Spes
contra spem
mercoledì 26 febbraio 2014
lunedì 24 febbraio 2014
"12 ANNI SCHIAVO" DI STEVE MCQUEEN - PREMIO OSCAR COME MIGLIOR FILM - PREMIO OSCAR COME MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA A LUPITA NYONG'O
Quando
bellezza e brutalità si accoppiano: nel film di Steve McQueen “12 anni schiavo”,
alla straordinaria bravura degli attori e, primo fra tutti, di Chiwetel Ejofor che interpreta Solomon Northup, protagonista della
agghiacciante vicenda tratta da una storia vera e raccontata dallo stesso
Solomon nell’omonimo libro pubblicato nel 1853, si accostano molteplici scene dure,
ruvide, autentici pugni allo stomaco.
Solomon
è un abile violinista di colore,
cittadino libero residente nei pressi di New York, felicemente sposato con due
figli, che all’improvviso si trova
sequestrato da una banda di criminali schiavisti, che, per dodici anni, dal 1841 al 1853, lo
tengono a lavorare brutalizzandolo nei
campi di cotone, antesignani dei campi
di concentramento nazionalsocialisti, dei gulag sovietici e dei laonai cinesi.
La
normalità di bambini che giocano o uomini e donne timorati di Dio che pregano
mentre ogni sorta di violenza fisica e morale, stupri, fustigazioni, impiccagioni o “semi-impiccagioni”,
comportamenti privi di una minimale umanità,
avviene e si muove intorno a loro, vicino a loro.
Schiavisti
che si alternano fra ferocia inaudita e qualche barlume di pietà sono i “padroni”
di Solomon, che con pervicacia inesauribile tornerà dalla famiglia, in un lungo, struggente, silenzioso, abbraccio.
Spiritual
e gospel fanno da colonna sonora, canti che mostrano una straordinaria fede in
un Dio che pare non guardare i cantori neri, mentre i “bianchi” snocciolano
litanie pregne del sangue e dell’immane sofferenza che essi provocano su
milioni di esseri umani, colpevoli di avere un differente colore della pelle.
L’opera
merita le nove nomination alla prossima Notte degli Oscar (miglior film, regista,
attore protagonista, attore non protagonista, attrice non protagonista,
sceneggiatura originale, montaggio, scenografia, costumi) e i Premi già vinti (Golden Globe come migliore film drammatico; i B.A.F.T.A. come miglior film e attore
protagonista; i Critic’s Choise Movie Award come miglior film, attrice non
protagonista e sceneggiatura; lo Screen Actor Choice Award come miglior attrice
non protagonista).
La pellicola
si inserisce nel filone di altri grandi produzioni cinematografiche, come Amistad
e Lincoln
(quest’ultimo già recensito in questa stessa Rubrica e che consiglio di leggere
per il tratteggio del periodo storico) di Steven Spielberg e Django
unchained di Quentin Tarantino, il cui splatter
ricorda i metodi belluinamente crudeli utilizzati
dagli schiavistici aguzzini in “12 anni
schiavo”.
La
fotografia è suggestiva, contrapponendosi la bellezza degli scenari e dei
tramonti, all’orrore quotidiano vissuto dai nigger.
Fabrizio Giulimondi
domenica 23 febbraio 2014
"E L'ECO RISPOSE" DI KHALED HOSSEINI
A gentile richiesta pubblico di nuovo la recensione di questo splendido romanzo.
Fabrizio Giulimondi
“Si volge per osservarlo, il suo fratellone, il suo fedele alleato, ma il viso di lui è troppo vicino e non riesce a vederlo per intero. Vede solo la curva della fronte dove prende forma il naso e si incurvano le ciglia. Ma non le importa. Le basta essergli vicino, stare con lui, suo fratello, e mentre il sonno lentamente la trascina lontano, si sente immersa in un’onda di calma assoluta. Chiude gli occhi e si assopisce, serena, lì, dove tutto è limpido,radioso, racchiuso in un unico istante”.
Riccardo Muti quando dirige alcune opere verdiane cade in fenomeni di apnea travolto dalla potenza delle composizioni che prendono vita dinanzi al movimento delle sue mani e, dinanzi alla grandiosità della Cappella Sistina, si può essere colti dalla sindrome di Stendhal.
Può capitare di avere le medesime sensazioni nel leggere “E l’eco rispose” di Khaled Hosseini (Piemme).
Il Cacciatore di Aquiloni ci ha emozionato e Mille splendidi Soli ci ha reso silenti.
“E l’eco rispose” Vi penetrerà dentro e lì rimarrà.
Sa di zenzero, di zafferano e di cedro.
Odora di tristezza, di malinconia e di rimpianto, che si trasformano in una insistente, struggente e insostenibile bellezza che trascina e travolge il lettore per tutto il racconto e non lo abbandona mai, perseguitandolo anche dopo aver letto l’ultima parola, permanendo nell’aria, perché il lettore sa di aver vissuto un’ emozione violenta e ne ha nostalgia come di un refolo di vento fresco in una giornata afosa che gli ha lambito il viso e, poi, lo ha lasciato. A quel refolo il lettore non rinunzia e vuole sentirlo di nuovo sulla propria pelle.
Che cosa è la Bellezza? che cosa è la Tristezza?si possono sentire e vivere nello stesso momento? Vedrete bellezza e tristezza negli occhi verdi di una donna molto amata dai capelli color del grano, che si sono dileguati però nel ricordo di un sogno lontano prima del risveglio.
Amerete ogni singolo personaggio a cui l’Autore dedicherà una storia la quale, lentamente e impercettibilmente, diverrà una tessera di un puzzle, un pezzo di un mosaico e, soltanto alla fine, tutto si ricomporrà e ogni vita narrata si congiungerà l’una all’altra e, finalmente, vedrete l’affresco nel suo intero splendore: ove prima v’era una assenza subentrerà una presenza.
La tela è stata dipinta con le parole e l’inchiostro verga il segno di sentimenti profondi e indelebili e, con gli occhi umidi, Vi attarderete qualche minuto in più, dopo aver letto l’ultima vocale, indugiando immobili sulla pagina finale, con il libro incollato nelle Vostre mani.
Mille storie, mille apparenze, mille verità, ma la Verità è e sarà una sola: mille rivoli che, solo apparentemente lontani e confusi, confluiranno nello stesso fiume, confondendovi le loro acque.
L’ inizio è un viaggio: due fratellini afghani, Abdullah, di pochi anni più grande di Pari, e il loro padre, duro, d’onore, lavoratore instancabile, Sabur, invero capace a raccontare fiabe popolari di jinn, fate e div. Pari è venduta a ricchi signori e con la separazione dei due bambini la narrazione inizierà ad attraversare la Vostra anima, per poi lì giacere:
“Ho incontrato una fatina triste
Seduta all’ombra di una betulla.
Conosco una fatina triste
Che una notte il vento ha portato via con sé”
Fabrizio Giulimondi
giovedì 20 febbraio 2014
"MONUMENTS MEN" DI GEORGE CLOONEY
Pecca
talora di superficialità e troppa leggerezza, anche se scorre piacevolmente - forse troppo! - l ’ultimo lavoro
cinematografico di George Clooney
regista “Monuments men”, anche se il
cast indubbiamente non è da poco, visto che accanto a Clooney vi sono attrici e attori del calibro di Cate Blanchett (che ha ricevuto un Golden Globe come miglior
attrice protagonista nell’opera di Woody Allen “Blue Jasmine” e, per la stessa
parte, una nomination all’ Oscar per
lo stesso motivo), Matt Damon e Bill Murray (volto molto noto da Ghostbuster
in poi).
Triennio
1943, 1944, 1945. Zona di guerra Francia, Belgio,Germania. Una missione
militare composta dai Monuments Men,
soldati statunitensi, francesi, inglesi e appartenenti alla resistenza antinazista,
amanti dell’arte, coraggiosi eroi che rischiano la propria vita (due la
perderanno) per recuperare cinque milioni di opere d’arte rubate, razziate,
saccheggiate, depredate, trafugate dalle camicie brune e, prime fra tutti, dal
famigerato gerarca hitleriano Hermann Goring, dalle pareti dei musei e delle
pinacoteche dell’Europa occupata.
