poveri. Manju non vuole un matrimonio combinato, come la maggior  parte delle bambine e fanciulle delle baraccopoli. Manju non vuole vivere una vita di stupri, violenza, pestaggi di inaudita ferocia, crudeli mutilazioni e umiliazioni, di morte, di visi deturpati dall’acido o dal fuoco. Gli abusi sessuali rappresentano la normalità e non si fermano dinanzi a nessuno, alla età di nessuno, sino alla soppressione della vittima: basta pagare per mettere a tacere tutto!
Mentre ragazzi  vengono ammazzati come se nulla fosse e la causa della loro morte viene derubricata  a “tubercolosi”, mentre i ragazzi vengono devastati da ogni tipo di patologia, mentre i ragazzi hanno fame, tanta fame, gli animalisti si preoccupano dello stato di salute di cavalli e zebre, come denuncia la Boo.
La giornalista - scrittrice narra  storie vere, storie che ha raccolto nella sua lunga permanenza ad Annawadi, storie di moltitudini invisibili e   pulviscolari di  uomini e donne residenti in uno dei tanti slum che sono prolificati intorno alle grandi città indiane nel corso degli anni, zona non-luogo  che dovrà essere demolita al termine del racconto per fare spazio al vicino grande aeroporto internazionale.
I miserrimi  di Annawadi si aggirano in mezzo alla  putrefazione animale e umana (il puzzo di alcuni quartieri di Madras è dopo trent’anni ancora persistente nel mio naso!), nella melma, nel fango, negli escrementi, nella putredine, nell’immondizia. L’immondizia è dappertutto, nelle strade, nelle catapecchie, nei locali dell’aeroporto, negli spazi del tribunale, sulle e dentro le persone. L’immondizia è il vero protagonista del racconto, perché l’immondizia è onnipresente in ogni angolo della vita indiana, dalla nascita alla morte ed è la più importante fonte di sussistenza degli abitanti dello slum, che diventano “cittadini” solamente quando votano. Il voto per i poveri – come ci ricorda  l’Autrice -  è fondamentale perché quell’atto li rende visibili agli altri, li rende parte effettiva  dello Stato indiano: ma anche la registrazione, presupposto necessario ed imprescindibile per esercitare tale diritto, è frutto di contrattazione illecita fra il ras locale  e i disperati di turno. Gli ultimi fra gli ultimi, come li definiva Madre Teresa di Calcutta,   almeno per una volta sola vogliono essere cittadini, uomini e donne, esseri umani, rispettati e rispettabili,  almeno quando pongono la scheda nell’urna.
Superstizione, divinità induiste  e costumi musulmani,  odi etnici e religiosi, guerriglia tamil, azioni terroriste maoiste, guerra jihdista, balli, feste,cibo,  musica e cinema.
ll cinema. La produzione filmica in India è massiccia e gli indiani vedono quel mondo come il paradiso, il riscatto della loro miseranda vita. Il film indiani lunghissimi, colorati, malodrammatici e polpettoni, sono le lenti attraverso le quali i protagonisti guardano gli accadimenti nelle proprie esistenze.
I magistrati, gli avvocati, i testimoni e gli assistenti di udienza del processo di cui sono vittime  innocenti papà e figlia  Husain sono osservati e scrutati   come attori di un film: alcuni se ne discostano, destando lo stupore degli slummers (ma come?  la realtà giudiziaria  è diversa da quella raffigurata in un film?); altri li incarnano, rassicurando gli abitanti di Annawadi (ecco, la realtà è come nel  cinema, perché il cinematografo è la sublimazione della  realtà).
Mai quanto in India,  mai quanto in questa opera letteraria, gli eroi del grande schermo rappresentano una fuga dalla quotidiana aberrazione.
Lo stesso titolo è segno della contraddizione della globalizzata società indi: Belle per sempre è la pubblicità di mattonelle di qualità che troneggia in mezzo a topi e scrofe, in megalopoli ove convivono ricchezza e lusso estremo insieme ad  un terzo dei poveri del mondo e ad un quarto dei denutriti del globo.
La lettura di Belle per sempre mi ha fatto rivivere l’allucinante “passeggiata” fra le strade di Calcutta quando al ritorno nella missione-lebbrosario avevo piedi e gambe ricoperte da liquame nero e gli occhi pieni di  abissale miseria umana e  deformità fisiche.
Belle  per sempre ripercorre quella mia camminata nel luglio del 1981.

Fabrizio Giulimondi


"IL LATO POSITIVO" DI DAVID O. RUSSEL

Locandina italiana Il lato positivo - Silver Linings Playbook“Il Lato positivo” di David O. Russel con Jennifer Lawrence, Bradley Cooper, Jacki Weaver  e  Robert de Niro: il filo rosso è il disturbo mentale.
Il protagonista (Bradley Cooper), dopo aver scoperto la moglie sotto la doccia con un altro uomo, è psichicamente destabilizzato.
In realtà il regista fa intendere molto bene che tutti i personaggi del film sono lesionati “dentro”: il padre (sempre mitico Robert de Niro), allibratore che scommette su tutto,  maniacale nel compimento di gesti scaramantici e nel posizionamento degli oggetti; la madre (Jacki Weaver), che non vede, non sente e non parla; colei che diverrà la  fidanzata (Jennifer Lawrence), impazzita per il dolore a seguito della  morte del marito, diventa una compulsiva nelle relazioni sessuali  prima di conoscere Bradley Cooper .
L’amore dei due e la danza che coinvolgerà entrambi determineranno  un effetto terapeutico e  saneranno la loro sofferenza,  venendosi a ricostruire così rapporti sentimentali, affettivi e parentali.
La scena filane molto americana ma anche molto bella è un buon the end.

