venerdì 29 settembre 2017

FABRIZIO GIULIMONDI: "AMBIENTE, ECOREATI E IMPRESA"

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La legge 22 maggio 2015, n. 68 (“Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente”) ha segnato l’ingresso nel nostro ordinamento giuridico di una tutela ambientale ispirata ad un nuovo approccio culturale che - in base alla definizione offerta dalla Corte costituzionale e mutuata dalla Dichiarazione di Stoccolma del 1972 - considera l’ambiente come biosfera, un bene in relazione al quale la protezione si pone come salvaguardia delle qualità e dell’equilibrio dinamico delle sue singole componenti (territorio, paesaggio, ecosistemi e biodiversità).
L’Italia si è messa al passo con le indicazioni dell’Unione Europea che con la Direttiva 2008/99 ha invitato gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per assicurare che i reati ambientali di maggiore gravità, tali cioè da poter arrecare danni rilevanti alle persone o alla qualità dell’ambiente, siano “puniti con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive”.
Per questo è stato introdotto uno strumento di tutela moderno, completo e più incisivo rispetto al passato.
Non dobbiamo infatti dimenticare che prima dell’entrata in vigore della nuova legge la quasi totalità degli illeciti ambientali era punita a titolo di illecito amministrativo o come reato contravvenzionale, con pene relativamente miti e soggette ad elevato rischio di prescrizione. I casi più gravi non disciplinati (come è accaduto per il disastro ambientale) venivano sanzionati ricorrendo alla fattispecie del disastro innominato (art. 434 c.p.) con le note difficoltà ricostruttive sottolineate anche dalla Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 327 del 2008 esortò il legislatore a disciplinare espressamente le fattispecie di maggiore complessità di accertamento.
Con la nuova legge è stato tipizzato un ampio novero di fattispecie delittuose - dall’inquinamento ambientale al disastro ambientale - per punire, secondo una scala crescente di gravità, la compromissione o il deterioramento di singole componenti dell’ambiente fino all’irreversibile alterazione dell’equilibrio dell’ecosistema. L’ampliamento della sfera di protezione dell’ambiente si lascia apprezzare, altresì, per il fatto che le predette condotte sono punite, con pene ridotte, anche a titolo di colpa e di messa in pericolo a titolo di colpa.
L’obiettivo di rendere più adeguato il corredo sanzionatorio è stato raggiunto introducendo le nuove aggravanti della commissione dei reati ambientali in forma associativa (artt.416 e 416 bis c.p.) e dell’aggravante ambientale se un qualsiasi reato venga commesso allo scopo di eseguire un delitto ambientale; con la pena accessoria della incapacità di contrattare con la P.A.; con nuove sanzioni pecuniarie e misure interdittive a carico delle persone giuridiche per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato ambientale.
Una novità di assoluto rilievo è quella che consente di colpire il prodotto o il profitto del reato con gli stessi mezzi adottati per il contrasto alla criminalità organizzata grazie all’introduzione di nuove ipotesi di confisca obbligatoria - e, ove non sia possibile, per equivalente - mentre per il disastro ambientale, anche se commesso in forma associativa, è ora ammessa come misura di prevenzione la confisca dei valori ingiustificati o sproporzionati rispetto al reddito.
Una tutela moderna dell’ambiente non può prescindere dalla valorizzazione dell’aspetto riparativo al fine di ricostituire le condizioni ottimali dell’equilibrio ambientale leso dal reato. In questo quadro la finalità recuperatoria è garantita sia dal giudice – che con la condanna per taluno dei nuovi reati ordina, appunto, il recupero e se possibile il ripristino dello stato dei luoghi a spese dell’imputato – sia incoraggiando con uno sconto di pena il ravvedimento del trasgressore che prima dell’apertura del dibattimento neutralizzi le conseguenze dannose o si adoperi per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori ovvero collabori con l’autorità giudiziaria.
E’ passato un apprezzabile lasso di tempo dall’approvazione della legge 68/2015 e, come ci dimostra il rapporto 2016 di Legambiente, sono stati compiuti decisivi passi avanti sia in termini di diminuzione dei reati ambientali sia nella lotta alle ecomafie nel solco del disegno unitario di contrasto alla criminalità organizzata che si completa con le riforme del caporalato e del settore dei reati agroalimentari.
Oltre alla concreta attenzione di questo Governo per la questione ambientale la nuova legge sugli ecoreati esprime la presa di coscienza della primarietà ed assolutezza dell’ambiente che oggi è un valore che funge da cornice entro cui collocare la tutela di altri interessi.
Mi riferisco, in particolare, alla sostenibilità ambientale che si pone alla base del mutato rapporto tra ambiente ed economia dove il rispetto dell’ambiente diventa la condizione di uno sviluppo economico che sia compatibile con la limitatezza delle risorse per le generazioni future. Del resto la green economy impone oramai di considerare, oltre ai benefici, anche l’impatto ambientale di una scelta produttiva proprio perché il danno ambientale non può essere più concepito come un comune costo da sopportare. Possiamo dire che la legalità delle scelte ambientali è diventata un valore per l’impresa: ciò accade per le società benefit introdotte dalla legge di stabilità 2016 che tra le finalità di beneficio comune annoverano l’azione responsabile e sostenibile anche nei confronti dell’ambiente.
Si stanno definendo le questioni problematiche emerse in sede di interpretazione della legge. E’ infatti del 3 novembre 2016 la prima sentenza con cui la Cassazione ha fissato importanti principi sugli elementi costitutivi del delitto di inquinamento ambientale chiarendo che la condotta è abusiva non solo se manca l’autorizzazione ma anche se la stessa sia proseguita con modalità incongruenti rispetto al titolo ovvero in contrasto con regole che tutelano interessi indirettamente incidenti sull’ambiente. La Suprema Corte ha poi stabilito che compromissione e deterioramento indicano rispettivamente un’alterazione funzionale o strutturale dell’ecosistema ancorché non irreversibile come è richiesto per il più grave reato di disastro ambientale. 
C’è ancora da fare per perfezionare gli strumenti, già avanzati, di cui disponiamo per implementare le risorse da impiegare per la tutela dell’ambiente. In questo senso mi trova pienamente d’accordo la proposta di destinare i proventi delle oblazioni delle contravvenzioni ambientali di cui agli artt. 318 quater, comma 2, e 318 septies, comma 3, d. lgs. 152/2006 come novellato dalla legge 68/2015 a favore dei Ministeri a vario titolo coinvolti (Ambiente, Giustizia e Interno) nella procedura di ripristino delle conseguenze delle violazioni.

