A partire dagli anni ’40 è
iniziato il DECENTRAMENTO delle funzioni amministrative agli enti locali
autonomi, ma è stato un percorso molto lungo a causa del centralismo statale
molto forte. Tale percorso è terminato con la riforma del titolo V della
Costituzione (l.3/2001), che ha profondamente rinnovato i rapporti tra Stato,
Regioni ed enti localiàpone
al centro la Regione e, dal punto di vista amministrativo, il Comune; allo
Stato vengono attribuite delle competenze legislative in determinate materie di
legislazione esclusiva (indicate nel comma 2, art.117 Costituzione; ad esempio
tutela dei beni culturali, giustizia, sicurezza, ordine pubblico,
immigrazione). Ci sono poi materie di legislazione concorrente.
·
à alle regioni spettano tutte le competenze
legislative nelle materie non specificatamente attribuite allo stato, per porre
la gestione delle funzioni amministrative al livello più vicino al cittadino
·
L’istituzione delle regioni a statuto speciale
(Friuli Venezia Giulia; Sardegna; Sicilia; Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta)
è avvenuta subito dopo la fine della dittatura fascista e con l'avvento della
democrazia repubblica e della Costituzione.
·
L’istituzione delle Regioni a statuto ordinario
è avvenuta solo a partire dalla fine degli anni ’70 (legge delega del 1970 e
decreti legislativi del 1972; leggi delega del 1975 e decreti legislativi del
1977).
·
La Repubblica è articolata in 20 Regioni, 15
Regioni a Statuto ordinario, 5 Regioni a Statuto speciale (Condizioni e forme
di maggiore autonomia in ragione delle loro specificità geografica, etnica e
linguistica).
Gli enti del Governo
Territoriale (art 114 Cost dopo la riforma del 2001 - legge cost. 2001 n. 3 - ha parificato,
mettendoli sullo stesso piano, Stato, Regione, Province, Città metropolitane e
Comuni, considerando questi ultimi gli enti locali "sussidiari" per
eccellenza.
1.
Regioni
2.
Province
3.
Comuni
4.
Città metropolitane
v L’art. 117 Cost. definisce qual è la
potestà legislativa dello Stato e delle Regioni ( a cui si aggiunge la potestà legislativa delle Province autonome di Trento e Bolzano in attuazione dello Statuto della Regione speciale del Trentino-Alto Adige).
v
Art. 118 Cost. -
PRINCIPIO di SUSSIDIARIETÀ: Vuole avvicinare
il potere amministrativo ai territori interessati direttamente alle decisioni,
affidando i compiti di gestione amministrativa alla struttura più vicina ai cittadini.
Art.
118 Cost. ≪Le funzioni amministrative sono attribuite
ai Comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano
conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi
di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza≫ → il Comune è un ente a
potestà amministrativa generale salvo per funzioni che richiedono un esercizio
unitario a livello sovracomunale.
v FUNZIONI enti territoriali:
-
funzioni
proprie di pertinenza dell’ente sono riconosciute dalla legge come
funzioni di esclusiva pertinenza dell’ente locale;
-
funzioni
fondamentali sono determinate dalla legge statale e
dall’art. 117 comma II della Costituzione
v RAPPORTI TRA
STATO, REGIONI E AUTONOMIE LOCALI:
1.
Principio di leale
cooperazione: da attuarsi mediante accordi e intese
2.
Organi di raccordo
(strumenti di coordinamento).
a)
Rappresentante dello
stato per i rapporti con il sistema delle autonomie
b)
Conferenza
permanente per rapporto tra stato -regioni - province autonome
c)
Conferenze
stato-città-autonomie locali
Le conferenze si occupano di programmazione e
progettazione delle grandi reti di infrastrutture e federalismo demaniale.
v POTERI
SOSTITUTIVI IN CASO DI INERZIA DELLE REGIONI, PROVINCE, COMUNI
Il Governo conserva il potere sostitutivo in caso
di inadempimento o inerzia degli enti minori (es. mancato rispetto di norme
internazionali o comunitarie, pericolo per la sicurezza pubblica). I poteri
sostitutivi devono essere esercitati nel rispetto del principio di
sussidiarietà e del principio di leale
cooperazione. All’ente interessato viene assegnato
un congruo termine per adottare i provvedimenti
dovuti o necessari, decorso il quale il Governo
stesso adotta tali provvedimenti necessari o nomina un apposito commissario.
v POTERE DI
CONTROLLO GOVERNATIVO SUGLI ATTI DEGLI ENTI LOCALI
1. A
seguito della decisione della Corte cost. n. 229/1989, che ha dichiarato
incostituzionale l’art. 2, l. n. 400/1988 il potere di annullamento governativo
non è più esercitabile nei confronti degli atti amministrativi regionali
2. Si
considera venuto meno, a seguito dell’abrogazione dell’art. 125 Cost., il
potere di controllo preventivo di legittimità sugli atti amministrativi di
Regioni ed enti locali.
3. Art.
126 in capo allo Stato controllo sugli organi regionali
4. Lo
Stato ha anche potere di indirizzo governativo
CARATTERI GENERALI DEGLI ENTI TERRITORIALI
1)
Territorialità: La territorialità è l’elemento costitutivo più
significativo → l’ente infatti rappresenta la comunità stanziata sul proprio
territorio = è dunque un ente esponenziale.
