sabato 27 aprile 2013

FABRIZIO GIULIMONDI: DEDICATO A MIA MADRE


Se un giorno mi vedrai vecchia: se mi sporco quando mangio e non riesco a vestirmi... abbi pazienza, ricorda il tempo che ho trascorso ad insegnartelo. Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose, non mi interrompere... ascoltami, quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia finché non ti addormentavi. Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e non farmi vergognare... ricordati quando dovevo correrti dietro inventando delle scuse perché non volevi fare il bagno. Quando vedi la mia ignoranza per le nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi con quel sorrisetto ironico ho avuto tutta la pazienza per insegnarti l'abc; quando ad un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso... dammi il tempo necessario per ricordare e se non ci riesco non ti innervosire: la cosa più importante non è quello che dico ma il mio bisogno di essere con te ed averti li che mi ascolti. Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il tuo passo non trattarmi come fossi un peso, vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l'ho fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi. Quando dico che vorrei essere morta... non arrabbiarti, un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo. Cerca di capire che alla mia età non si vive, si sopravvive. Un giorno scoprirai che nonostante i miei errori ho sempre voluto il meglio per te che ho tentato di spianarti la strada. Dammi un po' del tuo tempo, dammi un po' della tua pazienza, dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stesso modo in cui io l'ho fatto per te. Aiutami a camminare, aiutami a finire i miei giorni con amore e pazienza in cambio io ti darò un sorriso e l'immenso amore che ho sempre avuto per te. Ti amo figlio mio.”.

venerdì 26 aprile 2013

"IRON MAN 3" DI SHANE BLACK


 Locandina italiana Iron Man 3
  
“Iron Man 3 di Shane Black,  con un disintossicato da alcol e droghe Robert Downey nella parte del supereroe creato dalla mente fantasmagorica di Stan Lee (marchio Marvel, come i Fantastici 4, Spider Man, Thor, Devil, Lanterna Verde, Capitan  America, Ghost Rider, X Men e  Hulk).
In un’orgia di effetti speciali, stuntman a profusione, rumori e esplosioni senza soluzione di continuità,  si inserisce  una storia che non ripete la carica emotiva delle  molto più avvincenti pellicole precedenti.
Il nostro Uomo di Ferro vive una crisi umana probabilmente dovuta al trovarsi  ingessato in una personalità che non gli si addice, regolarmente fidanzato con Pepper Potts (l’affascinante Gwyneth Paltrow), lui che aveva bellissime donne a iosa. Non solo!Ha crisi di panico causate degli accadimenti avvenuti in The Avengers (in cui è coprotagonista insieme a Thor, Hulk, la Vedova Nera, Capitan America e Robin) ove  ha rischiato di lasciarci sul serio la pelle.
Questa volta il suo acerrimo nemico è Mandarino (nome degli antichi funzionari cinesi), una sorta di Bin Laden con gli occhi a mandorla – seppur non dotato di super poteri al pari modo  pericolosissimo terrorista -  che è determinato ad  annientare  l’America, incarnando ovviamente  gli incubi quotidiani di ogni singolo cittadino statunitense.
Mia figlia ha gradito parecchio la  nuova versione di Iron Man, meno spaccone e più riflessivo, a me meno, perché la sua minor simpatia e ironica giocosità, unitamente ad una ridotta intraprendenza con il gentil sesso, rende l’incedere narrativo leggermente  noioso: ce lo vedete Voi Johnny Storm, in arte la Torcia Umana, con moglie  e figli?
Fabrizio Giulimondi

giovedì 25 aprile 2013

FABRIZIO GIULIMONDI: AL TEATRO GOLDEN.....DUE GRANDI ATTORI, UNA GRANDE COVER, UN GRANDE SPETTACOLO!


Il Muro - Ettore Bassi - Teatro Golden


                                Una cover
Un telo dove vengono proiettate le allucinazioni    visionarie  e oniriche di Syd Barrett
Un ragazzo e una ragazza
L’incontro
L’amore
La galera
Il ritorno
L’incomunicabilità

C’è qualcuno lì che mi ascolta?
IL MURO

C’è qualcuno lì che mi ascolta?
IL MURO

C’è qualcuno lì che   mi ascolta?