GLI ECO REATI A DUE ANNI DI DISTANZA DALLA LEGGE 68/2015:
NUOVI SCENARI PER LA TUTELA PENALE DELL’AMBIENTE


L’Ambiente àè un tema dinamico per definizione che in base alla definizione più moderna - fornita dalla Corte costituzionale e mutuata dalla Dichiarazione di Stoccolma del 1972 - viene in considerazione come biosferaàcioè un bene per il quale tutela significa salvaguardia delle qualità e degli equilibri delle sue singole componenti (territorio, paesaggio, ecosistemi e biodiversità).
Tale PREMESSA aiuta a comprendere il carattere MULTIFORME della tutela dell’ambiente.

1)   Se oggi è possibile tirare un bilancio dal versante penalistico della tutela, con le questioni problematiche emerse in sede di prima applicazione della riforma;

al tempo stesso l’ambiente - in virtù dei caratteri di primarietà ed assolutezza, come ribadito dalla giurisprudenza - costituisce sempre più un limite rispetto alla tutela di altri interessi. 

QUALI SONO I NUOVI INTERROGATIVI di fronte ai quali continua a porci la tutela penale dell’ambiente.
PARTIAMO DA QUEL CHE E’ STATO FATTO: LA RIFORMA
Come è emerso dalle precedenti relazioni: la legge del 2015 costituisce un caposaldo per una tutela dell’ambiente in chiave moderna che ha colmato una lacuna nel nostro ordinamento in base ad un mutato approccio culturale.
Fino ad oggi infatti il quadro normativo è stato quello disegnato dal d. Lgs. n. 152 del 2006 (codice dell’ambiente) polarizzato su reati di pericolo astratto, di natura contravvenzionale che scattano con il superamento di soglie considerati di rischio. Con la nuova legge l’ambiente non è più considerato un bene inesauribile ma una risorsa limitata da difendere a garanzia della quale ci muoviamo nella logica del delitto e dei reati di evento.
Le nuove figure di reatoà tipizzano in modo chiaro tutte le condotte aggressive in chiave plurioffensiva a tutela sia dell’interesse pubblico al rispetto dell’ambiente sia degli interessi dei singoli, danneggiati o messi in pericolo.
Viene punito un ampio spettro di condotte: dal disastro ambientaleàirreversibile alterazione dell’equilibrio dell’ecosistema e offesa alla pubblica incolumità all’ipotesi di base di inquinamento ambientaleàdeterioramento significativo e misurabile del suolo, del sottosuolo, dell’aria, dell’acqua, della flora, della fauna, dell’ecosistema e della biodiversità anche agraria.
     
