sabato 13 gennaio 2018

ALESSIA GIULIMONDI: "LE VOCI DEGLI ALTRI" - NOTTE NAZIONALE DEI LICEI CLASSICI - 12 GENNAIO 2018


Ce lo diciamo sempre tutti che è necessario dare ascolto all’opinione dei molti, anche se provano a insegnarci il contrario, ce lo ripetiamo sempre, perché, per come abbiamo imparato a vivere, è la verità. Perché è vero che l’opinione dei molti è spesso anche la nostra opinione, come è vero che i molti siamo noi stessi insieme con gli altri, che diciamo cose senza sapere se le pensiamo davvero. Si può dire che al liceo si impari questo. In questa terra di mezzo, dove non si è ancora deciso se essere bambini o essere adulti, si impara a stare in equilibrio tra ciò che dentro cerchiamo di essere e ciò che fuori già è. E di solito falliamo. In verità, in cinque anni di studio “matto e disperatissimo” si scivola molto più spesso nell’abnegazione, nell’oblio, nella furia e nel tempestoso luogo dell’apparenza, perché, diciamocelo, non siamo ancora pronti per la sostanza. A quindici, sedici, diciassette, diciotto anni non si è mai abbastanza soli con se stessi, soli tanto da abituarci alla nostra voce, ai nostri pensieri, alle nostre opinioni. Siamo sempre più abituati alla voce degli altri, alla confusione delle giornate, al vociare della ricreazione, all’ansia spesso ingiustificata che tutto il resto ci crea. Non siamo mai realmente noi, lo siamo solo in parte e solo occasionalmente perché costantemente presi da qualcosa di più importante. E forse, per adesso, va bene così; forse è giusto pensare che Socrate ha ragione, ma Critone è più ragionevole, perché, in una mentalità abituata alla democrazia – la violenza del popolo –, i molti sono la maggioranza e noi, proprio noi stessi, saremo sempre e comunque una minoranza. Ed è qui che l’Io si perde, si perde quando si scontra e cozza contro il mondo che dice sempre tutto il contrario, contro le buone maniere che non si sa più se seguire, contro la moda, il tempo che corre sempre più veloce, contro le lezioni di canto, danza, inglese, ginnastica, le ripetizioni e l’alternanza scuola-lavoro; si perde dentro il sesso che manca d’amore, dentro la disillusione andata in tendenza e i desideri repressi perché “tanto non si avvereranno mai”. È un Io un po’ logoro il nostro, sempre mortificato, troppo pieno dell’opinione dei molti, anche di tutti, direi. Non è una novità di questo secolo, la solitudine non è un’esclusiva di questa generazione, ma forse è propria della razza umana che, di fatto, non ha mai fatto altro che cercare accettazione, conferme, riconoscenza. Hegel diceva che il primo bisogno dell’autocoscienza, che adesso mi prendo la licenza di chiamare Io, è quello di essere riconosciuta da un’altra autocoscienza, altrettanto autonoma, altrettanto uguale e noi, messo piede in questa prova generale della vita quale è il liceo, non facciamo che questo: cerchiamo riconoscimento, rassicurazione. Ed è così che perdiamo la nostra autonomia, la nostra autocoscienza, creando un sistema di forme che cercano sostanze senza trovarle, un sistema di apparenze che cercano essenze. Così ci ammaliamo degli altri, delle loro opinioni, dei loro sguardi cattivi che sono cattivi quanto il nostro e quando più abbiamo bisogno di noi, ad essere rimasti sono solo questi molti, questi occhi che ci fissano e ci distraggono. In effetti, si tratta solo di distrazione che è, invece, tipica del nostro tempo, dove si guarda attraverso uno schermo e si è disimparato a guardare davvero, con attenzione, con pazienza. Trovare noi stessi non è cosa da chi è disattento, da chi è distratto dal potere della maggioranza e la maggioranza è sempre una grande influencer, soprattutto quando si è giovani e ancora disarmati, non ancora abituati a selezionare, capire, cogliere senza domandare. Proprio nel Critone, Socrate ci dice che è una questione di allenamento, una ginnastica con la quale l’occhio si abitua a vedere dove non si vede, a dare importanza all’importante e scartare il resto, perché abbiamo un’incorreggibile tendenza a vivere per il superfluo, senza mai interpellare noi stessi, perché se di tanto in tanto lo facessimo, sapremmo quanto fa male.


 Alessia Giulimondi

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