La
storia è vera e risponde a questa domanda: vale la pena sprecare vite umane per
sottrarre alle belve “ariane” reperti storici, culturali, artistici e archeologici?Si, perché in quelle res v’è la parte migliore della Umanità,
il suo passato, il suo presente e, soprattutto, il suo futuro. In quelle res v’è la ontologica presenza del “Bello”,
quel “Bello” che le tirannidi vogliono pervicacemente annientare.
Salvare
l’arte, anche al prezzo del sangue, vuol dire salvare l’Uomo, la sua essenza
migliore, ciò che di divino v’è permanentemente in lui.
La
colonna sonora di Alexandre Desplat
si accosta particolarmente a quella che
ha accompagnato la grandiosa pellicola di Steven Spielberg “Salvate il soldato
Ryan”.
Interessante
il riferimento storico – a molti sconosciuto – al decreto “Nerone”(“Nero Befehel”), firmato il 19 marzo 1945
dal Fuhrer, con il quale ordinava, in
caso di sua morte o di occupazione del suolo germanico, la distruzione di “Tutto”
e, per “Tutto”si intendeva ogni realtà materiale esistente sulla Terra tedesca, incluse tutte le “Bellezze”
nella criminale disponibilità del disperato e sconfitto esercito
nazionalsocialista.
Grazie
a Dio Onnipotente questo non è accaduto.
Fabrizio Giulimondi
martedì 18 febbraio 2014
"AMMAZZIAMO IL GATTOPARDO" DI ALAN FRIEDMAN
Non
amo molto i libri di cronaca, inchieste giornalistiche, attualità, politica, i libropanettoni alla Bruno Vespa, ma la mia curiosità era
solleticata dalla lettura di “Ammazziamo
il Gattopardo”, dell’editorialista e corrispondente economico statunitense Alan Friedman (Rizzoli), che, in affetti, qualche curiosità la soddisfa.
Il “Gattopardo”,
ovviamente, è Silvio Berlusconi, “Male Assoluto” per alcuni e “Bene Assoluto”
per altri.
Lo scritto,
fra indagini documentate in mezzo ai Palazzi romani e milanesi e saggio macroeconomico,
attraversa la Milano da bere, “Mani
Pulite”, il crollo della c.d. “Prima Repubblica”, la discesa in campo del
morettiano “Caimano”, l’emergere di Romano Prodi e del suo Ulivo, la crisi
finanziaria mondiale del 2008 a seguito del crollo della Lehman Brothers a Wall
Street, la crisi finanziaria europea e, a metà del 2011, l’entrata dell’Italia in
una severa recessione. Lo studio di Friedman
si concentra su questo ultimo periodo che vede l’ attivismo - senza precedenti per un Presidente della
Repubblica - di Giorgio Napolitano (rieletto Capo dello Stato per
la seconda volta nell’aprile del 2013, evento mai verificatosi in Italia), attivismo
borderline con il dettato
costituzionale.
L’Autore
racconta con testimonianze autorevoli e a trecentosessanta gradi, basate su
video e registrazioni audio, il “retroscena” alle dimissioni di Berlusconi come
Presidente del Consiglio (che aveva vinto massicciamente le elezioni nell’aprile
2008), presentate il 13 novembre 2011, a cui è seguita la nomina a Premier
di Mario Monti in successivo 16 novembre (senza alcun passaggio
elettorale).
A
tale proposito interessante è l’ analisi di Piero Sansonetti, più volte
direttore di quotidiani e noto commentatore e opinionista televisivo, intelligente e arguto marxista mai pentito: ”Napolitano, come gran parte del vecchio
gruppo dirigente comunista, non ha mai avuto un buon rapporto con la democrazia.”.
Fabrizio Giulimondi
domenica 16 febbraio 2014
FABRIZIO GIULIMONDI: "LA GRANDE BELLEZZA" ATTENDE.............
Ci
sono persone, uomini e donne, speciali
dentro e questo Qualcuno non lo digerisce proprio…persone, uomini e donne, che avrebbero potuto o potrebbero ancora fare
qualche cosa di utile, forte, importante…. avrebbero potuto o potrebbero ancora
raggiungere La Grande Bellezza, ma
sono state imbrigliate dal Nulla di certa Roma, dalla sua finta esteriorità,
fatta di luccichii e triste giocosità. Chissà se un giorno queste persone,
uomini e donne, comprenderanno che La
Grande Bellezza attende ansiosamente
loro, che possono ancora ritornare a
fare quello per cui sono qui
e ancora diventare ciò che il Niente ha impedito loro di essere.
Fabrizio Giulimondi
sabato 15 febbraio 2014
"SOTTO UNA BUONA STELLA" DI CARLO VERDONE
“Sotto una buona stella”, uno dei
migliori film della carriera di cineasta e di attore di Carlo Verdone, si inserisce a pieno titolo nel filone
cinematografico di cui l’Artista stesso è creatore, ossia il genere “malincomico”.
Verdone
si accompagna con una donna piena di charm quale è Paola Cortellesi, che supera di gran lunga le patner delle sue opere precedenti
(Clauda Gerini, Asia Argento, Margherita Buy, Ornella Muti).
La
storia raccontata assomiglia in alcuni suoi
momenti a pellicole come Maledetto il
giorno che ti ho incontrato e Perdiamoci di vista.
Lui,
uomo senza palle, dotato di amante
giovane, imbottito di farmaci (presenza costante nella produzione del regista
romano), senza più un lavoro, vedovo, padre di due figli (ottimamente
interpretati da Tea Falco e Lorenzo
Richelmy) e nonno di una nipotina il cui padre se l’è data a gambe levate,
riscopre la bellezza di essere genitore
(come in Il mio miglior nemico),
con l’aiuto – prima amicale poi
amorevole - della vicina di casa, ossia
la Cortellesi, le cui imitazioni della badante rumena sono semplicemente irresistibili.
Buona
visione!
Fabrizio Giulimondi
giovedì 13 febbraio 2014
"CI RIVEDIAMO LASSU' " DI PIERRE LEMAITRE
“Un romanzo magnifico. Una scrittura splendida, dura, efficace come un pugno in faccia. Leggete questo libro grandioso e rimarrete stupefatti.”. Non posso non essere d’accordo con il settimanale d’oltralpe L’express in merito all’ultima fatica letteraria del professore di letteratura, scrittore e sceneggiatore parigino Pierre Lemaitre, “Ci rivediamo lassù” (Mondadori), vincitore del Prix Goncourt 2013, eletto miglior romanzo dell’anno dalla rivista “Lire” e di cui già sono state vendute in Francia 500.000 copie.
Due
novembre 1918, a pochi giorni dalla firma dell’armistizio dell’11 novembre che
determinò la fine del primo conflitto mondiale, due militi dell’esercito
francese, l’indeciso e piagnucoloso Albert
e l’istrionico e “strano” Edouard, sono affasciati dal medesimo evento - rischiando il primo la vita e rimanendo il secondo
mostruosamente sfigurato in volto - cagionato dal loro ufficiale Pradelle, un mascalzone privo
di etica e scrupoli.
Quattordici
luglio 1920, festa nazionale in ricordo
della presa della Bastiglia, occasione per commemorare i tanti, troppi, infiniti morti e mutilati in
armi e civili figli di Francia, dentro la bolgia dei sedici milioni di corpi inermi che la Grande Guerra si è portati con sé.
Nel
frattempo la potente e ricchissima famiglia di Edouard crede questi morto, a seguito dello scambio di
identità realizzato dall’amico Albert con
un defunto vero, anche se tale decesso non è un dramma per il padre del finto cadavere, perché quel
figlio “strano” era di impaccio e imbarazzo per la reputazione della sua gens.
Ma la
vita è traditrice e Albert, che aveva ordito l’inganno, si trova a lavorare per
il genitore di Edouard e a sottrargli ingenti somme di denaro, per finanziare
le attività truffaldine e fraudolente concepite dal figlio, che è all’oscuro di
stare danneggiando il padre, il quale si troverà ad ammazzare colposamente un
figlio che pensava morto e scoprirà vivo solo nell’atto di togliergli la vita.
