martedì 29 dicembre 2015

"FRANNY" DI ANDREW RENZI CON RICHARD GERE

Locandina Franny

Uno strabiliante Richard Gere da Oscar come “Miglior Attore protagonista” interpreta “Franny” di Andrew Renzi, un miliardario filantropo e morfinomane americano che vive ogni giorno il dramma che egli stesso ha provocato cinque anni prima, e che sarà costretto a rivivere quando Olivia si ripresenterà nella sua vita con un figlio e un marito.
Alle deficienze strutturali e di sceneggiatura del film sopperisce la grandiosità attoriale drammatica di Richard Gere, fra eccessi depressivi, di munificenza e da crisi di astinenza.

Fabrizio Giulimondi 




sabato 26 dicembre 2015

"IL POTERE DEL CANE" DI DON WINSLOW

Il potere del cane

Il potere del cane (Einaudi) è l’opera letteraria scritta nel 2005 dal newyorkese, ex investigatore privato e uomo di mille mestieri, Don Winslow.
Questo romanzo non è per tutti, ma solo per lettori navigati e dallo stomaco forte.
Il potere del cane” è un salmo dell’Antico Testamento.
Il potere del cane” è un incandescente e mozzafiato romanzo in stile splatter, con reminiscenze cinematografiche tarantiniane e un finale all’ok corral.
Il potere del cane” è una storia complessa e articolata, che fa precipitare il lettore negli abissi del “Male”, negli inferi della più pura malvagità umana. Moltitudini di storie che si intersecano, si intrecciano e si avviluppano fra di loro, incollate dal puzzo di sangue, da sofferenze indicibili, dalla tortura e dalla morte.
Non vi sono limiti alla ferocia e alla crudeltà di apparenti esseri umani che sono dietro e dentro la federación messicana, i “cartelli”, le FARC e l’AUC colombiani e i Contras e i Sandinisti nicaraguensi.
I traffici di cocaina e  di crack, di armi e  petrolio muovono il mondo come uno strisciante e interminabile incubo, mentre una  cannibalica ferocia è alle spalle di stati, chiese e comunità.
La narrazione attraversa gli Stati Uniti, il Messico, la Colombia, il Guatemala, il Perù, Panama, San Salvador, Il Nicaragua e il Venezuela lungo tutti gli anni ’90.
La Dottrina Monroe, la Teologia della Liberazione, la Crisi del Peso, l’entrata in vigore del Trattato NAFTA, le operazioni “Cerbero” e “Condor”, il programma “Fenice”,  la “Nebbia Rossa”, sono il “dietro le quinte”.
Non c’è protagonista né comparsa che non siano pregni di corruzione: il patrón incontrastato è il denaro e con esso  vi sono la più cupa sopraffazione, inconfessabili segreti dei narcotraficantes…e “il potere del cane”.
Ecco apparire un  raggio di luce nel buio più fitto, fra la belluina e quotidiana violenza e brutalità: il cardinal Parada, l’agente Art, una prostituta di alto bordo di nome Nora  e un killer, Callan. Un assassino professionista raggio di luce? Tutto è possibile nella imponderabile mente di Winslow.
Scampami dalla spada.
Dal potere del cane”.


Fabrizio Giulimondi.

sabato 19 dicembre 2015

"IL PONTE DELLE SPIE"("BRIDGE OF SPIES") DI STEVEN SPIELBERG: VINCITORE DAVID DI DONATELLO 2016 COME MIGLIORE FILM STRANIERO

