sabato 17 novembre 2018

"RED LAND" ("ROSSO ISTRIA") di MAXIMILIANO HERNANDO BRUNO


Red Land” (“Rosso Istria”) di Maximiliano Hernando Bruno è un film rosso come la bauxite, rosso come la terra d’Istria, rosso come i panorami giuliano-dalmati, rosso come il ciglio di una foiba, rosso come il vestito della “voce narrante”, rosso come il sangue delle giovani ragazze italiane stuprate dai comunisti, rosso come le ferite delle torture inflitte dalla soldataglia slava, rosso come il sangue che ha imbrattato le pareti degli scantinati croati dei tormenti, rosso come le stelle al petto dei titini, rosso come il fazzoletto al collo degli italiani di quelle Terre che, dimentichi di avere dinanzi a loro antichi amici, profonde amiche, e madri e padri e fratelli e sorelle e zie e zii, per la loro feroce e obnubilante  ideologia marxista hanno consegnato amici e amiche e padri e madri e fratelli e sorelle e zie e zii al boia, agli stupratori, ai torturatori, alla bocca del mostro che nella terra ha ingoiato dal 1943 migliaia  di italiani in Istria, a Fiume, nella Dalmazia.
Da una parte lo sguardo limpido di una ragazza dolce e pulita, innamorata, legata alla famiglia e alla Patria, che stava per laurearsi, la cui unica colpa era essere figlia di un innocuo podestà fascista, dall’altra lo sguardo spietato, atono, senza luce, di un comandante titino, la cui faccia malvagia è intrisa di un sorriso perennemente beffardo e terrifico. E poi una lunga, interminabile, agghiacciante, violenza sessuale che taglia l’anima. Norma Cossetto, il volto della dolcezza e della speranza. Norma Cossetto, un indicibile orrore nei suoi occhi. L’avvicinarsi nella foiba che la fagociterà viva. Gli infoibati legati due alla volta da un fil di ferro ma solo uno dei due sarà ucciso con una pallottola. L’altro morirà nell’antro dell’Inferno. A Norma Cossetto è toccata la foiba.
Foibe oscure come decenni e decenni di negazionismo da parte della storiografia ufficiale.
Migliaia e migliaia di italiani sepolti vivi, torturati, stuprati, vilipesi, nella terra rossa giuliano-dalmata.
Gli attori sono formidabili e credo che a Selene Gandini l’impresa interpretativa di ricoprire il ruolo di Norma Cossetto sia costata uno sforzo imponente.
Il ritmo recitativo è di tipo teatrale e solo raramente cineastico e la luce che illumina i personaggi, in molte scene, evoca quella dei dipinti di Caravaggio e Rembrandt.
La cadenza narrativa sin dall’inizio crea uno stato di inquietudine, per divenire poi angoscia e impotenza. Implacabile. Bellissimo. Sconvolgente. Curato in ogni più tragico particolare. Impietoso nel non lasciare nulla all’immaginazione. Radioso nel coraggio di donne e uomini che hanno subito il martirio.
Red Land” è un dovere morale vederlo.
Fabrizio Giulimondi



domenica 11 novembre 2018

"NOTTI MAGICHE" DI PAOLO VIRZÌ


Nonostante il nome altisonante del regista (Paolo Virzì), pur in presenza di un corposissimo cast di attrici e attori di vecchio e nuovo conio che non sto qui ad elencare (con un inspiegabilmente pessimo Giancarlo Giannini che fa molto male il romanaccio), “Notti magiche” (titolo tratto dall’ omonimo brano musicale di Gianna Nannini e Edoardo Bennato), ambientato nell’estate romana dei Mondiali del 1990, è inconcludente, inconsistente, deludente. Tema trito e ritrito: la corruzione morale nella Roma cinematografica, dello spettacolo e della politica. La Città Eterna troneggia solo per la grandiosità delle sue piazze, delle sue strade, viottoli e vicoli, dei suoi androni, palazzi e tetti, per la bellezza della zona di Santa Maria in Trastevere e del Centro storico. Le scene del tutto inutili di sesso punteggiano una trama noiosa e sottolineano una profonda mancanza di idee degli autori della pellicola. Molto bravi gli interpreti dei tre co– protagonisti, quasi neofiti del cinema italiano, Mauro Lamantia, Giovanni Toscano e Irene Vetere, latrice di un volto bello e intenso.
Fabrizio Giulimondi



