Donatella Di Pietrantonio possiede un tratto di penna leggero
mentre narra la drammaticità di grandi storie con la lievità di una autrice di
favole.
Già vincitrice del
Premio Campiello nel 2017 con L’“Arminuta” e di altri prestigiosi premi con
altre sue opere, ha realizzato una doppietta nell’ultima edizione del Premio Strega,
vincendo sia quello per la narrativa che “Giovani”.
“L’età fragile” (Einaudi) racconta
più storie che confluiscono in un unico dramma, un dramma che il lettore
neanche si accorge di vivere, avvertendolo lentamente ad ogni incedere delle
pagine che scorrono dinanzi ai suoi occhi.
Amanda e Doralice non
si conoscono ma non sanno di vivere gli stessi turbamenti dell’animo che
scuotono nella medesima maniera le loro vite che trovano così difficoltà a ripartire.
I contorni dei
personaggi sono incerti, confusi come l’orizzonte fra il cielo e la linea del
deserto. Le loro personalità sono esattamente in quella zona indistinta dove la
sabbia trasloca nel cielo che permane ancora giallognolo prima di spiccare in
azzurro. I contorni non sono affatto marcati, l’occhio non ne vede la
demarcazione, intravede un annuncio di cambiamento ma nulla è nitido, tutto è
ancora opaco: l’arancione e il grigiastro si abbracciano mischiandosi nel
celeste incerto della volta che, però, ancora trattiene qualcosa delle tinte
amaranto del deserto irradiate dal timido lucore del sole che stenta ad
albeggiare.
Le montagne nascondono
sempre segreti perché segnano al meglio le contraddizioni della Natura:
bellezza che cela una permanente violenza.
Le montagne costituiscono
il proscenio di vicende che confluiscono in una sola per poi moltiplicarsi in
molte altre: affluenti di un fiume che immette le proprie acque in un lago da
cui originano molti emissari.
La pandemia ombreggia
la narrazione con il suo manto divisivo di pazzia e irrazionalità.
Questo è “L’età fragile”:
il pastello dell’inchiostro misto al colore purpureo del sangue affacciato
sulla mobilità gelatinosa di non sapere più chi si è e chi sia chi ti sta
accanto e che pensavi di conoscere.
Fabrizio Giulimondi