domenica 28 luglio 2013

STEPHEN KING "JOYLAND"

Joyland
Stephen King sta alla letteratura horror, thriller, noir e gotica come Steven Spielberg sta al cinema. Sthephen King, autore indiscusso e geniale della letteratura mondiale nel campo dell’horror, del thriller, del noir e del gotico,  nella  sua ultima creatura, nel  suo ultimo parto letterario dimostra ancora una volta la capacità extra ordinem  di stupire, coinvolgere, emozionare, spaventare, intenerire, far riflettere il lettore. Dopo centinaia e centinaia di libri, fra romanzi, raccolte, antologie, novelle, sceneggiature di decine di film di successo internazionale, racconti brevi, storie inedite ancora non pubblicate, è arrivato nelle librerie Joyland (Sperling & Kupfer). E’ stupefacente come Stephen King riesca, con la sua caratteristica scrittura scorrevole e morbida,  che si insinua  però nell’inconscio e nelle parti più remote e nascoste dell’animo umano, ad  intrattenere il lettore in amenità e cose piacevole o facete, per poi sferrare l’attacco quando meno la persona se lo aspetta.
Joyland è uno dei tanti parchi dei divertimenti degli Stati Uniti d’America. 
Dev è un ragazzo che soffre pene d’amore per essere stato lasciato dalla amata ragazza e vuole un periodo di distrazione, anche per alzare qualche dollaro per l’imminente università.
Madame Fortuna è una chiaroveggente, da fiera, da luna park, da baraccone, ma è a conoscenza di un  presagio che riguarda Dev.
Mike è un ragazzino di dieci anni con la distrofia muscolare, con una madre affascinante (Annie) ed un passato tormentato, ed un nonno integerrimo pastore protestante, il quale  imputa alle condotte della figlia la malattia del nipote, che ha il sapore di una maledizione divina.
Mike è come il bambino di “Il sesto senso”,  il film del 1999 di M. Night Shyamalan: vede fantasmi.
Dev si affeziona  a Mike e si innamora della madre.
Joyland è un luogo di divertimento, dove il divertimento si vende e  molti sono i personaggi che  ruotano intorno a Dev, ragazze e ragazzi, giovani e meno giovani, simpatici, accattivanti,  scostanti e psicopatici.
Poi c’è il tunnel dell’orrore, come in tutte le fiere, i luna park e i parchi di divertimento che si rispettano. Ma in quel tunnel qualche cosa è successo. Un particolare sfuggito a tutti – come nelle migliori produzioni cinematografiche di Dario Argento – fa comprendere un mistero che si trascina in quelle aree spensierate da anni: è un mistero fatto di spettri, di sangue, di morte, di assassini seriali.
Stephen King riesce a farci navigare nelle acque chete dei sentimenti, della delicatezza degli affetti, della nobiltà d’animo, sino a farci commuovere, per poi trascinarci  in un finale al cardiopalma, in una notte buia e tempestosa.
Non ci sono i momenti terrifici di Pet Sematary (1983), ma la presenza ectoplasmatica di esseri dell’Aldilà sarà il mezzo che il Maestro adopera per far comprendere ad Annie, dichiaratamente atea, che qualcosa oltre noi esiste: Dev sa che l’Ultraterreno  c’è  perché lui  nel tunnel qualche cosa ha percepito, al pari di Tom che qualche cosa ha visto e di Mike che qualche cosa ha percepito, ha visto ed  ha udito.
E’ rara un’ opera black che riesce a provocare brividi e inquietudine,  insieme alla malinconia che solo rapporti profondi lasciano una volta che sono andati e si sono persi nel passato.

Fabrizio Giulimondi


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