sabato 12 novembre 2016

"QUALCOSA SUI LEHMAN" DI STEFANO MASSINI

Qualcosa sui Lehman
Nelle librerie v’è una biografia romanzata a forma di ballata,  “Qualcosa sui Lehman”(Mondadori), scritta da un autentico genio artistico italiano, Stefano Massini, che demolisce i consueti canoni stilistici e saltella fra letteratura, cinema, fumettistica, musica, giudaismo, finanza e due secoli di storia.
 “Qualcosa sui Lehman” è una summa di linguaggi e di culture letterarie che abbraccia Grecia e futurismo. La varietà di epiteti  e di poliformi figure letterarie scoppiettano con pirotecnici usi polifonici della parola. Massini è l’acrobata delle parole con cui gioca e si diverte con il lettore facendogli attraversare avvenimenti bisecolari che hanno coinvolto la potente e numerosa gens di finanzieri americani Lehman (i Lehman Brothers). Massini induce il suo pubblico a dipanarsi fra i marosi di arditismi linguistici e fantasiose architetture retoriche. Il lettore, avido di sapere “come va a finire”, in alcuni momenti inconsapevolmente accantona la narrazione per seguire costruzioni funamboliche per intere pagine ruotanti intorno all’avverbio NON; affascinato si perde nel serrato dialogo duettante fra Peter Lehman e Peggy Rosenbaum, tutto composto di frasi estrapolate da film cult degli anni ’30 e ’40; si stupisce dinanzi all’improvvisa trasformazione della prosa in fumetti che tramutano magicamente i discorsi in battute fra super-eroi; si concentra sul lungo ed eccentrico periodare in cui parole evidenziate in rosso si combinano fra di loro dando vita a locuzione di matrice marxista-comunista; viene rapito dalla metamorfosi delle vicende dei Lehman in quelle vissute dai protagonisti nel film King Kong del 1933 (guarda caso finanziato proprio dalla Lehman Brothers!); è avviluppato dagli onirici incubi di Philip Lehman e incespica in fitte discussioni in cui le parole si mischiano agli indicatori numerici di quei “derivati” che determineranno la crisi economica mondiale del 2008, trotterellando prima per il  24 ottobre 1929.
La parola fatta segno trasloca nel frastuono delle contrattazioni borsistiche,  intrappolando chi vi si imbatte similmente a sabbie mobili.
 “Qualcosa sui Lehman” è la storia di una famiglia di mercanti di bestiame,  che ha le sue radici  in Germania  prima di inondare gli States con il  proprio volumetrico mercanteggiare su tutto, dal cotone, al ferro, al caffè, al petrolio al tabacco, per giungere agli arei, alla computeristica e  ai titoli “sporchi”.
Il ritmo narrativo seguito è sincopato in quanto vi confluisce la metrica greca e latina unitamente ad una singhiozzante estetica grafica che incolonna frasi e periodi, oltre ad  incanalare  in una stessa colonna ripetute parole, identiche fra di loro o fra di loro in alterco, ossessivamente ticchettanti nelle orecchie di chi legge.  Al pari di una canzone, reiterati fraseggi a mo’ di irriverenti ritornelli sono posti all’inizio, nell’intermezzo e al termine di brani e capitoli.
Il lucro è al centro di tutto, perversa patologica brama di denaro che deve fruttificare altro denaro e altro ancora per l’immortalità della famiglia Lehman, sino alla malattia mentale, che si insinuerà nelle intelletti di ogni suo singolo membro.
La lettura ondeggia fra Vecchio Testamento e finanza, ebraismo e lavoro parossistico, per la sempiterna gloria del cognome Lehman, per la glorificazione dell’unico idolo da adorare: “il vitello d’oro”.
Ogni passaggio è infarcito di ironia, tutto è ironia, non c’è momento della vita dei Lehman che non sia maneggiata da Massini con ironia, non leggiadra, ma sprezzante, feroce ironia; e poi il gioco fra termini italiani e in lingua yddish,  e il motteggio e l’allegro connubio tra plurimi idiomi con cui vengono tradotte medesime espressioni, per rendere allegro ciò che è tragico, un tragico  mercato globale fatto a immagine e somiglianza della  biblica Torre di Babele.
E nulla sarà come prima.

Fabrizio Giulimondi

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