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LA
VIOLENZA INTRA-FAMILIARE
Il
tema della violenza intra-familiare vede
il coinvolgimento di varie categorie
professionali, tra cui magistrati, avvocati, psicologi, psichiatri,
assistenti sociali e appartenenti alle Forze di Polizia, specie nelle fasi
immediatamente successive all'evento traumatico e di ascolto della vittima e
dell'autore di reato. In questo senso è
necessario creare una rete di conoscenza ed interventi che veda la sinergia
tra gli operatori nell'approccio di questo fenomeno, sia per quanto riguarda la
prevenzione che l'aspetto della cura e
trattamento.
Il rapporto ISTAT del 2015 sul fenomeno della violenza
contro le donne ci fornisce alcuni importanti risultati:
- Il
31,5 % delle donne è stata vittima
di violenza sessuale o fisica;
- In
Italia ben 6 milioni 788 mila donne hanno subito
almeno un caso di violenza;
- La
violenza contro le donne si scatena quasi sempre dentro le mura domestiche.
L'autore è:
- nel
5.2 % dei casi il partner attuale
(marito – convivente);
- nel
18,9 % l'ex.
L'autore della violenza è un
uomo:
- nel 61
% dei casi tra i 35 e i 54 anni;
- Un
impiegato nel 21 % dei casi;
- Una
persona istruita (il 46 % ha la licenza media superiore; il 19 % la laurea);
- Non
fa uso in genere di droghe e/o alcol.
La vittima di violenza è per la maggior
parte dei casi:
- una
donna di età compresa tra i 35 e i 54 anni;
- ha
un titolo di studio piuttosto elevato (licenza media superiore nel 53 % e la laurea
nel 22 %).
Possiamo affermare che la violenza intra-familiare
è quasi sempre violenza di genere, che si espande alla “violenza assistita”,
ossia alla visione da parte del minore presente di violenze fisiche e
psicologiche fra il padre e la madre, violenze
che, talvolta, lo coinvolgono direttamente nel fare da scudo al genitore
maltrattato.
·
DEFINIZIONE
DI VIOLENZA
Le forme specifiche di violenza contro le
donne sono:
-
Maltrattamento fisico;
-
Maltrattamento psicologico;
-
Maltrattamento economico;
-
Violenza sessuale;
-
Violenza psicologica;
- Stalking.
·
IL
MALTRATTAMENTO FISICO
Si intende una serie di atti posti in
essere, o anche solo intimati, lesivi dell'integrità fisica della donna. Per
esempio:
-
essere spinto;
-
essere strattonato;
-
essere afferrato;
-
essere colpito con un oggetto;
-
essere schiaffeggiato;
-
essere soffocato;
-
essere ustionato;
-
essere minacciato con armi;
-
rompere oggetti al fine di minacciare.
Nella vittima tali comportamenti subiti
possono indurre l'insorgenza di disturbi somatici, del sonno e a vari altri
traumi.
·
MALTRATTAMENTO
PSICOLOGICO
Si
intende qualsiasi comportamento che lede
la dignità della persona; una serie di strategie adottate al fine di esercitare
il proprio controllo e potere. Per esempio:
-
Convincere la vittima di essere priva di valore e capacità;
-
Renderla insicura, fragile;
-
Renderla bisognosa di una guida per qualsiasi cosa.
MALTRATTAMENTO ECONOMICO
Si intende qualsiasi comportamento avente
come obiettivo il controllo e la limitazione dell'indipendenza economica della
donna. Per esempio:
-
Impedirle di conoscere il reddito familiare;
-
Sminuire il suo lavoro o addirittura portarla al licenziamento;
- Non
pagare l'assegno familiare in caso di separazione.
L'uomo maltrattante esercita il suo potere
creando così una dipendenza affinché la vittima non lo abbandoni e possa, di
conseguenza, riconoscerlo come unica fonte di sostegno economico.
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VIOLENZA
SESSUALE
Si intende qualsiasi comportamento
sessuale cui deve sottomettersi la vittima contro la propria volontà. Per
esempio:
-
Costringere a rapporti sessuali;
-
Stupro;
-
Tentato stupro;
-
Molestare sessualmente;
-
Rapporti sessuali con terzi;
-
Attività sessuali non desiderati e/o umilianti.
Tale violenza provoca nella vittima ansia
e depressione e gravi danni alla personalità.
·
STALKING
Si intende una serie di comportamenti
vessatori protratti nel tempo, aventi come obiettivo il controllo della vittima
determinando in essa un costante stato di tensione e di riduzione dell'autostima. Per
esempio:
-
Pedinamenti;
-
Telefonate continue;
-
Incursioni sul posto di lavoro o in luoghi abitualmente frequentati dalla
vittima;
-
Persecuzioni, minacce, anche di morte.
