domenica 12 febbraio 2017

"IL NIDO" DI TIM WINTON (FAZI EDITORE)


Il nido” dello scrittore australiano Tim Winton (Fazi editore) è un romanzo dove la parola prevale sulla narrazione.
I fatti sono secondari perché soverchiati da un tripudio di parole ed una cascata di aggettivazioni che mulinano vorticosamente nella testa del lettore. Le parole spadroneggiano divenendo trama stessa, costruita sul fascino di una composizione, impudica, sfacciata, di vocaboli, termini, lemmi e fonemi. Le parole sono il vero polo di attrazione del lettore che rimane disinteressato alla storia. Metonimie, sinestesie e metafore avvolgono il racconto che rischia di esserne soffocato, accantonato dalla verbosità, talora ampollosa, di Winton, trapezista, acrobata e funambolo della lingua. Le frasi hanno un ritmo sincopato grazie all’abile uso della punteggiatura, capace di creare cesure tra una parte e l’altra della frase e di interrompere il periodo in contrasto sì con le regole linguistiche, ma non certamente con l’estetica e la sonorità del linguaggio.
Il lettore galleggia nell’afa pungente che opprime i protagonisti, che danno corporeità all’abbandono, alla tristezza, alla solitudine e al disincanto, autentiche colonne sonore del romanzo. Le prime centinaia di pagine – come un lungo prologo -  si soffermano sulla imponderabilità della natura umana, sulla incomunicabilità fra persone apparentemente vicine: l’inaccessibilità del piccolo Kai, la sgradevole volubilità di Gemma, l’apparente imperscrutabilità di Tom Keely, il cui cuore nasconde come un nido di uccelli sentimenti silenziati, che si mostreranno virulenti solo nelle ultime battute dell’opera.
Sono parole intrappolate nel silenzio: “Il ragazzino si ammutolì. E restò in silenzio. Keely cercò di trattenersi. Non poteva farlo. Non era il caso. Ma il ragazzino insisteva. Il quel silenzio dalla punta di diamante. Che continuava a penetrarlo”.

Fabrizio Giulimondi 

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