La
nemesi storica colpirà anche l’infame Pradelle, divenuto inconsapevolmente
cognato di Edouard, entrambi uniti da un vincolo criminale nell’affare del
momento: la gestione di cimiteri per ospitare le masse informi di cadaveri, la
loro esumazione, inumazione e trasporto, oltre la costruzione di monumenti
celebratici dei caduti in battaglia.
I
veri e unici domini della narrazione
sono la Nemesis, la Tuke, che, come
ripete Eschilo nella sua tragedia “Agamennone”,
“hanno i piedi di piombo”: la Sorte,
la Giustizia, la Vendetta sono lente, ma
inesorabili e, alla fine, arrivano.
Affresco
di grande potenza evocativa, “Ci rivediamo lassù” è un capolavoro
appassionante e rocambolesco che non può non stare sul comodino vicino al proprio letto.
Fabrizio Giulimondi
mercoledì 12 febbraio 2014
"LA GENTE CHE STA BENE" DI FRANCESCO PATIERNO
Un Claudio Bisio in versione drammatica nel
film di Francesco Patierno “La gente che sta bene”, con un incipit
comune a tante commedie brillanti appartenenti alla tradizione italiana, ma che
poi sfocia in una trama tragica, seppur con un finale in cui si intravede un po’
di luce.
Lascia
l’amaro in bocca la morale erodotea sottesa alla pellicola: certe categorie di
esseri umani (certe…o tutti?) sono disposti a qualsiasi infamia pur di
raggiungere successo, denaro e potere.
Bisio
è un avvocato inserito in un prestigioso studio milanese di avvocati e non si
fa alcuno scrupolo di licenziare personale, con metodi che ricordano quelli
adoperati dal protagonista - interpretato da George Clooney - del lavoro di Jason Reitman Tra le nuvole .
Sperimenta
sulla propria pelle cosa voglia dire “essere cacciato”, anche se poco tempo. La
cooptazione ad opera del miglior professionista forense d’Italia (Diego Abbatantuono), farà uscire il
volto veramente cinico e spietato di “Bisio”, che non si farà scrupoli di
chiedere alla moglie (la sempiterna bella e brava Margherita Buy) di abortire il terzo figlio in arrivo e, di
lasciare morente dopo un incidente stradale “suicida”, la moglie di “Abbatantuono”,
di cui era l’amante e della cui morte lo stesso marito se ne fa beffe.
Mentre
Claudio Bisio fa un po’ fatica ad
uscire dal ruolo cui siamo abituati a vederlo in Zelig, Benvenuti al Sud, Benvenuti al Nord e Benvenuto Presidente!, Diego Abbatantuono
continua a dimostrare di essere un attore a tutto tondo: ridicolo, simpativco, comico,
grottesco, quanto sgradevole, spregevole
e “orribile”, come in “La gente che sta bene”.
Fabrizio Giulimondi
domenica 9 febbraio 2014
"SMETTO QUANDO VOGLIO" DI SIDNEY SIBILIA
Film
divertente con un robusto retrogusto amaro, agro dolce come certe pietanze
cinesi, delicato finché il palato non
tocca il wasabi nella cucina
giapponese, o gustoso ma improvvisamente piccante al pari delle portate
indo-tailandesi, “Smetto quando voglio”
di Sydney Sibilia ricorda la
pellicola del 1956 con Totò, Peppino de
Filippo e Giacomo Furia “La banda
degli onesti”.
Edoardo Leo
(con accanto una sempre splendida Valeria
Solarino), Valerio Aprea, Paolo
Calabresi, Libero de Rienzo, Stefano Fresi, Pietro Sermonti (con qualche
chilo in più), Lorenzo Lavia e Neri
Marcorè, interpretano giuristi, latinisti, ingegneri, matematici, chimici,
fisici, accademici, tutti di alto livello, con intelletti di notevoli
dimensioni, costretti a fare, sotto padroni arcigni e stranieri, i camerieri, i benzinai, i meccanici, i
giocatori di azzardo, se non direttamente i delinquenti.
Il
loro genio lo utilizzeranno per concepire e realizzare le smart drugs, ossia pasticche stupefacenti composte, però, da molecole
ancora non inserite nella black list
ministeriale e, quindi, formalmente legali.
Il tanto
denaro e le copiose belle donne che, inevitabilmente, giungeranno a pioggia,
non porteranno loro la fortuna che speravano.
L’ambientazione
romana e nei locali e spazi della
Università “Sapienza”, rafforzeranno la tinta di ingiustizia di cui i
protagonisti sono stati vittime, per diventare, però, autori, a loro volta, di
ingiustizie.
Fabrizio Giulimondi
sabato 8 febbraio 2014
"I SEGRETI DI OSAGE COUNTY" DI JOHN WELLS
“I segreti
di Osage County” di John Wells (prodotto da George Clooney),
ossia una intensa full immersion nella
più nobile, elevata e illustre recitazione statunitense e non solo. Tratta da una
omonima piece teatrale del Premio Pulitzer
2008 Tracy Letts "August", l’opera in
commento cala lo spettatore in un'atmosfera meravigliosamente e densamente drammatica,
anche se non sfugge a momenti di ilarità, creati dalla genialità del regista, dello sceneggiatore (lo stesso Tracy Letts ) e
dei superbi attori.
L’imperatrice e zar del cinema mondiale Meryl Streep (candidata al Premio Oscar come
miglior attrice protagonista), con una giganteggiante interpretazione, veste la
parte di una anziana signora, malata di tumore alla bocca e farmacodipendente, sposa
di uno scrittore gentile e nobile d’animo, ma alcolista, morto suicida (Sam Shepard) e, madre di tre figlie, interpretate
dalla regina e principessa delle artiste americane, Julia Roberts (candidata al Premio Oscar come miglior attrice non protagonista), da Juliette Lewis e Julianne Nicholson, che degnamente affiancano la prima.
Tirannica, cinica, maligna, disperatamente
bisognosa di affetto, la protagonista attirerà a sé le figlie, insieme a mariti
in via di separazione (Ewan McGregor),
fidanzati passeggeri (Dermot Mulroney)
- luridamente melliflui con le ragazzine
(la figlia di “Julia Roberts”, molto
ben impersonata da Abigail Breslin), oltre a spasimanti legati, in realtà, da stretti, anzi strettissimi, vincoli di
sangue (Benedict Cumberbatch), in cene
e pranzi conditi con perfida e tragica verità. In questo centellinato e
ininterrotto disvelamento della realtà passata e presente, la sorella di “Meryl Streep” (Margo Martindale) e suo marito (Chris
Cooper), ricopriranno ruoli non di
secondaria importanza.
La presenza costante della domestica nativa americana (ossia indiana nel
linguaggio politically correct), rappresentata
da Misty
Upham, è il collante della narrazione.
Magistrali, superlative, splendide interpretazioni,
ad opera di un cast che raccoglie il meglio delle stars hollywoodiane, per un capolavoro bellissimo ed imperdibile, ove anche la fotografia che inquadra, blocca, ferma e
congela spettacolari tramonti in Oklahoma, e il trucco
che invecchia volti stravolti dal dolore, dalla pazzia e dalle droghe, resi furenti da occhi di brace, spingono la pellicola verso
vette di coinvolgente ed emozionante bellezza….mentre la Notte degli Oscar si
avvicina.
Fabrizio
Giulimondi
domenica 2 febbraio 2014
FABRIZIO GIULIMONDI: " NORMATIVA DI CONTRASTO ALLA CORRUZIONE E SULLA TRASPARENZA: INNOVAZIONE EFFICACE PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE?"
La legge 6 novembre 2012, n. 190[3], contenente “Disposizioni per la prevenzione e la
repressione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica Amministrazione”,
che si propone di arginare i fenomeni di mala gestio nella
Pubblica Amministrazione, è frutto della collaborazione internazionale sorta,
in prima battuta, entro l’O.C.S.E. (Organizzazione per la Cooperazione e
lo Sviluppo Economico). Nel rapporto all’Italia divulgato nel gennaio 2012,
redatto per verificare lo stato di attuazione della Convenzione sulla lotta
alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche
internazionali del 17 dicembre 1997, l’O.C.S.E. è stato chiaro
nell’indicare le modifiche necessarie nell’ordinamento italiano.
