“Cocaina” del trio letterario
Carlotto, Carofiglio e de Cataldo (Einaudi) è una raccolta di tre racconti il cui filo narrativo è la
cocaina: la polvere d’angelo vista da
un punto di vista poliziesco nella individuazione degli spacciatori e nella
ricerca di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti (La pista di campagna di Massimo
Carlotto); la cocaina scrutata dall’ottica dell’assuntore che, in La velocità dell’angelo di Gianrico Carofiglio, è rappresentato da una
brava poliziotta la cui esistenza viene distrutta dal rapporto lesbico con una tossicomane spacciatrice; e, infine, la
droga inserita nel commercio internazionale, nel mondo dei narcos, dei
guerriglieri sandinisti, dei cartelli colombiani e messicani, dei campesinos (i
contadini che in maniera schiavistica coltivano le immense piantagioni di
foglie di coca) e dei feroci gruppi mafiosi calabro-sudamericani (Ballo in polvere di Giancarlo de Cataldo).
Che Carofiglio e de Cataldo siano magistrati lo si capisce - oltre per fatto notorio – anche per gli
utili e competenti richiami ad istituti e
disposizioni giuspenalistici sostanziali e processuali, inclusa una
interessante spiegazione sulla distinzione fra testimone e confidente compiuta
da Carofiglio. Quest’ultimo giudice-scrittore rimane il mio preferito, sia per l’agilità, l’eleganza, la chiarezza e
la freschezza del linguaggio - maggiormente
involuto, complesso e articolato in de Cataldo - sia per la minor presenza di atteggiamenti
ideologici sparpagliati nella storia, presenza ben marcata invece nell’Autore
di Romanzo Criminale, il quale indica
– fra le varie esplicitazioni di idee
frutto di pregiudizio – nel prete antiabortista e contro le unioni
omosessuali, inevitabilmente e
fatalmente, il collegamento fra il boss
sanguinario e ambienti malavitosi.
I protagonisti in divisa nei tre episodi non sono mai eroi: non v’è
eroicità nelle loro azioni, non ho trovato idealità, ma spesso risentimento,
rancore, odio per l’esistenza che loro
non possono permettersi e quelli dall’altra
parte invece sì. Alla base del
contrasto allo smercio di cocaina
non v’è idealità ma invidia per i massivi guadagni per coloro che lo praticano. Gli stessi agenti dell’antidroga,
talora, vi entrano e vi fanno parte, lasciandosi corrompere, perché i
soldi fanno comodo a tutti e tengono famiglia.
Non ho registrato la lotta contro
il Male che si sostanzia nell’uso e
nella vendita della cocaina e degli
stupefacenti in genere; non ho sentito
un combattimento posto in essere perché la sola e unica protagonista del libro
distrugge la mente e l’anima di intere generazioni di persone, i cui profitti sono demoniacamente illeciti; non ho visto la nobiltà d’animo in chi lotta
contro di essa ma l’invidia per la vita
(donne, motori e ville:classico!) che conduce chi ha le mani in pasto nella
polvere bianca.
Carofiglio di nuovo dimostra di meritare il Premio Strega che, speriamo, gli sia presto riconosciuto.
Fabrizio Giulimondi
Nessun commento:
Posta un commento