Risposta del prof. Fabrizio Giulimondi al
seguente quesito: in caso di informative atipiche di polizia come si deve
comportare il Prefetto in tema di rilascio della documentazione
antimafia?
Innanzitutto è opportuno una breve
disamina sulla documentazione antimafia.
Il Libro II (artt. 82-101) del Codice
Antimafia (decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159) introduce le «Nuove
disposizioni in materia di documentazione antimafia» con l’obiettivo di
riordinare e aggiornare tutta la delicata materia delle verifiche di contrasto
al fenomeno delle infiltrazioni criminali negli appalti pubblici. Tale
disciplina dà attuazione specifica alla delega contenuta negli articoli 1
e 2 della L. 13 agosto 2010, n. 136, in tema di modifica,
aggiornamento ed integrazione della disciplina in materia di documentazione
antimafia, razionalizzando la stratificazione normativa formatasi con la
legge 31 maggio 1965, n. 575, il d.lgs. 8 agosto 1994, n. 490
e il D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252.
La documentazione in parola si sostanzia
in due strumenti: le comunicazioni antimafia e
le informative prefettizie, di competenza del Prefetto e
idonei a contrastare l’esistenza di «eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa,
tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese
interessate» ( art. 84, comma 3, d.lgs. 159/2011).
L’istituto non presuppone l’accertamento
di fatti penalmente rilevanti e l’adozione di formali provvedimenti applicativi
di misure di prevenzione, essendo sufficiente anche la mera
possibilità che l’impresa possa, anche in via indiretta, favorire la
criminalità. Le informative prefettizie, infatti, non mirano all’accertamento
di responsabilità, ma vanno inquadrate come mezzi di prevenzione
aventi funzione di polizia di sicurezza, rispetto a cui assumono rilievo
fatti e vicende solo sintomatici ed indiziari del collegamento fra cosca
mafiosa e impresa interessata alla aggiudicazione di un appalto e di un sub
appalto o di quant’altro si inserisce direttamente o indirettamente ad una
procedura ad evidenza pubblica di qualsivoglia natura o oggetto.
La documentazione antimafia attesta,
dunque, il risultato delle verifiche documentali e/o investigative
condotte nei confronti dei soggetti che rivestono incarichi in associazioni,
imprese individuali, società di persone, società di capitali, cooperative,
consorzi, raggruppamenti temporanei d’impresa - oltre quelli che
possono essere in grado di influire sulle scelte o sugli indirizzi dell’impresa
- prima della conclusione di contratti con la Pubblica Amministrazione o
del rilascio di titoli autorizzatori o di contributi o di finanziamenti da
parte della mano pubblica.
Rispetto alla previgente normativa, il
codice antimafia incide in modo innovativo anche sulla disciplina
della durata della validità dell’informazione antimafia liberatoria,
estendendola da 6 mesi ad 1 anno (per la comunicazione rimane il termine di 6
mesi) qualora non siano intervenuti mutamenti nell’assetto societario e
gestionale dell’impresa oggetto di informativa (art. 86 d.lgs. 159/2011).
E’ opportuno precisare che la previgente normativa sarebbe stata ancora in
vigore se non fosse sopraggiunta il decreto legislativo del novembre
2012.
Il D.P.R. 2 agosto 2010,
n. 150 (“Regolamento recante norme relative al rilascio delle informazioni
antimafia a seguito degli accessi e accertamenti nei cantieri delle imprese
interessate all'esecuzione di lavori pubblici") è stato sì abrogato dall’art.
120, comma 2, lett. d), decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 ( c.d.
“codice antimafia”), ma a far data dalla entrata in vigore delle
disposizioni di cui all’art. 119 (“nuove disposizioni in materia di
documentazione antimafia”). Tali disposizioni sarebbero divenute efficaci
solamente dopo ventiquattro mesi dalla data di pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale di uno o più regolamenti a tale riguardo
previsti all’interno del corpo del codice antimafia, se non fosse
subentrato l’art. 9 del decreto legislativo 15 novembre 2012, n. 218
(disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 6 settembre 2011,
n. 59) che ha abbreviato a due mesi l’entrata in vigore delle modifiche in
esame ( 13 febbraio 2013)
.
Più dettagliatamente:
l'informazione antimafia va
richiesta al momento dell’aggiudicazione del contratto e riproduce
sostanzialmente la disciplina delle informazioni del Prefetto di cui all'art.