Fabrizio Giulimondi

domenica 17 marzo 2013

FABRIZIO GIULIMONDI: CUBISTI CUBISMO AL VITTORIANO A ROMA


 Picasso, nudo
  
“Cubisti Cubismo” è una mostra da non perdere, molto ben allestita, al Complesso del Vittoriano a Roma (Campidoglio), dall’8 marzo al 23 giugno 2013.
Potrete ammirare le  bizzarrie cubiche – come le definì Louis Vauxcelles – di Picasso, Braque, Gris, Leger, Gleizes, Metzinger, Picabia, Foltyn, Hartley, Rivera, Goncharova, Herbin, Severini, Soffici, Lewis, Villon, Bell, Marchand e Max Weber.
Non è solo una esposizione delle opere dei più importanti pittori cubisti, ma sul cubismo in tutte le sue articolazioni linguistiche, ossia sulla applicazione della concezione filosofica cubista anche alle altre arti.
I cubisti sono i seguaci dell’arte pittorica i quali, sviluppando elementi presenti nei quadri di Cézanne, a partire da Picasso e Braque, evocano una idea di movimento,  dinamismo e simultaneità, offrendo una immagine sfaccettata di un mondo moderno e della sua complessità. Il cubismo è il fenomeno artistico che parte dai cubisti e, quindi, dal mondo figurativo, per estendersi alla architettura, alla letteratura, alla poesia (Apollinaire ne fu convinto interprete letterario e poetico), al teatro, alla musica (i brani del grande compositore russo Igor Stravinskij fanno da colonna sonora alla mostra), al cinema, al design, all’arredamento e alla moda.
Il cubismo nasce nei primi  del 1900 e Picasso e il suo simbiotico amico Braque, a seguito dello studio sullo sviluppo di  germi nascosti fra le pieghe dei lavori dell’impressionista Cézanne, ne sono gli indiscussi capostipiti.
Per gli impressionisti i colori hanno un valore simbolico: il colore come simbolo, al di fuori di una reale corrispondenza fra esso e la realtà, fra questo e la sua  vera presenza in rerum natura.
Pablo Picasso nel 1907 e Georges Braque nel 1908 iniziano a scomporre le forme, a ridurre la gamma cromatica, a dissociare i piani, a moltiplicare i punti di vista, a ridurre e trasformare le figure in strutture geometriche generalmente cubiche. Braque sino al suo incontro con Picasso seguiva lo stile Fouve, che appiattiva e semplificava le forme, rifiutava la prospettiva, aboliva il chiaro scuro e tracciava  linee nette di contorno.
Dall’approccio di Cézanne e dallo stile Fouve Braque e Picasso (la cui tecnica espressiva talora si è confusa per la estrema somiglianza fra i due pittori, arrivando a determinare difficoltà di riconoscimento nella attribuzione di alcune tele se all’uno o all’altro da parte di  storici dell’arte) danno vita al cubismo e dipingono figure sproporzionate e spezzettate, posizionate in una prospettiva non accademica, non meccanica, tanto che ciò  che “naturisticamente” dovrebbe essere intravisto “dietro”, nelle loro opere balza in avanti. Braque e Picasso  partecipano insieme a Cézanne dell’amore per la cultura africana e, riprendendo le idee impressioniste di Cézanne, abbandonano l’uso “classico” e “ordinario” dei colori. Nelle Les Demoiselles d’Avignon nel 1907 Picasso colora simbolicamente (uso simbolico del colore secondo la tradizione tecnica impressionista) le prostitute all’interno di un bordello, oltre i confini fissati  dall’ordine “coloralmente”costituito del Creato: “Quando inventammo il cubismo – disse Picasso -  lo facemmo senza intenzione: volevamo soltanto esprimere quello che avevamo dentro.”.
La contaminazione fra cubismo e futurismo è inevitabile vista la concomitanza temporale fra i due movimenti culturali. Il cubismo si affaccia fra il 1907 e il 1908, quando il 20 febbraio 1909 nasce il  futurismo a seguito della pubblicazione del Manifesto di Marinetti.
Già prima ho messo in luce le peculiarità del  movimento, del  dinamismo e della  simultaneità che caratterizzano l’azione artistico-pittorica dei cubisti. Sono elementi che unitamente alla velocità e alla esaltazione della modernità e della tecnologia troviamo anche nel futurismo.
La contaminazione fra approccio futurista e cubista la riscontriamo massimamente  nel cubofuturismo di cui ho già parlato nel commentare la mostra sull’Avanguardia sovietica in questa stessa Rubrica.
Il cubofuturismo esprime geometricamente la rivoluzione industriale portata avanti da Lenin e Stalin, che industrializzando forzatamente il sistema economico dell’Urss, condussero  masse di contadini nei grandi centri industriali, trasformando manu militari parte della produzione russa da agricola a industriale. Il cambiamento modernizzatore portato dalla nascente classe operaia sorta con la  rivoluzione di ottobre del 1917 (futurismo), viene  espresso con forme cubiche (cubismo), dando corpo al cubofuturismo.
La Città di Mosca vista dall’occhio di  Kandisky e degli altri appartenenti all’Avanguardia russa, fa pendant con la interpretazione figurativa in chiave cubista statunitense della Grande Mela di Max Weber, che potrete contemplare nella sala a piano terra del Vittoriano, insieme a Veduta di città di Jean Marchand, alla Mulattiera e casa a Ceret di Auguste Herbin, a Puteaux fiumi e alberi in fiore di Jacques Villon e, particolarmente interessante, al Ritratto di Dostoevskij di Frantisek Foltyn, in cui la fronte del gigante della letteratura russa è dipinta ingigantita e spaziosa oltre misura,  per rappresentarne plasticamente l’immane  genio.
Ultima annotazione: al secondo piano Vi consiglio di soffermarvi lungo la balconata per godere della veduta di insieme dei quadri, dei loro colori, delle loro destrutturate figure, delle loro disarmonicamente armoniche linee, immaginate da tocchi di mani e di dita che hanno accompagnato l’Umanità, dicendola con il neoplatonico fiorentino Marsilio Ficino, ad sidera coeli. 

Fabrizio Giulimondi

giovedì 14 marzo 2013

FABRIZIO GIULIMONDI: "AZIONI DI CLASSE" AGGIORNAMENTO


Pubblico di nuovo l'articolo in tema di "azioni di classe", aggiornato con gli ultimissimi interventi giurisprudenziali, visto il notevole interesse che questo argomento ha suscitato fra i tanti lettori di questo blog.
Fabrizio Giulimondi


Primi passi della class action nelle aule giudiziarie italianeesperienza nazionale a confronto con quella degli  ordinamenti comunitari e nord americani.


·        Introduzione

 Il nostro sistema giuridico è basato sull'iniziativa del singolo soggetto, sia esso  persona fisica o giuridica, che si rivolge al sistema giudiziario per ottenere "giustizia". Il provvedimento emanato dall'organo giurisdizionale  adito  ha pertanto efficacia solo per quei soggetti che si sono costituiti parti processuali( o per i loro eredi o aventi causa ai sensi dell’art. 2909 c.c.) .
Questo meccanismo appare corretto e soddisfacente quando la richiesta di giustizia è specifica e riguarda una situazione particolare e cioè quella di chi agisce.
Esistono però dei casi in cui la vicenda di un soggetto è pressoché identica a quella  di molti altri.
Gli esempi sono molteplici.
Un prodotto che esce difettato da un'industria e danneggia i  compratori e gli altri soggetti che con esso entrano in relazione. Il fatto è lo stesso e il responsabile anche: sono diversi i danneggiati.
E così potremmo arrivare a fatti molto noti come i casi dei bond argentini, di quelli Parmalat e Cirio:  vi è una pluralità di danneggiati, un unico fatto originario del danno ed un unico responsabile.
          In queste ipotesi l'azione del singolo incontra diverse difficoltà quali il costo della causa che per il danneggiato è rilevante fino ad intervenire sul rapporto costo-beneficio, la certezza della sproporzione di forze con l'avversario, il rischio della soccombenza con il relativo costo esorbitante per il singolo.
 Come vedremo in molti casi i singoli danneggiati si sono per così dire consorziati, hanno cioè fatto una causa comune ma il principio è sempre lo stesso. Anche in questa ipotesi ogni soggetto vale per il suo caso specifico e, ancora una volta la decisione resa dall'ordinamento sulla causa "multipla" vale solo per coloro che vi hanno partecipato. Occorre dunque una procedura che dia la possibilità prima di tutto di svolgere richieste collettive e che sia efficace anche per coloro che, trovandosi nella stessa condizione di quelli che hanno partecipato alla causa ne sono, per vari motivi, rimasti fuori. Una tale figura procedurale, per motivi storici legati alla discendenza diretta del nostro diritto da quello romano (di tipo individualistico), non poteva che nascere in un altro sistema avente altre radici,  come il sistema giuridico anglosassone. La procedura in parola è stata denominata class action o azione collettiva ossia di tutte quelle persone (classe) che si trovano nelle stesse condizioni.
Anche l’ordinamento processuale civilistico italiano aveva necessità – come quelli di molti Stati europei, fra poco sinteticamente illustrati – di uno strumento che consentisse ad alcuni soggetti di agire in giudizio( diventando “parte” di esso) non solo per tutelare propri interessi ma anche quelli di soggetti titolari di posizioni giuridiche soggettive omogenee,  che però non partecipano al processo: la sentenza che sarà emanata opererà, pertanto, non solo nei confronti delle parti processuali vere e proprie, ma anche nei confronti di tutti coloro che, seppur estranei alla causa, ne siano completamente coinvolti nei propri  diritti e/o interessi(c.d. interessi diffusi).
La normativa nazionale sulla class action, di cui parleremo più innanzi,  fornisce una risposta a tale istanza di giustizia, parimenti agli ordinamenti giuridici della maggior parte dei Paesi europei e in maniera, almeno in parte, dissimile a quello statunitense, canadese, brasiliano, australiano e britannico.
Nei Paesi in cui la legge sulle azioni collettive è operante, svariate sono le situazioni che vengono portate all'attenzione dei giudici con lo strumento della class action. Ad esempio una broker ha iniziato avanti il Tribunale di S. Francisco una class action nei confronti della Morgan Stanley per discriminazione sessuale[1]. L’esito favorevole dell’azione  è stato esteso anche alle altre broker che si trovano nella stessa condizione di discriminazione da parte della Morgan Stanley.
Microsoft sta subendo in questo stesso periodo una class action da parte di acquirenti dei suoi pacchetti software con l'accusa di pratiche monopolistiche[2].
Apple dal canto suo sta subendo diverse class action per la pubblicità ingannevole degli iPod sulla durata delle batterie in concomitanza allo stesso lasso di tempo della garanzia il cui periodo, contrattualmente stabilito, non sarebbe rispettato, nonché per aver venduto computer usati come nuovi[3].
 Per non parlare della causa collettiva intentata alla Burger King dai dipendenti e dagli ex dipendenti che si sono visti fare delle trattenute indebite sulle buste paga[4].
Questa breve panoramica ci illustra da un lato la frequenza della pratica della class action e, dall'altro, ci fa toccare con mano quanto essa potrebbe essere applicata per gli stessi identici motivi anche nel nostro ordinamento.
 Mai come con la disciplina delle  class action gli Stati Uniti d’America si sono resi antesignani, promotori e protagonisti nel mondo del diritto.