     Il nuovo apparato sanzionatorio discende dalla normativa europea: in particolare la direttiva comunitaria n. 99 del 19 novembre 2008 sulla tutela penale dell’ambiente ha richiesto agli Stati di punire con “sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive” le condotte intenzionali o gravemente negligenti, tanto le persone fisiche quanto le persone giuridiche nel cui interesse venga commesso il reato.

     Parliamo di una riforma al passo con i tempi che segna un punto di equilibrio tra diverse esigenze: si migliora la repressione con pene severe per i reati più gravi e si estendono le ipotesi di confisca (obbligatoria, per equivalente e come misura di prevenzione per il disastro ambientale) ma non si vuole abdicare alla logica premiale con sconti di pena per il ravvedimento operoso accedendo - come l’interesse da proteggere richiede - alla giustizia riparativaà favorire l’emersione dell’illegalità per consentire la ri-espansione degli interessi sacrificati (come si è fatto per la corruzione e  si sta facendo per il contrasto al caporalato).

PRIME CRITICITA’ APPLICATIVE DELLA RIFORMA

1)   INDETERMINATEZZA AVVERBIO ABUSIVAMENTEà utilizzato nei 3 delitti di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono materiali ad alta radioattività ed ha sostituito la formulazione precedente <<contrarietà a norme legislative, regolamentari ed amministrative poste a tutela dell’ambiente>>.
Vivace dibattito in dottrina: si attende che si consolidi la giurisprudenza
a)   presenza/contrarietà autorizzazione amministrativa (come sostiene la Cassazione a proposito della gestione dei rifiuti) MA si obietta che non tutte le condotte possono essere rapportate ad un titolo abilitante
b)  il termine abusivamente va inteso come violazione dei principi generali di tutela dell’ambiente e della salute pubblica (di rango sovranazionale e costituzionale) a prescindere da ogni collegamento e connessione propedeutica con qualsiasi atto amministrativo.
c)   compromesso viene dalla Corte costituzionale: formule elastiche ammesse come “valvola di sicurezza del meccanismo repressivo” purché il destinatario ne comprenda significato precettivo sempre nei limiti dell’esigibilità


2)   INDETERMINATEZZA REATO INQUINAMENTO AMBIENTALEà superato il termine RILEVANTE per le condotte di compromissione o deterioramento di acqua, aria, porzioni estese di suolo e sottosuolo, ecosistema, biodiversità, flora e faunaà introdotta l’endiadi SIGNIFICATIVI E MISURABILI
Ufficio Massimario ha tracciato i confini della condotta:
Significatività: elemento dimensionale.
Misurabilità: onere della prova per l’accusa per quantificare la lesione ambiente.
Area punibilità: più alta delle soglie di rischio (CSR) delle contravvenzioni codice ambiente e più bassa del disastro ambientale (alterazione irrimediabile).

3)  COLPA PREVISTA SOLTANTO COME DIMINUENTE PER INQUINAMENTO e DISASTRO

Ciò ha attirato le critiche in ordine alla mancata distinzione sistematica tra reati dolosi e colposià dovuta al PRINCIPIO DI PRECAUZIONE che ha assunto valore di sistema nel diritto ambientale. Si è voluto dare copertura esaustiva alla direttiva del 2008 incriminando (con pena ridotta da un terzo a due terzi) il delitto colposo e il mero pericolo (ulteriore riduzione di un terzo).
Le imprese stigmatizzano che la perseguibilità scatta comunque anche per i reati colposi e pur in presenza di un ravvedimento operoso. Si colpisce chi commette un errore non voluto che potrebbe e vorrebbe intervenire tempestivamente per evitare un procedimento penale.
UN TEMPERAMENTO VIENE DALLA GIURISPRUDENZAà rimproverabilità va sempre collegata alla prevedibilità evento dannoso.
SS.UU. 38343 del 2014à Elementi utilizzabili per il giudizio di rimproverabilità sono la categorialità della condotta (riferibilità ad una classe di eventi) e la individuabilità del rischio in base a valutazione scientifica obiettiva.