Esso si determina in base a
criteri stabiliti dalla legge e può
essere modificato secondo procedimenti molto complessi previsti dalla
costituzione all’art 132(modifiche territoriali delle regioni):
Per creare una nuova regione
con un minimo di 1 mln di abitanti o per disporre la fusione di più regionià legge costituzionale su
proposta di tanti consigli comunali che rappresentino 1/3 delle popolazioni
interessate, approvata con referendum delle popolazioni stesse, previo parere
dei consigli regionali – art 132 comma 1 cost
2)
Politicità: gli
enti del Governo Territoriale sono enti politicià gli organi di governo dell’ente sono
espressione della comunità attraverso la designazione dei titolari di essi,
prescelti direttamente o indirettamente dalla comunità.
L’azione di governo svolta
dagli enti nei confronti della propria comunità è determinata da programmi di
azione presentati alla comunità in occasione delle consultazioni elettorali, e
da questa approvati con il voto.
3)
Autonomia:
1.
Autonomia
normativa:
a. Legislativa
→ potere di emanare norme;
b. Statutaria
→ potere di darsi statuti
2.
Autonomia
politica
3.
Autonomia
amministrativa
4.
Autonomia
Finanziaria: l’organizzazione di questi enti e la loro
azione di governo è finanziata, per regola, con mezzi propri, ricavati dalla
stessa comunità amministrata e della cui spendita a essa gli organi di governo
devono rispondere. Essa è disciplinata dalla legislazione sul cosiddetto
federalismo fiscale e relativi decreti legislativi.
àFINANZA DERIVATA: fino
agli anni ‘90 le regioni hanno goduto di mezzi finanziari individuati e
quantificati dallo Stato e di risorse trasferite.
L’art.
119 della Cost. ridisegna l’autonomia finanziaria di Regioni ed enti locali
prevedendo una capacità impositiva autonoma.
Se
aumentano i compiti delle Regioni e degli enti locali, e contestualmente si
riducono i trasferimenti dello Stato, risulta necessario per questi enti
applicare una propria tassazione per poter svolgere i compiti a loro affidati
(c. d. federalismo fiscale).
àArt. 119
Costituzione è una novità introdotta dalla Riforma del titolo V del 2001: Le
Regioni hanno autonomia di entrata e di spesa nei limiti e nel rispetto dei
rispettivi bilanci
‐
la
regione può imporre dei propri tributi e delle tasse proprie, nel
rispetto della Costituzione e dei principi di coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario (=quest’ultima è materia rimessa alla legislazione concorrente).
‐
Sono
previsti anche dei «fondi perequativi» per aiutare i territori più
disagiati, promuovendo lo sviluppo e l’equilibrio economico e socialeàprincipio
di armonizzazione dei bilanci pubblici
àLegge delega 42/2009
esercitata con d.lgs 168/2011:
«FEDERALISMO
FISCALE» riforma sull’autonomia tributariaà è stato promosso/incentivato
soprattutto da alcuni interventi degli anni 2000, che hanno previsto:
‐
Possibilità delle Regioni di imporre tributi e
tasse proprie (=sistema di autogestione delle finanze per le Regioni)
‐
Compartecipazione al gettito di tributi
erariali statali (es. IVA, BENZINA) che vanno a coprire un po’ la riduzione o
soppressione totale dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni (le regioni
recuperano queste risorse che non ricevono più dallo Stato tramite appunto
l’imposizione di propri tributi o tasse).
àAltro PRINCIPIO (imposto
da l. 49/2011) che ha imposto a tutte le amministrazioni regionali una «relazione
di fine legislatura», che favorisce un controllo di legalità e
regolarità contabile sull’andamento della gestione finanziaria delle Regioni e
degli altri enti locali da parte dello Stato (Corte dei Conti). In
concreto, in questo caso, il Presidente o il responsabile del servizio
finanziario della Regione ha l’obbligo di redigere alla fine del mandato una
relazione di fine legislatura che deve comprendere una descrizione di tutte
le attività normative ed amministrative che sono state compiute durante la
legislatura (con riferimento particolare agli esiti dei controlli esercitati
dalla Corte dei Conti). Se la relazione non viene redatta ci possono essere
gravi conseguenze di ordine pecuniario (vengono ridotti della metà gli
emolumenti spettanti al responsabile del servizio finanziario, oppure
l’indennità di mandato spettante al Presidente viene ridotta fino alla metà per
le successive 3 mensilità).
La Costituzione, sin dalla sua
entrata in vigore, ha riconosciuto un ruolo di primo piano alle regioni
e agli enti locali, quali fondamentali elementi dell’organizzazione dello Stato.
L’articolo 5 della Costituzione “promuove le autonomie locali e
attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento
amministrativo”.
La riforma del 2001 ha valorizzato molto l’autonomia delle
Regioni e degli enti locali, garantendo a Province, Città metropolitane e
Comuni:
· autonomia
normativa: facoltà di adottare propri regolamenti e Statuti;
· autonomia
amministrativa: possibilità di emanare atti amministrativi aventi il
medesimo valore degli atti amministrativi dello Stato;
· autonomia
finanziaria: facoltà di stabilire ed applicare tributi ed entrate
propri per il finanziamento delle loro attività.