10 D.P.R. n. 252/1998; essa consiste nella verifica dell'insussistenza di cause
interdittive e del pericolo di infiltrazioni mafiose che possano
condizionare le scelte e gli indirizzi delle imprese interessate.
Le figure sintomatiche cartine di
tornasole di tale periculum sono desumibili dai
provvedimenti cautelari, di rinvio a giudizio e di condanna, dalle misure di
prevenzione sia proposte che applicate, dagli esiti di accessi e accertamenti
prefettizi, dall’omessa denuncia all’autorità giudiziaria dei reati di
concussione ed estorsione commessi con metodo mafioso o al fine di agevolare le
associazioni criminali, dalle ipotesi di sostituzione negli organi sociali,
nella rappresentanza legale o nella titolarità di imprese o di partecipazioni
societarie, effettuate da chi convive stabilmente con i soggetti sottoposti a
determinati provvedimenti giudiziari, con modalità volte ad eludere la
normativa sulla documentazione antimafia.
Quanto alla comunicazione
antimafia, che è destinata a sostituire le attuali certificazioni camerali
con dicitura antimafia e le comunicazioni prefettizie, possiede carattere
residuale in relazione all’informazione ed attesta l’insussistenza delle sole
cause interdittive.
Atteso che il rilascio
automatico della comunicazione può avvenire solo quando il soggetto interessato
è stato censito nella banca dati sull'antimafia, nella ipotesi in cui non si
sia provveduto a tale inserimento, le modalità procedurali per il
rilascio sono quelle ordinarie, ossia a seguito degli accertamenti
prefettizi.
Ora possiamo procedere a rispondere al
quesito che ci siamo posti.
Le informazioni atipiche sono atti non
vincolanti che lasciano spazio alla discrezionalità dell’amministrazione
aggiudicatrice, la quale può valutare l’incidenza delle informative rispetto
alla specifica procedura.
Dalle informative “atipiche o
supplementari” la Prefettura evince un fumus, un
sospetto, un dubbio circa un rischio di tentativo di infiltrazione
mafiosa, nulla di certo ( ad esempio: presenza dell’imprenditore alle nozze
della figlia del boss locale; frequentazione amicale dei loro
figli)
In tale evenienza, non essendoci elementi
tali da giustificare un provvedimento interdittivo, il Prefetto non può apporre
alcun diniego al rilascio di una documentazione antimafia “pulita”,
rimandando alla stazione appaltante pubblica il compito di valutare
discrezionalmente le azioni da compiere nel rapporto con l’impresa.
L’ente appaltante potrà emettere un
giudizio di pericolosità e, di conseguenza, assumere un provvedimento
impeditivo della prosecuzione della procedura amministrativa o negoziale, oppure
temporeggiare.
A tal proposito si segnala la sentenza n.
1508 del 28 marzo 2012 del T.A.R. Campania, Napoli, Sezione I, che
espone quanto segue: "L'informativa supplementare (o atipica) non ha
carattere interdittivo, ma consente l'attivazione degli ordinari strumenti di
discrezionalità nel valutare l'avvio o il prosieguo dei rapporti contrattuali
alla luce dell'idoneità morale del partecipante alla gara di assumere la
posizione di contraente con la P. A.; pertanto, l'efficacia interdittiva
delle c.d. informative prefettizie "atipiche" scaturisce da una
valutazione autonoma e discrezionale dell'amministrazione destinataria, in
quanto esse rappresentano una sensibile anticipazione della soglia
dell'autotutela amministrativa”
Sulla medesima linea di pensiero sono i
giudici di Palazzo Spada (sezione VI) con la decisione del 28 aprile
2010, n.2441, la quale ha chiarito che il criterio distintivo tra informative
antimafia tipiche ed informative antimafia atipiche sta nel fatto che,
diversamente dall'informativa tipica, avente efficacia interdittiva
di ulteriori rapporti negoziali con le amministrazioni pubbliche, l'informativa
atipica non possiede tale carattere, permettendo solamente l'attivazione
degli ordinari strumenti propri della discrezionalità amministrativa della
stazione appaltante nel valutare l'avvio o il prosieguo delle relazioni
contrattuali alla luce dell'idoneità morale del partecipante alla gara.
Pertanto, l'informativa atipica -
che ribadiamo non produce alcune esclusione automatica dalla gara - non
necessita del grado di dimostrazione probatoria di verifica dell'appartenenza
di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso richiesta in
relazione a quella tipica, basandosi, invece, semplicemente
su indizi riguardanti la valutazione sull'idoneità morale del concorrente. E’
bene sottolineare che gli indizi non possono ritenersi fondati sul
semplice sospetto o su mere congetture prive di riscontro fattuale, essendo pur
sempre richiesta l'indicazione di circostanze obiettivamente sintomatiche di
connessioni o collegamenti con le predette associazioni.
