lunedì 21 marzo 2022

HYMN TO COMPLEX THINKING

 


Littleness rages everywhere. Simplifications of long-standing and multi-faceted issues make conversations obscene. The obtuse and ignorant rejection of complex thought impoverishes centuries of philosophical, political and sociological reflections. The dichotomy between Good and Bad, Good and Evil, Yes and No, For and Against, ridicules the debate. The mutation and metamorphosis of values ​​filled with momentary usefulness are vulgar in the presence of the Wises. Reality treated as an independent variable. Rationality and reason brutalized by emotions emptied of feelings and humanity. The "dailyization" of the individual's life cancels the stories of centuries and millennial events. The hundreds of millions of deaths due to war forgotten, or never existed, a bored, useless story that repeats itself wearily. The belly that commands on the head, the gerontocratic power despises the present and the future of the boys. The humiliation of law, placed as an embarrassing tool in a dusty and dark closet.

We need to go back to the fatigue and trouble of analysis, research, study, thought. We need a new complex thought and to rediscover the love of difficulty. We need to drink again from the cup of Aristotle, Socrates, Kant, Descartes, Hegel. We need Brecht's doubt to prevail over the certainties of the idiot.

Only one, supreme, indomitable, imperishable certainty, firm as an evangelical rock: PEACE!

Fabrizio Giulimondi

domenica 20 marzo 2022

TORNARE AL PENSIERO COMPLESSO

 


La pochezza imperversa ovunque. Le semplificazioni di questioni annose e dalle mille sfaccettature rendono oscene le conversazioni. Il rifiuto ottuso e ignorante del pensiero complesso immiserisce secoli di riflessioni filosofiche, politologiche e sociologiche. La dicotomia fra buoni e cattivi, bene e male, Si e No, pro e contro, ridicolizza il dibattito. La mutazione e la metamorfosi dei valori riempiti di utilità momentanee sono volgari al cospetto dei sapienti. La realtà trattata come variabile indipendente. La razionalità e la ragione brutalizzate da emozioni svuotate di sentimenti e umanità. La "quotidianizzazione" della vita dell'individuo cancella storie di secoli e vicende millenarie. Le centinaia di milioni di morti per mano bellica dimenticati, o mai esistiti, storia annoiata, inutile, che si ripete stancamente. La pancia che comanda sulla testa, il potere gerontocratico sul disprezzo per il presente e il futuro dei ragazzi. L'umiliazione del diritto, posto come imbarazzante utensile in un polveroso e buio stanzino.

Abbiamo necessità di tornare alla fatica e alla difficoltà dell'analisi, della ricerca, dello studio, del pensiero. Abbiamo bisogno di un nuovo pensiero complesso e di riscoprire l’amore per la difficoltà. Abbiamo necessità di abbeverarci nuovamente alla coppa di Aristotele, Socrate, Kant, Cartesio, Hegel. Abbiamo bisogno che il dubbio di Brecht prevalga sulle certezze dello stolto.

Una sola, somma, indomita, imperitura certezza, salda come roccia evangelica: PACE

Fabrizio Giulimondi

“ALL’ORIZZONTE” di BENJAMIN MYERS

 


“E i corvi dell'inverno

si sono ormai posati

è là dove svanisce

L'orizzonte “

(Angelo Branduardi, La favola degli aironi)

L’orizzonte è la linea apparente che separa la terra dal cielo.

Apparente, appunto, perché nell’orizzonte tutto si confonde e diventa indistinguibile ed impalpabile.

È lungo quella zona grigia che non è mare, né terra, non è montagna, né pianura, e non è cielo, che si colloca l’ultimo lavoro di Benjamin Myers, “All’orizzonte” (Bollati Boringhieri). Verso l’orizzonte si dirigono i due coprotagonisti, Robert e Dulcie. I rumori della seconda guerra mondiale si avvicinano all’Inghilterra del 1940, rimanendo, però, in lontananza, echi provenienti da terre lontane. Un incontro casuale fra un ragazzo ed una “carapana” che, in realtà, si conoscevano da sempre, senza saperlo si cercavano e si ritrovano, per proseguire, continuare ciò che già esisteva, una breve cesura fra un prima ed un dopo, un riprendere il bandolo della matassa e ricominciare a tessere una nuova storia, un nuovo racconto.

“All’orizzonte” è un romanzo in espansione, che si dilata da un cottage per abbracciare la Natura attraverso pietanze, dialogo e poesia. La poesia è l’ossatura portante della trama, filata nello stile di un tappeto persiano su un viandante-voce narrante che scopre il suo futuro nella quotidianità con Dulcie.

Il lettore respira a pieni polmoni il nettare più profondo della libertà, accompagnato dalla letteratura e dalla poesia, appartenenti sì al mondo ma ad esso preesistenti.

