martedì 27 giugno 2017

"DEPRESSIONE. AFFRONTARE IL MALE (NON PIÙ) OSCURO" DI ANTONIO ONOFRI E CECILIA LA ROSA (PREFAZIONE DI VITTORINO ANDREOLI)


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Mi piace chiamarle “La trilogia dell’essere umano, delle sue sofferenze e della possibilità di uscirne” le tre opere scientifico - divulgative “Il lutto. Psicoterapia cognitivo-evoluzionista e EMDR”, “Trauma, abuso e violenza” e, da ultima, “Depressione.Affrontare il male (non più) oscuro” (San Paolo), di Antonio Onofri e Cecilia La Rosa (prefazione di Vittorino Andreoli).
Il titolo di quest’ultimo lavoro appena uscito nelle librerie italiane predispone il lettore ad un atteggiamento guardingo di attesa. V’è un presagio che si intravede fra le parole poste tra parentesi: “Il male (non più) oscuro”.
Tutti i lavori della coppia professionale Onofri-La Rosa sono scrutati attraverso un cannocchiale “speciale”. Da ogni pagina sembra provenire un vociare che appare sussurrare “Ce la puoi fare”. Ogni riga è scienza ed umanità, tecnica e sentimenti, rigore metodologico ed emozioni. Se viene configurato il problema, se ne vengono esplicitate le cause, ne viene tracciato con chiarezza anche il percorso per uscirne. “Depressione. Affrontare il male (non più) oscuro”, al pari di “Trauma, abuso e violenza” -  di cui può essere considerato il “secondo tempo” - adopera mezzi espressivi agevolmente comprensibili, accompagnati da schemi, epiloghi chiarificatori al termine di ogni capitolo e tavole sinottiche, mantenendo uno stretto rigore scientifico nella terminologia adoperata e nei temi affrontati.
La depressione, da “Il male oscuro” del vincitore del Premio Campiello 1964 Giuseppe Berto, a “male” che si può ridimensionare, controllare, sconfiggere.
La depressione, ossia quella galleria senza luci, senza segnalazioni luminescenti, senza alcun tipo di bagliore, priva del baluginio di una fiammella di una lontana candela. Il terapeuta si insinua in essa, vi scava dentro e rimuove ostacoli pervicaci e duri frapposti dal paziente. E’ il passato che fa paura e fa soffrire. Capire, indagare, mettere tutti i tasselli del puzzle sul tappetto, unire passato e presente, individuo e Comunità, anima e corpo, persona e famiglia, amici e parenti. “L’altro”, questo essere misterioso che va strutturato e destrutturato e non si sa se è un nemico o un amico. Capire. Capire è una operazione complessa, è comparazione, è rompere il rifiuto al dialogo del paziente. La paura. Il ricordo. Il passato. La sofferenza. Soffrire per ricordare, ricordare per guarire, guarire per tornare indietro verso il futuro. Le stelle sono la meta. Nel buio non si riescono a vedere, l’oscurità è troppo densa, lo impedisce. Il terapeuta sta lì per farle ri-vedere. Le stelle ci sono anche durante il giorno ma non si palesano agli occhi umani. Vi sono le stelle e vi sono la luce e il sole anche quando non li vediamo. Ci sono, la depressione non li fa vedere, ma vi sono. Gli Autori operano un’azione maieutica che provoca la liberazione dell’animo del depresso dalla ragnatela che lo soffoca senza tregua. Il paziente vedrà impercettibilmente un rinnovato movimento corporeo, un inaspettato ed improvviso scintillio dell’anima.
Onofri e La Rosa sornioni, senza che il lettore se ne accorga, fanno emergere la possibilità di una nuova vita, di nuovi amori e nuovo lavoro e nuove passioni, anche di altre sconfitte. Ora però si è ben compreso: dopo le sconfitte sopraggiungeranno sempre nuove vittorie.
Dal pregresso cupo silenzio si risente lentamente il suono del  pulsar del cuore.
Lutto. Trauma. Depressione. Vita.

Fabrizio Giulimondi



lunedì 12 giugno 2017

“QUANDO UN PADRE” (“A FAMILY MAN”) DI MARK WILLIAMS



Quando un padre” (“A Family Man”) di Mark Williams, con un cast di attori nordamericani d’eccezione (Gerard Butler, Willem Dafoe, Gretchen Mol, Alison Brie, Alfred Molina, Dustin Milligan), è una spremuta di cinema statunitense “de core”.
La trama si può riassumere con tre semplici passaggi: “anche gli ‘squali’ hanno un’anima”; “il bene fatto torna sempre indietro” e, infine, “la famiglia viene prima di tutto e tutto sana e tutto risolve, anche le malattie più perniciose”.
Più la concorrenza professionale è spietata e feroce negli States e più il suo Popolo necessita di pellicole fintamente drammatiche, trasudanti buoni sentimenti.

Fabrizio Giulimondi