Vale la pena sottolineare, prima di affrontare ciascun ente
locale, che la materia “legislazione elettorale, organi di governo e
funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane” rientra nella
competenza esclusiva dello Stato (art. 117 secondo comma lett. p)
Cost.).
·
I Comuni
Il Comune viene definito dal Testo Unico degli enti locali (TUEL, decreto
legislativo n.267/2000) come: “è un ente locale che rappresenta la propria
comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo.”
Organi istituzionali del Comune.
1. il Consiglio
comunale;
2. la Giunta comunale;
3. il Sindaco.
Il Consiglio comunale è l’organo normativo del Comune.
La Giunta è, invece, l’organo esecutivo.
Questa è formata dal Sindaco – che ne nomina e ne revoca i
componenti – e assoggettata al controllo politico del Consiglio,
che può approvare nei suoi confronti una mozione di sfiducia, all’esito della
quale il Sindaco è tenuto a dimettersi.
Il Sindaco, oltre ad essere l’organo di rappresentanza del Comune,
è anche ufficiale del Governo, esercitando all’interno del Comune alcune
funzioni proprie dello Stato quali:
· anagrafe;
· stato
civile;
· servizi
elettorali;
· vigilanza
su sicurezza ed ordine pubblico;
· servizi
di statistica.
Il Sindaco ha anche il potere di emanare
ordinanze, sia come organo locale (ad esempio, in caso di emergenze
sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale), sia come
ufficiale del Governo (per eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità
dei cittadini).
Come avvengono le elezioni del Consiglio comunale e del Sindaco?
Il Consiglio comunale e il Sindaco sono eletti dal corpo
elettorale attraverso un sistema maggioritario che si distingue tra Comuni con meno di 15.000 abitanti e
con Comuni con più di 15.000 abitanti.
Comuni con meno di 15.000 abitanti: le elezioni sono a turno unico. Ogni candidato alla carica di
Sindaco deve essere collegato ad una lista di candidati per il Consiglio
comunale. L’elettore esprime un voto congiunto (Sindaco e lista collegata),
potendo esprime una o due preferenze per i candidati presentati dalla lista
prescelta. È eletto Sindaco il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti
(maggioranza relativa). La lista collegata al Sindaco ottiene i 2/3 dei seggi
del Consiglio, il resto dei seggi è diviso proporzionalmente tra le altre
liste.
Comuni con più di 15.000 abitanti: il sistema maggioritario è a doppio turno (il secondo è solo
eventuale ovviamente). Il candidato a Sindaco può essere collegato a più liste
di candidati a consigliere comunale. L’elettore può esprimere due preferenze,
una per il Sindaco e una per la lista (con la possibilità di esprimere anche
una o due preferenze sui candidati alla carica di consigliere), potendo
esprimere anche un voto disgiunto (voto ad un candidato Sindaco e voto ad una
lista a questo non collegata). È eletto Sindaco il candidato che ottiene la
maggioranza assoluta dei voti validi. Se nessun candidato la raggiunge al primo
turno, i due maggiormente votati passano ad un secondo turno (ballottaggio). Il
60% dei seggi del Consiglio comunale va alle liste collegate al candidato
Sindaco vincitore (si parla di “premio di maggioranza”), a meno che una
lista o un gruppo di liste non collegate al vincitore abbia ottenuto al primo
turno oltre il 50% dei voti validi. Se un candidato viene eletto al primo
turno, il premio di maggioranza scatta solo se le liste a lui collegate
superano il 40% dei voti validi. Il resto dei seggi viene ripartito in modo
proporzionale ai voti ricevuti, con esclusione delle liste che non abbiano
raggiunto il 3% dei voti validi o che non siano collegate ad un gruppo di liste
che abbiano superato un consenso superiore a tale soglia (cd. clausola
di sbarramento).
La legge n. 56/2014 (Disposizioni sulle Città metropolitane,
sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni) ha dettato anche delle
misure con riferimento alla disciplina generale dei Comuni. Le modifiche hanno
interessato:
· modificato
il numero di consiglieri e di assessori nei Comuni con popolazione inferiore a
10.000 abitanti (10 consiglieri e 2 assessori nei Comuni fino a 3.000 abitanti;
12 consiglieri e 4 assessori nei Comuni con popolazione tra i 3.001 e i 10.000
abitanti);
· parità
di genere nelle Giunte comunali, in cui nessuno dei due sessi può essere
rappresentato in misura inferiore al 40% (esclusi i Comuni con popolazione
inferiore a 3.000 abitanti);
· abolizione
del divieto di terzo mandato consecutivo per i Sindaci dei Comuni fino a 3.000
abitanti (anche se è comunque posto il limite massimo di tre mandati
consecutivi);
· incompatibilità
di parlamentare (nazionale o europeo) o membro del Governo con altra carica
pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo degli
enti pubblici territoriali aventi, alla data di indizione delle elezioni o
della nomina, popolazione superiore a 15.000 abitanti (prima era 5.000).
Funzioni del Comune
Al Comune spettano varie funzioni:
· rappresentanza
della propria comunità;
· esercizio
di funzioni amministrative (in virtù del principio di sussidiarietà e
di vicinanza ai cittadini).