lunedì 5 novembre 2018

"FIRST MAN"di DAMIEN CHAZELLE


Il 20 luglio 1969 alle 20.18 UTC Neil Armstrong fu il primo uomo a mettere piede sul suolo della Luna. Buzz Aldrin lo seguì subito dopo. Armstrong trascorse due ore e mezza al di fuori della navicella. Un terzo membro della missione, Michael Collins, rimase in orbita lunare, pilotando il modulo che riportò gli astronauti a casa. La missione terminò il 24 luglio con l'ammaraggio nell'Oceano Pacifico.
First man” di Damien Chazelle (produttore esecutivo Steven Spielberg) nei 141 minuti di durata racconta cosa può l’essere umano partendo da una tragedia umana accaduta nei primi anni ’60 ad Amstrong.
E’ un cammino fuori e dentro l’uomo, fuori e dentro la famiglia, fuori e dentro gli spazi dell’universo, fuori e dentro l’Apollo 11, fuori e dentro l’animo umano in ricerca dell’altro da sé, un animo umano in perenne e indomita ricerca.
E’ un film che parla di sfide impossibili che divengono possibili.
Aveva ragione il neoplatonico fiorentino Marsilio Ficino che nel ‘400 disse che l’uomo poteva inabissarsi negli inferi, ma anche innalzarsi ad sidera coeli.
First man”, che ha un illustre antesignano in “Apollo 13” di Ron Howard (1995), fa vivere le violente e insostenibili scosse che percuotono il corpo degli astronauti, il loro malessere fisico, la loro paura principio del loro coraggio, le luci accecanti, il clangore di rumori assordanti…il silenzio…assoluto…lì fuori…fuori dal LEM…la superficie lunare è lì…a portata di uomo…e lo spettatore vive il silenzio assoluto, vive per una manciata di secondi il silenzio del cosmo.
Notevoli tutti gli attori e grande l’interpretazione di Ryan Gosling (Neil Amstrong) e di Claire Foy (sua moglie).
La forza della famiglia, la forza di una moglie e di una madre, nel dramma, nella meta, che non è solo individuale, ma appartiene all’umanità intera.
"One small step for a man, one giant leap for mankind".
Fabrizio Giulimondi




venerdì 2 novembre 2018

"EUFORIA" DI VALERIA GOLINO


Al suo secondo film come regista (il primo è stato l’altrettanto bello “Miele”, successivo ad una esperienza con il corto “Armandino e il Madre”) la brava e di lunga esperienza attrice Valeria Golino, dopo l’eutanasia si cimenta in “Euforia” con i rapporti intimi e tormentati fra familiari e, in particolare, fra fratelli. Indubbiamente è un tema già molto sviscerato dal cinema italiano, ma in quest’opera (che presumibilmente riceverà qualche premio) se ne avverte il tocco femminile.
“Euforia” emotivamente complesso, molto fisico, immerso nella cornice fascinosa del centro di Roma, segue una tecnica cineastica perfetta e la fotografia, con la sua carrellata di immagini del cielo romano percorso da gabbiani e fitti stormi di uccelli, i suoi tetti e le sue terrazze, è estremamente suggestiva. Il sofisticato tratteggio descrittivo degli ambienti interni e tutta la narrazione estetica evoca gli ultimi lavori e capolavori di Paolo Sorrentino.
L’analisi psicologica e caratteriale dei personaggi è oculata e emergono dal coro attoriale (Isabella Ferrari, Jasmine Trinca, Marzia Ubaldi, Valentina Cervi) due oramai impareggiabili interpreti, Riccardo Scamarcio e Valerio Mastrandrea, che ricoprono il ruolo di due fratelli (Matteo e Ettore) nel loro rincorrersi attraendosi e respingendosi, respingendosi e attraendosi.
L’uso dell’alcol, del sesso promiscuo omosessuale, del tabacco, della cocaina e la costante fuga da sentimenti sinceri, solidi e stabili da parte di Matteo, non risolvono ma aggravano il dolore per il dramma presente e il “non detto” e l’imponderabile passato. A fronte del dinamismo di Matteo v’è la scultorea, tragica solitudine di Ettore, afflitto da molti sentimenti contrastanti fra di loro, incapace di esternarli alla moglie, al figlio e alle antiche ed attuali “fiamme”. Inutile, sfuggente quanto superficiale la ricerca del miracolo attraverso una improvvisata ricerca di spiritualità e del sacro durante un subitaneo e improvvido viaggio a Medjiugorje. Le evocazioni di affetti più profondi appaiono come tenui braci sotto una densa coltre di cenere, tranne quella dei fratelli, che cresce sempre più prepotentemente lungo tutto lo sviluppo della storia per sciogliersi in un abbraccio finale.
Fabrizio Giulimondi