domenica 12 gennaio 2020

“SOVRANISMO. LE RADICI E IL PROGETTO”, a cura di GIANNI ALEMANNO (HISTORICA-GIUBILEI REGNANI)


George Orwell intuì l’enorme portata della decostruzione linguistica. Cambiare significati, mutare gli stessi suoni familiari alla lunga rende afasici. Sfuggono le parole atte a esprimere i concetti, specie quelli non adattivi, antagonisti. ... Sotto il velo delle parole nuove, oscure, provenienti da un mondo arcano presentato come superiore, passano le cose peggiori. Per questo il nuovo ordine mondiale favorisce l’abbandono delle culture vernacolari, nazionali, affinché si imponga l’apolide globale prescritto dagli ‘iper-padroni.’”.
Che cosa è la sovranità nazionale? Che cosa il “sovranismo”? Cosa il mondialismo e la globalizzazione? E il nazionalismo?
Sovranismo. Le radici e il progetto”, a cura di Gianni Alemanno (Historica-Giubilei Regnani) è una ricca, densa, intrigante, molto utile, raccolta di interventi poliedrici di storici, economisti, giuristi, filosofi, accademici, giornalisti, politologi, sociologi, dirigenti pubblici e privati, professionisti e avvocati, che affrontano con pacatezza e rigoroso taglio saggistico una materia magmatica quanto estremamente attuale.
Il florilegio di trattazioni fanno affacciare chi legge su molti mondi, nuovi sistemi solari e variegati universi a seconda del punto prospettico che origina la riflessione.
La sua lettura assomiglia ad una avventura, una sorta di Camel Trophy, durante il quale si acquisiscono conoscenze e visuali inedite ed inaspettate, nostalgiche del futuro: “60 milioni di italiani all'estero, 60 dentro la Repubblica...realizzare quei collegamenti e quelle possibili sinergie fra scienziati, uomini di cultura, imprenditori ed operatori economici. Italianità è apertura di sentimento e di mente, l'italianità è il vestito della creatività. L'italianità è memoria e modernità, è il paradosso del futuro che non passa, perché sempre per noi diverso e per gli altri inconfondibilmente italiano.".
Tutto è consentito, tutto è permesso, tranne anelare di possedere proprie radici, desiderio considerato al pari di una bestemmia laica: “Cosa rimane di una persona privata, della propria identità di genere, di famiglia, di cultura, virgola, di religione e di comunità nazionale? Solo una pallida ombra omologata facilmente manipolabile e perciò incapace di andare oltre se stessa.”.
Il libro si inerpica nei frastagliati sentieri dello scibile umano e, il lettore, nell’imbattersi nel “dialogo” fra organizzazioni sovranazionali e democrazie nazionali, è colto da un malcelato dubbio: la determinazione democratica dei popoli risulta essere autentica o semplice frutto di concessione graziosa, “fino a quando essa sia espressione degli interessi economici prevalenti; diversamente è preferibile la dittatura”?
I vocaboli, gli idiomi sono importanti, anzi, fondamentali, per questo li si vuole decomporre come figure umane in dipinti cubisti, confondendo tutto in un amalgama terminologico, etimologico e semantico, che accomuna in una unicità nebulosa ciò che è separato, distinto e distante, radicalmente alieno, al pari del sillogismo “interesse nazionale, nazionalismo e guerra”.
Ogni dettaglio deve essere svelato, reso intellegibile, il mosaico visto da lontano, ogni tessera del puzzle posta una vicina all’altra, per capire, per comprendere, per innalzare l’intelletto sul Monte Tibidabo ed osservare, con non poca meraviglia, con stupore, il panorama nella sua profondità.
Nella corsa all’identico, si impone il grugnito globale pronunciato in una parlata meticcia e liquida come il resto della società, lo pseudo inglese globale, il globishLe parole definitive sul legame tra lingua, identità e vita le pronunciò Hegel: ‘È proprio della più alta cultura di un popolo il poter esprimere tutto nella propria lingua. I concetti che noi esprimiamo con parola straniere sembrano avere per noi qualche cosa di estraneo, che non ci appartiene propriamente ed immediatamente’”.
Dopo che lo avrete letto, nulla sarà più come prima.
Fabrizio Giulimondi

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