domenica 13 ottobre 2019

"JOKER" di TODD PHILLIPS



 

 Chi pensa di andare a vedere un film che si inserisca nel filone cinematografico su Batman, un poco spostato sul suo nemico storico, sbaglia e di grosso.
Joker” di Todd Phillips   è un’opera che guarda all’Oscar come miglior film perché è una pellicola di superba bellezza.
Non è un lavoro che parla di super-eroi ma una trattazione estetica ed artistica di politologia, sociologia, antropologia, psicologia e psichiatria. Il simbolismo che punteggia la storia e la necessità onirica del protagonista sono le muse ispiratrici del Regista.
Joker” è una composizione sinfonica di inquadrature di un volto possente, tragico come riesce ad essere solo quello di un pagliaccio, il cui sguardo, la cui movenza della bocca, la cui risata costituisce una delle più alte performance interpretative delle ultime decadi. Il piano sequenza che si stringe sempre di più sulla immagine del viso di Joker mentre gli viene rimarcato per l’ennesima volta che è bravo ma “strano”, rimarrà nella storia del cinema americano: un viso che cambia nella espressività degli occhi, nell’allargamento delle labbra, nella contrazione della mimica facciale, in una magniloquente fisicità del dolore e della sofferenza nascoste dietro un sorriso, arte drammatica e antica degli uomini del circo.
Cos’è una risata se non un pianto, una triste stortura di sonorità deformi, una pulsione improvvisa di gioia, un gutturale e osceno suono che sgorga da una gola che si strozza perché ne vorrebbe impedire la fuoriuscita. La risata di una vita vissuta come tragedia, no, anzi, come commedia. Una risata che è la vera colonna sonora del film, commista alla melodia di un violoncello, alla voce di Frank Sinatra e di ritmi ossessivi elettronici che scuotono l’angoscia che è nascosta in noi.
Il disturbo mentale che evoca amore e riconoscimento del proprio esistere che costruisce un immaginifico rapporto sentimentale con una ragazza, la necessità di amare ed essere amati che si proietta dalla mente alla realtà, ma non l’amore ma la violenza libera il coraggio e fa avvicinare Joker alla “sua” ragazza per baciarla: il coraggio si manifesta solo dopo che l’omicidio lo libera dalle sue paure e lo fa “esistere” a se stesso e agli altri. Cogito ergo sum? No. Vim afferre ergo sum.
Il racconto in maniera subliminale veleggia fra “Taxi driver” e “It,” anche se il vero dietro le quinte che occhieggia tutto il tempo lo spettatore è “Arancia meccanica”: se una società malata abbandona la disperata voglia di amare ed essere amato del malato mentale, quest’ultimo sovraneggerà sulla società con la violenza. La società è criminale, la società è violenta. È la società a creare i mostri. È la società a creare Joker. Joker nasce buono. L’uomo ne abusa. La società compie la metamorfosi da Arthur a Joker. La società manipola e indottrina le coscienze. Robert de Niro ne è il tedoforo. Robert de Niro è il Quarto Potere.
La violenza come legittimazione di se stessi per “esistere” dinanzi agli altri, essere conosciuti e riconosciuti dalla e nella Comunità, fatta di masse senza volto, celate da maschere di clown. Il magma umano ha ora una origine e uno scopo, origine e scopo identificato nell’archetipo, colui che ha avuto il coraggio di “uccidere quelli di Wall Street”, che ha avuto la forza di ammazzare il Sommo Sacerdote del Quarto Potere: lui, Joker. Joker non è l’anti - Batman, ancora un bambino figlio inconsapevole del Potere che disprezza le masse di clown. Joker dà voce ad una violenza pura, vindice degli inascoltati, anonimi a se stessi e agli altri, che sperano almeno in una morte che possa avere un senso dopo una vita che non ne ha avuto. Questo film è vietato ai minori di 14 anni, non certo per i radi sprazzi di sangue che colorano di gioia il pubblico, che vede eliminato finalmente il “cattivo”, ma per la sua ratio.
L’interprete di Joker, Joaquin Phoenix, Il Commodo de “Il gladiatore”, è già nel firmamento dei grandi di Hollywood, dopo aver improvvisato leggiadro il movimento di braccia e gambe al pari di un mimo e, come un mimo, evaporare nelle ultime battute, in un lucore bianco simile a quello di sogni che svaniscono al mattino.
Se non ora, quando come miglior attore protagonista?
Fabrizio Giulimondi





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