Le funzioni si distinguono in:
1. funzioni proprie dei
Comuni (art. 13 TU enti locali): riguardano la popolazione e il
territorio comunale e identificano il Comune come ente esponenziale della
comunità di riferimento;
2. funzioni conferite con
legge statale o regionale: sono quelle inerenti le materie di competenza
esclusiva dello Stato o della Regione, ovvero di competenza concorrente, che in
forza di un apposito provvedimento sono attribuite ai Comuni quale ente
territoriale più vicino al cittadino.
Vediamo alcune delle principali funzioni che sono attribuite ai
Comuni:
· organizzazione
generale dell’amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo;
· organizzazione
dei servizi pubblici di interesse generale di interesse
comunale (ad esempio: il trasporto pubblico comunale);
· il catasto,
ad eccezione delle funzioni mantenute dallo Stato dalla normativa vigente;
· pianificazione
urbanistica ed edilizia di ambito comunale e partecipazione alla
pianificazione territoriale di ambito sovracomunale;
· attività
di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei
primi soccorsi a livello comunale;
· organizzazione
e gestione dei servizi di raccolta, avvio, smaltimento e recupero dei rifiuti urbani
e riscossione dei relativi tributi;
· progettazione
e gestione del sistema locale dei servizi sociali;
· edilizia
scolastica per la parte non attribuita alle Province, organizzazione e
gestione dei servizi scolastici;
· polizia
municipale e polizia amministrativa locale;
· tenuta
dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi
anagrafici nonché in materia di servizi elettorali, nell’esercizio delle
funzioni di competenza statale;
· servizi
in materia di statistica.
·
Le Province
La Provincia viene definita dall’articolo 2 del TU enti locali:
“è un ente locale intermedio tra Comune e Regione,
rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e ne
coordina lo sviluppo”.
Le Province sono state oggetto di varie riforme negli ultimi anni:
· i
decreti legge n. 201/2011 e 95/2012 avevano previsto: abolizione implicita
della Giunta; un sistema elettorale indiretto; limitazioni ai poteri delle
Province; procedura di accorpamento e riordino finalizzato alla loro
soppressione, con trasferimento delle competenze alle Città metropolitane (da
istituire). Questi interventi normativi sono stati dichiarati incostituzionali
dalla sentenza della Corte costituzionale n. 220/2013 perché, a parere della
Corte, la riforma delle Province non poteva essere disposta tramite lo strumento
della decretazione d’urgenza, ma solo attraverso l’adozione di una legge. A
seguito di questa declaratoria di illegittimità il Legislatore ha posto
rimedio, almeno temporaneamente, per salvare gli effetti dello scioglimento
delle Province e prorogare la gestione dei commissari.
· la
legge 56/2014 (legge Delrio) ha istituito le Città metropolitane, ha ridefinito
il sistema delle Province e ha dato una nuova disciplina in materia di unioni e
fusioni di Comuni.
La legge Delrio definiva le Province “enti di area vasta” e
conferiva a queste un carattere transitorio, nelle more della riforma
costituzionale (poi bocciata il 4 dicembre 2016).
Esistono anche le cd. Province montane, cui le Regioni
riconoscono, nelle materie di loro competenza, forme particolari di autonomia.
Quali sono gli organi della Provincia (ente di area vasta)?
· il Presidente
della Provincia;
· il Consiglio
provinciale;
· l’Assemblea
dei Sindaci.
Una caratteristica comune a tutti e tre gli organi è il carattere
gratuito di questi incarichi.
IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA:
Il Presidente della Provincia viene eletto, in via indiretta, dai
Sindaci e dai consiglieri dei Comuni della Provincia; sono eleggibili i Sindaci
della Provincia il cui mandato scada non prima di 18 mesi dalla data delle
elezioni.
L’elezione avviene sulla base di candidature sottoscritte da
almeno il 15% degli aventi diritto al voto. Ogni elettore vota un solo
candidato e il voto è ponderato in base ad un indice rapportato alla
popolazione complessiva della fascia demografica di appartenenza del Comune. È
eletto il candidato che consegue il maggior numero di voti, sulla base di detta
ponderazione.
Il Presidente resta in carica per 4 anni, ma è prevista la
decadenza automatica in caso di cessazione dalla caricai Sindaco.
Quali funzioni ha il Presidente della Provincia:
· rappresenta
l’ente;
· convoca
e presiede il Consiglio provinciale e l’Assemblea dei Sindaci;
· sovrintende
il funzionamento degli uffici.
IL CONSIGLIO PROVINCIALE:
È composto dal Presidente della Provincia e da un numero di
consiglieri variabile in base alla popolazione:
· 16
se la popolazione è superiore a 700.000 abitanti;
· 12
se la popolazione è compresa tra i 300.000 e i 700.000 abitanti;
· 10
se la popolazione è inferiore a 300.000 abitanti.
Il Consiglio provinciale è un organo elettivo di secondo
gradoàhanno diritto di elettorato attivo e passivo i Sindaci e i consiglieri
dei Comuni della Provincia.
È prevista la presentazione di liste, sottoscritte da almeno il 5%
degli aventi diritto al voto, composte da un numero di candidati non superiore
al numero di consiglieri da eleggere né inferiore alla metà.
Anche in questo caso il voto è ponderato e si riferisce al singolo
candidato e non è attribuito alla lista. Viene stilata un’unica graduatoria e
sono eletti coloro che ottengono il maggior numero di voti, secondo la
ponderazione.
La carica dura 2 anni e si decade automaticamente in caso di
cessazione della carica comunale.