·        Esperienze presso ordinamenti stranieri.

         a) Stati Uniti d’America[5] L’azione collettiva -  che secondo il Prof. Yezell[6] vede come suoi precursori nel medioevo i groups of litigation -  attraverso le Equity Rule 48 (del 1833) e la revisione della Federal Rules of Civile Procedure (1966) che ha sensibilmente riformulato la  Rule 23,  entra nel sistema Nord Americano.
Il particolare sistema dell’opt-out che la caratterizza e che rende la pronuncia vincolante anche per gli assenti appartenenti alla medesima classe - qualora non palesino apertamente la loro contrarietà -  ha sicuramente risentito degli anni in cui fu redatta la legge, anni di contestazioni e di movimenti dei diritti civili, anni in cui si iniziava a maturare una coscienza collettiva su temi comuni come l’ambiente e  il consumo, in contrasto con una concezione più marcatamente individualista.
La class action, infatti, permette un più ampio potere transattivo, l’abbattimento dei costi di giustizia e delle  spese  legali (particolarmente consistenti negli Stati Uniti)  e lo snellimento dei procedimenti uniformandoli nel contenuto.
L’esperimento dell’azione in parola  si attiva nella seguente maniera.
Un soggetto (lead rappresentative), che solitamente è tra quelli che ha subito il danno più rilevante, chiede al giudice di essere autorizzato ad agire per sé ed in rappresentanza di altri, vi è quindi la fase precertificativa e certificativa che verifica la sussistenza di determinati requisiti:
1)   La numerosity: la classe presenta un così elevato numero di membri da determinare problemi allo svolgimento del  giudizio;
2)   La commonality: la comunanza di fatto e di diritto delle questioni soggettive;
3)   La tipically: le domande e le eccezioni svolte dal rappresentante devono essere  tipiche della classe;
4)   L’adequacy of representation: la garanzia di tutela del rappresentante nei confronti degli interessi della classe.
Questa fase è strettamente collegata con l’estensione degli effetti della sentenza a tutti i soggetti che rientrano nella definizione prevista di classe in quanto certificativa di equità, adeguatezza e ragionevolezza.
Chi non intende avvalersi degli effetti estensivi può azionare l’ opt out right  chiamandosi fuori dall’automatismo processuale che coinvolge la sua classe e accedendo, se del caso, ai ricorsi individuali.
Il giudice decide anche per la class action quando le questioni comuni alla classe prevalgano su quelle dei membri e quando l’azione separata di questioni individuali può portare a giudicati difformi.
Il contesto nel quale si è sviluppato lo strumento  della class action è quello del private enforcment, cioè lo sviluppo privatistico dei mercati finanziari dai quali la normativa ha mutuato termini come opt-in oppure opt-out
L’impostazione della legge, quindi, differenzia anche i ruoli sociali delle parti coinvolte al processo: il lead plantiff (attore principale) assume il rischio della lite, mentre  il giudice non è solo ricettore neutrale e passivo delle istanze delle parti, ma assume preminente funzione di gestione paramanageriale. Si potrebbe dire, quindi, che la struttura della class action è un frutto della mentalità competitiva e commerciale che prevale al di là dell’Oceano e che può  avvalersi del carattere imprenditoriale della professione legale, dove gli studi di grandi dimensioni sono in grado di affrontare i rischi economici connesse alle indagini spesso complesse e costose indirizzate a valutare le opportunità di promozione del giudizio (non per nulla si parla correntemente di legal industry per denotare il lavoro degli avvocati).[7]
Attraverso la class action la parte danneggiata è incentivata a partecipare al procedimento in ragione della assenza di  oneri, anche di natura economica, incluso quello di  partecipare alle udienze o di presentare prove, a differenza delle cause di tipo ordinario che sono sottoposte  al “necesasry party rule”,  secondo cui solo chi ha partecipato al processo può subirne le conseguenze. Inoltre le spese di giustizia sono ridotte in quanto le pretese seriali saranno convogliate in un unico procedimento: ecco la cultura  imprenditoriale venire incontro alle esigenze di economia processuale.
I requisiti e le condizioni per iniziare una class action negli U.S.A. e i risultati "pratici" effettivi per tutti i membri della classe che con essa si attingono  li riscontriamo anche nelle legislazioni del Canada, dell’Australia, del Regno Unito e del   Brasile[8].