Myers sviluppa una narrazione alchemica costruita su un turbinio di descrizioni, dettagli sparpagliati ovunque come semi in un campo di grano, barocchismi letterari che aggettivano e inzeppano di avverbi ogni parola, ogni locuzione e ogni frase, in un fitto reticolato di sonorità galleggianti nello spazio e nel tempo.

La poesia è cippo funebre e la prosa aria primaverile carica degli umori del mare gelido del Nord.

La poesia e la letteratura si privano del tempo e dello spazio ma partono dal tempo e dallo spazio: “Le poesie erano scaturite spontaneamente da quell’angolo tranquillo di quella collina affacciata su quella costa”.

La permanenza è utopia. Tutto è fluido. E la natura vince sempre”.

 

Fabrizio Giulimondi

mercoledì 16 marzo 2022

AGRICOLTURA: VALLARDI (LEGA), OK A SOSTEGNO A PICCOLE PRODUZIONI

 

Gianpaolo Vallardi

(ANSA) - ROMA, 15 MAR - "Questa legge, convintamente voluta dalla Lega e di cui mi onoro essere il primo firmatario, è un importante passo che però non si esaurisce qui: serviranno maggiore attenzione e maggiori risorse, per sostenere chi dell'agricoltura ne fa la propria professione, assicurando lustro e occupazione per il nostro Paese. Sono anni che il settore commerciale ed agricolo italiano attendono una legge che possa incrementare la conoscenza, in Italia e nel mondo, degli eccellenti prodotti italiani e, al tempo stesso, promuovere l'economia nell'ambito turistico ed agro-eno-gastronomico, soprattutto ora, in un momento di ripartenza dopo il tragico periodo pandemico e, ancora più che mai adesso, con gli echi della guerra in Ucraina. Questa legge va incontro alle esigenze dei consumatori italiani che desiderano veder valorizzata la tradizione contadina locale, grazie ad una puntuale tracciabilità del prodotto agricolo, anche trasformato, di origine animale e vegetale, dal produttore al consumatore, permettendo la vendita diretta in ambito locale di piccoli quantitativi. La Lega ha sempre lavorato perché si creassero le condizioni di una tutela concreta delle realtà più prossime alle nostre comunità ed oggi, con orgoglio, centra un nuovo obiettivo". Così il senatore della Lega Gianpaolo Vallardi, in dichiarazione di voto sul disegno di legge sulla valorizzazione delle produzioni alimentari locali. (ANSA). DEZ 15-MAR-22 20:11

domenica 6 marzo 2022

FABRIZIO GIULIMONDI: "GUARDATEVI DALL'INFORMAZIONE UFFICIALE. LO STUDIO E' LA CHIAVE DI VOLTA"

 


Questi sono i tempi dell’informazione uniforme che non ammette dissenso. I dissenzienti sono degni della damnatio memoriae, della morte civile: ai dissenzienti è “democratico” chiudere le porte dei grandi network. Mai, invece, come in questo momento storico bisogna diffidare delle “notizie” e delle “letture” ufficiali e indagare al meglio per scovare molte notizie e molte letture e, una volta, scoperte, compararle fra di loro, scrutarle e scrutinarle, per forgiare, in ultimo, la notizia e la lettura figlie di una elaborazione, oculata e personale, legata a dati fattuali e ad una ponderazione “media” fra i “tanti passati” e i “tanti presenti” che esistono, senza omettere uno sguardo nel futuro. La lungimiranza, l’intuizione profetica sono qualità dello statista, ma anche del “grande italiano medio”, o, se vogliamo, del quisque de populo o anche dell’expertise, capace di illuminare con la propria saggezza il detentore dello scettro del potere.

Lo studio, la ricerca, l’approfondimento, l’attenzione nella valutazione delle fonti e la loro armonica caratura sono essenziali per capire, conoscere ed esprimere un giudizio alla cui base sarà partorita la decisione più coerente con gli interessi privati e statuali. Il costante aggiornamento della propria cultura e della propria competenza è dato imprescindibile per non farsi ingannare, in primo luogo dalla “informazione ufficiale” che tende a distorcere la visuale della popolazione e così meglio plagiarla, per farle credere che i comandi che saranno disposti saranno quelli maggiormente adeguati alle sue esigenze, alle sue istanze ed ai suoi interessi, mentre, invero, risulteranno essere esattamente il contrario. L’informazione televisiva e cartacea, nella sua visibile omogeneità, assomiglia sempre più ad una propaganda nelle cui vene scorre un insistente indottrinamento ben lungi dalla concezione di uno Stato liberale: ieri era la pandemia, oggi la guerra, domani qualcosa d’altro che interessa chi comanda, sempre meno gli Stati e sempre più gli organismi sovra-statuali.   

