lunedì 29 agosto 2016

"ESCOBAR" DI ANDREA DI STEFANO


Locandina Escobar
“Escobar” è il bel film di Andrea Di Stefano che consiglio  a quasi tutti di vedere (ad esclusione dei più sensibili). La pellicola ripercorre le ignominie poste in essere dal uno dei più famosi e potenti trafficanti di cocaina, il colombiano patron dei cartelli di Medellin Pablo Emilio Escobar Gaviria (1949-1993).
Benicio del Toro  non solo interpreta magistralmente il ruolo di Escobar, ma accosta la sua corporeità ed espressività mimica a quella del “capo dei capi” della droga sudamericana.

Fra imbarazzante, inspiegabile ed arrogante religiosità, vicinanza sinallagmatica alla Chiesa Cattolica, alto senso della famiglia e belluina ferocia che non risparmia donne e infanti, torture e brutali eliminazioni fisiche, la narrazione filmica procede con ritmica placidità  avvinghiando lo spettatore alla sedia.

Abile Di Stefano nel far intuire l’orrore,  accennandolo appena senza entrare mai nei dettagli, evitando pervicacemente di mostrare al pubblico “le frattaglie”. La bravura di un regista, seguendo gli insegnamenti della tragedia greca, consiste proprio nel far sentire il disgusto e il raccapriccio senza far vedere nulla o, al più, lambendo la rappresentazione della truculenza di certe immagini. Non v’è capacità nello sbattere in faccia l’uccisione di un bimbo di pochi mesi, ma nel farla capire con l’angosciante sonorità di un pianto frignante non più percepita attraverso la cornetta di un telefono.

Fabrizio Giulimondi


"LA RAGAZZA DI FRONTE" DI MARGHERITA OGGERO (MONDADORI): VINCITORE DEL PREMIO BANCARELLA 2016

La ragazza di fronte
E mentre ascolta l’intreccio di note fra i due strumenti, il loro inseguirsi improvvisando in libertà, si chiede se la vita riesca a imitare il jazz, se il dialogo sia possibile senza darsi sulla voce ed essere fraintesi, se la spontaneità dell’improvvisazione , invece di risultare caotica, possa condurre a un’imprevista armonia”.
Due storie che si incastrano come un pezzo jazzistico suonato senza provare prima; Marta e Michele che si guardano dalle proprie finestre lungo molti anni, mentre trascorrono una esistenza in solitudine; un incontro voluto, sperato, preparato sin dalle prima battute.
I parenti, gli amici e gli amanti occasionali di Marta e Michele sono pulviscolo rarefatto che non riempie in nulla la densità del vuoto che li circonda e li penetra.
Il periodo natalizio e domenicale come tempo di solitudine, deprimente e angosciante.
E’ il tempo la chiave di tutto ed è il tempo che fornisce ai protagonisti la possibilità di imparare a comunicare con l’altro e conoscere l’altro,  non più avversario o fastidiosa pustola, ma fratello, sorella, madre, padre, amico, amica, amore forse per una vita.
Una scrittura fluida e ricca, abilmente spruzzata di neologismi, costruita intorno ad una architettura linguistica agile e di immediata comprensione ma mai banale, anzi sempre attenta alla multiformità dei vocaboli, il cui accorto accostamento  crea una sonorità gradevole all’occhio e quindi all’ orecchio e all’udito, anche grazie alla sporadica ed occhiuta assenza  di punteggiatura.
Margherita Oggero con il nuovo romanzo “La ragazza di fronte” (Mondadori) ha ben meritato il Premio Bancarella 2016.

Fabrizio Giulimondi

giovedì 18 agosto 2016

VERSO IL PREMIO CAMPIELLO: "LA TEOLOGIA DEL CINGHIALE" DI GESUINO NEMUS



Ermanno Paccagnini, La Lettura: “Un sorprendente esordio”;
Marco Malvaldi, TLT La Stampa: “Un ottimo esempio di giallo all’italiana”;
Elisa Manisco, Il Venerdì: “Un esordio tosto, con una voce narrante ipnotica, dove le risate si colorano di realismo magico e la verità sorprende come una fucilata”;
Stefania Parmeggiani, La Repubblica: “Le prime pagine richiedono pazienza, ma dopo un po’ si cede il passo alla meraviglia e alla fine dispiace lasciare il mondo che si è visitato”
Fabrizio D’Esposito, Il Fatto Quotidiano: “Di talento, Gesuino Nemus ne ha davvero tanto”;
Marta Cervino, Marie Claire: “Personaggi indimenticabili in un giallo incantato, terroso e aspro come un sorso di cannonau”;
Ferdinando Cotugno, Vanity Fair: “Un giallo (con omicidio) nella Sardegna dei ‘70 visto con gli occhi di due bambini e un prete”;
Francesco Abate, L’Unione Sarda: “La narrazione è percorsa da un’ironia che sbriciola tutte le paure, anche quelle supreme della morte, del demonio e del castigo di Dio”;
Fabrizio Giulimondi, giulimondi.blogspot.it, www.bookreviewfg.com: “ ‘La teologia del cinghiale’ (Elliot), opera prima vincitrice di cinque prestigiosi premi letterari (Premio Campiello Opera Prima 2016; finalista Premio Bancarella 2016; Premio Opera Prima 2016 Master in Editoria, Premio Osilo Salvatore Satta 2016, finalista Premio John Fante 2016), di Gesuino Némus - novello Italo Calvino nello stile, nel periodare e nella costruzione architettonica del romanzo -, che ha partorito un lavoro geniale, ironico e pirotecnico che sa di sangue e  antichi sapori culinari sardi, pungente come il fil' 'e ferru , misterioso come la lingua sarda con la quale l’Autore gioca inframezzandola con l’idioma italico e spruzzate di latino”.