b) Europa[9]  Le azioni di gruppo guadagnano sempre maggiore popolarità in tutta Europa. La direttiva n. 98/27/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19-5-98 relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori nell’Unione Europea, stabilisce che enti legittimati, quali ad esempio associazioni dei consumatori o autorità pubbliche indipendenti, sono autorizzate ad agire in giudizio per conto di un gruppo di persone danneggiate dalla condotta del convenuto.
Altresì, il  Libro verde sui ricorsi collettivi dei consumatori del 27 novembre 2008[10] prevede la nascita di una class action nei paesi sprovvisti, il potenziamento delle legislazioni in quegli Stati che sono già intervenuti in subiecta materia  - come di qui a poco si riferirà  -   e la cooperazione tra Stati al fine di estendere tale strumento  oltre i confini nazionali, a mo’ di preludio ad una class action europea)[11].
Il discrimen fra diritto europeo( eccetto quello britannico) e quello nord – americano è già evidente: mentre quest’ultimo vede lo strumento della class action adoperato per tutelare veri e propri interessi diffusi( ossia omogenei fra di loro e  afferenti una gran mole di persone non legate da alcun vincolo associativo), quello del vecchio continente lo considera prevalentemente  in relazione alla protezione dei c.d. interessi collettivi, ossia correlati ad un determinato  soggetto organizzato( associazione, comitato, etc.).
L’intervento legislativo italiano del 2009 – di cui parleremo estesamente nel proseguo – è stato l’ultimo di tempo fra quelli compiuti in seno agli ordinamenti giuridici europei in tema di class action.
Leggi analoghe in altri Paesi dell'Unione Europea hanno introdotto delle norme riconducibili e assimilabili alla class action.
E' avvenuto in Olanda nel 1994, in Portogallo nel 1995, in Inghilterra e Galles nel 2000, in Spagna nel 2001 e in Svezia nel 2002.
Quanto alla Francia, nel 1992, sono state introdotte alcune norme specifiche che autorizzano le associazioni dei consumatori, in seguito al ricevimento di un mandato, ad agire in nome di molteplici loro appartenenti  che hanno subito un danno avente la medesima origine (action en representation conjointe del codice di consumo).
Un recente progetto di legge[12] si è ispirato all'introduzione di una variante rispetto ad altre leggi analoghe in altri Stati. Esso prevede che, dopo una prima delibazione della magistratura sulla proponibilità dell'azione collettiva proposta da un'associazione di consumatori, ogni persona interessata possa singolarmente adire l'autorità giudiziaria chiedendo di poter far valere la decisione di principio ottenuta dall'associazione( avvicinandosi sensibilmente al sistema anglosassone).
In Germania[13], nel luglio 2005, è stata introdotta una normativa specifica relativa alle clausole contrattuali del mercato finanziario che ha aumentato la tutela dei risparmiatori.
Questa legge introduce forme di risarcimento per danni subiti dal risparmiatore per inesatte, ingannevoli, omesse informazioni o comunicazioni sui mercati dei capitali e sul rispetto delle normative, relative alle offerte d'acquisto e alla vendita di azioni. Il riferimento è ai prospetti informativi, ai bilanci di esercizi e a quelli consolidati, alle relazioni sviluppate nelle assemblee e a qualsiasi altra comunicazione che possa avere indotto il risparmiatore ad una infondata attesa di guadagno.
La normativa del 2005 prevede una  sentenza che stabilisce il "principio di diritto", che sarà il riferimento per tutte le altre cause in subiecta materia.
         Più nel dettaglio il risparmiatore che intende procedere contro l'emittente deve espressamente chiedere l'instaurazione di un "procedimento pilota". Per passare alla fase successiva è necessario che entro centoventi  giorni siano presentate almeno altre dieci istanze uguali alla prima. In caso positivo, la Corte d'Appello competente sceglie l'attore della "causa pilota".
Durante lo svolgimento della "causa pilota" tutti gli altri procedimenti identici sono sospesi e saranno ripresi solo alla conclusione del primo, con l'obbligo di uniformarsi alla "sentenza pilota".
          La proposta di “procedimento pilota” può essere promossa anche dall'emittente.
          La norma in questione consente la riduzione dei costi di giustizia per i risparmiatori e la maggiore rapidità delle cause.
Tale normativa è stata verificata in questi cinque anni e, se i risultati risultassero positivi, sarà estesa ad altri comparti. In sostanza si tratta di una sperimentazione in quanto in ogni caso la legge, a meno di un risultato positivo e quindi della sua conferma ed eventuale estensione, cesserà di essere in vigore entro la fine del 2010.
Nel Regno Unito[14] tra gli anni '80 e '90 c'è stato il cosiddetto sistema di "legal Aid"che poneva a carico della finanza pubblica i costi dell'azione legale di tipo collettivo.
Tale contesto ha incentivato la promozione di una miriade di azioni collettive scarsamente giustificate.
Nel 2000 è stato introdotto il Group Litigation Order che consiste in un'ordinanza in cui viene regolata la trattazione di cause che presentano questioni comuni o connesse de facto  o de iure.
Nell'ordinanza vengono identificate le questioni che rendono comuni tali cause, viene istituito un registro in cui saranno iscritte le cause procedibili e, altresì, viene indicato il giudice che le tratterà.
Il magistrato può inoltre fissare la data entro la quale le cause devono essere iscritte nel registro e disporre che una o più delle cause iscritte varranno come test claims.
Ordinanze e sentenze relative a una o più questioni comuni, adottati nell'ambito di una causa iscritta al registro, sono vincolanti per le parti di tutte le altre cause già iscritte, o che verranno successivamente iscritte al registro, nella misura stabilita dal giudice. Non si tratta di una class action, bensì di un meccanismo flessibile che consente la trattazione congiunta di una pluralità di cause simili: determinate questioni di fatto o diritto comuni a più cause vengono trattate una sola volta, con effetto vincolante per le parti delle varie cause, con evidenti benefici in termini di economia processuale.
In Austria [15]si à giunti alla formulazione di un'azione collettiva per via giudiziaria: la Suprema Corte nel luglio 2005 ha riconosciuto che è conforme alla legge la prassi delle associazioni di consumatori di raccogliere le istanze di vari danneggiati e di promuovere l'azione contro uno stesso convenuto a condizione che le istanze siano sufficientemente simili in fatto ed in diritto.


·        Class action in Italia[16]

 Con l’ordinanza 27 maggio 2010,  n. 29 la sezione I civile del tribunale di Torino ha emanato il primo provvedimento[17] relativo alla disciplina dell’azione di classe, introdotta nell’ordinamento dall’art. 49 legge 23 luglio  2009, n. 99 che ha sostituito l’art. 140 bis codice del consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 approvato dal Consiglio dei Ministri  a seguito della delega conferita al Governo dall’art. 7 della legge 29 luglio 2003, n. 299), disposizione che già era stata inserita nell’articolato del codice del consumo dall’art. 2, commi dal 445 al 449, legge 24 dicembre 2007, n.244( legge finanziaria 2008).
Si tratta di una decisione di grande rilevanza, anche in considerazione  dell’attesa destata negli operatori dall’istituto dell’azione collettiva risarcitoria a tutela di diritti individuali omogenei dei consumatori, la cui introduzione consegue a veementi sollecitazioni politiche, seppur il cennato testo normativo è entrato in vigore solamente il 1 gennaio 2010 in ragione della sua procrastinazione dal 2007 a seguito  di reiterati decreti legge[18].
Prima di procedere ad una analisi di questa decisione giudiziaria è opportuno procedere ad una sintetica disamina del novello istituto.
La class action nazionale prevede la possibilità per consumatori e utenti singolarmente o in veste associativa di proporre una unica azione per la protezione dei diritti contrattuali di un gruppo di consumatori che abbiano una posizione omogenea nei confronti di una impresa (anche gerente un servizio pubblico o di pubblica utilità). Ancora più chiaramente, l’azione di classe riconosce la tutela giudiziaria ai titolari: di diritti “omogenei” (ndr aventi un contenuto omogeneo fra di loro) che a loro spettano come consumatori finali di un singolo prodotto nei confronti di un determinato produttore, indipendentemente dalla esistenza di un rapporto contrattuale; di  diritti “omogenei” (ndr aventi un contenuto omogeneo fra di loro)  di ristoro del pregiudizio sofferto, quali consumatori ed utenti, a causa di pratiche commerciali scorrette e comportamenti anti-concorrenziali.
L’elemento della “omogeneità” del diritto da azionare  rispetto a quello della “identità” dello stesso è un portato innovativo del recente decreto  legge 24 gennaio 2012, n. 1 (c.d. “Cresci Italia”), convertito con modificazioni nella legge n. 27 del 24 marzo 2012.
L’art. 6 del provvedimento sostituisce al criterio della “identità” del diritto che, secondo l’originaria previsione dell’art. 140 bis del codice del consumo (d.lgs. 206/2005) costituiva il presupposto per l’azione di classe, quello della “ omogeneità”, correggendo in tal modo una previsione che, come era formulata, rischiava di essere inapplicabile in ragione della  materiale impossibilità di verificarsi di situazioni perfettamente identiche.
In sede di conversione la legge 27/2012 ha reso più elastico il requisito della “omogeneità”, quale presupposto per attivare la class action, eliminando gli aggettivi quantitativi “del tutto” che si affiancavano alla parola “omogeneo”, sostitutiva della espressione  “identico”  del comma 2 (vecchia versione) dell’art. 140 bis del codice di consumo.
Altresì, sempre in sede di conversione dell’art. 6 del decreto legge 1/2012, è stato integrato il comma 3 dell’art. 140 bis, per il tramite della precisazione  circa  l’adesione alla azione di classe – che può avvenire anche senza il ministero del difensore –   concepita anche con il mezzo della posta elettronica certificata e del fax, garantendo così la più ampia possibilità di accesso al rimedio giurisdizionale in parola.
Altra innovazione è realizzata ad opera della   legge di conversione 27/2012  al comma 12 dell’ art. 140 bis, il cui contenuto stabilisce che,  in caso di accoglimento della domanda,  il tribunale pronuncia la sentenza di condanna con  cui liquida le somme definitive da corrispondere agli aderenti al ricorso, secondo valutazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c.,  ovvero fissa il criterio  omogeneo di calcolo per la liquidazione di dette somme. Su questa ultima modalità decisoria la legge di conversione ha chiarito  che il giudice debba assegnare alle parti processuali un termine, non superiore a 90 giorni, entro il quale esse concordino la liquidazione del danno. Il verbale dell’accordo, sottoscritto dalle parti e dal giudice, costituisce titolo esecutivo a mente dell’art. 474, comma 2, n. 1), cpc. Scaduto tale termine, senza che si sia addivenuto ad alcunché, il tribunale, su istanza di almeno una parte, liquida le somme dovute ad ogni  singolo  ricorrente-aderente alla azione.