Fabrizio Giulimondi

sabato 26 febbraio 2022

FABRIZIO GIULIMONDI: "SIAMO ANCORA FIGLI DI JALTA"

 


Questa mia breve riflessione sarà composta da domande. Non è mia intenzione ripercorrere la storia recente dell’Ucraina, dal 2014, anno della occupazione ed annessione russa della Crimea (“ceduta” nel 1954 da Chruščёv all’Ucraina) e della autoproclamazione delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk (russofone e russofile) nella regione del Donbass, ai nostri giorni, oscurati e rabbuiati dalla invasione dell’Ucraina da parte delle armate di Putin.

Porrò sì quesiti, ma evocherò anche episodi storici.

A Jalta (scherzo del destino in Crimea), fra il 4 e l’11 febbraio 1945, i vincitori della seconda guerra mondiale, Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Iosif Stalin, si spartirono il mondo in zone di influenze. In quelle zone gli States e l’Unione Sovietica avrebbero dominato senza che l’altro potesse interferire in alcun modo.

Tanto tempo è trascorso e sono sopraggiunti altri protagonisti, come la Cina, mentre l’impero sovietico si è dissolto nel 1991 a seguito del crollo del Muro di Berlino il 9 novembre 1989 e, con esso, della tirannide comunista.

Il 24 agosto 1991 l’Ucraina diviene Stato indipendente.

Altro passaggio.

La Dottrina Monroe, annunciata il 2 dicembre 1823, proclama che gli Stati Uniti devono sovraneggiare sul Centro-Sud America, loro centro di interesse da tutelare, garantire e proteggere.

Fra il 16 e il 28 ottobre 1962 si rischiò la terza guerra mondiale per la reazione militare del Presidente americano Kennedy contro l’allocazione di missili sovietici nell’isola castrista di Cuba (e se fossi già nato mi sarei schierato certamente con gli States).

Ultimo passaggio, forse quello più fastidioso. Il diritto internazionale dà forma a regole costruite dai detentori, non della saggezza, della cultura, della lungimiranza e della scienza, bensì delle armi. Il diritto internazionale è il dettame imposto da chi ha eserciti, armi e testate nucleari. Il vero diritto si sostanzia nella forza bellica ed i primi a trasgredirlo, come la storia dal 1945 in poi insegna, sono proprio coloro che hanno immaginato e redatto i trattati sovranazionali. La stessa condotta è illecita o meno a seconda di chi la compia: le guerre israelo-arabo-palestinesi e i conflitti in Iraq, Siria, Afghanistan e Libia ci mostrano la strada.

Veniamo ai giorni d’oggi.

Il Messico potrebbe ospitare missili russi? Il Messico potrebbe decidere di allearsi militarmente, politicamente ed economicamente con la Russia di Putin?

Draghi o Mattarella potrebbero sfidare Biden in televisione proclamando la volontà di aderire ad un novellato Patto di Varsavia? Potrebbero, irridendo il Capo americano, ufficializzare una richiesta di accesso ad una organizzazione militare a guida russa?

Cosa accadrebbe? Il Governo americano lancerebbe fiori colorati sul territorio italiano sventolando bandiere arcobaleno della pace?

Lituania, Estonia e Lettonia, Paesi facenti parte dell’allora Urss, dal 1999 sono nella Nato, ossia quegli Stati un tempo non satelliti (come Polonia, Ungheria, etc.) ma costituenti propriamente l’Urss.

La Russia, prima zarista, poi socialista reale, depotenziata e messa all’angolo dal Nuovo Ordine Mondiale a stelle e strisce, ha visto i suoi confini circondati da Paesi agli ordini dell’antico nemico.

Il cambio di Governo ucraino nel 2014 ha portato alla richiesta dell’Ucraina di entrata nella Unione europea e nella Nato. La classica goccia che ha fatto traboccare il vaso!

Nel 2015, intervistato da Aldo Cazzullo, Prodi spiegò: “Se l’obiettivo è portare l’Ucraina nella Nato, allora crei tensioni irreversibili”. Alla domanda in cui gli si faceva notare l’accusa di essere “troppo morbido con Putin”, rispose: “Duro o morbido non sono concetti politici. Puoi essere duro se ti conviene, o morbido se ti conviene; non puoi fare il duro se te ne vengono solo danni. Isolare la Russia è un danno.”.