Roma è stata compulsata in tal senso anche
dall’O.N.U. e dalla Unione Europea, oltre che dal Consiglio d’Europa[4].
La normativa in esame include senza dubbio
un disciplina organica sulla prevenzione della corruzione[5],
che ha fatto propri tutti gli input provenienti dagli
alti Consessi internazionali e dagli Atti da essi prodotti[6],
oltre le indicazioni fornite dalle Corti di giustizia internazionali, europee e
nazionali[7].
La nuova normazione da un lato
prevede un Piano Nazionale Anticorruzione (P.N.A.) e, dall’altro, obbliga ogni
amministrazione pubblica alla adozione di un Piano Triennale di
Prevenzione della Corruzione[8] (P.T.P.C.) che, in
sintonia con il Piano Nazionale, analizzi e valuti rischi specifici di
corruzione e indichi gli interventi organizzativi tesi a prevenirli.
La legislazione attribuisce alla C.I.V.I.T.
(Commissione
Indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l'Integrità delle
amministrazioni pubbliche, ora A.N.A.C. - Autorità Nazionale Anti Corruzione[1][9])
il ruolo di Autorità Nazionale Anticorruzione (in attuazione dell’art. 6 della
Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta alla corruzione del 31
ottobre 2003[10]), così come individua tutti gli altri
organi incaricati di promuovere e attivare le apposite azioni di controllo,
prevenzione e contrasto della corruzione all’interno delle strutture e
degli apparati della Pubblica Amministrazione.
L’A.N.A.C., con
delibera n. 72 dell’11 settembre 2013, ha approvato il Piano Nazionale
Anticorruzione predisposto dal Dipartimento della Funzione Pubblica (rectius Dipartimento
per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione). Tale Piano ha la
finalità di assicurare l’attuazione coordinata delle strategie di prevenzione
della corruzione nella Pubblica Amministrazione e il suo contenuto è articolato
in tre sezione.
Nella prima sono
esposti gli obiettivi strategici e le azioni previste a livello nazionale. La
seconda contiene le direttive alla Pubblica Amministrazione per l’applicazione
delle misure di prevenzione. La terza indica i dati e le informazioni da trasmettere
al Dipartimento della Funzione Pubblica per il monitoraggio e lo sviluppo di
ulteriori strategie.
La legge 190/2012 ha
introdotto ed esteso strumenti per la prevenzione e la repressione del fenomeno
corruttivo ed è intervenuta, anche, nelle disposizioni del codice penale
relative ai reati posti in essere dai pubblici ufficiali ai danni della
Amministrazione pubblica. Tale normativa, nella individuazione dei
comportamenti censurabili del pubblico dipendente, ha ampliato le fattispecie
delittuose, modificando e integrando fattispecie previste e sanzionate nel
codice penale.
Il Piano di prevenzione
della corruzione di cui ogni singola amministrazione si deve dotare, è da
inquadrarsi fra gli atti organizzatori e programmatori attuatori di
regole stabilite in leggi, regolamenti, codici etici e di comportamento.
In particolare il Piano
si prefigge di:
- stabilire il diverso livello di esposizione
degli singoli uffici a rischio corruttela e illegalità;
- indicare gli interventi organizzativi volti a
prevenire il rischio di corruzione e illegalità;
- disciplinare le regole di esecuzione e controllo dei
protocolli di legalità e o di integrità;
- indicare le procedure appropriate per selezionare e
formare, in collaborazione con la Scuola Nazionale della Amministrazione, i
dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti al fenomeno
in parola, prevedendo, negli stessi ambiti, la rotazione dei responsabili;
(Responsabile per la prevenzione della
corruzione[11]) L’art. 1, comma 7,
legge 6 novembre 2012, n. 190, introduce nell’ordinamento la figura del
Responsabile per la prevenzione della corruzione che, di norma, a mente
dell’art. 43, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (relativo
al riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità,
trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche
amministrazioni)[12], svolge le funzioni anche di
responsabile per la trasparenza.
Il Responsabile per la prevenzione della
corruzione:
· propone il piano triennale della prevenzione della
corruzione[13], che gli organi accademici competenti
debbono approvare entro il 31 gennaio di ogni anno;
· definisce procedure appropriate per selezionare e
formare i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti
alla corruzione;
· verifica costantemente l’efficace attuazione del
piano, anche mediante procedure di audit o di ispezione, tramite l’ausilio di
funzionari interni competenti per settore;
· verifica, di intesa con i responsabili delle aree,
l’effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento di
attività a più elevato rischio di corruzione;
· individua il personale da inserire nei programmi di
formazione;
· svolge compiti di vigilanza sul rispetto delle norme
in materia di inconferibilità e incompatibilità.
Per “rischio di corruzione” il P.N.A.
intende “l’effetto dell’incertezza sul corretto perseguimento dell’interesse
pubblico e, quindi, sull’obiettivo istituzionale dell’ente, dovuto alla
possibilità che si verifichi un dato evento. Per “evento” si intende il
verificarsi o il modificarsi di un insieme di circostanze che si frappongono o
si oppongono al perseguimento dell’obiettivo istituzionale dell’ente.”.
La legge 190/2012 indica, tra le attività
della Pubblica Amministrazione, quelle da monitorare per assicurare il livello
essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili, nel
rispetto dell’art. 117, comma secondo, lett. m), Cost..
Più specificamente l’art. 1, comma 16,
legge 190/2012, individua nominatim i provvedimenti e i
procedimenti amministrativi che devono essere posti alla attenzione delle
Amministrazioni, sia a livello di P.N.A. che dei PP.TT.PP.CC.:
a) autorizzazione
o concessione;
b) scelta
del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con
riferimento alla modalità di selezione prescelta, ai sensi del codice dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163[14];
c) concessione
ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari,
attribuzioni di vantaggi economici a persone ed enti pubblici e privati;
d) concorsi
e prove selettive per l’assunzione del personale e progressioni di carriera.
In aggiunta al P.T.P.C., le singole
strutture pubbliche dovranno approvare, a mente dell’art. 1, comma 44, legge
190/2012, un proprio codice di comportamento che integri e specifichi il codice
di comportamento dei dipendenti pubblici, emanato con D.P.R. 16 aprile
2013, n. 62.
Uno degli adempimenti previsti dalla legge
190/2012 riguarda la pianificazione degli interventi formativi per il
personale. Il P.N.A. ha ulteriormente precisato che l’attività formativa deve
essere di due tipi:
1) di
livello generale, rivolta a tutti i dipendenti, in tema di aggiornamento delle
competenze e le tematiche dell’etica e della legalità;
2) specifica,
destinata al Responsabile della prevenzione della corruzione, agli eventuali
referenti dell’anticorruzione di cui si avvale il responsabile, ai componenti
degli organismo di controllo, ai dirigenti e funzionari addetti alle aree a
rischio: riguarda le politiche, i programmi e i vari strumenti utilizzati per
la prevenzione e le tematiche settoriali, in relazione al ruolo svolto da
ciascun soggetto nella amministrazione.
(conflitto di interessi[15]) Altra nota di rilievo è l’introduzione, ad
opera dell’art. 1, comma 41, legge n. 190/2012, dell’art. 6 bis nell’articolato
della legge 241/1990, rubricato “conflitto di interessi”. La disposizione
stabilisce che il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici
competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti
endoprocedimentali e il provvedimento finale, debbono astenersi
dall’intervenire in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione
che concreti o possa concretare tale condizione.
L’articolo contiene, pertanto, due
prescrizioni:
1) l’obbligo
di astensione per il responsabile del procedimento nella ipotesi di conflitto
di interesse, anche soltanto potenziale;
2) il
dovere di segnalazione, a carico del medesimo, di versare in una
situazione di effettivo o potenziale conflitto con l’interesse pubblico,
posto alla base dell’esercizio della funzione amministrativa,
o con l’interesse di cui sono portatori il destinatario del provvedimento, i
cointeressati, ovvero i controinteressati.
