“Se un giorno mi vedrai vecchia: se mi sporco quando
mangio e non riesco a vestirmi... abbi pazienza, ricorda il tempo che ho
trascorso ad insegnartelo. Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose,
non mi interrompere... ascoltami, quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni
sera la stessa storia finché non ti addormentavi. Quando non voglio lavarmi non
biasimarmi e non farmi vergognare... ricordati quando dovevo correrti dietro
inventando delle scuse perché non volevi fare il bagno. Quando vedi la mia
ignoranza per le nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi
con quel sorrisetto ironico ho avuto tutta la pazienza per insegnarti l'abc;
quando ad un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso...
dammi il tempo necessario per ricordare e se non ci riesco non ti innervosire:
la cosa più importante non è quello che dico ma il mio bisogno di essere con te ed averti li che mi ascolti. Quando le mie gambe
stanche non mi consentono di tenere il tuo passo non trattarmi come fossi un
peso, vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l'ho
fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi. Quando dico che vorrei essere
morta... non arrabbiarti, un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo.
Cerca di capire che alla mia età non si vive, si sopravvive. Un giorno
scoprirai che nonostante i miei errori ho sempre voluto il meglio per te che ho
tentato di spianarti la strada. Dammi un po' del tuo tempo, dammi un po' della
tua pazienza, dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stesso modo in cui
io l'ho fatto per te. Aiutami a camminare, aiutami a finire i miei giorni con
amore e pazienza in cambio io ti darò un sorriso e l'immenso amore che ho
sempre avuto per te. Ti amo figlio mio.”.
sabato 27 aprile 2013
venerdì 26 aprile 2013
"IRON MAN 3" DI SHANE BLACK
“Iron Man 3” di Shane Black, con un disintossicato da alcol e droghe Robert Downey nella parte del supereroe
creato dalla mente fantasmagorica di Stan Lee (marchio Marvel, come i
Fantastici 4, Spider Man, Thor, Devil, Lanterna Verde, Capitan America, Ghost Rider, X Men e Hulk).
In un’orgia di effetti speciali, stuntman a profusione, rumori e
esplosioni senza soluzione di continuità, si inserisce
una storia che non ripete la carica emotiva delle molto più avvincenti pellicole precedenti.
Il nostro Uomo di Ferro vive
una crisi umana probabilmente dovuta al trovarsi ingessato in una personalità che non gli si
addice, regolarmente fidanzato con Pepper Potts (l’affascinante Gwyneth Paltrow), lui che aveva bellissime
donne a iosa. Non solo!Ha crisi di panico causate degli accadimenti avvenuti in
The Avengers (in cui è coprotagonista
insieme a Thor, Hulk, la
Vedova Nera , Capitan America e Robin) ove ha rischiato di lasciarci sul serio la pelle.
Questa volta il suo acerrimo nemico è Mandarino (nome degli antichi funzionari cinesi), una sorta di Bin
Laden con gli occhi a mandorla – seppur non dotato di super poteri al pari modo
pericolosissimo terrorista - che è determinato ad annientare l’America, incarnando ovviamente gli incubi quotidiani di ogni singolo
cittadino statunitense.
Mia figlia ha gradito parecchio la
nuova versione di Iron Man,
meno spaccone e più riflessivo, a me meno, perché la sua minor simpatia e
ironica giocosità, unitamente ad una ridotta intraprendenza con il gentil
sesso, rende l’incedere narrativo leggermente noioso: ce lo vedete Voi Johnny Storm, in arte
la
Torcia Umana ,
con moglie e figli?
Fabrizio Giulimondi
giovedì 25 aprile 2013
FABRIZIO GIULIMONDI: AL TEATRO GOLDEN.....DUE GRANDI ATTORI, UNA GRANDE COVER, UN GRANDE SPETTACOLO!
Una cover
Un telo dove vengono proiettate le
allucinazioni visionarie e oniriche di Syd Barrett
Un ragazzo e una ragazza
L’incontro
L’amore
La galera
Il ritorno
L’incomunicabilità
C’è qualcuno lì che mi ascolta?
IL MURO
C’è qualcuno lì che mi ascolta?
IL MURO
C’è qualcuno lì che mi ascolta?