4)   INDETERMINATEZZA DELL’EVENTO DANNOSO DEI REATI
Si era discusso se RAPPORTARE evento (compromissione, deterioramento e alterazione) alle condizioni originarie o preesistenti del beneà per configurare evento dannoso in termini differenziali rispetto allo status quo ante.
In questo senso si invocava la definizione di danno ambientale contenuta nell’art. 300 del codice dell’ambiente (“Ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie…”.
Può essere auspicabile per il giudice adottare il CRITERIO del DISVALORE SOSTANZIALE della condotta per distinguere tra gravi illeciti e violazioni modeste e far leva sull’entità delle sanzioni in linea con le indicazioni dell’UE (sanzioni dissuasive ma sempre proporzionate)

5)   SI CHIEDE ESTENSIONE dell’AREA di PREMIALITA’?
Abbiamo detto che l’elevata protezione del bene ambiente avviene anche attraverso la regolazione delle attività di messa in sicurezza, bonifica (eliminare le fonti di inquinamento) e ripristino (riqualificazione del sito) a complemento della bonifica e messa in sicurezza.


COME SI ATTUA OGGI LA LOGICA PREMIALE

a)   Diminuente da ½ a 2/3 per il ravvedimento operoso: per coloro che si adoperano per evitare che attività venga portata a conseguenze ulteriori ovvero che prima apertura dibattimento provvedono concretamente alla messa in sicurezza, bonifica e se possibile al ripristino dei luoghi o per chi aiuta AG nelle indagini; il giudice può sospendere per 2 anni (+ un altro anno) il dibattimento per consentire dette attività;
b)   in caso di condanna il giudice deve obbligare il condannato al recupero e se possibile al ripristino dello stato dei luoghi secondo le disposizioni del codice dell’ambiente;
c)   inapplicabilità della confisca nell’ipotesi in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza, alla bonifica e al ripristino dei luoghi.

CRITICITA’
-         le condotte virtuose assumono rilevanza soltanto dopo iscrizione notizia reato
-         troppo breve il termine per ravvedimento fino all’apertura del dibattimento
IPOTESI DI LAVORO
Bonifica c.d. preventiva con sospensione del procedimento - prima di arrivare a dibattimento - rimessa alla valutazione, da parte del magistrato, della concretezza della messa in sicurezza ed effettività della bonifica.
Si obietta:
-         nella nuova ottica del delitto di danno non può attribuirsi valore scriminante o attenuante alla mera osservanza degli obblighi preliminari alla bonifica o alla presentazione di progetti;
-         si dovrebbe disciplinare autonomamente e sanzionare la fase preparatoria al progetto: altrimenti in caso di inerzia il reato non sarebbe perseguibile;
-         il livello di collaborazione per giustificare la sospensione deve essere serio e va individuato nell’avvio delle operazioni materiali di bonifica;
-         la cornice di ogni modifica è data dai requisiti inderogabili di concretezza della messa in sicurezza e di effettività della bonifica discende da concretezza ed effettività interventi.

AL DI LA’ della RIFORMA PENALE, quali sono i PIÙ RECENTI ITINERARI a TUTELA del “VALORE AMBIENTE”: SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE diventa TRAIETTORIA dello SVILUPPO ECONOMICO

Stiamo vivendo un MUTAMENTO RAPPORTO AMBIENTE/ECONOMIA nell’OTTICA dello SVILUPPO SOSTENIBILEà RISPETTO dell’AMBIENTE come NUOVA CONDIZIONE dello SVILUPPO compatibile con la limitatezza delle risorse per le generazioni future.

Per questo motivo la GREEN ECONOMY impone di prendere in considerazione oltre ai BENEFICI anche l’IMPATTO AMBIENTALE di una scelta produttiva à DANNO AMBIENTALE non può essere più concepito come un semplice COSTO ma va affrontato in CHIAVE PREVENTIVA.