La disposizione in parola deve essere
letta unitamente all’art. 7 del codice di comportamento dei dipendenti
pubblici, che prevede che “Il dipendente si astiene dal partecipare
all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi
propri, ovvero di suoi parenti affini entro il secondo grado, del coniuge o di
conviventi oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale,
ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia pendente
o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di
soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente,
ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o
stabilimenti di cui egli sia amministratore o gerente o dirigente. Il
dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di
convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di
appartenenza.”.
La segnalazione del contrasto deve essere
indirizzata al superiore gerarchico, il quale, esaminate le circostanze, valuta
se la situazione realizzi o meno un conflitto di interessi tale da ledere la
imparzialità dell’agere amministrativo (art. 97 Cost.).
Terminata l’ istruttoria, l’organo
gerarchicamente superiore comunica per iscritto la decisione al dipendente
istante, sollevandolo dall’incarico nel caso si concretino le cennate ipotesi
di conflitto di interesse, ovvero confermandolo nel ruolo, motivando
adeguatamente la statuizione.
Nel primo caso, l’incarico è
affidato ad altro dipendente o è avocato all’organo gerarchicamente
superiore competente per siffatta procedura.
Qualora il presunto conflitto inerisca
quest’ultimo, le attribuzioni decisorie sono devolute al Responsabile per la
prevenzione della corruzione.
Il provvedimento è illegittimo per
violazione di legge (prima della approvazione dell’art. 6 bis legge
241/1990 si ventilava una ipotesi di eccesso di potere), se riconducibile
ad un funzionario che versa in conflitto di interessi.
Ultronea conseguenza di tale lesione
normativa si sostanzia nella natura anche disciplinare dell’illecito, oltre
che, in via residuale, di ordine erariale sanzionabile dalla Corte
dei Conti.
(inconferibilità e incompatibilità[16]) Novella legislativa
di non poco momento è stata portata dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n.
39[17], recante disposizioni in materia di
inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche
amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico.
In sintesi il decreto immette nel tessuto
connettivo ordinamentale:
- ipotesi di inconferibilità di incarichi dirigenziali,
o assimilati, in relazione a determinate attività svolte precedentemente
dal titolare, oppure cagionate dall’essere quest’ultimo destinatario di
sentenze di condanna passate in giudicato, per delitti contro la Pubblica
Amministrazione (capi II, III e IV del decreto 39/2013);
- ipotesi di incompatibilità specifiche per i titolari
di incarichi dirigenziali o assimilati.
Le condizioni che danno vita alla
inconferibilità dei predetti incarichi, pertanto, sono (capi V e VI del
decreto 39/2013):
- aver riportato condanne, penali passate in
giudicato, previste dal capo I del titolo II del libro II del codice
penale (art. 314 - 335 bis c.p.: peculato, corruzione,
concussione, abuso d’ufficio, rifiuto e omissione di atti d’ufficio,
interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità);
- essere stati incardinati negli ultimi due anni prima
di ricevere l'incarico in enti di diritto privato controllati, vigilati,
partecipati o finanziati dal soggetto pubblico da cui si riceve l’incarico
dirigenziale o assimilato;
- l’essere stato componente di organi di indirizzo
politico.
Per quanto afferisce l’incompatibilità,
in primo luogo v’è da precisare che con tale espressione si intende “l’obbligo
per il soggetto cui viene conferito l’incarico di scegliere, a pena di
decadenza, entro il termine perentorio di 15 giorni, tra la permanenza
nell’incarico e l’assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche in enti di
diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione che
conferisce l’incarico, lo svolgimento di attività professionali ovvero
l’assunzione della carica di componente di organi di indirizzo politico” (art.
1 d.lgs. n. 39/2012)
A differenza della inconferibilità, la
causa di incompatibilità può essere rimossa mediante rinunzia dell’interessato
ad uno degli incarichi che la legge ha considerato incompatibili tra di loro.
La inconferibilità, invece,
determina un vizio genetico del provvedimento amministrativo (l’incarico) e del
conseguenziale contratto, comportante, pertanto, la
originaria impossibilità di assumere l’incarico dirigenziale o
assimilato. Nel caso in cui esso sia assunto, è nulla sia la fase provvedimentale
antecedente (il conferimento dell’incarico dirigenziale o assimilato), ex art.
21 septies legge 241/1990, in ragione della mancanza
dell’elemento essenziale del requisito soggettivo legittimante la nomina),
sia quella negoziale successiva ( la stipula del contratto),
ex art. 1418, comma 1, c.c, per violazione di norme imperative
Se il Responsabile della prevenzione della
corruzione individua un dirigente il cui rapporto lavorativo è inficiato da una
causa di incompatibilità, egli ha l’obbligo di contestarla a
questi, che entro i 15 giorni successivi ha il dovere di rimuoverla
(ossia rinunciare all’altro incarico incompatibile con quello svolto, salvo non
decida di dimettersi da questo). In caso contrario, il Responsabile disporrà la
decadenza dall’incarico e la conseguenziale risoluzione del contratto
dirigenziale o assimilato.
Un vizio che potrebbe essere sussunto in
seno alla categoria delle cause di inconferibilità, qualificabili come
successive, è quello che secondo terminologia anglosassone è definito revolving
doors, e pantouflage secondo quella francese.
L’art. 1, comma 42, legge 190/2012, ha
introdotto nell’art. 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, il
comma 16 ter destinato a contenere il rischio di situazioni di
corruzione connesse all’impiego del dipendente successivamente alla cessazione
del rapporto di lavoro pubblico: “I dipendenti che, negli ultimi tre
anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto
delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, non possono
svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico
impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati
destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta
attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in
violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto
ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le
pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione
de compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.”.
La riportata norma, nell’esplicitare la
nullità del vincolo contrattuale viziato da pantouflage
-revolving doors, conferma la ascrivibilità in tale invalidità anche della
inconferibilità, in quanto il pantouflage -revolving doors non
è altro che una causa di inconferibilità, applicata
successivamente alla cessazione del rapporto di pubblico impiego e
all’insorgere del vincolo contrattuale privato.
Come prima sinteticamente riportato, fra
le tre condizioni da cui scaturisce la causa della inconferibilità, v’è
quella afferente incarichi a soggetti provenienti da enti di diritto privato
regolati o finanziati dalle Pubbliche Amministrazioni. Nel caso di pantouflage
-revolving doors v’è un inversione dei momenti la cui interconnessione
funzionale determina la nullità del binomio provvedimento- contratto.
Mentre nel primo caso è inconferibile l’incarico dirigenziale pubblico a colui
che proviene da un ente di diritto privato vigilato, controllato, partecipato o
finanziato dalla struttura statuale o di altra natura assegnante
l’incarico, nel secondo caso avviene l’inverso: è all’organismo
privato che è fatto divieto di stipulare contratti con soggetti che negli
ultimi tre anni di servizio, prima della cessazione, hanno esercitato poteri
autoritativi o negoziali per conto delle Pubbliche Amministrazioni. E’ nullo il
contratto stipulato fra il soggetto privato e chi versa in questa ultima
condizione (che potremmo qualificare “inconferibilità successiva e di
natura privatistica”), al pari della nullità che vizia per
inconferibilità il plesso incarico-contratto conferito dal soggetto pubblico a
chi proviene da organismi privati, con modalità che si atteggiano diversamente,
legati al primo (che potremmo definire “inconferibilità originaria e di natura
pubblica”[18]).
La particolarità della
inconferibilità successiva si concreta nella prohibitio
circoscritta nel tempo, id est per tre
anni dalla cessazione del rapporto di impiego pubblico, per i dipendenti
che hanno esercitato nel triennio ad esso precedente poteri autoritativi
o negoziali per conto delle Pubbliche Amministrazioni, di cui
all’art. 1, comma 2, d.lgs. 165/2001; tre anni è anche il lasso di tempo
in costanza del quale è impedito alle Pubbliche Amministrazioni di contrattare
con i soggetti privati, resisi responsabili di aver concluso o conferito
contratti in violazione dei cennati termini.