THE WALL
mercoledì 24 aprile 2013
25 APRILE 1945 - 25 APRILE 2013: E' TEMPO DI PACIFICAZIONE NAZIONALE
domenica 21 aprile 2013
"SIA FATTA LA TUA VOLONTA' " di STEFANO BALDI

“Sia
fatta la Tua volontà” di Stefano
Baldi (Newton Compton Editori) è
un libro che segna la persona, entra dentro di lei, la trascina nei luoghi dove
non vuole mai andare, perché ne ha terrore, perché sono luoghi dove sa che
invece dovrà necessariamente recarsi.
Questo
capolavoro parla della morte, parla della morte di una persona affetta da
tumore in entrambi i polmoni, parla della morte e del percorso di sofferenza e
di paura di un ragazzo di 26 anni, Luca, detto Lazzaro. Ma chi è Luca detto
Lazzaro? E’ lo stesso Autore del romanzo autobiografico, Stefano Baldi, morto dopo pochi giorni aver finito di scriverlo.
Stefano Baldi è
Luca, un giovane anonimo come tanti, con sogni low cost come tanti. Si sente insignificante nel fisico e nella
personalità: non ci sa fare con le ragazze, è un mediocre sul lavoro, sempre
annoiato con gli amici, senza speranze o desideri particolari, con un padre
morto di cancro, un fratello voluminoso e ritardato di cui vergognarsi e una
madre, da cui si allontanato come dalla fede, a cui invece la madre è
legatissima.
Luca
vive in una piccola località, Maddalena, vicino Bologna, e trascorre settimane
grigie e noiosi fine settimana insieme ad amici vuoti, che hanno come unica
aspirazione contare il maggior numero di ragazze da portarsi a letto.
“Tenete questo libro vicino a voi anche
quando avrete voltato l’ultima pagina”: invito fatto da critici letterari cui
mi associo.
Luca
si decide di capire l’origine di una fastidiosa e persistente tosse grassa e scopre
di avere un carcinoma in entrambi i polmoni: la musichetta ripetitiva e noiosa
della sua esistenza come certe melodie orientali cambia, trasformandosi in un’opera
tragica.
E’
difficile raccontare il dramma che percorre il proprio corpo, la propria mente,
la propria anima. Baldi, attraverso Luca detto Lazzaro, lo fa, spesso con
ironia, scherzandoci anche su, con la bocca impastata dalle lacrime.
Ho
difficoltà a parlare e commentare e recensire ciò che ogni parola, ogni riga e
ogni pagina esprime di Luca, ossia dello Scrittore, a cui non potrà essere
riconosciuto alcun Premio, alcuno Strega, o Campiello, o Nobel. E’ difficile
perché le emozioni non si sono ancora depositate, le sensazioni non si sono
sedimentate, le parole di Baldi sono ancora nell’aria e fluttuano con il suo
carico di bellezza, di dolore e di angoscia.
La
madre di Luca sa quale sarà il futuro del figlio ma non v’è disperazione in lei
(“Lei gli stette accanto e lo aiutò
durante la malattia, con l’affetto che non guarisce, ma cerca almeno di
condividere la sofferenza, con la compagnia che non cambia la meta, ma che si
propone almeno di aiutare a viaggiare meglio”).
La
madre possiede la fede, il figlio no. Don Edoardo lo avvicina e lo conduce per
mano su praterie inesplorate dove Luca non si è mai avventurato, verso panorami
a lui sconosciuti. V’è un Dio che parla di sé attraverso le parabole dei
talenti e del figliol prodigo e per mezzo della simbologia della Umanità come
un corpo umano.
Luca
comincia ad avere gravi problemi respiratori ma questo non gli impedisce di
notare una prostituta dell’est europeo e di cambiarle la vita. Alla storia di
Luca si affianca quella di Irina, schiava, umiliata, massacrata, torturata,
seviziata dai propri aguzzini slavi e dai propri lerci clienti. L’ultimo fiato,
prima di perderlo, prima di perdere l’autonomia su tutto, prima del pannolone e
dell’annichilimento del propria fisicità, Luca lo dona a Irina, facendola
ridiventare Anna, fuori dalla belluina ferocia dei propri carnefici, fuori
dall’infame trattamento dei suoi “utenti”.
La
mano fredda della “donna ossuta” lo prende sempre di più per condurlo dove non
vorrebbe andare, ma un’altra, calda, lo tiene per mano.
“Questo
percorso lo faremo insieme, non ti lascerò mai solo” è l’adagio della
seconda parte del libro, che si insinuerà dentro il lettore e che, come Marco
Lodoli ha sostenuto, “prima Vi farà male,
poi bene”.