Il parametro valutativo, seppur non
è quello della "certezza", deve essere sempre quello della
"qualificata probabilità".
E’ illegittima l'informativa prefettizia
antimafia interdittiva (ossia contenente elementi di mafiosità)
fondata su precedenti penali risalenti nel tempo, ovvero sul mero rapporto di
parentela o affinità di amministratori o soci di un'impresa con elementi
malavitosi locali, non avvallato da altri elementi indiziari capaci di
fornire un fondamento al giudizio di possibilità che l'attività d'impresa
possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in
qualche modo condizionata.
Ancora: il Consiglio di Stato, sez.
VI, decisione del 22 giugno 2007 n.3484, ha reiterato che l’informativa
antimafia c.d. “atipica” è fondata sull’accertamento di elementi che, pur
presupponendo un pericolo di collegamento tra l’impresa e la criminalità mafiosa,
non raggiunge la soglia di gravità prevista dall’art. 4 d.lgs 8 agosto
1994 n. 490, tale informativa non ha efficacia interdittiva automatica propria
di quelle tipiche. La Stazione appaltate nella sua discrezionalità
può, però, sulla base delle notizie risultanti dall’informativa “atipica”,
negare l’approvazione alla stipula del contratto con l’aggiudicatario sulla
base di ragioni di pubblico interesse desunte da quanto riferito dal Prefetto
(T.A.R Lazio – Roma, Sez. III, 9 agosto 2005, n. 6159), e/o ritirare i propri
atti e pervenire allo scioglimento del vincolo contrattuale (Cons. Stato sez V,
24 ottobre 2000 n. 5710).
La giurisprudenza dei giudici
amministrativi di primo grado specifica ulteriormente che
l’informativa atipica deve prescindere completamente da ogni provvedimento
penale a carico degli appartenenti all'impresa (sia pure di carattere
preventivo o anche assolutorio) e si giustifica unicamente sul pericolo
dell'infiltrazione mafiosa, che non deve essere immaginario, ma neppure provato,
essendo sufficiente che esso sia fondato su elementi presuntivi ed indiziari.
Quindi, in caso di informative di polizia “atipiche”, la valutazione circa il
rilascio o meno dell'informativa antimafia è rimessa alla discrezionalità del
Prefetto, sindacabile in sede di legittimità soltanto sotto il profilo
dell'illogicità, incoerenza od inattendibilità manifeste.
A tale riguardo si segnalano due
pronunzie.
· T.A.R.
Campania, Napoli, Sezione 1, Sentenza 1° dicembre 2010, n. 26527: "Secondo
consolidata giurisprudenza, l'istituto dell'informativa prefettizia, di cui
agli artt. 4 del D.Lgs. n. 490/94 e 10 del D.P.R. n. 252/98, è una tipica
misura cautelare di polizia, preventiva ed interdittiva, che prescinde
dall'accertamento, in sede penale, di uno o più reati connessi all'associazione
di tipo mafioso; non occorre la prova dell'effettiva infiltrazione mafiosa
all'interno dell'impresa, né del reale condizionamento delle scelte del
concorrente da parte di soggetti mafiosi; è, invero, sufficiente il "tentativo
di infiltrazione"; tale scelta è coerente con le caratteristiche del
fenomeno mafioso, il quale non necessariamente si concreta in fatti
univocamente illeciti, potendosi arrestare alla soglia dell'intimidazione; la
formulazione generica del tentativo di infiltrazione mafiosa, rilevante ai fini
del diritto, comporta l'attribuzione, in capo al Prefetto, di un ampio margine
discrezionale in sede di accertamento; ne consegue che la valutazione
prefettizia è sindacabile in sede giurisdizionale solo nell'ipotesi di
manifesti vizi di eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e
travisamento dei fatti. Tuttavia, al fine di salvaguardare i principi di
legalità e certezza del diritto, non possono reputarsi sufficienti fattispecie
fondate su mere congetture prive di riscontro fattuale, occorrendo invece
l'individuazione di circostanze sintomatiche di concreti collegamenti con la
criminalità organizzata";
· T.A.R.