Locandina italiana Il ponte delle spie
Sua Maestà Steven Spielberg -  colui che incarna il Cinema , colui che “è” il Cinema e lo ha vissuto in tutte le più poliedriche e multiformi sfaccettature, come regista, produttore, sceneggiatore di cortometraggi, lungometraggi, fiction e sceneggiati per la  televisione, e autore di una produzione cinematografica sul grande schermo da capogiro, attraverso la quale ha affrontato  ogni genere filmico -  ha creato con il suo impareggiabile tocco di classe e genio un film “Il ponte delle spie “(“Bridge of spies”), che si inserisce nel ricco filone filmografico statunitense in tema di spionaggio, guerra fredda e  pericolo atomico.
1957: è in corso lo scontro fra le due superpotenze americana e sovietica.
Agosto 1961: viene innalzato il “Muro” che dividerà sino al novembre del 1989 la Germania in due: quella democratica e quella sottoposta alla tirannide comunista.
In mezzo ci sono le spie dei due blocchi che cercano di carpire informazioni essenziali per la sconfitta dell’altro.
In mezzo c’è una spia russa.
In mezzo c’è un avvocato yankee tutto d’un pezzo.
In mezzo c’è il rispetto fra una spia russa ed un avvocato yankee tutto d’un pezzo.
In mezzo ci sono le regole di uno Stato libero come quello degli States, la sua Costituzione che assicura una difesa competente a chiunque, anche ad un nemico.
In mezzo ci sono altre regole, quelle belliche, che cancellano quelle di uno Stato libero, quelle imposte dalla sua Costituzione.
In mezzo c’è il ponte di Glienicke al confine fra Berlino Ovest e Berlino Est.
In mezzo ci sono giganti del firmamento attoriale nordamericano, come Tom Hanks, Mark Rylance, Amy Ryan, Sebastian Kock, Alan Alda.
Centoquaranta muniti di “quinta essenza” del Cinema, comodamente adagiata in  una elegante, pacata, ragionata spy story.
Fabrizio Giulimondi




venerdì 11 dicembre 2015

"DEREK DOLPHYN E IL VARCO INCANTATO" DI CHRISTIAN CAPRIELLO

Il genere fantasy dai suoi primordi ai giorni d’oggi pareva aver spremuto se stesso sino all’ultima goccia sia in sede letteraria che cinematografica.
Invero, per poter parlare compiutamente di questo genere letterario, non si può non approcciare Derek Dolphyn “Derek Dolphyn e il Varco Incantato (Tullio Pironti editore) di Christian Capriello,  primo di cinque volumi di una saga che farà parlare molto di sé.
Il titolo fa repentinamente comprendere al passante che getta un’occhiata alla vetrina di una libreria la natura del racconto e, seppur del tutto difforme nel tratto di penna e nel contenuto, la  titolazione richiama repentinamente alla mente i lavori di Licia Troisi.
Dialoghi continui, intensi, incisivi, serrati, talune volte quasi goldoniani, visivamente posti in risalto anche dai differenti stili, tipi e dimensione dei caratteri, talora coralmente avvincenti come liriche  greche.
Suggestive le interpolazioni che punteggiano la storia fatte di filastrocche, cantilene, fanciullesche poesiole, che si cadenzano in modo tale da sembrare di udire la voce infantile o roca di chi le recita: ”Quando si fece più vicino, sempre più ciondolante, Josh capì che il vecchio canticchiava, anzi gracchiava una canzone, scandendone minuziosamente ogni singola sillaba. Quel motivo assumeva via via sempre maggiore musicalità: si percepiva inoltre che essa, pur suonando come vagamente funesta, aveva un obiettivo molto chiaro: conteneva un messaggio.”.
Capriello è abilissimo nell’uso sonoro delle parole, riuscendo a far percepire al lettore l’intonazione della voce che le pronunzia, il suo gracchiare, squittire o acutamente penetrare nelle orecchie, ammagliandole o debolmente infastidendole.
Nulla è scontato, ciò che appare tale potrebbe non esserlo, le piccole creature “follettesche” che si aggirano furtivamente fra le righe raramente compaiono come protagoniste in altri scritti di analoghe creazioni letterarie.
I ricorrenti aspetti autobiografici nelle descrizioni intimistiche dei personaggi sono rari in questa tipologia di racconti ed è bene che l’attento lettore cerchi di indagare, appropinquandosi guardingo verso la fine, chi sia Josh e, soprattutto, se incarni o meno l’Autore.
Due sono le cartine di tornasole di un buon lavoro letterario.
Se, varcata la quinta pagina, si vuole continuare a leggerlo e, superata la trentesima, si procede, drogati dalla storia,  sino alla conclusione.
Se la pistola introdotta nell’ incipit della narrazione, come sostiene Cechov, al suo termine spara.
La pistola spara…e come se spara!
Un’ ultima annotazione: come d’estate gradiamo un bicchiere di vino bianco fresco, mentre d’inverno apprezziamo di più  un bicchiere di “rosso” o, magari, un cognac vicino al camino, la lettura di “Derek Dolphyn e il Varco Incantato” è particolarmente raccomandata nel periodo che ci accingiamo a vivere.