Il 23 febbraio scorso, quando il Presidente ucraino Zelens'kyj ha pubblicamente sfidato Putin – che stava schierando già i tank nel Donbass -  rinnovando la volontà di entrare nella Nato e nella Unione europea, non ha esposto il proprio Popolo ad un probabile -  se non certo - massacro? L’esercito russo è tra i più possenti al mondo, rinvigorito, molto ben armato ed equipaggiato e reso particolarmente professionale dopo la guerra russo-georgiana del 2008. Pensava Zelens'kyj di avere con sé Biden e la sua cavalleria? L’esperienza afghana non gli è servita a nulla? Riteneva che con lui vi sarebbe stata la Nato che nulla c’entra con l’Ucraina, nonostante le dichiarazioni improvvide del Segretario Generale Stoltenberg? Oppure l’Unione europea priva di un proprio esercito ed esausta dopo due anni di pandemia?

Non sono mai stato pacifista ma credo che in questo caso il dialogo sia l’unico percorso, visto il plurimo numero di soggetti coinvolti, tutti con legittime istanze e tutti dotati di armi: Russia, Ucraina, le due Repubbliche del Donbass, la Crimea oramai russa, i Paesi della Unione europea confinanti con l’Ucraina e che temono, se non la guerra, l’invasione di profughi (Polonia, Ungheria, Romania, Slovacchia), la stessa Unione europea oltre gli USA. Perché non tornare al maggio del 2002, a Patrica di Mare ed al suo spirito? Il desiderio di trattare espresso in queste ore dal Presidente ucraino è sicuramente saggio e del pari pragmatico.

Passi indietro e ripensamenti in Ucraina, nella Nato, in Russia e nelle Istituzioni comunitarie non condurrebbero a rasserenare il clima, ottenendo la fine di un numero osceno di vittime innocenti (ucraini che hanno 500.000 connazionali qui in Italia) ed un notevole miglioramento economico a livello globale? Le sanzioni economiche colpiranno la Russia o i nostri interessi nazionali, spingendo ulteriormente Putin nelle braccia di Xi Jinping (non dimenticando Taiwan)? Non sarebbe maggiormente opportuno “finlandizzare” l’Ucraina, rendendola equidistante fra Oriente ed Occidente?

So che è urticante da ammettere, ma siamo ancora figli di Jalta.

Fabrizio Giulimondi

 

 

domenica 6 febbraio 2022

"LA CAPPA. PER UNA CRITICA DEL PRESENTE" di MARCELLO VENEZIANI (MARSILIO NODI)

 


La società coperta baratta la libertà con la sicurezza, la civiltà con la sanità, il lavoro con la salute, la comunità con l’immunità.”.

C’è qualcosa nell’arte, come nella natura, che ci rassicura e qualcosa invece che ci tormenta, ci turba, ci inquieta.

Due sentimenti in costante conflitto: da una parte la ricerca dell’ordine e dall’altra il fascino per il caos.

Dentro questa lotta si colloca la produzione letteraria di Marcello Veneziani.

L’arte vera inquieta, la letteratura autentica turba, la bellezza imponderabile contrasta con la serenità e la quiete, perché pongono domande prive di facili risposte, si interrogano senza indicare immediate soluzioni, galleggiano con fatica sulle violente onde di un mare in tempesta.

Fra una statua di Fidia e la “Tempesta” di Giorgione, tra la ricerca di una armonia irraggiungibile e l’abbandono al caos, si insinua l’ultimo saggio di Marcello Veneziani, “La Cappa. Per una critica del presente” (Marsilio Nodi).

Nel cupo grigiore esistenziale spinto da una paura imposta, “La Cappa” forma una chiazza vermiglia, simile ad un improvviso lampo di luce che rischia di accecare chi da troppo tempo ha gli occhi spenti.

La Cappa” è uno dei saggi di Veneziani fra i più illuminati e coinvolgenti. Non v’è parola, o periodo, o pagina su cui il lettore non si soffermi. I passaggi sulla identità, la civiltà, la preghiera e il Pater Noster tolgono il fiato. Le riflessioni si incidono nell’anima come un coltello nella carne. Nel tempo in cui solo la salute fisica conta, il pensiero si erge maestoso, fra incanto e disincanto, fra Dionisio, Proteo e Narciso. Non vi sono certezze. Di certo v’è solo lo splendore espressivo che rinchiude un bagliore dell’anima. Lo spirito, dopo essere stato accantonato, umiliato, ritrova la sua Itaca, ritrova se stesso. La spiritualità, finalmente e fatalmente, si impone su un permanente presente globale, sprezzante del passato e impaurito dal futuro, troppo gravido di paventate emergenze. La lettura de “La Cappa” ci fa scoprire di nuovo mondi immateriali ed invisibili, non catturabili con i cinque sensi. Con l’Autore penetriamo nella oramai insopportabile, opprimente e densa coltre che tutto copre e intabarra menti, intelletti, esistenze e anime.

Ho avvertito un sussurro dietro ogni tratto di inchiostro: “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza.".

Fabrizio Giulimondi