Il Consiglio svolge diverse funzioni:
· funzioni
di controllo e di indirizzo;
· approva
regolamenti, piani, programmi e approva o adotta ogni altro atto ad esso
sottoposto dal Presidente della Provincia;
· ha
potere di proposta dello statuto e ha poteri decisionali per l’approvazione del
bilancio.
ASSEMBLEA DEI SINDACI:
È composta dai Sindaci dei Comuni della Provincia.
È competente per l’adozione dello statuto e ha potere consuntivo
per l’approvazione dei bilanci; lo statuto può attribuire ad essa anche poteri
propositivi, consultivi e di controllo.
Quali sono le funzioni delle Province? Queste vengono indicate
dalla legge 56/2014:
· pianificazione
territoriale provinciale di coordinamento;
· tutela
e valorizzazione dell’ambiente (per gli aspetti di cui ha competenza);
· pianificazione
dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in
materia di trasporto privato;
· costruzione
e gestione delle strade provinciali;
· programmazione
provinciale della rete scolastica;
· raccolta
ed elaborazione dei dati ed assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;
· gestione
edilizia scolastica;
· controllo
dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari
opportunità sul territorio provinciale.
·
Le Città metropolitane
Sono state introdotte dalla legge costituzionale n. 3/2001, ma non
hanno ancora trovato una concreta istituzione nel nostro sistema normativo.
L’articolo 114 Cost. annovera le Città metropolitane tra gli enti
costitutivi della Repubblica (“La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle
Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”),
definendoli “enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i
principi fissati dalla Costituzione”.
Cosa differenzia le Città metropolitane dai Comuni e dalle
Province? La differenza sta nel fatto che le Città metropolitane sono enti
locali non obbligatori, la cui costituzione è rimessa cioè all’iniziativa
degli enti locali interessati.
La Città metropolitana è un ente formato da una pluralità
di Comuni, affini per contiguità territoriale, relazioni sociali e culturali,
caratteri ambientali e altre caratteristiche comuni, che si trovano
all’interno di aree metropolitane (coincidenti con il territorio della
Provincia delle città interessate).
Il procedimento per la loro istituzione era previsto dall’articolo
23 del TU enti locali, ma è stato modificato con numerosi interventi normativi
che hanno tentato di istituire le prime Città metropolitane.
La legge n. 56/2014 individua 9 Città metropolitane:
· Torino;
· Milano;
· Venezia;
· Genova;
· Bologna;
· Firenze;
· Bari;
· Napoli;
· Reggio
Calabria.
Accanto a queste nove, si aggiunge una decima: la Città
metropolitana di Roma capitale, oltre
Cagliari (istituita da una legge regionale sarda) e Palermo, Catania e Messina
(istituite da una legge regionale siciliana).
Il territorio della Città metropolitana coincide con quello della
Provincia omonima.
Quali sono gli organi della Città metropolitana? Gli
organi sono:
1. Sindaco metropolitano;
2. il Consiglio
metropolitano;
3. la Conferenza
metropolitana.
Anche in questo caso si tratta di incarichi svolti a
titolo gratuito.
IL SINDACO METROPOLITANO: questo è
il Sindaco del Comune capoluogo.
IL CONSIGLIO METROPOLITANO: questo
è composto dal Sindaco metropolitano e da un numero di consiglieri variabile in
base alla popolazione:
· 24
se la popolazione è superiore a 3 milioni di abitanti;
· 18
se è compresa tra 800.001 e 3 milioni di abitanti;
· 14
se pari o inferiore a 800.000 abitanti.
Anche questo Consiglio è un organo elettivo di secondo grado,
poiché hanno diritto di elettorato attivo e passivo i Sindaci e i consiglieri
dei Comuni appartenenti alla Città metropolitana.
Il Consiglio dura in carica 5 anni.
Quali sono le funzioni ad esso attribuite?
· è
organo di indirizzo e di controllo;
· approva
regolamenti, piani, programmi e approva o adotta ogni altro atto sottoposto ad
esso dal Sindaco metropolitano;
· ha
potere di proposta dello statuto;
· ha
poteri decisori finali per l’approvazione del bilancio.
LA CONFERENZA METROPOLITANA: è
composta dal Sindaco metropolitano e dai Sindaci dei Comuni della Città
metropolitana.
Quali sono le funzioni attribuite alla Conferenza metropolitana?
· è
competente per l’adozione dello statuto;
· ha
potere consuntivo per l’approvazione dei bilanci;
· lo
statuto può attribuire ad essa altri poteri propositivi e consultivi.
In generale, quali sono le funzioni attribuite alle Città
metropolitane? Queste si distinguono tra:
· funzioni
fondamentali delle Province e quelle attribuite ad esse nel processo
di riordino delle Province stesse;
· funzioni
fondamentali proprie.
Vale la pena elencare le principali funzioni proprie delle
Città metropolitane:
1. piano strategico del
territorio metropolitano;
2. pianificazione territoriale
generale;
3. organizzazione dei servizi
pubblici di interesse generale di ambito metropolitano;
4. mobilità e viabilità;
5. promozione e coordinamento
dello sviluppo economico e sociale;
6. sistemi di
informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano.
Va sottolineato, inoltre, che le Regioni e lo Stato possono
attribuire ad esse ulteriori competenze.
