lunedì 5 febbraio 2018

"THE POST" DI STEVEN SPIELBERG


Steven Spielberg è il cinema e il cinema è Steven Spielberg.
L’ “attacco” alla “Salvate il soldato Ryan” e le ambientazioni rarefatte newyorkesi insieme ad atmosfere raffinate evocanti la morbidezza ed eleganza scenica del film “Il ponte delle spie”, ricamano un lavoro cinematografico (The Post di Steven Spielberg) al quale la triangolazione Spielberg, Meryl Streep e Tom Hanks fa scalare vette himalayane autoriali, attoriali, recitative, interpretative, estetiche ed artistiche.
“La libertà di stampa serve il governato non il governante”, questo è quanto stabilito la Corte Suprema degli Stati Uniti e questo è il fil rouge che percorre trenta anni di menzogne sulla guerra in Vietnam, partendo dal 1950 per giungere al 1971.
Il Pentagon Papers è il documento riservato proveniente dalle segrete stanze del Ministero della Difesa statunitense, che finisce prima nelle mani del New York Times e poi approda sulle scrivanie del Washington Post, il cui editore (Meryl Streep) e il direttore (Tom Hanks) giganteggiano nella storia sia come protagonisti delle vicende sia come eccelsi attori. La figura originariamente sopita e titubante dell’editrice assumerà connotati eroici, anche grazie al supporto del suo direttore, verso l’imbrunire di una pellicola che merita di essere vista e di ricevere molte “Statuette”.
L’accorto mixage e shakeraggio di più elementi, come il puntiglioso rispetto della storia nelle sue pieghe anche di natura giudiziaria, lo scrutinio delle immani pressioni politiche e istituzionali subite dai protagonisti delle avvenimenti, unitamente all’attenta analisti introspettiva di personalità ben delineate nei loro tratti psicologici e caratteriali, colloca "The post" nel firmamento della grande tradizione cineastica americana di cui Spielberg è l’impareggiabile imperatore.
Fabrizio Giulimondi



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