Una
Napoli alchemica, una Napoli sotterranea, una Napoli misterica, una Napoli
tormentata, una Napoli fra fasti e degrado, fra nazi-fascismo e islamismo, una
Napoli onirica: questa è l’opera di Marco D’Amore, “Caracas”, con
un sempiterno straordinario Toni Servillo e lo stesso regista che riveste
anche i panni di attore co-protagonista, pur se non riesce ad abbandonare il
ruolo di Ciro nella serie televisiva “Gomorra”.
Le
tinte rosso plumbee accompagnano una fotografia incantevole (Stefano Meloni)
lungo molteplici storie poggianti sulle immaginifiche creazioni intellettuali di
un venerato scrittore partenopeo, Giordano Fonte (interpretato da Toni
Servillo), che, fra realtà e proiezioni della mente, ritorna in una Napoli
irriconoscibile, nella quale Caracas (Marco D’Amore) si
sbatte nella ricerca disperata di una verità, di una certezza, che sia il Duce
o Allah, l’amore o l’amicizia.
La
pellicola traccia molte narrazioni, quante sono quelle vaneggiate da Fonte e quelle
ricostruite dallo spettatore, che si imbatte nella densità dell’arpeggio recitativo
di Servillo, nella pungente musicalità dialettale di D’Amore e nella
tragica fisicità e mimica della sua donna tossica, Yasmina (Lina Camelia Lumbroso).
L’attenzione
dello spettatore deve punteggiare ogni scena girata: la distrazione rimuove la
poeticità artistica dell’ambientazione e delle sue multiformi atmosfere.
Fabrizio
Giulimondi