Mi sovviene
in mente quell’anonimo brasiliano che recita: “perché Signore nei momenti di angoscia la Tua impronta sulla sabbia non
era accanto alla mia? E Dio rispose: “Perché
Ti avevo preso in braccio!”.
Luca è
libero, non più condizionato dalle banalità del mondo e scopre il fratello,
scarso di intelligenza, che gli ha creato sempre imbarazzo con gli amici e le
ragazze. Giorgio - “il talento più scarso
e quello più splendente” - che Luca vede davanti alla statua della Madonna
pregare a voce alta così la Signora lo sente meglio e guarisce prima il
fratello.
E poi
vi sono gli amici, che dovranno affrontare l’impaccio e l’imbarazzo che le
certe patologie creano, ognuno in maniera diversa, ognuno con la propria particolare
fuga.
E’ la
narrazione di una vita grigia trascorsa inutilmente fra facezie e problemi
fittizi che, alla fine, sboccia.
Baldi vergherà di proprio
pugno una lettera indirizzata a don Edoardo per ringraziarlo di tutto…. prima che
tutto si concluda…. che poi non è la Fine, ma solo l’Inizio.
Fabrizio Giulimondi
sabato 20 aprile 2013
"BIANCA COME IL LATTE, ROSSA COME IL SANGUE" DI GIACOMO CAMPIOTTI
“Bianca come il
latte, rossa come il sangue”, film assolutamente da vedere, altamente
consigliato agli adolescenti, ragazzi,
fanciulli, giovani e chi più ne ha più ne metta. Tratto dal romanzo omonimo di
Alessandro D’Avenia (Mondadori, 2010) e molto ben diretto da Giacomo Campiotti, parte come uno dei
tanti film giovanilisti stile “Notte
prima degli esami”, per poi trasformarsi
all’improvviso in una pellicola drammatica
di alto valore morale e valoriale: riprende, modernizzandolo, il filone cinematografico tragico - che ha visto il suo
apice nei primi anni settanta – in cui la protagonista al termine muore di
grave malattia.
Leo è uno dei tanti sedicenni, un po’ sfigato, già disilluso sul proprio futuro, disinteressato della scuola,
innamorato della compagna,
inavvicinabile nella sua aurea di
bellezza. Il triangolo è sempre lo stesso: lui ama la bella sconosciuta e parla
sempre di lei alla propria amica di
infanzia, che in realtà stravede per lui. Lui chiede aiuto a lei perché possa aiutarlo
ad avvicinarlo all’amata, tentativo fallimentare perché l’amica del cuore (per lui) si
impegnerà – con l’inganno –ad impedirlo.
Tutto scorre liscio come l’olio, finché la bella dai capelli rossi e la pelle
pallida non si ammala di una forma devastante di leucemia.
Tutto cambia: il cazzeggio
finisce e il sedicenne con i suoi amici si impattano con la
Malattia , la
Morte , la
Sofferenza , la
Paura , Dio (parola che scritta sul cellulare con il sistema
di digitazione T9 è Fin e, quindi, non esiste). Morire a sedici anni non è accettabile e non lo è a
maggior ragione per uno che ama. Il sedicenne innamorato e un po’ sfigato non rientra fra quelli descritti dalla pulviscolare moltitudine di
libri e film progressisti e politicamente corretti sui “giovani d’oggi”, tutti
centri sociali, impegno politico (ovviamente di un certo tipo) e scopate. Il protagonista ama davvero e
non v’è una sola scena di sesso, ma solo inquadrature che mostrano una
commovente dedizione a lei (di lacrime
dai Vostri occhi ne usciranno a profusione).
Leo è terrorizzato degli aghi ma offrirà se stesso (v’è qualche cosa di
più bello che offrirsi per il proprio Zahir?) per la donazione del midollo
osseo, e donerà tutto il tempo a lei e studierà seriamente, perché così lei gli ha chiesto. Leo scoprirà
molte cose insieme ai suoi amici e, grazie
alla bella dai capelli rosso fuoco e la
pelle bianca, troverà un amore tenero e pulito nella sua amica di infanzia, brava a scuola e legata
alla famiglia.