La tutela dell’ambiente diventa NUOVA BUSSOLA à  che orienta le soluzioni sul piano economico, legislativo e tecnologico idonee a promuovere un modello di sviluppo sostenibile.
Ne sono esempi significativi il riciclo dei rifiuti e il ricorso alle energie rinnovabili: sotto tale profilo è molto suggestiva la nuova frontiera dei biocarburanti di seconda generazione che, grazie alla chimica delle biomasse, possono essere ottenuti dai materiali di scarto organico di natura animale e vegetale e dai residui dell'industria agro-alimentare.

LEGALITA’ AMBIENTALE DIVENTA VALORE PER IMPRESA

Dal versante dell’impresa privata una novità è rappresentata dalle SOCIETA’ BENEFIT introdotte dalla legge di stabilità 2016, art. 1, commi 376 a 382.

Si tratta di un nuovo modo di fare impresa che si pone in una zona intermedia tra il profit e il non profità secondo la nuova logica del profitto responsabile.

Queste società oltre allo scopo di lucro perseguono “una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, attività culturali e sociali”.

Si tratta di un nuovo modello che incide sulla struttura della società (tutti i tipi previsti dal c.c.) in base ad un oggetto sociale composito e a nuovi criteri di governance (bilanciamento tra i diversi interessi coinvolti) di cui rispondono gli amministratori.

Il tradizionale business sarà in grado di generare un nuovo obiettivoà benessere ambientale e sociale (per la comunità, i lavoratori e in ultima analisi per le generazioni future).


TAGLIANDO al c.d. MODELLO 231 (d.lgs. 231/2001)

I reati ambientali sono entrati a far parte del sistema della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. La riforma ha introdotto la responsabilità delle persone giuridiche per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato prevedendo sanzioni pecuniarie (quantificate per quote, ogni quota va da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.549 euro) e - per inquinamento e disastro ambientale - anche sanzioni interdittive (sospensioni e revoche autorizzazioni, esclusione da agevolazioni)

Le società sono chiamate ad una nuova e attenta considerazione delle operazioni ed attività che producono impatto ambientale. La tutela dell’ambiente non può essere più ridotta al costo di una sanzione pecuniaria tollerata da politiche aziendali poco virtuose.

LA RIFORMA è OCCASIONE per GIORNARE il SISTEMA di ANALISI PREVENTIVA dei RISCHIà È necessario rivedere i modelli di organizzazione e gestione del rischio di cui all’art. 6 del d. l.gs. 231/01 (c.d. modello 231) che costituiscono esimente da responsabilità per la società.

Le nuove figure di reato impongono di:

- identificare con precisione le aree di rischio in relazione agli specifici ambiti di attività aziendale potenzialmente idonee ad impattare sull’ambiente;
- modellare la formula prevenzionale alla realtà organizzativa del singolo ente;
- elaborare protocolli di gestione del rischio aderenti alle esigenze cautelari da seguire per evitare la commissione dei reati ambientali;
- sul piano soggettivo: idonea formazione e informazione dei lavoratori;
- organo di vigilanza: autonomia, specifica professionalità tecnica ed estraneità (nel necessario raccordo) con organizzazione aziendale.

QUESTO NUOVO TARGET ha RITORNO per le IMPRESE poiché il tema del rispetto dell’ambiente ha assunto ormai valore primario: evitare costi processuali e stigma di una condanna; guadagno in termini di immagine.


ANCHE il MERCATO PUBBLICO fa da NUOVA LEVA per IMPRESA rivolta all’AMBIENTE e al SOCIALE

Il nuovo codice degli appalti (d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50; d.lgs "correttivo" 19 aprile 2017, n. 56) si occupa di sviluppo sostenibile laddove pone in relazione l’accesso e la contendibilità dei mercati pubblici con la tutela dell’ambiente.

Il profilo di interesse è quello degli ACQUISITI VERDI della P.A. (Green Public Agreement)à strumento per scegliere prodotti e servizi che hanno un minore, oppure un ridotto effetto sulla salute umana e sull'ambiente rispetto ad altri prodotti e servizi utilizzati allo stesso scopo.

Assumono rilievo a tal fine i CRITERI AMBIENTALI MINIMIà che obbligano la PA ad inserire nei bandi di gara e nei capitolati specifiche clausole tecniche per la SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE CONSUMI della P.A.