Fabrizio Giulimondi

lunedì 7 dicembre 2015

"DOBBIAMO PARLARE" DI SERGIO RUBINI

A chi ama il gusto di assaporare una vera ed elegante recitazione consiglio vivamente di andare a vedere “Dobbiamo parlare” di Sergio Rubini.
Dobbiamo parlare” è una pièce teatrale con le vestigia cinematografiche. Tutto è teatro e teatrale in questo film: il modo di recitare, le movenze attoriali, il posizionamento corporeo nelle inquadrature e il muoversi lungo il set, la cui ambientazione è un appartamento con un arredamento delicatamente raffinato, una libreria ricca di libri sullo sfondo e  un appariscente post raffigurante Mao che campeggia fisso durante l’azione filmica.
Quattro attori che abilmente impegnano la scena e coinvolgono il pubblico in dialoghi serrati, recitati in maniera magistrale.
Sergio Rubini, Fabrizio Bentivoglio, Isabella Ragonese e Maria Pia Calzone, durante tutto lo sviluppo narrativo, fanno scuola di cinema e teatro.
Le reciproche “corna” di una attempata coppia  sposata, lanciate brutalmente addosso dopo anni di silenzi, bugie e mise–en-scène, contamineranno impietosamente e fatalmente la “apparente” autenticità amorosa di un giovane duo di conviventi di lungo corso.
Conviene veramente dirsi la verità?
Godetevelo!

Fabrizio Giulimondi


venerdì 4 dicembre 2015

"GLI ULTIMI SARANNO ULTIMI" DI MASSIMILIANO BRUNO

Locandina Gli ultimi saranno ultimi
“Gli ultimi saranno ultimi” - tratto dalla omonima pièce teatrale - di Massimiliano Bruno, 
Paola Cortellesi si sta affermando sempre più come la più brava attrice italiana, capace di passare da ruoli comici a drammatici con una disinvoltura ed una abilità di rara caratura.
Il resto del cast vede attori di primissimo livello, come Alessandro Gassmann che, insieme ad Elio Germano, può essere considerato una stella nel panorama attoriale nazionale; Fabrizio Bentivoglio, interprete di un poliziotto -  probabilmente mal costruito dal regista -  confuso e anonimo, né carne né pesce, che sbaglia mosse e tempi di azione; il grande (e grosso) Stefano Fresi, che qualsiasi parte rivesta mostra sempre una notevole carica di umanità; Irma Carolina Di Monte che dà voce a Manuela, transessuale poco funzionale alla storia.
Il film, accettabilmente  confezionato, puntella alla sedia lo spettatore per mezzo di una densa drammaticità da cui è percorso per tutta la sua durata, anche se nelle ultime scene il drama può risultare eccessivo, ridondante, surreale, forzato e un poco grottesco.
La pellicola affronta temi importanti come la precarietà del lavoro; la crisi economica che devasta i ceti sociali più deboli e , ancora di più, le donne, specie se in stato di gravidanza; la gioia dello stare insieme di una coppia sposata, la quale si accontenta della vita mediocre che il mercato del lavoro le offre; la ferocia del taglio dei posti di lavoro, come se ad essere eliminati siano numeri inerti e non persone, esistenze, famiglie.
La forza de “Gli ultimi saranno ultimi”, in realtà, è la stessa Cortellesi, dotata di capacità mimiche, espressive, comunicative, di movenza corporea e gesticolazione delle braccia, che mettono decisamente in secondo piano le distonie, le disarmonie e le criticità di sviluppo della trama e di delineazione delle personalità e delle identità dei personaggi.

Fabrizio Giulimondi