Vedetelo, perché il regista affronta temi difficili per i quali vi sono insolute domande e parla in maniera non banale della malattia e
cosa v’è dietro la parola FIN. Il professore, seppur giovane, non è travolto dalla superficialità del Nulla imperante e fa l’
educatore anche conducendo sul ring Leo per un incontro di boxe, così che possa sfogarsi e tirare fuori la propria disperazione, l’angosciante buio che ha
dentro, perché la vita è come un
incontro di pugilato.
In questo lavoro cinematografico non c’è l’asfissiante assenza di valori
imposta dalla violenza del relativismo etico: il dramma è vivisezionato per conto di una
determinata ottica e la visuale
dell’Autore propone ai ragazzi una prospettiva, che poi è una speranza! La morte non porterà alla disperazione ma a una
riconciliazione, a un delicato bacio fra sedicenni, ad un abbraccio tra ex
bulli, a una festa insieme ad amici
ritrovati al ritmo dei brani dei Modà e di Andrea Guerra, le cui musiche sono perfette
colonne sonore di un’ opera che dovrebbe essere proiettata in tutte le
scuole medie superiori d’Italia.
Complimenti a tutti gli attori, protagonisti, coprotagonisti e non, sino
alle comparse, tutti bravissimi, da Flavio Insinna, a Luca Argentero (il
professore), a Filippo Scicchitano (Leo, già interprete in Scialla), ai volti meno noti
- per ora - ma egualmente straordinari, del
nuovo cinema italiano.
ANDATECI!!!
Fabrizio Giulimondi
venerdì 19 aprile 2013
"COME PIETRA PAZIENTE" DI ATIQ RAHIMI
“Come pietra
paziente” diretto dallo stesso autore dell’omonimo libro Synguè Sabour.Pierre de patience
il franco afgano Atiq Rahimi.
La tormentata Terra dell’Afganistan in sempiterna lotta fra tribù
talebane, fa da sfondo alla storia di una splendida ragazza di un villaggio
vicino Kabul interpretata da una straordinaria Golshifteh Faraham.
La protagonista, madre di due bambine, vive da tre settimane con il marito che giace sul pavimento della
povera casa dove abitano, in stato comatoso perché attinto nel collo da una pallottola,
mai rimossa da alcuno. Fra la donna e l’uomo, immobile per tutto il tempo, gli
occhi chiusi, il respiro talmente flebile – vera colonna sonora del film – da
farlo apparire morto, inizia un dialogo unilaterale. La giovane intraprende
un cammino snocciolato in racconti, verità nascoste, misteri disvelati, rabbia, risentimento, per tutte le umiliazioni
subite mentre era sposa, dal marito oltre dalla di lui madre. La donna comincia
un racconto della sua anima che diventa verbo per le apparenti sorde orecchie
del consorte.
Lo sposo è la pietra paziente, che per
le credenze popolari di quelle
alture assorbe il dolore delle persone che ad essa si rivolgono e
interloquiscono e, una volta piena delle loro storie, si frantuma, per liberare
i confessori dai loro patimenti. Il marito è la pietra paziente della
narrazione della moglie che metterà a nudo il “dietro le quinte” della sua esistenza
come adolescente, ragazza, fidanzata e consorte, a partire da quando ella si è
sposata con accanto la sola effige del “promesso” ed un suo coltello, essendo
egli assente perché troppo impegnato a fare l’eroe in guerra. E racconta la
sofferenza di una donna afgana con il burka, che poi è la sofferenza di tutte
le donne afgane imprigionate nel burka e
nel terribile fardello sulle spalle
delle farneticanti regole islamico-talebane. In quelle tre settimane con
accanto un corpo più simile ad un cadavere, per salvarsi dagli stupri e dalle
sevizi dei miliziani che scorrazzano in quella zone, si deve fingere una prostituta: le prostitute
sono immonde e non possono essere toccati dai bravi maomettani che potrebbero
essere contaminati dalla loro impudicizia. In realtà, solo facendo
realmente la meretrice impedirà a se stessa e ai figli di morire di fame, non
potendo godere della protezione di un altro uomo battendo al coniuge ancora il
cuore.
La storia si sviluppa fra le squallide stanze della abitazione e le polverose
strade del villaggio, fra colpi di kalashnikov
e di mortaio.
Il finale – aspettato – conduce al risveglio della pietra paziente.
Bravissima l’attrice che è sulla scena per 98 minuti con la sua voce, lo
sguardo intenso dei bellissimi occhi, la mimica di un volto di rara
espressività.
Fabrizio
Giulimondi
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