PROTAGONISTA DELLA FASE ATTUATIVA è il MINISTERO AMBIENTE

DM del 24 maggio 2016à verso l’obiettivo di riduzione gas inquinanti e risparmio energetico, attua l’incremento progressivo della percentuale del valore a base d'asta a cui riferire l'obbligo per la PA di applicare i criteri ambientali minimi per gli affidamenti nei settori dell’acquisto di lampade e servizi per l’illuminazione pubblica; servizi di gestione dei rifiuti urbani; gestione del verde pubblico; servizi di pulizia e prodotti per l’igiene.

Fabrizio Giulimondi

                   






giovedì 28 settembre 2017

FABRIZIO GIULIMONDI: "LEGALITA' - SICUREZZA - LEGITTIMA DIFESA"

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IL TEMA DEL CONVEGNO IMPONE UNA PREMESSA SU 

COSA SIGNIFICA LEGALITA’ OGGI

IN RELAZIONE ALLA SICUREZZA

OGGI il principio di legalità va declinato in base ad un nuovo “sentire” che - al di là del tradizionale concetto di onestà individuale - proietta ciascuno di noi all’esterno sul binario del rispetto per le diversità e della costruzione di un moderno sentimento di appartenenza collettiva. 
L’Agenda 2030 adottata dalle Nazioni Unite il 25 settembre 2015 rifonda la nozione di sviluppo sostenibile in una dimensione sociale ed integrata ponendo, tra gli obiettivi da raggiungere entro il 2030, la promozione di società pacifiche e inclusive, la cura del territorio a partire dalle città e la lotta alla povertà.
A questi principi si ispirano i più recenti interventi del Governo in materia di immigrazione e di sicurezza delle città. Il decreto-legge n. 13 del 17 febbraio 2017 (“Disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale”), convertito in legge 13 aprile 2017, n. 46), disegna una diversa cultura dell’ACCOGLIENZA in equilibrio tra legalità e solidarietà garantendo tempi celeri per riconoscere ai migranti le tutele di cui hanno diritto, favorendone l’integrazione nel tessuto sociale della località che li ospita ed il coinvolgimento in attività di utilità sociale. Nella medesima ottica inclusiva si colloca il decreto-legge n. 14 del 20 febbraio 2017 (“Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle citta'”), convertito in legge 18 aprile 2017, n. 48, che promuove la legalità in termini di miglioramento della coesione sociale e per questo traccia percorsi di recupero della sicurezza urbana attraverso la protezione delle infrastrutture e degli immobili anche con misure riparatorie a favore della collettività.
Dobbiamo essere consapevoli che una cultura della legalità davvero condivisa è una conquista legata alla piena attuazione del principio di eguaglianza sostanziale sancito dall’art. 3 Cost. poiché solo rimuovendo le barriere al pieno sviluppo della persona umana è possibile promuovere la crescita della società sui binari della legalità. Per questo stiamo affrontando il CONTRASTO ALLA POVERTA’ il 9 giugno il CDM ha approvato in via preliminare lo schema di decreto legislativo per dare attuazione al R.E.I. (reddito di inclusione) come misura universale basata su un beneficio economico per condurre una vita dignitosa, non, quindi, come mera elargizione ma sul presupposto dell’adesione a progetti personalizzati di inserimento sociale e lavorativo.

QUANTO SOPRA DIMOSTRA CHE STIAMO AGENDO SUI

PRESUPPOSTI PER RAFFORZARE LA SICUREZZA

DAL VERSANTE DELLA COESIONE SOCIALE



VENIAMO AL TEMA DELLA RIFORMA DELLA LEGITTIMA DIFESA DOMICILIARE: per fronteggiare le nuove manifestazioni di violenza legate agli episodi - di cui sono piene le cronache - di rapina ed aggressione in abitazioni private e nei luoghi di svolgimento di attività commerciali.
Nessuno può negare che siamo di fronte ad una seria forma di alterazione del regolare e pacifico svolgimento della vita associata che non può non costituire oggetto di normazione.
Per questa ragione il Parlamento deve intervenire non sull’onda emotiva causata dall’allarme sociale - che deve essere evitato in chiave preventiva - ma con equilibrio
LA SICUREZZA E’ COMPITO fondamentale dello Stato