THE WALL




                     



mercoledì 24 aprile 2013

25 APRILE 1945 - 25 APRILE 2013: E' TEMPO DI PACIFICAZIONE NAZIONALE





Mi chiedo se l'Italia di oggi - e quindi noi tutti - non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri; non perché avessero ragione o perché bisogna sposare, per convenienze non ben decifrabili, una sorta di inaccettabile parificazione tra le parti, bensì perché occorre sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e delle libertà (Applausi). Questo sforzo, a distanza di mezzo secolo, aiuterebbe a cogliere la complessità del nostro paese, a costruire la liberazione come valore di tutti gli italiani, a determinare i confini di un sistema politico nel quale ci si riconosce per il semplice e fondamentale fatto di vivere in questo paese, di battersi per il suo futuro, di amarlo, di volerlo più prospero e più sereno. Dopo, poi, all'interno di quel sistema comunemente condiviso, potranno esservi tutte le legittime distinzioni e contrapposizioni................" 

domenica 21 aprile 2013

"SIA FATTA LA TUA VOLONTA' " di STEFANO BALDI


 
Sia fatta la Tua volontà” di Stefano Baldi (Newton Compton Editori) è un libro che segna la persona, entra dentro di lei, la trascina nei luoghi dove non vuole mai andare, perché ne ha terrore, perché sono luoghi dove sa che invece dovrà necessariamente recarsi.
Questo capolavoro parla della morte, parla della morte di una persona affetta da tumore in entrambi i polmoni, parla della morte e del percorso di sofferenza e di paura di un ragazzo di 26 anni, Luca, detto Lazzaro. Ma chi è Luca detto Lazzaro? E’ lo stesso Autore del romanzo autobiografico, Stefano Baldi, morto dopo pochi giorni aver finito di scriverlo.
Stefano Baldi è Luca, un giovane anonimo come tanti, con sogni low cost come tanti. Si sente insignificante nel fisico e nella personalità: non ci sa fare con le ragazze, è un mediocre sul lavoro, sempre annoiato con gli amici, senza speranze o desideri particolari, con un padre morto di cancro, un fratello voluminoso e ritardato di cui vergognarsi e una madre, da cui si allontanato come dalla fede, a cui invece la madre è legatissima.
Luca vive in una piccola località, Maddalena, vicino Bologna, e trascorre settimane grigie e noiosi fine settimana insieme ad amici vuoti, che hanno come unica aspirazione contare il maggior numero di ragazze da portarsi a letto.
Tenete questo libro vicino a voi anche quando avrete voltato l’ultima pagina”: invito fatto da critici letterari cui mi associo.
Luca si decide di capire l’origine di una fastidiosa e persistente tosse grassa e scopre di avere un carcinoma in entrambi i polmoni: la musichetta ripetitiva e noiosa della sua esistenza come certe melodie orientali cambia, trasformandosi in un’opera tragica.
E’ difficile raccontare il dramma che percorre il proprio corpo, la propria mente, la propria anima. Baldi, attraverso Luca detto Lazzaro, lo fa, spesso con ironia, scherzandoci anche su, con la bocca impastata dalle lacrime.
Ho difficoltà a parlare e commentare e recensire ciò che ogni parola, ogni riga e ogni pagina esprime di Luca, ossia dello Scrittore, a cui non potrà essere riconosciuto alcun Premio, alcuno Strega, o Campiello, o Nobel. E’ difficile perché le emozioni non si sono ancora depositate, le sensazioni non si sono sedimentate, le parole di Baldi sono ancora nell’aria e fluttuano con il suo carico di bellezza, di dolore e di angoscia.
La madre di Luca sa quale sarà il futuro del figlio ma non v’è disperazione in lei (“Lei gli stette accanto e lo aiutò durante la malattia, con l’affetto che non guarisce, ma cerca almeno di condividere la sofferenza, con la compagnia che non cambia la meta, ma che si propone almeno di aiutare a viaggiare meglio”).
La madre possiede la fede, il figlio no. Don Edoardo lo avvicina e lo conduce per mano su praterie inesplorate dove Luca non si è mai avventurato, verso panorami a lui sconosciuti. V’è un Dio che parla di sé attraverso le parabole dei talenti e del figliol prodigo e per mezzo della simbologia della Umanità come un corpo umano.
Luca comincia ad avere gravi problemi respiratori ma questo non gli impedisce di notare una prostituta dell’est europeo e di cambiarle la vita. Alla storia di Luca si affianca quella di Irina, schiava, umiliata, massacrata, torturata, seviziata dai propri aguzzini slavi e dai propri lerci clienti. L’ultimo fiato, prima di perderlo, prima di perdere l’autonomia su tutto, prima del pannolone e dell’annichilimento del propria fisicità, Luca lo dona a Irina, facendola ridiventare Anna, fuori dalla belluina ferocia dei propri carnefici, fuori dall’infame trattamento dei suoi “utenti”.
La mano fredda della “donna ossuta” lo prende sempre di più per condurlo dove non vorrebbe andare, ma un’altra, calda, lo tiene per mano.
 Questo percorso lo faremo insieme, non ti lascerò mai solo” è l’adagio della seconda parte del libro, che si insinuerà dentro il lettore e che, come Marco Lodoli ha sostenuto, “prima Vi farà male, poi bene”.
Mi sovviene in mente quell’anonimo brasiliano che recita: “perché Signore nei momenti di angoscia la Tua impronta sulla sabbia non era accanto alla mia? E Dio rispose: “Perché Ti avevo preso in braccio!”.
Luca è libero, non più condizionato dalle banalità del mondo e scopre il fratello, scarso di intelligenza, che gli ha creato sempre imbarazzo con gli amici e le ragazze. Giorgio - “il talento più scarso e quello più splendente” - che Luca vede davanti alla statua della Madonna pregare a voce alta così la Signora lo sente meglio e guarisce prima il fratello.
E poi vi sono gli amici, che dovranno affrontare l’impaccio e l’imbarazzo che le certe patologie creano, ognuno in maniera diversa, ognuno con la propria particolare fuga.
E’ la narrazione di una vita grigia trascorsa inutilmente fra facezie e problemi fittizi che, alla fine, sboccia.
Baldi vergherà di proprio pugno una lettera indirizzata a don Edoardo per ringraziarlo di tutto…. prima che tutto si concluda…. che poi non è la Fine, ma solo l’Inizio.
Fabrizio Giulimondi