Sicilia, Palermo, Sezione 1, Sentenza 6 maggio 2011, n. 862: "In presenza
di una informativa antimafia atipica, l'amministrazione che decida di recedere
dai contratti o escludere una concorrente dall'ambito delle procedure in corso
deve fornire un'adeguata motivazione, non potendo essa fare mero riferimento
all'esistenza della predetta informativa. Pertanto, nel caso di specie, deve
essere annullato il provvedimento del Comune, essendosi limitato a richiamare
la nota prefettizia per giustificare la propria decisione di non invitare la
ricorrente alla presentazione di offerte nell'ambito delle procedure ristrette
bandite".
In realtà l'evoluzione normativa ha
ridimensionato sensibilmente il ruolo della informativa in esame.
L’informativa antimafia c.d. atipica, così
come elaborata nella prassi, rinviene il proprio fondamento normativo nel
combinato disposto degli articoli 10, commi 7, lett. c) e 9, D.P.R. 3 giugno 1998,
n. 252 e 1 septies, d.l. 6 settembre 1982, n. 629, convertito in l. 12 ottobre 1982, n. 726. Attualmente, per
effetto dell’articolo 9 d.lgs n. 15 novembre 2012, n. 218 (primo decreto
correttivo del c.d. codice antimafia), il D.P.R. n. 252/98 è stato abrogato, venendo
meno in tal modo la possibilità per le prefetture di emanare informative
atipiche ex art. 10 del decreto, sicché in queste ipotesi il procedimento
dovrà concludersi necessariamente o con un’informativa interdittiva o con
un’informativa liberatoria: tertium non datur.
Quindi, si può concludere che il decreto
correttivo 218/2012, da un lato ha fatto venire meno una delle fonti normative
delle informative atipiche, ma ha nel contempo fatto sì che l’istituto
sopravvivesse attraverso la reintroduzione del potere di segnalazione ex art. 1
septies d.l. n. 629/1982,
convertito nella l. 726/1982.
Difatti, il citato art. 1 septies consente tuttora alle prefetture
di comunicare alle autorità competenti al rilascio di licenze, autorizzazioni,
concessioni in materia di armi ed esplosivi e per lo svolgimento di attività
economiche, nonché di titoli abilitativi alla conduzione di mezzi ed al
trasporto di persone o cose, gli elementi di fatto e le altre indicazioni utili
alla valutazione dei requisiti soggettivi del richiedente il rilascio, il rinnovo, la sospensione e
revoca di tali licenze, autorizzazioni o concessioni.
. Prof. Fabrizio
Giulimondi
NOTA DI AGGIORNAMENTO
Sulla
G.U. del 27 ottobre 2014 è stato pubblicato il decreto legislativo13 ottobre
2014 n. 153 (secondo decreto correttivo) che ha modificato ed integrato il c.d. codice
antimafia (d.lgs. n. 159 del 6 settembre 2011). Le nuove disposizioni,
elaborate con l’intento di semplificare le procedure dirette al rilascio della
documentazione antimafia, entreranno in vigore il 26 novembre 2014.
Le
principali novità sono le seguenti:
•
Familiari conviventi (art. 85 comma 3 Cod. Antimafia): la verifica sui
familiari conviventi, necessaria ai fini dell’informazione, è limitata a quelli
di maggiore età che risiedono nel territorio dello Stato. Per acquisire i dati
anagrafici dei familiari conviventi, si prevede un collegamento della Banca
dati nazionale unica della documentazione antimafia con l’Anagrafe nazionale
della popolazione residente. Gli effetti di tale ultima disposizione sono
subordinati all’emanazione del regolamento che attiverà la banca dati di
prossima emanazione;
•
Utilizzabilità della documentazione antimafia (art. 86 c. 2-bis): è stabilito
che, fino all’attivazione della banca dati, la documentazione antimafia è
utilizzabile e produce i suoi effetti anche in altri procedimenti, diversi da
quello per il quale è stata acquisita. Si tratta di una semplificazione di
notevole rilievo, considerando anche che la comunicazione ha una validità di
sei mesi dalla acquisizione e l’informazione di dodici mesi;
•
Competenza del Prefetto (art. 88 c. 2, 3 e 3-bis): la competenza per le
verifiche antimafia spetta al Prefetto della provincia in cui ha sede
l’impresa, e non più al Prefetto della provincia dove hanno sede le
amministrazioni richiedenti;
•
Termini per il rilascio della documentazione antimafia (art. 88 c. 4): sono
ridotti i termini a disposizione del Prefetto per il rilascio della
documentazione e sono indicati gli effetti del mancato rispetto del termine
anche nel caso della comunicazione. Invero, il termine per il rilascio della
comunicazione è ridotto da 45 a 30 giorni e viene eliminata l’ipotesi di
verifiche di particolare complessità che comportava un’ulteriore dilatazione
dei termini (30 giorni). Inoltre, è estesa alla comunicazione la disposizione,
già prevista per l’informazione, per cui, in caso di inutile decorso del
termine, le amministrazioni procedono comunque, stipulando i contratti, o autorizzando
i subcontratti sotto condizione risolutiva per l’ipotesi che sia
successivamente emanata una comunicazione interdittiva. Ai fini della stipula
del contratto o del rilascio dell’autorizzazione al sub-contratto, è necessaria
una autocertificazione sull’assenza delle cause di divieto di cui all’art. 67.