Gli organi delle Città metropolitane adottano un proprio statuto
che disciplina, tra le altre cose, i rapporti tra i Comuni e le stesse Città
metropolitane per l’organizzazione e l’esercizio delle funzioni metropolitane e
comunali.
Alla Città metropolitana di Roma capitale è conferito un
ordinamento particolare, anche in virtù del riconoscimento diretto della
funzione di Capitale della Repubblica, di cui all’articolo 114 terzo comma
della Cost. In particolare, a Roma capitale sono attribuite funzioni per la
valorizzazione di beni culturali e di beni paesaggistici, in materia di
organizzazione fieristica, nel settore turistico e di protezione civile. Essa
dispone di un particolare regime di autonomia statutaria, amministrativa e
finanziaria, nei limiti della Costituzione.
Gli altri enti locali e le forme di associazionismo tra enti
locali
Sono tre, in particolare, gli enti che andremo ad analizzare:
1. COMUNITA’ MONTANE;
2. COMUNITA’ ISOLANE E
DELL’ARCIPELAGO;
3. UNIONI DI COMUNI.
·
Le Comunita’ montane:
Nascono come enti di diritto pubblico già a partire dal 1971. La
relativa normativa è stata più volte modificata ed anche la loro qualificazione
è passata da “unioni montane” a “unioni di Comuni, enti locali costituiti fra
Comuni montani”.
Le Comunità montane si caratterizzano per un accentuato grado di
autonomia, non solo rispetto alla Regione, ma anche rispetto ai Comuni, avendo
queste potestà statutaria e regolamentare, prevista espressamente dalla legge
n. 131/2003.
La loro costituzione è disciplinata dal decreto legislativo n.
267/2000 che afferma espressamente: “La costituzione della Comunità montana
avviene con provvedimento del Presidente della Giunta regionale”. La disciplina
delle Comunità montane viene demandata ad una legge regionale che deve, in
particolare, contenere i riferimenti in merito alle seguenti tematiche:
· modalità
di approvazione dello Statuto;
· procedure
di concertazione;
· disciplina
dei piani zonali e dei programmi annuali;
· criteri
di ripartizione tra le Comunità montane dei finanziamenti regionali e di quelli
dell’Unione europea;
· i
rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.
·
Le Comunita’ isolane e
dell’arcipelago:
L’articolo 29 del TU enti locali estende espressamente la
disciplina delle Comunità montane anche alle Comunità isolane e
dell’arcipelago.
Queste sono unioni di comuni che possono essere istituiti in
ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione della Sardegna e della
Sicilia.
·
Unioni di Comuni:
L’articolo 32 del decreto legislativo n. 267/2000 disciplina
l’Unione di Comuni, definendoli: “enti locali costituiti da due o più Comuni
di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di
funzioni di loro competenza”.
L’atto costitutivo e lo statuto dell’Unione sono approvati dai
Consigli dei Comuni partecipanti, con le procedure e la maggioranza richieste
per le modifiche statutarie.
Il Legislatore ha disposto l’obbligo di esercitare in forma
associata, mediante un’Unione di comuni, le funzioni amministrative e i servizi
pubblici per i Comuni di piccole dimensioni.
La legge n. 56/2014 ha previsto due tipologie di Unione:
1. una prima: per l’esercizio
associato facoltativo di specifiche funzioni;
2. una seconda: per
l’esercizio obbligatorio delle funzioni fondamentali (si riferisce a Comuni con
popolazione inferiore a 5.000 abitanti). Per la costituzione di Unioni
obbligatorie servono almeno 10.000 abitanti (che scendono a 3.000 in caso di
Comuni appartenenti a Comunità montane, per cui servono almeno 3 Comuni).
Quali sono gli organi dell’Unione di comuni?
· il Presidente;
· la Giunta;
· il Consiglio (i
cui membri sono eletti dai Consigli dei Comuni associati, tra i loro
componenti).
Queste cariche sono a titolo gratuito.
È anche introdotta la figura del Segretario dell’Unione, scelto
tra i segretari dei Comuni associati.
Sono state predisposte misure agevolative e organizzative per la
fusione di Comuni, finalizzate a tutelare la specificità degli stessi.
È stato creato anche un nuovo procedimento di fusione di Comuni
chiamato incorporazione, caratterizzato dal fatto che il Comune
incorporante mantiene la propria personalità e i propri organi, mentre decadono
gli organi del Comune incorporato.
L’autonomia statutaria e regolamentare degli enti locali
La Costituzione ha riconosciuto espressamente l’autonomia
statutaria delle Province e dei Comuni. L’articolo 114 della Costituzione, infatti,
afferma che: “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni
sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi
fissati dalla Costituzione”.
Gli Statuti degli enti locali sono sottoposti al rispetto dei
principi costituzionali, ma, diversamente dagli Statuti regionali, non trovano,
all’interno del testo costituzione, una precisa definizione degli ambiti di
competenza, dei contenuti e delle procedure di approvazione degli stessi.
Queste indicazioni si trovano nella legge di attuazione della
riforma costituzionale n. 3/2001 (la legge di attuazione è la n. 131/2003), la
quale ha previsto che lo Statuto stabilisca:
· i
principi di organizzazione e funzionamento dell’ente;
· le
forme di controllo;
· le
garanzie delle minoranze;
· le
forme di partecipazione popolare.
