“Questa
è la caratteristica fondamentale che ci distingue dagli altri animali, più
ancora del riso o del linguaggio. E il non sapere esattamente ciò che si vuole
deve essere per forza la conseguenza di un potente istinto di conservazione.
Tanto è vero che nemmeno mio padre, nemmeno i più illustri guaritori della
storia, avevano mai potuto mettere impunemente le mani sul meccanismo umano
dell’inconsapevolezza: modifica disabilitata.”.
(Ponte alle Grazie) – “cinquina”
del Premio Campiello 2024 - è un romanzo bellissimo e oracolare, semanticamente
alchemico e narrativamente amletico, con al centro della scena la solitudine
come chiave di lettura della esistenza umana, interpretata dal padre del
protagonista, dal protagonista e da Raoul, personaggio creato dalla immaginifica
capacità creatrice di Beppe Fenoglio. La solitudine è salvifica ed è il retrobottega
presente in ognuno di noi. La Degenerata, la Vistatrice, Paradisa-Gatta Morta e
Miss Miller sono solo meteore che accompagnano la solitudine senza mai però intaccarla.
La Visitatrice è una metafora, un simbolo, una allegoria, una chiazza di luce
misterica che incuriosisce il lettore, che continuerà ad interrogarsi su chi
lei sia veramente ben oltre la fine del romanzo: la coscienza? Il subconscio?
L’inconscio?
“La
casa del mago” narra di un padre meraviglioso e misterioso; di un padre che
occupa lo spazio dentro le linee di un esagramma e rappresenta lo zero al
termine della cifra; di un uomo avvolgente tutta la storia, figura centrale fra
figure centrali. “La casa del mago” ripercorre rimembranze familiari ancestrali
che divengono familiari anche al lettore tanto sono vicine, vivide e reali.
Il
“figlio del mago” percorre un dedalo ipnagogico di pensieri, fra Freud e Jung, simile
al labirinto di dislivelli, vicoli, passerelle, stradine e ponticelli che
disegnano Venezia. Questo lavoro di Trevi è un mosaico di parole e
pensieri, dove le parole aggottano i pensieri e i pensieri le parole come il
navigante la propria imbarcazione.
“Scrivendo,
mio padre rimediava a una mancanza di percezione diretta e immediata della
vita; disegnando, andava nella direzione contraria: quella della evaporazione
della coscienza di sé e del mondo.”.
Fabrizio
Giulimondi