Con la recente riforma del codice penale, del processo penale e dell’ordinamento penitenziario (legge 23 giugno 2017, n. 103): INASPRIMENTO SANZIONI PER I REATI PREDATORI (furto in abitazione e con strappo, rapina) alzando i minimi edittali, anche per le condotte aggravate e rivedendo bilanciamento delle circostanze; parimenti, per il voto di scambio si interviene sulla cornice edittale (da 4-10 anni di reclusione viene portata a 6-12 anni) per recuperare effetto deterrente rispetto alla riforma del 2014.
Sotto connesso profilo il provvedimento intende rivisitare in chiave concreta il principio di offensività dell’illecito penale per deflazionare e restituire efficacia al processo penale perché esso possa essere giusto, strumento per applicare una pena certa nonché occasione di riparazione e mediazione con la vittima per superare la lacerazione prodotta dal reato (a questi temi gli Stati Generali dell’Esecuzione Penale hanno dedicato ampia attenzione).
E così il testo in discussione – sulla scia delle già adottate misure deflattive della non punibilità per particolare tenuità del fatto e della depenalizzazione ed abrogazione (trasformazione di alcune fattispecie criminose in illecito amministrativo e altre in illeciti puniti con sanzioni pecuniarie civili) – prevede una nuova forma di estinzione del reato nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, sentite le parti e la persona offesa, all’esito dell’integrale riparazione mediante restituzione, risarcimento o eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del fatto. Al tempo stesso, detta la delega al Governo per riformare il regime di procedibilità per alcuni reati seguendo i criteri dell’introduzione della procedibilità a querela per i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena detentiva non superiore a 4 anni (con l’eccezione della violenza privata e per i danni di rilevante entità, se la persona offesa sia incapace o inferma, se ricorrono aggravanti ad effetto speciale o ex art. 339 c.p.).


LEGITTIMA DIFESA soddisfa bisogno di giustizia e di difesa, autotutela e conservazione del bene della vita proprio e altrui: in presenza di due diritti in contrasto irriducibile fra di loro l’ordinamento impone di sacrificarne uno per salvare l’altro.  
Secondo la dottrina tradizionale la legittima difesa configura - nel caso estremo - un’eccezione al divieto di uccidere perché riconosce alla vittima il diritto di incidere sulla vita dell’aggressore.
In questo senso depone anche il diritto sovranazionale alla luce del principio dell’art. 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (“Nessuno può essere privato della vita”) che prevede che «La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario per garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale».
Il CODICE PENALE intende la legittima difesa come espressione di AUTOTUTELA PRIVATA, diritto naturale dell’individuo di difendersi quando non è possibile il ricorso alla forza pubblica, con il limite rappresentato dalla proporzione tra offesa (pericolo) e difesa (necessità, costrizione).
Secondo il prof. PADOVANI: art. 52 c.p. contempla un atto di giustizia sociale perché rappresenta una DIFESA INDIRETTA dell’ORDINAMENTO: la ratio è che l’illecito non deve mai prevalere.
OGNI INTERVENTO LEGISLATIVO INCIDENTE SULL’ ISTITUTO DELLA LEGITTIMA DIFESA DOMICILIARE
deve rispettarne i presupposti regolati dal codice penale ed i risvolti applicativi della norma in relazione alla casistica della giurisprudenza di legittimità.
In questo solco si è mossa la Commissione Giustizia senza snaturare i presupposti della legittima difesa con il ricorso a presunzioni generalizzate che ne possano sovvertire la natura di scriminante.

CORNICE NORMATIVA E GIURISPRUDENZIALE LEGITTIMA DIFESA DOMICILIARE
Legittima difesa domiciliare introdotta dalla legge n. 59 del 2006 che ha stabilito una presunzione di sussistenza del requisito della proporzione tra offesa e difesa quando vi è violazione del domicilio dell’aggressore, ossia l’effettiva introduzione di un soggetto nel domicilio altrui contro la volontà del soggetto legittimato ad escluderne la presenza.
In questo caso, l’uso dell’arma legittimamente detenuta si è ritenuto proporzionato per legge se finalizzato a difendere la propria o l’altrui incolumità ovvero i beni propri e altrui purché, in questo caso, non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione (per tutte, Cass. 16.2.07 e 19.2.11)
Giurisprudenza ha ritenuto che la riforma del 2006 sia una ipotesi speciale di legittima difesa della quale DEVONO SEMPRE RICORRERE TUTTI GLI ALTRI REQUISITI:
1.     attualità del pericolo (concreto e imminente);
2.     necessità della difesa (unica idonea a respingere);
3.     reazione tesa a tutelare l’incolumità personale propria o altrui (o quanto meno un pericolo di aggressione).