Questa legge ha anche precisato che gli Statuti degli enti locali
devono essere in armonia con la Costituzione e con i principi generali in
materia di organizzazione pubblica.
Peraltro, l’articolo 117 Cost. prevede, a seguito della riforma
del 2001, anche l’attribuzione della potestà regolamentare ai Comuni, alle
Province e alle Città metropolitane: “I Comuni, le Province e le Città
metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina
dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”.
·
Le Regioni
à POTESTÀ
LEGISLATIVA DELLE REGIONI A STATUTO ORDINARIO
1. Lo Stato ha potestà
esclusiva nelle materie tassativamente elencate dalla Cost. (art. 117, secondo
comma) →potestà legislativa dello Stato;
2. La Regione ha potestà
legislativa concorrente nelle materie elencate dalla Cost. (art. 117, terzo
comma): in queste materie lo Stato disciplina solo i principi fondamentali
→potestà concorrente Stato-Regioni (es. edilizia, urbanistica);
3. La Regione ha potestà
legislativa (residuale) nelle materie non espressamente riservate alla
competenza legislativa dello Stato (art. 117, quarto comma) → potestà residuale
delle Regioni.
à POTESTÀ LEGISLATIVA
DELLE REGIONI A STATUTO SPECIALE
1. La Regione ha potestà
legislativa esclusiva
2. La Regione ha potestà
legislativa concorrente: in queste materie lo Stato disciplina i principi
fondamentali;
3. La Regione ha potestà
legislativa integrativa / attuativa.
Differenze
TRA STATUTO ORDINARIO E STATUTO SPECIALE di 2 tipi:
1. TIPO FORMALE: statuto speciale è
approvato con legge costituzionale, mentre quello ordinario è approvato con
legge ordinaria (è subordinata alla Costituzione, ma non è legge costituzionale)
2. TIPO SOSTANZIALE/CONTENUTISTICA:
statuto speciale contiene anche l’indicazione delle funzioni amministrative e
delle competenze legislative spettanti (ad esempio l’urbanistica nello statuto
speciale è materia di legislazione esclusiva della Regione, mentre nello statuto
ordinario è materia concorrente Stato-Regione); non è così nello statuto
ordinario.
Ø NB Se in passato poteva parlarsi di un tendenziale PARALLELISMO TRA COMPETENZE LEGISLATIVE E
FUNZIONI AMMINISTRATIVE, esso oggi è superato:
1. la Regione può
delegare funzioni proprie a Province e Comuni
anche nelle materie di competenza regionale, lo Stato
conserva poteri di indirizzo, coordinamento, sostitutivi
v FUNZIONI
REGIONI:
1.
proprie:
funzioni riconosciute dalla legge come funzione di esclusiva pertinenza
dell’ente locale
2.
fondamentali: art.
117 c. 2, lett. p), Cost.: sono determinate dalla legge dello Stato come
attribuzioni necessarie di ciascuna categoria di enti locali.
3.
funzioni conferite: in base all’art. 118 Cost. le Regioni esercitano
anche funzioni conferite ad esse «per assicurarne l’esercizio unitario» «sulla
base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza».
àI PRINCIPI DEL CONFERIMENTO DI FUNZIONI, l.N.
59/1997 (ha, per certi versi, anticipato la riforma costituzionale del 2001):
·
Principio di sussidiarietà: l’art. 1, comma 2,
stabilisce che sono conferiti alle Regioni e agli enti locali le funzioni e i
compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e alla promozione
dello sviluppo delle rispettive comunità.
·
Le funzioni
regionali e statali vengono ripartire secondo un criterio per cui la
competenza, in generale, è della Regione, fatti salvi i compiti e le funzioni
statali attinenti ad una serie di materie (es. forze armate, tutela dei beni
culturali, rapporti con enti religiosi, cittadinanza, immigrazione …).
·
Nelle materie conferite alle Regioni vengono
lasciati allo Stato alcuni compiti (es. progettazione, esecuzione e
manutenzione di grandi reti infrastrutturali).
àIL DECENTRAMENTO DALLE REGIONI AGLI ENTI
LOCALIà leggi
c.d. "Bassanini" (leggi 1997 n. 59 e n. 127)
·
Leggi Bassanini contengono il principio del
decentramento dalle Regioni agli enti locali (art.4), questo per garantire
sempre il principio di sussidiarietà (tutte le funzioni devono essere gestite
dall’ente territoriale più vicino al cittadino, in questo caso il Comune)à Si assiste quindi ad una
ripartizione/frammentazione dei poteri tra i diversi enti locali.
·
L’art. 4 della legge n. 59/1997 ha stabilito
che la Regione conferisca a Province,
Comuni e altri enti locali «tutte le funzioni che non prevedono l’unitario
esercizio a livello regionale», prevedendo che, qualora la Regione non
provveda entro il termine indicato, il Governo possa provvedere, in via
sostitutiva, all’emanazione di uno o più decreti legislativi di ripartizione di
funzioni tra Regioni ed enti locali, le cui disposizioni si applicano fino alla
data di entrata in vigore della legge regionale
v
FONTI:
LO STATUTO
Contiene:
i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento
dell’amministrazione regionale (art.123 Cost.) «in armonia con la
Costituzione» (prima della riforma del titolo V, esso doveva attenersi
anche alle leggi della Repubblica); ora è quindi una fonte di legge
sub-costituzionale/sub-primaria (sottoposta solo alle leggi della
Costituzione).