In merito alla procedura l’art. 140 bis c.d.c. prevede una prima valutazione sull’accessibilità del ricorso – reclamabile in Corte di Appello – ed una seconda fase, che include la raccolta delle prove, che termina con la decisione in merito ai danni riconosciuti o ai criteri da applicare per la quantificazione degli stessi.
Alla base della class action, così come configurata dalla normativa italiana, v’è il sistema opt in: in ragione di ciò non può essere promossa più di una singola class action, rimanendo ferma però la possibilità della presentazione di azioni individuali in base alle norme ordinarie: la sentenza che definisce il giudizio di class action fa stato anche nei confronti degli aderenti.
La giurisdizione è incardinata dinanzi il tribunale ordinario civile.
L’art. 140 bis del codice del consumo non riconosce la possibilità di attivare le class action nei confronti della Pubblica Amministrazione.
Uno strumento di natura similare a quest’ultima specificamente previsto al fine di tutelare posizioni giuridiche soggettive attive nei confronti di strutture pubbliche, è stato recentemente introdotto dal decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198 in attuazione della legge delega ex art. 4 legge 4 marzo 2009, n.15 in materia di ricorso per l’efficienza delle Amministrazioni pubbliche e dei concessionari di pubblici servizi.
Tale normativa, entrata in vigore dal 15 gennaio 2010, ha inserito nel tessuto connettivo dell’ordinamento processual – amministrativistico la procedura speciale volta ad assicurare l’efficienza nella compagine della Pubblica Amministrazione nella sua multiforme articolazione e modalità di azione.
Questa particolare tipologia di class action può essere promossa da singoli individui e da associazioni con il presupposto che si sia verificata ad opera di un provvedimento, di un atto amministrativo,  di un comportamento o di una omissione della Pubblica Amministrazione o di un concessionario di un pubblico servizio una lesione diretta, concreta ed attuale degli interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei[19] per una pluralità di utenti e consumatori derivante: 1) dalla violazione di termini perentori; 2) dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non avanti contenuto normativo da emanarsi tassativamente entro e non oltre una data fissata da una legge o da un regolamento; 3) dalla violazione degli obblighi contenti nelle carte di servizi ovvero dalla violazione di standard qualitativi o economici.
La domanda deve essere in un primo momento notificata agli uffici amministrativi  competenti, in modo da consentire loro l’adozione delle misure necessarie.
Solamente trascorsi novanta giorni dalla notifica, nel caso in cui nulla fosse compiuto, o fossero adottati provvedimenti rispondenti in maniera parziale alle istanze degli utenti del servizio pubblico, questi ultimi potranno accedere alla giurisdizione di natura esclusiva e di merito ( ai sensi dell’art. 4, comma 2, lettera l), n.2, legge delega 4 marzo 2009, n.15: “  il nuovo giudizio è devoluto alla giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministrativo[20]”) del  Tribunale Amministrativo Regionale territorialmente competente, il quale però non potrà adottare decisioni aventi ad oggetto il risarcimento dei danni, per il cui riconoscimento e determinazione dovranno essere esperiti i rimedi giudiziari ordinari.
A differenza della class action regolata dall’art. 140 bis codice di consumo, la esclusione della possibilità di condannare da parte della Autorità giudiziaria amministrativa al risarcimento dei danni la struttura pubblica o il concessionario di un pubblico servizio è dovuta alla diversa finalità sottesa a questa nuova azione giurisdizionale la quale tende, anziché a fornire tutela a una situazione giuridica attiva (come avviene nella class action ex art. 140 bis c.d.c. che consente al tribunale civile di stabilire una condanna di natura risarcitoria – o alternativamente di natura restitutoria -   reintegrativa dell’interesse giuridicamente rilevante leso di cui i singoli consumatori ed utenti sono titolari), a ripristinare il corretto svolgimento della funzione pubblica o la corretta erogazione di un servizio pubblico e, pertanto, a realizzare compiutamente l’interesse pubblico generale.
Mentre l’azione di classe a mente della disposizione del codice di consumo fornisce una protezione diretta ad una posizione giuridica sia che essa abbia la veste del diritto soggettivo( assoluto o relativo) o quello dell’interesse legittimo( oramai considerato esistente  anche nell’ambito giusprivatistico), la class action avverso la Pubblica Amministrazione o un Concessionario di pubblico sevizio è funzionalizzata primariamente ad apportare migliorie alle loro  attività, sia che esse si formalizzino con modalità provvedimentali che con modalità negoziali, per il tramite del controllo della corretta applicazione dei principi di economicità ed efficienza da parte della Pubblica Amministrazione: solamente in via mediata e indiretta può determinarsi una tutela di situazioni soggettive, che non si esaurisce in quelle  aventi natura di interessi legittimi collettivi( se fanno capo  a corpi sociali organizzati) o interessi legittimi diffusi(id est relativi a una massa magmatica di soggetti -  in alcun modo organizzata - autonomi fra di loro ma con un contenuto sostanziale eguale o omogeneo), ma che attiene anche a poste attive lese da azioni amministrative legittime ma non conformi ai cennati standard normativamente determinati.
Tale diversità di funzione della class action a mente del d.lgs. 198/2009[21] rispetto a quella prevista dall’art. 140 bis c.d.c. dipende dalla diversa concezione di Pubblica Amministrazione che viene configurata dalla legge delega ( c.d. Brunetta ) 4 marzo 2009, n.15, id est come Amministrazione di risultato, sostantivizzazione  del principio costituzionale del buon andamento ai sensi dell’art. 97 della Costituzione. Lo stesso potere conferito al giudice amministrativo è molto più ampio di quello ordinariamente esercitato in sede di giurisdizione di merito, potendo il T.A.R. sindacare sulle scelte“ aziendali” della pubblica Amministrazione e dei Concessionari di pubblici servizi in maniera “talmente penetrante quasi da snaturarne la funzione giurisdizionale così come tradizionalmente intesa”[22].