·
CICLO
DELLA VIOLENZA
Possiamo affermare che la violenza intra-familiare
si sviluppa in modo graduale secondo un ciclo che vede, inizialmente,
l'esercizio da parte dell’autore di violenza psicologica al fine di rendere
insicura la vittima e, solo in un secondo momento, il passaggio all'atto fisico
violento vero e proprio, quando si è oramai certi di poter infierire sulla
vittima senza che essa possa difendersi.
A
questa fase fa seguito un periodo di
scuse e pentimento (c.d. “luna di miele”): la vittima sente che il proprio “partner” si è riavvicinato
emotivamente, che è innamorato di lei e che la riconciliazione è più forte di
qualsiasi violenza subìta.
La vittima nega a se stessa i maltrattamenti
subìti, attribuendo a quei comportamenti una fittizia connotazione amorosa, che la porta a riavvicinarsi, purtroppo in
maniera illusoria, al “partner-carnefice”.
Nel corso del tempo la violenza riprende: il violento minimizza l'azione, tende a
colpevolizzare la vittima attribuendole la responsabilità dell'azione violenta,
facendola sentire sempre più colpevole ed incapace di reagire. Avviene, in tale
stregua, un'inversione dei ruoli e di responsabilità: la vittima non si percepisce più come tale ma come colei che ha cagionato
la violenza stessa. Da qui la resistenza a denunciare e a chiedere aiuto, anche
psicologico.
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LA
PERSONALITA' DELL'AGGRESSORE
L'uomo violento non ha un identikit ben
definito ed univoco. Può appartenere a qualsiasi condizione sociale, economica,
culturale, può avere qualsiasi età, etnia e condizione psicopatologica.
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PERCHE'
LA DONNA NON REAGISCE
Spesso la vittima non riesce a chiedere
aiuto, a denunciare e a reagire alla violenza subìta per molteplici cause:
-
Paura delle reazioni del partner;
-
Paura di non essere creduta e/o sostenuta;
-
Mancanza di risorse materiali;
-
Senso di isolamento sociale e familiare;
-
Colpevolizzazione da parte della famiglia, istituzioni, conoscenti;
-
Sfiducia nella esistenza di un'alternativa;
-
Tenere unita la famiglia;
-
Minimizzare gli eventi.
Fermare il maltrattamento e la violenza di
genere è molto difficile. Alcune donne riescono ad intraprendere un
percorso che le porta alla separazione e pertanto alla denuncia, altre arrivano
a separarsi dopo essere sfuggite ad un
attacco violento del partner, altre non riescono a svincolarsi continuando a
subire il ciclo della violenza di cui sopra.
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LA
VIOLENZA ASSISTITA
La
violenza intra-familiare spesso vede coinvolti i figli minori che si trovano ad
assistere alle scene di violenza ed a fare da scudo per difendere il genitore
maltrattato.
Per violenza assistita si intende, infatti,
qualsiasi atto di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica
compiuta su altre figure di riferimento ai danni dei minori; di tale violenza
il bambino vive l'esperienza direttamente e indirettamente, quando è a
conoscenza della violenza percependone gli effetti; di tale
violenza il bambino fa esperienza diretta percependone gli effetti nel vederla,
nel sentire i rumori delle percosse e degli oggetti lanciati che si infrangono,
le grida, gli insulti e le minacce; anche il constatare le conseguenze visibile
della violenza (per esempio, vedere gli oggetti
distrutti), provoca uno stato d’animo di
dolore e paura, disperazione,
angoscia e stato di perenne terrore.
Le conseguenze della violenza assistita prodotte
sul minore sono:
-
L'abitudine di vivere in un contesto violento, tendendo a porre in essere a
proprio volta comportamenti altrettanto violenti;
-
Percezione errata che i comportamenti violenti siano “normali”;
-
Tendenza a interiorizzare i modelli genitoriali e a identificarsi col genitore
maltrattante;
-
Tendenza a difendere il genitore maltrattante;
-
“Imparare” che la donna è vittima e che l'uomo è legittimato all'uso della
forza.
Gli
effetti della violenza assistita a lungo termine sono:
-
Depressione;
-
Ansia;
-
Bassa autostima;
-
Dipendenze e abuso di sostanze alcoliche, psicotrope e stupefacenti;
-
Distacco emotivo;
-
Aggressività;
-
Passività;
-
Difficoltà di autoprotezione con tendenza a vittimizzati.