E’ approvato
con un procedimento aggravato; successivamente viene pubblicatoàpubblicità dello
Statuto ha valore meramente notiziale, infatti successivamente
decorre un termine di 3 mesi entro il quale 1/50 degli elettori della Regione o
1/5 dei componenti del Consiglio regionale possono richiedere un Referendum
sullo Statuto (quindi non è ancora definitivamente approvato). È un referendum
particolare perché non è richiesto un «quorum partecipativo/strutturale»;
lo Statuto, in concreto, può essere approvato o meno tramite il referendum (se
questo viene richiesto).
Entro
30 giorni dalla pubblicazione a fini
notiziali può intervenire anche il Governo e sottoporre a questioni di
controllo di legittimità lo Statuto davanti alla Corte Costituzionale (UNICA
FORMA DI CONTROLLO CHE PERMANE ANCORA SUGLI ATTI REGIONALI).
GLI ORGANI DI GOVERNO DI
CIASCUN ENTE
seguono uno schema trilatero che è uniforme per tutti gli
enti.
Cioè ogni ente ha:
·
Un Consiglio: assemblea eletta dal
popolo che esercita compiti normativi, di programmazione, di indirizzo e
controllo sugli organi esecutivi.
·
Il Sindaco o Presidente, sono
proprio gli organi esecutivi, a loro volta eletti dal popolo secondo
ordinamenti elettorali;
·
La Giunta, organo collegiale nominato
dal Sindaco o Presidente.
L’organizzazione
degli uffici burocratici professionali si articola nei diversi enti del governo
territoriale; gli uffici sono differenti per funzioni e compiti, e raggruppati
in uffici maggiori per gruppi di funzioni a seconda delle diverse dimensioni
degli enti.
Essi
sono sottoposti alla direzione politica dell’organo collegiale ovvero del
Sindaco o Presidente, o dei singoli membri della Giunta mediante delega.
·
Perciò questo tipo di organizzazione
costituisce un’organizzazione compatta, che si differenzia dall’organizzazione
amministrativa dello Stato che invece è disaggregata perché consiste in una
serie di pubbliche amministrazioni ciascuna affidata alla direzione politica di
un ministro.
ORGANI DELLA REGIONE
l’art. 121 sono "organi
della Regione"
1. il
Consiglio Regionale,
2. la
Giunta
3. Presidente
della Regione
1. IL CONSIGLIO REGIONALE
1.
Organo titolare della potestà normativa della
regione = Fissa l’indirizzo politico e amministrativo controllandone
l’attuazione (ma la potestà regolamentare può essere attribuita anche alla
giunta.)
2.
Eletto a suffragio universale dagli abitanti
3.
Approva le leggi regionali e lo statuto
4.
Emana i regolamenti e normazione secondaria
(es. piani regolatori)
All’interno del Consiglio abbiamo poi diversi organi:
1.
Il Presidente
con compiti di organizzazione e direzione dei lavori consiliari
2.
L’ufficio
di presidenza
3.
Commissioni
consiliari permanenti: funzione preparatoria all’attività normativa
del consiglio ed esercitano anche attività di consultazione per le funzioni
amministrative (pareri sui procedimenti amministrativi)
4.
Gruppi
consiliari, ai quali si ascrivono i Consiglieri secondo la loro
appartenenza politica.
2. GIUNTA
1.
Organo esecutivo della regione
2.
Composto da un numero variabile di membri, a
seconda delle dimensioni della comunità regionale, che vengono nominati dal
Presidente tra consiglieri oppure tra soggetti esterni al consiglio e che
durano in carica fino alla rinnovazione del consiglio salvo revoca da parte del
presidente dei singoli o della giunta nel suo complesso.
3.
I
singoli membri e della giunta sono preposti con deliberazione della giunta
stessa, , il che conferisce loro almeno sul piano amministrativo poteri di direzione, poteri di proposta di
deliberazioni amministrativa ma anche una sostanziale responsabilità dell’andamento
del settore stesso.
3. PRESIDENTE DELLA GIUNTA
(presidente della regione) detto anche (impropriamente) “Governatore della Regione”.
1.
Eletto a suffragio universale e diretto.
2.
Rappresentanza legale della regione: ne firma
gli atti e la rappresenta in giudizio.
3.
Promulga le leggi ed emana regolamenti
regionali
4.
Dirige la politica della giunta e ne è
responsabile
5.
Dirige le funzioni amministrative delegate
dallo stato alla regione, conformandosi alle istruzioni del governo
Difensore
Civico, è un organo monocratico, il cui titolare è eletto dal
Consiglio Regionale tra persone dotate di particolari caratteristiche di
professionalità: funzioni di sollecitazione, monitoraggio, e controllo sulle
attività delle amministrazioni regionali nell’interesse di cittadini utenti,
oltre poteri ispettivi e di sollecitazione di amministrazioni inadempienti (in
certi casi nomina i commissari per l’adozione di atti dovuti).
Consiglio delle Autonomie
Locali, deve essere costituito in ogni regione, come organo
fondamentale di raccordo del governo regionale con il sistema degli enti
locali; anch’esso non trova fondamento in una legge dello Stato, ma è previsto
in molti Statuti regionali.
Fabrizio Giulimondi