sabato 20 aprile 2013

"BIANCA COME IL LATTE, ROSSA COME IL SANGUE" DI GIACOMO CAMPIOTTI



 Locandina Bianca come il latte, rossa come il sangue

“Bianca come il latte, rossa come il sangue”, film assolutamente da vedere, altamente consigliato agli  adolescenti, ragazzi, fanciulli, giovani e chi più ne ha più ne metta. Tratto dal romanzo omonimo di Alessandro D’Avenia (Mondadori, 2010) e molto ben diretto da Giacomo Campiotti, parte come uno dei tanti film giovanilisti stile  “Notte prima degli esami”,  per poi trasformarsi all’improvviso  in una pellicola drammatica di alto valore morale e valoriale: riprende, modernizzandolo, il filone  cinematografico tragico - che ha visto il suo apice nei primi anni settanta – in cui la protagonista al termine muore di grave malattia.
Leo è uno dei tanti sedicenni, un po’ sfigato, già disilluso sul  proprio futuro, disinteressato della scuola, innamorato della  compagna, inavvicinabile  nella sua aurea di bellezza. Il triangolo è sempre lo stesso: lui ama la bella sconosciuta e parla sempre di lei alla propria  amica di infanzia, che in realtà stravede per  lui. Lui chiede aiuto a lei perché possa aiutarlo ad avvicinarlo all’amata, tentativo fallimentare  perché l’amica del cuore (per lui) si impegnerà – con l’inganno –ad  impedirlo. Tutto scorre liscio come l’olio, finché la bella dai capelli rossi e la pelle pallida non si ammala di una forma devastante di leucemia.
Tutto cambia: il cazzeggio finisce e il sedicenne con i suoi amici si impattano con  la Malattia, la Morte, la Sofferenza, la Paura, Dio (parola che scritta sul cellulare con il sistema di digitazione T9 è Fin e, quindi, non esiste). Morire  a sedici anni non è accettabile e non lo è a maggior ragione per uno che ama. Il sedicenne innamorato e un po’ sfigato non rientra fra quelli  descritti dalla pulviscolare moltitudine di libri e film progressisti e politicamente corretti sui “giovani d’oggi”, tutti centri sociali, impegno politico (ovviamente di un certo tipo) e scopate. Il protagonista ama davvero e non v’è una sola scena di sesso, ma solo inquadrature che mostrano una commovente  dedizione a lei (di lacrime dai Vostri occhi ne usciranno a  profusione).
Leo è terrorizzato degli aghi ma offrirà se stesso (v’è qualche cosa di più bello che offrirsi  per il proprio Zahir?) per la donazione del midollo osseo, e donerà tutto il tempo a lei e studierà seriamente,  perché così lei gli ha chiesto. Leo scoprirà molte cose  insieme ai suoi amici e, grazie alla  bella dai capelli rosso fuoco e la pelle bianca, troverà un amore tenero e pulito nella  sua  amica di infanzia, brava a scuola e legata alla famiglia.
Vedetelo, perché il regista affronta temi difficili per i quali  vi sono insolute domande e  parla in maniera non banale della malattia e cosa v’è dietro la parola FIN. Il  professore, seppur  giovane, non è  travolto dalla superficialità  del Nulla imperante e  fa  l’ educatore anche  conducendo  sul ring Leo per un incontro di boxe,  così che  possa  sfogarsi  e tirare fuori la propria  disperazione, l’angosciante buio che ha dentro,  perché la vita è come un incontro di pugilato.
In questo lavoro cinematografico non c’è l’asfissiante assenza di valori imposta dalla violenza del relativismo etico:  il dramma è vivisezionato per conto di una determinata ottica  e la visuale dell’Autore propone ai ragazzi una prospettiva, che poi è una speranza! La  morte non porterà alla disperazione ma a una riconciliazione, a un delicato bacio fra sedicenni, ad un abbraccio tra ex bulli, a una festa insieme ad  amici ritrovati al ritmo  dei brani dei Modà e  di Andrea Guerra, le cui musiche sono  perfette  colonne sonore di un’ opera che dovrebbe essere proiettata in tutte le scuole medie superiori d’Italia.
Complimenti a tutti gli attori, protagonisti, coprotagonisti e non, sino alle comparse, tutti bravissimi, da Flavio Insinna, a Luca Argentero (il professore), a Filippo Scicchitano (Leo, già interprete in Scialla),  ai volti meno noti - per ora -  ma egualmente straordinari, del nuovo cinema italiano.
ANDATECI!!!