(whistleblower[19]) Figura
che ci si augura di particolare efficacia nel contrasto alla corruzione è il whistleblower.
L’art. 1, comma 51, legge 190/2012,
ha aggiunto successivamente all’art. 54 d.lgs. 165/2001, l’art. 54 bis,
che recita così:
1.“ Fuori dai casi di responsabilità a
titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi
dell’articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia alla
autorità giudiziaria o alla Corte dei Conti, ovvero riferisce al proprio
superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in
ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o
sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti
sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente
alla denuncia.
2. Nell’ambito del procedimento
disciplinare, l’identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo
consenso, sempre che la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su
accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la
contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l’identità
può essere rilevata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per
la difesa dell’incolpato.
3. L’adozione di misure discriminatorie è
segnalata al Dipartimento della Funzione Pubblica, per i provvedimenti di
competenza dall’interessato e dalle organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative nella amministrazione nella quale le stesse sono state poste in
essere.
4. La denuncia è sottratta all’accesso
previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e
successive modificazioni.”.
La disposizione è strutturata in tre
norme:
- la tutela dell’anonimato;
- il divieto di discriminazione nei confronti del whistleblower;
- la previsione che la denuncia sia sottratta al diritto
di accesso, ad esclusione delle ipotesi descritte nel comma 2 del nuovo
art. 54 bis d.lgs. n. 165 del 2001, ove sussista la necessità
di disvelare l’identità del denunciante (il Legislatore adopera la stessa
terminologia usata nel comma terzo dell’art. 200 c.p.p.,in merito alla
tutela del segreto professionale dei giornalisti professionisti in sede
di esame testimoniale nel procedimento/processo penale).
La ratio della norma è
quella di evitare che il dipendente ometta di effettuare segnalazioni di
illecito per il timore di subire conseguenze pregiudizievoli.
La disposizione tutela, pertanto,
l’anonimato, modulando con gradazioni diverse tale garanzia, a seconda
della tipologia di procedimento che la segnalazione fa sorgere, oltre
alla valutazione sulla portata probatoria della segnalazione, se
sia supportata o meno da altro elemento estrinseco ad essa, di natura
documentale e/o testimoniale.
(trasparenza e pubblicità[20]) Il whistleblower si
inserisce nell’ordito pensato dal Legislatore per aprire un canale di
ascolto virtuoso con il personale pubblico “sano” (che rappresenta la
parte maggioritaria dei dipendenti, nonostante la martellante campagna
mediatica), in attuazione alle raccomandazioni compiute dal Piano Nazionale
Anticorruzione.
Obiettivo strategico del Piano è la
emersione dei fatti di cattiva amministrazione e dei fenomeni corruttivi,
tramite il coinvolgimento dei destinatari della azione
amministrativa in questa opera di disvelamento delle illeceità e di miglioria
delle condotte perseguenti gli interessi generali. Il dialogo con la c.d.
società civile può implementare il rapporto di fiducia fra sfera pubblica e
privata, da cui può derivare l’emersione di fenomeni delittuosi che,
altrimenti, rischierebbero di rimanere sottaciuti. Ruoli chiave possono
essere svolti dagli Uffici di Relazione con il Pubblico (U.R.P, istituiti
in forza dell’art. 11 dell’ abrogato d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, assorbito
nell’art.11, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165), che rappresentano per missione
istituzionale la prima interfaccia con l’”utenza”.
Il contatto fra U.R.P, organo della
singola amministrazione, con l’”esterno”, deve stimolare, nei
portatori di interesse e nei rappresentanti delle categorie professionali
e di consumatori, una volontà propositiva in merito alla azione dell’ente
pubblico, anche al fine di migliorarne la tattica di lotta alle condotte lesive
degli interessi collettivi statuali e pubblici.
In seno a tale diversa concezione del
rapporto fra apparato giuspubblicistico e soggetti privati, la trasparenza deve
dominare come misura di prevenzione della corruzione, in quanto è strumento
di vigilanza e controllo da parte dei privati in ordine allo
svolgimento, corretto e rispettoso dei principi e della legislazione, dei
procedimenti amministrativi e alla adozione, al termine di essi, del
provvedimento finale.
Il controllo e la vigilanza avviene grazie
ad una accessibilità totale alle informazioni concernenti
l’organizzazione della amministrazione e la sua attività
Nel d.lgs 14 marzo 2013, n. 33, è stato
introdotto l’obbligo per ogni Pubblica Amministrazione e per le società da essa
partecipate, controllate o vigilate (alle quali debbono essere parimenti
applicate la legge 190/2012), di dotarsi di un programma triennale per la
trasparenza, al fine di definire i mezzi, i modi e le iniziative, volti
alla attivazione degli obblighi di pubblicazione normativamente previsti.
Tale programma, funzionalmente
correlato al piano di prevenzione della corruzione, è redatto dal
Responsabile della trasparenza che, come precedentemente detto, di norma
coincide nella persona del Responsabile della prevenzione della corruzione.
Egli svolge stabilmente una attività di controllo sugli adempimenti degli
obblighi di pubblicazione, assicurandone la completezza, la chiarezza e
l’aggiornamento delle informazioni pubblicate.
I
documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria
devono essere pubblicati in formato aperto, nonché riutilizzabili senza
ulteriori restrizioni diverse dall’obbligo di citare la fonte e di rispettarne
l’integrità.
Sul sito web istituzionale delle
Amministrazioni è opportuno vi siano riportati anche dati non obbligatori, ma
ritenuti utili per cittadini e associazioni.
Le informazioni pubblicate debbono essere
agevolmente accessibili da chiunque, con una facile comprensibilità del
contenuto dal quisque de populo.
Dati,
documenti e informazioni, pertanto, possiedono i seguenti requisiti:
· completezza e accuratezza, ossia corrispondenti a ciò
che si vuole descrivere, nonché la pubblicazione deve essere esatta e senza
omissioni;
· comprensibilità: ossia la esplicitazione del contenuto
deve essere chiara ed evidente. Occorre evitare la frammentazione della
informazione, ossia l’inserimento delle stesse tipologie di dati in punti
diversi del sito;
· aggiornamento, con la indicazione della data e con la
costante cronologica revisione;
· tempestività, con la loro immissioni in tempo
reale o, comunque, il più rapidamente possibile;
· open data,
ovverosia raggiungibilità diretta dalla home page o dalla
pagina di indicazione dei medesimi.
Vi deve essere un bilanciamento fra il
diritto alla massima trasparenza e quello alla riservatezza dei soggetti a cui
dati, informazioni e documenti si riferiscono, avendo entrambi i diritti pari
dignità costituzionale e lo stesso rango all’interno del diritto europeo.
Precipitato giuridico è il divieto di
pubblicare elementi “idonei a rivelare
l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro
genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od
organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico, o sindacale”
(c.d. sensibili), a cui l’art. 4, comma 1°, lett. d), del codice della privacy
(d.lgs. 30 giugno 2003, n. 193) affianca quelli c.d. supersensibili
relativi a salute e sfera sessuale; nonché il
divieto di trasparenza per notizie di natura giudiziaria (casellario
giudiziale, qualità di imputato o indagato, et similia)[21].
(accesso civico[22]) L’accesso
civico, introdotto dall’art. 5 d.lgs. 33/2013, è lo strumento
complementare all’obbligo appena trattato.
Tale ius novum consente
a chiunque, senza alcuna limitazione in relazione alla legittimazione
soggettiva, gratuitamente e senza alcuna motivazione, di richiedere
documenti, informazioni o dati su cui vige l’obbligo di pubblicazione.
L’amministrazione ha l’obbligo di
provvedere perentoriamente entro trenta giorni dalla richiesta, con le seguenti
modalità:
· pubblicazione sul sito istituzionale del documento,
della informazione o del dato richiesto;
· trasmissione del materiale oggetto della richiesta al
richiedente o comunicazione della avvenuta pubblicazione, unitamente al
relativo collegamento ipertestuale;
· indicazione al richiedente del collegamento
ipertestuale ove reperire il documento, il dato o l’informazione, già
precedentemente pubblicato.