·        Ordinanza del tribunale di Torino

Premesso ciò, possiamo procede ad una attenta valutazione dell’ordinanza del tribunale  di Torino[23].
La pronuncia 29/2010 verte sull’ammissibilità dell’esercizio dell’azione da parte del consumatore di sevizi bancari, ai fini del risarcimento del danno prodotto dall’inserimento di una clausola nulla nella regolamentazione del rapporto di conto corrente, nonché dalla sua eventuale applicazione. Il giudice procede nel contraddittorio delle parti ad un approfondito esame del merito, concludendo che all’attore la clausola non era mai stata applicata e, di conseguenza, difettasse il  suo interesse ad agire.
Su questa premessa si dichiara pertanto inammissibile l’azione  di classe, nonostante le conclusioni in senso contrario del pubblico ministero (la cui presenza è obbligatoria solo nella fase della ammissibilità dell’azione ai sensi dell’art. 140 bis comma 5 codice di consumo[24]).
L’ordinanza in esame, adottata al termine dell’udienza c.d. “di filtro”, pur dovendosi ritenere inidonea alla produzione di effetti di giudicato sostanziale( tranne che con riferimento alla statuizione sulle spese), assume però carattere definitivo del procedimento così avviato e dunque merita speciale attenzione.
Come si è in precedenza posto all’attenzione del lettore negli Stati Uniti d’America si esclude che l’apparenza di fondatezza della domanda costituisca condizione di ammissibilità della class action; altrettanto si è evidenziato che in vari Paesi europei non esiste alcun “filtro” preliminare.
In Italia si è già dichiarato costituzionalmente illegittimo condizionare l’accesso  alla giurisdizione al fumus boni iuris della domanda: la giurisprudenza della Corte Costituzionale – primariamente la sentenza 10 febbraio 2006, n.50[25] -  in materia di condizionamento della giurisdizione ha sancito la irrazionalità di siffatti “filtri”: l’ammissibilità o meno di uno strumento cautelare, provvisorio, di urgenza ovvero di una vera e propria azione giudiziaria può essere ammessa nel rispetto dei principi della Carta Costituzionale solamente se la valutazione dell’organo giudicante si limiti ad una generica valutazione sulla sussistenza degli elementi minimali per la adozione del provvedimento, nel caso di specie di ammissibilità dell’ azione di classe.
L’art. 140 bis codice dei consumi subordina l’ammissione dell’azione di classe alla non manifesta infondatezza della domanda e si presta, dunque, unicamente ad impedire l’esame del merito di domande platealmente infondate, contrariamente all’esame del merito effettuato invece  dal  tribunale di Torino in via preliminare. Qualora persista una simile linea interpretativa dei tribunali – ad avviso di chi scrive, confortato da autorevole Dottrina[26] -  è probabile che tale quaestio sarà portata alla attenzione della Corte Costituzionale
Altra questione di non poco momento affrontata dall’ordinanza del tribunale di Torino si sostanzia nella esclusione della assunzione della qualità di “parte” dei soggetti c.d. aderenti (ma non partecipanti al giudizio), non potendo essi pertanto impugnare la decisione  in quanto privi di poteri di impulso processuale.
Negli Stati Uniti, ove si adotta il sistema del recesso (c.d. opt out)  - in talune ipotesi addirittura impedito - i componenti passivi del gruppo possono risultare tali senza aver compiuto alcun atto processuale, sicché si è teorizzato che “parte” in giudizio possa considerarsi la classe nel suo complesso.
Solamente nella ipotesi in cui un soggetto dichiari esplicitamente in sede giudiziaria o stragiudiziaria  di non voler fruire in alcun modo della causa nel rispetto della normativa sulla class action  e, quindi,  della decisone che al termine di essa sarà emanata,  si renderà operativa la clausola dell’opt out e, conseguentemente, il soggetto recedente avrà la facoltà di adoperare gli ordinari mezzi processuali civilistici “di natura individuale” .
Tale impostazione non è invece praticabile in Italia, dove si è adottato il sistema della adesione (c.d. opt in): il componente del gruppo si assoggetta agli effetti degli atti di impulso del proponente per effetto di una propria manifestazione di volontà esplicitamente e formalmente diretta all’ufficio giudiziario di portata inequivocabilmente processuale, altro non essendo che una modalità semplificata di proposizione di una domanda giudiziale.
La legge 99/2009 ha confermato tale impostazione, disponendo esplicitamente che l’atto di adesione debba contenere l’enunciazione dei fatti costitutivi della pretesa, oltre che gli aderenti si avvalgano dell’azione di classe senza il  ministero del difensore.
E’ opportuno precisare che,  ai fini della pronuncia sul merito, la circostanza che   l’aderente non sia tenuto a compiere ulteriori atti di impulso, potendosi avvalere a tale fine degli effetti di quelli posti in essere dal  proponente, non esclude affatto la sua qualità di “parte”: è la stessa ratio, la stessa natura, le stesse peculiarità che sottendono  il processo in parola  che rendono fatalmente  il soggetto aderente ma non proponente “parte processuale” a tutti gli effetti.
Alla luce di quanto sopra riportato dalla legislazione italiana e da quella statunitense, britannica, australiana e canadese( e sulla stessa linea  quella brasiliana) in parte qua, appare di palmare evidenza una marcata differenza fra la class action così come delineata nell’ordinamento giuridico italiano e la  class action di stampo anglosassone.

·        Conclusioni  

Il decreto legislativo 198/2009 abbisognava  ancora per la sua “reale” entrata in vigore della emanazione dei regolamenti attuativi previsti dalla norma transitoria (art. 7).  In realtà, in relazione alla sua attuazione , v’è da puntualizzare che, in luogo dei  decreti così come concepiti dal citato art. 7, il Ministro  della Pubblica amministrazione e l'Innovazione ha emanato la  direttiva n. 4 del  25/02/2010, in forza della quale viene resa in buona parte  operativa  la normativa sulle c.d. class action nel settore della Pubblica Amministrazione.
Pur  dovendosi giudicare positivamente l'accelerazione fornita a tale  strumento dalla   direttiva, sussistono alcune perplessità sulla forma utilizzata, proprio in virtù della previsione ex  art. 7 d.lgs. 198/2009.
A fronte del rinvio compiuto da quest’ultimo   ad uno o più Decreti del Presidente del Consiglio, si è intervenuti, invece,  per l’efficacia della normativa di cui si tratta,  con una semplice “linea direttiva. Tale documento è stato adottato dall’ex  Ministro Brunetta in qualità di titolare delle funzioni di monitoraggio sull'attuazione dei D.P.C.M. che lo stesso deve proporre. In questo caso, però, il monitoraggio ha anticipato l'attività oggetto del controllo e lo stesso Ministro chiamato a proporre un D.P.C.M. ne ha di fatto anticipato i contenuti, pur non contenendo la direttiva alcuna prescrizione,  ma limitandosi semplicemente ad invitare,  seppur in maniera autorevole, le amministrazioni centrali e locali ad effettuare una ricognizione completa dei rispettivi standard qualitativi ed economici, a pubblicarne gli esiti sui siti istituzionali e a trasmetterli alla Commissione nazionale per la valutazione.
 L’art. 140 bis codice dei consumi, infine,  muove i suoi primi timidi passi nelle aule giudiziarie. Importante sarà vedere come si adopererà il mezzo  della udienza di “filtro” per la ammissibilità della class action: se si seguiranno le orme tracciate dal tribunale di Torino – presumibilmente contrastanti con i dettami costituzionali  – l’ambito di applicazione della disposizione sarà sensibilmente ristretta, a danno di consumatori e utenti, svuotando nei fatti la sua forza innovatrice; se l’indirizzo invece che sarà seguito dalla magistratura avrà un maggiore respiro europeo, la possibilità di rendere giustiziabili gli interessi diffusi (oltre quelli collettivi) potrà finalmente vedere concrete occasioni di realizzazione[27].

