giovedì 16 gennaio 2020

"LA DEA FORTUNA" di FERZAN OZPETEK


 
"La Dea Fortuna ha un segreto, un trucco magico. Come fai a tenere sempre con te qualcuno a cui vuoi molto bene? Devi guardarlo fisso, rubi la sua immagine, chiudi di scatto gli occhi, li tieni ben chiusi. E lui ti scende fino al cuore e da quel momento quella persona sarà sempre con te.".
Il regista turco Ferzan Ozpetek è certamente un maestro delle inquadrature, delle carrellate di ambienti chiusi, eleganti, polverosi in antiche ville e moderne abitazioni, di primi piani che si impongono allo spettatore, di colorazioni purpuree e fotografie panoramiche grandangolari. "La Dea Fortuna" certamente prevale sull' ultima produzione artistica di Ozpetek per bellezza estetica e narrazione fluida, avvincente e avvolgente. Come parte delle sue opere, l'occhio da cui provengono le riprese rappresenta il punto di vista di un omosessuale, della sua visione di famiglia e dei rapporti con la figura della madre. In questo film ritroviamo le ambientazioni umane viste ne "Le fate ignoranti", con un tocco di umorismo, ironia e sorriso di pellicole quali "Mine vaganti" e "Saturno contro", insieme alla drammaticità di "Allacciate le cinture": una salsa agro-dolce fra tragedia e comicità con varie sfumature di tinte emozionali in mezzo.
Il pubblico è sollecitato a riflessioni di ampio respiro, da quella sul tradimento di due anni, che in una coppia eterosessuale avrebbe determinato una giusta e grave crisi e che in quella dei due protagonisti (il bravo Stefano Accorsi e l'ancor più Edoardo Leo) provoca soltanto un litigio ripianato in poche battute, degradate le "corna" ad evento naturale; a quella sulla interscambiabilità, a livello educativo e di sviluppo psicologico e della personalità, della presenza maschile e femminile e circa la fungibilità e sostituibilità dei ruoli fra padre e madre; sino al profilo inquietante della madre - fatalmente ed inevitabilmente disturbata - punto di confluenza di  una corposa letteratura psicologica e psichiatrica sull'argomento. L'interprete, la scrittrice Barbara Alberti, in modo possente esprime la convinta follia con una lunga immagine evocante alcune scene del "Dracula" di Bram Stoker.
Lo sguardo "senza pelle", dolce, disarmato e disarmante, il volto intenso e bello di Jasmine Trinca, coronano l'abilità estetica dell'Autore che circonda i protagonisti con una coralità di attori e attrici, in cui la presenza immancabile di Serra Yilmaz e delle sonorità e gestualità delle danze caucasiche costituiscono il fil rouge della filmografia del regista, destinatario di sicuri e meritati premi.
Fabrizio Giulimondi

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