Il quadro giurisprudenziale della legittima difesa domiciliare si è consolidato nel tempo.
La recente giurisprudenza (Cassazione n. 691 del 2014) ha avuto modo di ribadire che occorre sempre valutare il rango costituzionale dell'interesse leso rispetto a quello difeso e che il requisito (presunto dalla legge) della proporzione tra offesa e difesa viene meno nel caso di conflitto tra beni eterogenei, quando il danno inflitto all’offensore (la morte) abbia una rilevanza di gran lunga superiore al danno minacciato. Ancora sulla riforma del 2006 ha affermato la Cassazione che “non ogni pericolo che si concretizza nell'ambito del domicilio giustifica la reazione difensiva”.

BENE DUNQUE AGGIORNARE la TUTELA DEL DOMICILIO

MA SENZA INTRODURRE PRESUNZIONI SUI PRESUPPOSTI dell’ISTITUTO GENERALE

Quale linea si sta seguendo
partendo da audizione PADOVANI
La prassi applicativa ci ha dimostrato che bisogna intervenire

·        a tutela della vittima che
·        versa in stato di turbamento, concitazione, paura o panico
·        e si trova per questo impedita di reagire nel rispetto dei limiti imposti dalla legge.

Il nostro codice esclude la punibilità della vittima incolpevolmente incorsa in eccesso dei limiti (art. 55) ovvero in errore sui presupposti (art.59, comma 4) della legittima difesa.

·        Oggi vogliamo ampliare la tutela sempre dal versante soggettivo della vittima
·        andando oltre la colpa tradizionale come limite alla non punibilità
·        in quanto è difficile parlare di imprudenza, negligenza o imperizia rispetto a reazioni dominate dall’impellenza e dall’imprevedibilità (così PADOVANI).



LAVORI PARLAMENTARI


Il 4 maggio è stata approvata alla Camera il d.d.l. 3785  Ermini ("Modifica all'articolo 59 del codice penale in materia di legittima difesa") che ha assorbito il testo del proponente Molteni) che raggiunto un punto di equilibrio:

-         senza stravolgere principi generali in materia di legittima difesa;

-         senza abdicare al ruolo dello Stato nel garantire la sicurezza pubblica e privata;

-         senza obliterare l’intervento del magistrato nella ricostruzione del singolo caso concreto.
La modifica normativa si concentra sulla reazione della vittima, che viene adesso scriminata dal versante soggettivo di chi si difende e, allo stesso tempo, tenendo conto del peculiare del contesto in cui avviene l'aggressione.


Dove si va ad incidere la modifica congiunta degli artt. 52 e 59 del codice penale

I-           Si rafforzano ulteriormente, rispetto al primo passo compiuto nel 2006, la protezione del domicilio e del luogo di lavoro.

Questo significa che SALVI PRESUPPOSTI GENERALI (art. 52, primo comma) si considera legittima difesa nei casi di violazione di domicilio (art. 614 c.p.):

-         la reazione all'aggressione notturna

-         ovvero (importanza dell’avverbio: si tratta di ipotesi esemplificative con valore alternativo)

-         la reazione all'introduzione nei luoghi con violenza ovvero con minaccia o inganno


II-         Si coordina sul piano formale tale nuova previsione con la modifica del 2006 nel senso che il PROPORZIONALITA USO ARMA ora estesa anche a NUOVE IPOTESI DI  REAZIONI SCRIMINATE.

III-       Le suddette nuove disposizioni si applicano anche a tutela dei luoghi di lavoro (commercio, professione, impresa).

IV-      Si rivede il tradizionale confine dell'ERRORE COLPOSO aggiungendo un ultimo comma all’art. 59 c.p. negli casi di cui sopra è scriminata la vittima (ESCLUSA LA COLPA) che ha reagito nello stato di alterata percezione della realtà provocato dall'aggressore per difendere da un pericolo attuale la vita, l'integrità fisica, la libertà personale o sessuale. 


V-        Ragioni di buon senso sono alla base della norma che pone a carico dello Stato le SPESE PROCESSUALI sopportate dalla persona dichiarata non punibile per legittima difesa o stato di necessità.

Fabrizio Giulimondi