Prof. Fabrizio Giulimondi



Nota di aggiornamento


La sentenza del Tribunale di Napoli, sezione XII civile, n. 2195 del 18 febbraio 2013, rappresenta il primo provvedimento giurisdizionale applicativo dell’art. 140-bis del codice di consumo giunto a conclusione, in maniera finalmente favorevole per i ricorrenti, dopo aver  superato il vaglio di ammissibilità della relativa azione di classe ed essere approdata  alla fase di merito<!--[if !supportFootnotes]-->[28]<!--[endif]-->.
La massima che si estrae dalla parte motiva della cennata decisione è la seguente:
“Il richiamo alla ‘identità’ (espressione sostituita – come già in precedenza riportato -   in seguito alla riforma del 2012, con la parola ‘omogeneità’) dei diritti di una pluralità di consumatori e utenti deve essere inteso nel senso che è necessario che tutti gli elementi costitutivi, con riferimento sia all’an sia al quantum del risarcimento, siano identici (rectius omogenei), potendosi differenziare soltanto per il fatto che ineriscono a soggetti differenti<!--[if !supportFootnotes]-->[29]<!--[endif]-->. Di conseguenza, deve essere dichiarata inammissibile l’adesione alla class action di quei consumatori che, come dagli stessi dedotto, si trovano in una situazione di fatto diversa da quella indicata dall’ordinanza con cui l’azione medesima è stata dichiarata ammissibile “
Nella specie esaminata dal Tribunale di Napoli, dunque,  i giudici partenopei,  dopo aver dichiarato l’ammissibilità della domanda giudiziaria, in relazione agli interventi adesivi hanno  proceduto in maniera differenziata a seconda della omogeneità o meno della posizione giuridica soggettiva attiva ad essi  sottesa, declarando l’ammissibilità della adesione solamente in presenza del  requisito della omogeneità del diritto- interesse  collettivo azionato: “Il contratto di viaggio tutto compreso (pacchetto turistico o package) è diretto a realizzare l’interesse del turista-consumatore al compimento di un viaggio con finalità turistica o a scopo di piacere, sicché tutte le attività e i servizi strumentali alla realizzazione dello scopo vacanziero sono essenziali. In particolare, pertanto, la circostanza che il turista-consumatore venga alloggiato, per una parte del periodo di soggiorno, in una struttura alberghiera di livello qualitativo inferiore rispetto a quella prenotata all’atto dell’acquisto e, per la restante parte del periodo di viaggio, presso questa struttura, ma ancora in fase di ristrutturazione, con molti dei servizi promessi (palestra, spa e piscina, spiaggia attrezzata) non ancora ultimati, diminuisce in misura apprezzabile l’utilità che può trarsi dal soggiorno nella località turistica, dando luogo alla fattispecie della vacanza rovinata.”.


 Fabrizio Giulimondi


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Fabrizio Giulimondi
                                                                                              


[1] Conclusasi con la transazione della Morgan Stanley con la Securities and Exchange Commission  nel 2005: la Corte Suprema ha approvato la transazione il 4 febbraio 2005(  in  Luciana Iaccarino, “Common law e competitività del mercato U.S.A.: due casi all’esame della Corte Suprema”,  Luiss Guido Calvi, Dipartimento  di Scienze giuridiche – Centro di ricerche per il diritto di impresa, 2007, in www.luiss.it
[3] Presentata il 28 luglio 2010 dinanzi la United States District Court per il distretto del Maryland.
[4]Castenada v. Burger King  dinanzi la California Federal Court in  www.burgerkingclassaction.net
[5] P.Fava., "Class actions all'italiana: Paese che vai, usanza che trovi, l'esperienza dei principali ordinamenti giuridici stranieri e le proposte, in Corriere Giuridico 3/2004; E. Bellini. “Class actions e mercato finanziario: l’esperienza nordamericana”, in Danno e responsabilità”, n. 8-9, 2005, p. 817.
[6] Stephen C. Yeazell,” From Medieval Group Litigation to the Modern Class Action” (New Haven: Yale University Press, 1987)
[7] S. Chiarloni, “ Per la chiarezza di idee in materia di tutele collettive dei consumatori”, in Riv. Dir. Proc., 2007, 567, 570.
[8] M.Boato, P.Piastoia, S.Pucci “Class Action nel mondo e nuova legge italiana. Azione collettiva dei consumatori”,  ed. Ecoistituto del Veneto, 2008
[9] G.Alpa – G.Capilli “Lezioni di diritto privato europeo”, Padova, 2007; “Consumatori fra pubblicità, prezzi e prodotto reale”, Atti del premio Vincenzo Dona, Milano, 2009.
[10] Com(2008)794.
[11] Dal paragrafo 21 del Libro verde: “A livello europeo, strumenti giuridici in grado di favorire la soluzione dei ricorsi di massa transfrontalieri dovranno essere attuati in un futuro prossimo o entrare in vigore fra breve. La direttiva sulla mediazione n.31 deve essere attuata entro il 2011 e la Commissione riferirà in merito nel 2016.”
[12] V. Panzironi, “Le proposte di legge francesi sull’azione collettiva risarcitoria presentata all’Assemblee Nazionale e al Senat”, 2006,  Luiss Guido Calvi, Dipartimento  di Scienze giuridiche – Centro di ricerche per il diritto di impresa,  in www.luiss.it

[13] C. Iurilli ,” Taluni aspetti della nuova legge italiana sul risparmio: il conflitto di interesse. la mancata introduzione della ‘class action’ e la nuova legge tedesca sull’azione di classe in materia di tutela del risparmio”, in Studium Iuris, n. 9, 2005, p. 983.
[14] F. Basciu “Le class action nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America”,  2010, in www.luiss.it

[15] P..Fava., "Class actions all'italiana: Paese che vai, usanza che trovi, l'esperienza dei principali ordinamenti giuridici stranieri e le proposte.” cit.
[16] A. Carrata, “Dall'azione collettiva inibitoria a tutela di consumatori ed utenti all'azione collettiva risarcitoria: i nodi irrisolti delle proposte di legge in discussione”, in Giur. it., 2005, p. 662; G.Ponzanelli., “Class actions”, tutela dei fumatori e circolazione dei modelli giuridici”, in Foro it., 1995, IV, p. 305; G.Ponzanelli.,” Alcuni profili del risarcimento del danno nel contenzioso di massa”, in Riv. dir. civ., n. 3/2006, p. 327;F. Tedioli (Dicembre 2000). “Class action all'italiana atto secondo: un cantiere ancora aperto”,.in Obbligazioni e Contratti (12): 998 – 1007Fava P., "L'importabilità delle class actions in Italia", in Contratto e Impresa 1/2004.

