domenica 10 marzo 2013

"COCAINA" DI CARLOTTO-CAROFIGLIO-DE CATALDO


“Cocaina” del trio letterario Carlotto, Carofiglio e de Cataldo (Einaudi) è una raccolta di  tre racconti il cui filo narrativo è la cocaina: la polvere d’angelo vista da un punto di vista poliziesco nella individuazione degli spacciatori e nella ricerca di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti (La pista di campagna di Massimo Carlotto); la cocaina scrutata dall’ottica dell’assuntore che, in La velocità dell’angelo di Gianrico Carofiglio, è rappresentato da una brava poliziotta la cui esistenza viene distrutta dal rapporto lesbico con  una tossicomane spacciatrice; e, infine, la droga inserita nel commercio internazionale, nel mondo dei narcos, dei guerriglieri sandinisti, dei cartelli colombiani e messicani, dei campesinos (i contadini che in maniera schiavistica coltivano le immense piantagioni di foglie di coca) e dei feroci gruppi mafiosi calabro-sudamericani (Ballo in polvere di Giancarlo de Cataldo).
Che Carofiglio e de Cataldo siano magistrati lo si capisce   - oltre per fatto notorio – anche per gli utili e competenti  richiami ad  istituti e  disposizioni giuspenalistici sostanziali e processuali, inclusa una interessante spiegazione sulla distinzione fra testimone e confidente compiuta da Carofiglio. Quest’ultimo giudice-scrittore  rimane il mio preferito,  sia per l’agilità, l’eleganza, la chiarezza e la  freschezza del linguaggio - maggiormente involuto, complesso e articolato in de Cataldo -  sia per la minor presenza di atteggiamenti ideologici sparpagliati nella storia, presenza ben marcata invece nell’Autore di Romanzo Criminale, il quale indica – fra le varie esplicitazioni di idee  frutto di pregiudizio – nel prete antiabortista e contro le unioni omosessuali,  inevitabilmente e fatalmente,  il collegamento fra il boss sanguinario  e ambienti malavitosi.
I protagonisti in divisa nei tre episodi non sono mai eroi: non v’è eroicità nelle loro azioni, non ho trovato idealità, ma spesso risentimento, rancore, odio per l’esistenza  che loro non possono permettersi e quelli dall’altra parte invece sì. Alla base del  contrasto allo  smercio di cocaina non v’è idealità ma invidia per i massivi  guadagni per coloro che lo  praticano. Gli stessi agenti dell’antidroga, talora, vi entrano e vi fanno parte, lasciandosi corrompere,  perché i soldi fanno comodo a tutti e tengono famiglia.
Non  ho registrato la lotta contro  il Male che si sostanzia nell’uso e nella vendita della  cocaina e degli stupefacenti  in genere; non ho sentito un combattimento posto in essere perché la sola e unica protagonista del libro distrugge la mente e l’anima di intere generazioni di persone, i cui  profitti sono demoniacamente illeciti;  non ho visto la nobiltà d’animo in chi lotta contro di essa ma l’invidia  per la vita (donne, motori e ville:classico!) che conduce chi ha le mani in pasto nella polvere bianca.
Carofiglio di nuovo dimostra di meritare il Premio Strega che, speriamo,  gli sia presto riconosciuto.

Fabrizio Giulimondi



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