Fabrizio Giulimondi 

venerdì 19 aprile 2013

"COME PIETRA PAZIENTE" DI ATIQ RAHIMI



Locandina italiana Come pietra paziente 

“Come pietra paziente” diretto dallo stesso autore dell’omonimo libro Synguè Sabour.Pierre de patience  il franco afgano Atiq Rahimi.
La tormentata Terra dell’Afganistan in sempiterna lotta fra tribù talebane, fa da sfondo alla storia di una splendida ragazza di un villaggio vicino Kabul interpretata da una straordinaria Golshifteh Faraham.
La protagonista, madre di due bambine, vive da tre settimane  con il marito che giace sul pavimento della povera casa dove abitano, in stato comatoso perché attinto nel collo da una pallottola, mai rimossa da alcuno. Fra la donna e l’uomo, immobile per tutto il tempo, gli occhi chiusi, il respiro talmente flebile – vera colonna sonora del film – da farlo apparire morto, inizia un dialogo unilaterale. La giovane intraprende un cammino snocciolato in  racconti,  verità nascoste, misteri disvelati,  rabbia, risentimento, per tutte le umiliazioni subite mentre era sposa, dal marito oltre dalla di lui madre. La donna comincia un racconto della sua anima che diventa verbo per le apparenti sorde orecchie del consorte.
Lo sposo è la pietra paziente, che per  le credenze popolari  di quelle alture assorbe il dolore delle persone che ad essa si rivolgono e interloquiscono e, una volta piena delle loro storie, si frantuma, per liberare i confessori dai loro patimenti. Il marito è la pietra paziente della narrazione della moglie che metterà a nudo il “dietro le quinte” della sua esistenza come adolescente, ragazza, fidanzata e consorte, a partire da quando ella si è sposata con accanto la sola effige del “promesso” ed un suo coltello, essendo egli assente perché troppo impegnato a fare l’eroe in guerra. E racconta la sofferenza di una donna afgana con il burka, che poi è la sofferenza di tutte le donne afgane imprigionate nel  burka e nel  terribile fardello sulle spalle delle farneticanti regole islamico-talebane. In quelle tre settimane con accanto un corpo più simile ad un cadavere, per salvarsi dagli stupri e dalle sevizi dei miliziani che scorrazzano in quella zone,  si deve fingere una prostituta: le prostitute sono immonde e non possono essere toccati dai bravi maomettani che potrebbero essere  contaminati dalla  loro impudicizia. In realtà, solo facendo realmente la meretrice impedirà a se stessa e ai figli di morire di fame, non potendo godere della protezione di un altro uomo battendo al coniuge ancora il cuore.
La storia si sviluppa fra le squallide stanze della abitazione e le polverose  strade del villaggio, fra colpi di kalashnikov e di mortaio.
Il finale – aspettato – conduce al risveglio della pietra paziente.
Bravissima l’attrice che è sulla scena per 98 minuti con la sua voce, lo sguardo intenso dei bellissimi occhi, la mimica di un volto di rara espressività.

Fabrizio Giulimondi