[17] Due sono le class action presentate negli uffici giudiziari italiani e ancora non decise: al tribunale di Roma il Codacons ha depositato una class action contro l’Unicredit: l’azione poggia sulle rilevazioni dell’Antitrust, secondo le quali  le banche avrebbero compensato l’eliminazione della commissione di massimo scoperto introducendo nuove e più costose commissioni a carico degli utenti; la seconda è stata presentata avanti il tribunale di Milano sempre dal Codacons avverso la Voden medical instruments, ideatrice e distributrice  del test” Ego test flu”, che permetterebbe la rilevazione, fai da te, dell’influenza A e B: un test, secondo i tecnici, del Ministero della Salute, che avrebbe una scarsa sensibilità, con rischi di incorrere in falsi negativi. Alcune farmacie ne hanno, fra l’altro, rifiutato la commercializzazione.
[18] Una prima proroga al 1° gennaio 2009 è stata disposta dalla “manovra finanziaria estiva” ( legge 133/2008 di conversione del decreto legge 112/2008), sulla base della necessità di individuare e mettere a punto strumenti normativi adatti ad estendere la tutela risarcitoria  offerta dall’azione collettiva anche nei confronti della pubblica amministrazione. Tale termine è stato successivamente differito al 1° luglio 2009 dal “decreto-legge milleproroghe” ( decreto legge 207/2008, convertito dalla legge 14/2009; un’ulteriore proroga al 1° gennaio 2010 è stata disposta dal  decreto legge 78/2009, convertito dalla legge 102/2009). 

[19] Prima della modifica dell’art. 140 bis, comma 2,  c.d.c., dovuta all’art. 6 d.l. 1/2012, convertito nella legge 27/2012, la natura “omogenea” del diritto prevista come presupposto della azione di classe  avverso la P.A., rappresentava una delle tante differenze rispetto alla azione di classe vera e propria che vedeva come elemento fondante del ricorso il  requisito della “identità “del diritto. Tale discrimen è venuto mano a seguito della emanazione del citato decreto “Cresci Italia” e della approvazione della sua legge di conversione.
[20] “Sebbene questa previsione non sia stata ribadita apertamente anche dal legislatore delegato – come sostiene G.Finocchiaro, in “Il nuovo strumento diventerà operativo solo dopo l’emanazione dei decreti attuativi”, Guida al Diritto, n.5 del 30 gennaio 2010, p.43 – non può non credersi che il giudice amministrativo sia investito del potere di sindacare nel merito l’operato delle parti intimate.”.

[21] che riveste comunque una carattere residuale rispetto a quella introdotta nel Codice di Consumo, nonché  in relazione all’opera di  regolazione e di controllo avviata dalla Autorità preposta a un determinato settore in forza di un procedimento amministrativo volto ad accertare condotte ritenute censurabile poste in essere dalla Pubblica Amministrazione ovvero da un Concessionario di un pubblico servizio.
[22] G.Finocchiaro “Class action: con il rimedio “superindividuale” i magistrati entrano nelle scelte organizzative”, in “Guida al Diritto”, n. 43 del 31 ottobre 2009, p. 18.
[23] Tribunale di Torino, sezione I civile, ordinanza 27 maggio 2010, n.29, Presidente e relatore Panziani; Rienzi, rappresentato dal Codacons, contro Intesa San Paolo s.p.a. in”Guida al Diritto”, n. 27 del 3 luglio 2010, pagg. 18-26
[24] Pertanto  è aggiunta una ulteriore  ipotesi di presenza obbligatoria del Pubblico Ministero nel processo civile a quelle già previste  dall’ 70 c.p.c.
[25] in “il Foro italiano”, 2006, I, 996.
[26] A.Giussani” La deliberazione sulla fondatezza della domanda genera un aumento dei costi ingiustificabile”  in”Guida al Diritto”, n. 27 del 3 luglio 2010, pagg. 18-26; A.Giussani” La prima ?uscita? della class action all’italiana soffocata da meccanismi preclusivi penalizzanti”  in”Guida al Diritto”, n. 27 del 3 luglio 2010, pagg. 16-17.

[27] Sino ad ora la giurisprudenza amministrativa ha considerato tutelabili solamente gli interessi c.d. collettivi. La pronunzia del Consiglio di Stato, sez. VI, 11 luglio 2008, n.3507 – esemplificativa a tale riguardo - nella parte finale della parte motiva afferma:” La concentrazione dell’interesse diffuso in interesse collettivo si realizza proprio attraverso l’individuazione di soggetti qualificati, e quindi di organismi collettivi, che agiscono istituzionalmente e statutariamente per la sua tutela, e che di conseguenza, proprio per la particolarità del fine che perseguono, emergono dalla collettività indifferenziata e si fanno portatori delle istanze del gruppo sociale di cui sono esponenziali. Quindi, dall’interesse diffuso, in cui ciascun membro del gruppo, che fruisce del bene di uso collettivo è titolare di un interesse omogeneo rispetto a quello facente capo agli altri, si passa all’interesse collettivo, in cui emerge una organizzazione che agisce a tutela di quell’interesse e che diviene come tale portatrice di una posizione soggettiva giuridicamente rilevante che la legittima ad impugnare provvedimenti amministrativi o ad opporsi a comportamenti della P.A. che siano lesivi della posizione giuridica protetta.”.

[28] Fino ad ora gli interventi giudiziari in subiecta materia erano stati tutti sfavorevoli agli attori. Più dettagliatamente,  in tema di contratti bancari: ordinanze di inammissibilità del Tribunale di Torino  4 giugno 2010 (Codacons contro Intesa San Paolo),  7 aprile 2011 (Adoc contro Banca Popolare di Novara),  28 aprile 2011 (Gasca contro Intesa San Paolo), del Tribunale di Roma 25 marzo 2011 (Codacons contro Unicredit), del Tribunale di Napoli 9 dicembre 2011 (Assoconsum contro Banca Campania); in tema di utenze di servizi: ordinanze di inammissibilità del Tribunale di Torino 31 ottobre 2011 (Callegari contro Società Gruppo torinese trasporti), del Tribunale di Firenze 15 luglio 2011 (De Zordo contro Società Quadrifoglio Servizi Ambientali area fiorentina), confermata da Corte di Appello di Firenze 27 dicembre 2011; in tema di danni da fumo: ordinanza di inammissibilità del Tribunale di Roma 11 aprile 2011 (Codacons contro Bat Italia), confermata da Corte di Appello di Roma 27 gennaio 2012; danni derivanti da test diagnostici: ordinanza di inammissibilità del Tribunale di Milano 20 dicembre 2010 (Codacons contro Voden Medical Instruments), confermata da Corte di Appello di Milano 3 maggio 2011.
[29] Contra G.Finocchiaro (“L’azione collettiva deve poter essere proposta anche per tutelare diritti di consistenze diverse”, in “Guida al Diritto” n. 12 del 16 marzo 2013, p.22), dissente da tale rigida linea di pensiero, ritenendo che il Legislatore nel modificare il linguaggio adoperato nell’art. 140-bis del codice di consumo, sostituendo “identici” con “omogenei”, evidentemente ha inteso ampliare l’ambito di applicabilità del rimedio collettivo, immettendo la possibilità di esercitare l’azione di classe anche in riferimento a diritti aventi un quantum diverso rispetto a quello degli altri, nel pieno rispetto del disposto del comma 12 dell’art. 140-bis..