Sempre nel
Rapporto ISTAT 2015 v’è un focus in
merito all’eventuale presenza dei figli in occasione di episodi di violenza
subiti dalla madre: i figli che
assistono alla violenza in casa hanno una probabilità maggiore di essere a loro
colta autori di violenza. Per questo
motivo è molto preoccupante l’aumento del numero di violenze domestiche a cui i
figli sono esposti: la quota è salita al 65,2% rispetto al 60,3% del 2006.
·
·
ASPETTI
GIURIDICI
Il 19
giugno 2013 è stata ratificata in Italia la “Convenzione del Consiglio d’Europa
sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la
violenza domestica” (c.d. “Convenzione di Istanbul), che
prevede che siano garantiti protezione e supporto ai bambini “testimoni di
violenza domestica”, propone l’introduzione di circostanze aggravanti nel
caso in cui il reato sia stato commesso su un bambino o in presenza di un
bambino e il ricorso, se necessario, a misure di protezione specifiche, che
prendano in considerazione il superiore interesse dei bambini e degli
adolescenti coinvolti in episodi di violenza domestica.
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Nell’ordinamento
giuridico italiano al fenomeno della violenza assistita non corrisponde una
fattispecie specifica ed autonoma di reato, nella quale venga
identificato il minore quale persona offesa per i reati che si compiono in sua
presenza verso altri componenti del nucleo familiare. Tale vuoto normativo
viene colmato riconducendo i singoli comportamenti nei quali si concretizza la
violenza assistita alle fattispecie di reato esistenti, qualora ne ricorrano i
presupposti. Il riferimento è in particolare al reato di maltrattamenti in famiglia, previsto dal codice penale
dell’articolo 572.
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L’art.
572 c.p. disciplina il reato di “Maltrattamenti contro familiari e conviventi” e
prevede che: “Chiunque maltratta una persona della famiglia o comunque
convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per
ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per
l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da due
a sei anni . Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la
reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la
reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da
dodici a ventiquattro anni”.
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Giurisprudenza:
recentissima sentenza della Corte di Cassazione n. 4332 del 29 gennaio 2015
Nella motivazione della sentenza si richiama l’orientamento per il quale
integrano il delitto di cui all'art.
572 c.p. non solo fatti commissivi, sistematicamente lesivi della personalità
della persona offesa, ma anche quelle condotte omissive connotate da una deliberata indifferenza e trascuratezza verso gli elementari
bisogni affettivi ed esistenziali della "persona debole" da tutelare.
Da ciò ne discende che nel raggio di
offensività del delitto di maltrattamenti possano ben essere attratte le
posizioni passive dei figli minori che diventino “sistematici spettatori obbligati” delle manifestazioni di violenza, anche psicologica, di un coniuge
nei confronti dell'altro coniuge. Le ripercussioni sui minori devono
essere il frutto “di una deliberata e
consapevole insofferenza e trascuratezza verso gli elementari ed insopprimibili
bisogni affettivi ed esistenziali dei figli stessi, nonché realizzati in
violazione dell'art.
147 c.c., in punto di educazione e istruzione al rispetto delle regole minimali del
vivere civile, cui non si sottrae la comunità familiare regolata dall'art. 30
della Carta costituzionale”.
In buona sostanza, secondo la Suprema
Corte, affinché sia integrata la
fattispecie di violenza assistita dei minori da sussumersi nel reato di cui
all’art. 572 c.p. sono necessari:
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la reiterazione e la persistenza nel tempo degli episodi;
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la sussistenza dell’elemento soggettivo da parte dell’agente come sopra
descritto.
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Un altro fronte sul quale si sta rafforzando la
rete di protezione a favore delle
vittime di violenza domestica è offerto dalla proposta di legge, recentemente approvata dall’Aula della Camera dei deputati (e che adesso passa al
Senato), che amplia le tutele a favore
dei figli minorenni, infra-ventiseienni o non autosufficienti della vittima di
uxoricidio (c.d. “doppiamente orfani”) con l’accesso al gratuito patrocinio
a prescindere dai limiti di reddito e il riconoscimento di una provvisionale
obbligatoria sui danni.
·
CONCLUSIONI
E’ necessario diffondere una “cultura
della separazione” come atto di prevenzione e cura della violenza intra-familiare,
oltre
che intervenire con il maltrattante, con la vittima e i figli minori che
assistono alla violenza e al conflitto. E' fondamentale interrompere il ciclo
della violenza e la trasmissione di modelli comportamentali aggressivi alle
generazioni successive.
Fabrizio Giulimondi