Scaduti i trenta giorni, Il Responsabile
della trasparenza ha l’obbligo di segnalare il responsabile della
inottemperanza (ossia il preposto all’ufficio competente alle pubblicazioni)
alla struttura interna tributaria del potere disciplinare, oltre agli organi di
indirizzo politico per l’attivazione di ulteriori procedure di accertamento di
diverse responsabilità (civile, erariale, contabile, penale, amministrativa).
Unico punto di contatto fra l’accesso
civico ex art. 5 d.lgs. 33/2013 e quello di accesso, ai sensi degli artt.
22 e seguenti legge 241/1990, è il termine di trenta giorni entro il
quale l’Amministrazione deve mettere a disposizione dell’istante il documento[23].
Infatti, mentre il primo istituto non
pone alcuna restrizione nella legittimazione attiva, alcuna specifica
correlazione tra il soggetto richiedente e quanto richiesto, alcun pagamento di
contributi o tasse, alcun limite all’esercizio di tale diritto, alcuna
specifica configurazione del petitum, potendo consistere in un
documento, informazione o dato, il diritto garantito dalla legge 241/1990,
essendo collocato fra i confini della disciplina del procedimento
amministrativo, pone una serie di limiti ai profili sopra evidenziati: ”In
tema di accesso agli atti amministrativi, qualora una Pubblica Amministrazione
detenga un documento amministrativo la cui conoscenza sia in grado di
soddisfare la posizione giuridicamente protetta di un determinato soggetto, nel
senso che esiste un rapporto di strumentalità tra la conoscenza del documento
(mezzo per la difesa degli interessi) ed il fine (effettiva tutela della
situazione giuridicamente rilevante della quale il richiedente è portatore),
allora il soggetto stesso è facoltizzato ad ottenere l’esibizione. Infatti, ai
fini dell’accesso, occorre un rapporto tra il documento ed il richiedente
l’esibizione, tale da differenziare la posizione di questi rispetto a qualunque
altro soggetto, poiché l’accesso non può essere richiesto per ragioni meramente
informative o ispettive[24].”
Effetti
derivati da tale impostazione sono la possibilità di differire
motivatamente e per un lasso di tempo specificamente determinato
l’accesso, di escluderlo in casi tassativamente previsti da norme legislative o
regolamentari, di fissare le regole per addivenire ad esso e, infine, la
configurabilità della categoria di “documento”, molto più ristretta rispetto a
quanto possa essere oggetto dell’accesso civico.
(suggerimenti della Commissione europea)
Per la Commissione europea[25] l’approvazione
da parte del Parlamento italiano della legge anticorruzione 190/2012
segna un importante passo in avanti nel contrasto al fenomeno.
La nuova normativa[26] dà
rilievo a politiche di prevenzione mirate a potenziare la responsabilità (accountability)
dei pubblici ufficiali e della classe politica e a riequilibrare l’onere della
lotta anticorruzione, che attualmente grava quasi esclusivamente sulle forze
dell’ordine e sulla magistratura. Tuttavia, nonostante il profondo impegno
profuso dalla Corte dei conti[27], dagli organi di
contrasto, dalle procure e dai giudici, la corruzione in Italia rimane un
problema serio. La nuova ondata di scandali di corruzione, che hanno coinvolto
una serie di cariche elettive regionali, ha fatto luce sul finanziamento
illecito dei partiti politici e delle campagne elettorali e ha rivelato
infiltrazioni mafiose, anche se sono tuttora rari i casi in cui sanzioni
dissuasive vengono realmente comminate a pubblici ufficiali di alto rango. Il
regime restrittivo della prescrizione continua a ostacolare l’accertamento nel
merito dei casi di corruzione.
La disciplina sul conflitto di interessi e
sui finanziamenti ai partiti politici è, per la Commissione europea,
insoddisfacente sotto alcuni aspetti. Gli appalti pubblici e il settore privato
continuano a essere settori a rischio, malgrado le misure fin qui adottate. In
generale occorrono ulteriori sforzi per garantire un’applicazione e un
monitoraggio efficaci del quadro legislativo anticorruzione, compresi i decreti
legislativi, in modo da garantire un impatto sostenibile sul campo.
La Commissione, pertanto, suggerisce di
dare maggiore attenzione ai seguenti aspetti:
- rafforzare il regime di integrità per le cariche
elettive e di governo nazionali, regionali e locali, anche con codici di
comportamento completi, strumenti adeguati di rendicontazione e sanzioni
dissuasive in caso di violazione;
- vagliare l’opportunità di spronare i partiti politici
ad adottare codici di comportamento e di promuovere patti deontologici tra
partiti e gruppi politici;
- rafforzare il quadro giuridico e attuativo sul
finanziamento ai partiti politici, soprattutto per quanto riguarda le
donazioni, il consolidamento dei conti, il coordinamento e adeguati poteri di
controllo sul finanziamento dei partiti e l’applicazione di sanzioni
dissuasive;
- colmare le lacune della disciplina della prescrizione,
come richiesto dalle
raccomandazioni rivolte all’Italia a
luglio 2013 nel quadro del semestre europeo, vagliando la modifica della
normativa sulla decorrenza dei termini di prescrizione (anche escludendo le
istanze d’appello dai termini di prescrizione) e l’adozione di norme più
flessibili sulla sospensione e sull’interruzione;
- valutare il rischio di prescrizione per i procedimenti
in corso per reati di corruzione e dare priorità ai procedimenti che presentano
tale rischio;
- estendere i poteri e sviluppare la capacità
dell’autorità nazionale anticorruzione CIVIT in modo che possa reggere
saldamente le redini del coordinamento e svolgere funzioni ispettive e di
supervisione efficaci, anche in ambito regionale e locale;
- garantire un quadro uniforme per i controlli interni e
affidare la revisione contabile della spesa pubblica a controllori esterni
indipendenti a livello regionale e locale, soprattutto in materia di appalti
pubblici;
- garantire un sistema uniforme, indipendente e
sistematico di verifica del
conflitto di interessi e delle
dichiarazioni patrimoniali dei pubblici ufficiali, con relative sanzioni
deterrenti[28];
- rendere più trasparenti gli appalti pubblici, prima e
dopo l’aggiudicazione, come richiesto dalle raccomandazioni rivolte all’Italia
a luglio 2013 nel quadro del semestre europeo. Questo obiettivo potrebbe essere
raggiunto ponendo l’obbligo per tutte le strutture amministrative di pubblicare online i
conti e i bilanci annuali, insieme alla ripartizione dei costi per i contratti
pubblici di opere, forniture e servizi, in linea con la normativa
anticorruzione[29];
- considerare di conferire alla Corte dei Conti il
potere di effettuare controlli
senza preavviso;
- garantire il pieno recepimento ed attuazione della
decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio relativa alla lotta contro la
corruzione nel settore privato;
- vagliare la messa a punto di dispositivi preventivi e
di monitoraggio della
corruzione per le imprese che operano in
settori, come la difesa e l’energia, in cui casi di corruzione transnazionale
su larga scala hanno evidenziato l’esposizione al fenomeno.
(conclusioni) Alla domanda posta
dal titolo del presente scritto non può essere fornita, almeno per ora, una
adeguata e seria risposta. Le singole amministrazioni statali, le regioni, gli
enti locali e le università, stanno approvando i Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione e
provvedendo ad attivare le procedure sul solco stagliato dalla esaminata
normazione. Unicamente a seguito della conclusione di questi processi, si
potrà comprendere al meglio se l’ordinamento italiano abbia intrapreso la
strada giusta verso una effettivo cambio di marcia di tipo etico, oltre per il
raggiungimento di un apparato pubblico maggiormente efficientista nelle sue più
disparate articolazioni[30].