Altresì, anche la procedura di rilascio dell’informazione viene semplificata e
accelerata, nel senso che è previsto un termine di 30 giorni per il suo
rilascio ed un successivo termine di 45 giorni quando le verifiche siano di
particolare complessità (nella previgente normativa i termini erano invertiti).
Tuttavia, la nuova disciplina prevede che, decorso il primo termine di 30
giorni, l’amministrazione proceda anche in assenza dell’informazione antimafia,
stipulando i contratti, ovvero autorizzando i subcontratti, sotto condizione
risolutiva. Nella precedente normativa l’obbligo di procedere era invece
previsto allo scadere di entrambi i termini (30 più 45 giorni). Infine, nei
casi di urgenza, l’obbligo di procedere è ora previsto “immediatamente”,
laddove in vigenza della vecchia disciplina occorreva attendere quindici
giorni;
•
Richiesta di comunicazione antimafia e accertamento tentativi infiltrazioni
(art. 89 bis): è previsto che qualora a seguito delle verifiche per il rilascio
della comunicazione antimafia, venga accertata la sussistenza di tentativi di
infiltrazione mafiosa, il Prefetto adotta l’informativa antimafia interdittiva,
senza emettere la comunicazione, e né da avviso ai soggetti richiedenti;
•
Comunicazioni agli interessati (art. 92 c. 2-bis): la comunicazione
interdittiva e l’informazione interdittiva devono essere comunicate dal
Prefetto all’impresa interessata entro cinque giorni dalla adozione, con
modalità che ne garantiscano la ricezione (lettera raccomandata con avviso di
ricevimento; notificazione; posta elettronica certificata). Ciò consente
l’eventuale tempestiva difesa dell’impresa stessa davanti al giudice
amministrativo. Altresì, è previsto che nel caso in cui il Prefetto adotti
l’informativa antimafia interdittiva, lo stesso verifica la sussistenza dei
presupposti per l’applicazione delle misure previste all’art. 32 L. n. 114/2014
(rinnovazione degli organi sociali o straordinaria gestione impresa
appaltatrice);
•
Mancato funzionamento della banca dati nazionale (art. 90 c. 1 e 2): il decreto
individua le soluzioni alternative per definire i procedimenti in corso
nell’ipotesi in cui la banca dati non sia in grado di funzionare regolarmente a
causa di eventi eccezionali. In tale ipotesi, la comunicazione è sostituita
dall’autocertificazione, che consente di stipulare i contratti o autorizzare i
subcontratti sotto condizione risolutiva; l’informazione è rilasciata a seguito
di verifiche effettuate dal prefetto, fermo restando l’obbligo
dell’amministrazione di procedere allo scadere del termine di trenta giorni
sotto condizione risolutiva.
Prof. Fabrizio Giulimondi
La presente pubblicazione è
depositata alla SIAE e tutelata a sensi della normativa vigente sul diritto d’autore.
Provvederò a citare il giudizio
dinanzi l’Autorità Giudiziaria competente chiunque copi totalmente o
parzialmente il testo senza il mio consenso preventivo.
Fabrizio Giulimondi
Salve professore,punto primo faccio i complimenti per il suo lavoro no profit e per la completezza bello specificare esempi e dettagli,quindi ,ne approfitto oer chiederle se e'al corrente di aggiornamenti 2013 su informative..grazie
RispondiEliminaIl mio scritto è aggiornato alla seconda metà di novembre 2012. Non mi risulta che vi siano ad oggi ulteriori modifiche. Grazie per i complimenti e continui a seguirmi.Fabrizio Giulimondi
RispondiEliminaSalve Professore, in presenza di informativa interdittiva antimafia l'azienda ha richiesto al Prefetto aggiornamento della stessa, con deposito di adeguata documentazione. Allo stato attuale quali tempi sono posti al Prefetto al fine di aggiornare la predetta informativa antimafia?
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