Fabrizio Giulimondi
[1] Commissione europea, Relazione presentata al
Parlamento europeo il 6 giugno 2011 in G.U. Unione Europea C 190/2 del 30
giugno 2011; Rapporto dell’Economic Index Forum per il 2011 in Osservatorio
sulla legalità – La legalità ambigua, a cura di G.Acocella, G.Giappichelli
editore; Corte dei Conti – Relazione inaugurale anno giudiziario 2012 in
www.cortedeiconti.it.
[2] La Commissione europea, nella relazione citata
nella nota precedente, stima che la corruzione costi alla economia della U.E.
120 miliardi di euro l’anno, ovvero l’1% del P.I.L. della U.E. e poco meno del
bilancio annuale della Unione Europea.
[3] G.U., serie generale, n. 265 del 13 novembre
2012.
[4] Convenzione civile sulla corruzione del 4
novembre 1999, recepita con legge 28 giugno 2012, n. 112; Convenzione penale
sulla corruzione del 27 gennaio 1999, recepita con legge 28 giugno 2012, n.
110.
[5] Eccettuata la presente normativa, le convenzioni
europee, finora, non sono state ratificate dall’Italia e non si è ancora
intervenuti sui punti nevralgici del sistema, così come testualmente
prescrivono le norme internazionali in tema di trasparenza della
contabilità e dei flussi finanziari.
[6] Marina Castellaneta, “Protezione e premi per
chi segnala i fatti illeciti: disposizioni operative già dal 28 novembre 2012”,
in Guida al Diritto, n. 47 del 24 novembre 2012.
[7] Gaetano De Amicis, “Cooperazione giudiziaria
e corruzione internazionale, Verso un sistema integrato di forme e strumenti di
collaborazione tra le autorità giudiziarie”, in Quaderni di diritto penale
comparato, internazionale ed europeo, Giuffrè editore.
[9] Art. 19 (Soppressione dell’Autorità
per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e
definizione delle funzioni dell’Autorità nazionale anticorruzione) del
decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (in Gazzetta Ufficiale - serie generale -
n. 144 del 24 giugno 2014), convertito in legge 11 agosto 2014, n. 114,
recante: “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa
e per l'efficienza degli uffici giudiziari.” (in Gazzetta Ufficiale Serie
Generale n.190 del 18-8-2014 - Suppl. Ordinario n. 70): "Le attribuzioni della
Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture
(A.V.C.P.) sono conferite alla Autorità
Nazionale Anti Corruzione e per la valutazione e la trasparenza.".
[10] http://www.unodc.org.
[11] Comitato di studio sulla prevenzione della
corruzione, rapporto al Presidente della Camera dei Deputati, 23 ottobre 1996,
in www.diritto.it.
[12] G.U., serie generale, n. 80 del 5 aprile 2013.
[13] Piano di grande importanza, visto che lo Stato
perde tra costi della corruzione e l’evasione fiscale una ingente quantità di
denaro: circa 60 miliardi di euro secondo i calcoli compiuti dal SAeT del
Dipartimento della Funzione Pubblica (relazione 2008 Trasparency; relazione al
Parlamento n. XXVII n. 6 in data 2 marzo 2009 del Ministro della Pubblica
Amministrazione).
[14] Secondo il rapporto dell’Economic Index Forum
per il 2011, la corruzione e la criminalità organizzata, proprio nel settore
degli appalti di lavori, forniture e servizi pubblici, costituiscono i maggiori
freni per chi vuole investire in Italia e in particolare nel Meridione.
[15] Claudio Marchetta, “La legislazione italiana
sul conflitto di interessi”, 2013, Giuffrè.
[16] Cosmai, Paola, “La nuova disciplina
delle incompatibilità dopo la legge anticorruzione.”, 2013, Azienditalia;
Lealini Valentina, “La legge anticorruzione e l’inasprimento del regime
delle incompatibilità per l'esercizio di attività extraufficio.”,
2013, Informator.
[17] G.U., Serie Generale, n. 92 del 19 aprile 2013.
[18] Sulla stessa linea di pensiero Giuseppe Caruso,
“Un vademecum con doveri e divieti per i dipendenti”, in Guida al
Diritto,cit..; Rocco Galli, “Corso di diritto amministrativo”,
CEDAM; Mordenti, Marco, Pasquale Monea, “Inconferibilità e incompatibilità
di incarichi presso le PA.” Guida al pubblico impiego 10(7/8), 2013.
[19] Bernardo Giorgi, “Il nuovo codice di
comportamento dei dipendenti pubblici.”, in Giornale di diritto
amministrativo 10/2013; Renato Ruffini,. “L’evoluzione del sistema dei
controlli interni negli enti locali alla luce della legge n. 190/2012 in tema
di corruzione”, Azienditalia, 2013.
[20]Francesco Tentoni, “Trasparenza ‘riservata.”,
Azienditalia, Il personale 2013-10(5); Vincenzo Testa, “Nasce
dalle ceneri dell’art. 11 della ‘150’ il nuovo Codice della
trasparenza.”, in Guida al pubblico impiego 2013-10(3); Sarah Ungaro,
, “Digitalizzazione e trasparenza: il difficile cammino verso
un’amministrazione apert.” Guida al pubblico impiego 2013-10(4); Stefano
Usai, “Obblighi di pubblicità/trasparenza nel nuovo d.lgs. 33/2013 e la
previsione dell’indennizzo da ritardato procedimento nel ‘decreto del fare’
69/2013.”, Comuni d’Italia 2013-50(4).
[21] Riccardo Acciai, “Privacy e banche dati
pubbliche. Il trattamento dei dati personali nelle pubbliche amministrazioni”,
Cedam, 2013.
[22] Marco Magri “Diritto alla trasparenza e
tutela giurisdizionale” in Istituzioni del Federalismo 2/2013.
[23] Pietro Burla, Giorgio Fraccastoro, “Il
diritto di accesso ai documenti della Pubblica Amministrazione”, prefazione
di Vincenzo Cerulli Irelli, Laurus Robuffo.
[24] T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 29 dicembre 2008,
n. 3007.
[25] Relazione della Commissione al Consiglio e al
Parlamento europeo – Relazione della Unione sulla lotta alla corruzione, 3
febbraio 2014, COM(2014) 38 final, Annex 12.
[26] La crisi economica rende le misure
anticorruzione particolarmente urgenti, considerati i danni che tale condotta
delittuosa arreca alla società italiana ed europea in termini economici,
sociali e politici, a causa della diminuzione dei livelli di investimento,
dell’ostacolo al corretto funzionamento del mercato interno e la negativa
incisione sulla finanza pubblica.
[27] Per la magistratura contabile quella contro la
corruzione, latamente intesa, rappresenta davvero una battaglia impari: basti
pensare che a fronte del costo plurimiliardario del fenomeno in parola, la
corte dei Conti nel 2011 è riuscita ad infliggere condanne in primo grado per
soli 75.254.141,70 euro, mentre in seconde cure sono state definitivamente confermate
condanne per l’importo di euro 15.050.803,58, in relazione ai giudizi trattati
negli anni precedenti (Corte dei Conti -relazione inaugurale anno giudiziario
2012).
[28] M.Ceratti, “L’evoluzione della dirigenza
pubblica, attraverso il decreto Brunetta (d.lgs. 150/2009) e la legge
anticorruzione (l. 190/2012) in Il Mondo Giudiziario n. 2 del 13
gennaio 2014.
[29] “L’elevato tasso di complicazioni
amministrative del sistema italiano non solo ostacola la libertà di impresa, ma
alimenta esso stesso la corruzione, utilizzata dalle imprese e dai cittadini
come strumento di semplificazione o aggiramento dei vincoli burocratici.”.(
Corte dei Conti – Relazione inaugurazione anno giudiziario 2012).
[30] La “Relazione anticorruzione della UE”,
istituita dalla Commissione U.E. nel documento di cui alla nota 1), avente lo
scopo di monitorare e valutare gli interventi messi in atto dagli Stati membri in
subiecta materia, sarà il banco di prova per L’Italia – e non solo – per
comprendere al meglio se le azioni legislative, regolamentarli e di
altra natura siano state corrette ed efficaci per l’effettivo ridimensionamento
del fenomeno.
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