“Red Land” (“Rosso Istria”) di Maximiliano
Hernando Bruno è un film rosso come la bauxite, rosso come la terra d’Istria,
rosso come i panorami giuliano-dalmati, rosso come il ciglio di una foiba, rosso
come il vestito della “voce narrante”, rosso come il sangue delle giovani
ragazze italiane stuprate dai comunisti, rosso come le ferite delle torture
inflitte dalla soldataglia slava, rosso come il sangue che ha imbrattato le pareti
degli scantinati croati dei tormenti, rosso come le stelle al petto dei titini,
rosso come il fazzoletto al collo degli italiani di quelle Terre che, dimentichi
di avere dinanzi a loro antichi amici, profonde amiche, e madri e padri e
fratelli e sorelle e zie e zii, per la loro feroce e obnubilante ideologia marxista hanno consegnato amici e
amiche e padri e madri e fratelli e sorelle e zie e zii al boia, agli
stupratori, ai torturatori, alla bocca del mostro che nella terra ha ingoiato
dal 1943 migliaia di italiani in Istria,
a Fiume, nella Dalmazia.
Da una
parte lo sguardo limpido di una ragazza dolce e pulita, innamorata, legata alla
famiglia e alla Patria, che stava per laurearsi, la cui unica colpa era essere
figlia di un innocuo podestà fascista, dall’altra lo sguardo spietato, atono, senza
luce, di un comandante titino, la cui faccia malvagia è intrisa di un sorriso
perennemente beffardo e terrifico. E poi una lunga, interminabile,
agghiacciante, violenza sessuale che taglia l’anima. Norma Cossetto, il volto
della dolcezza e della speranza. Norma Cossetto, un indicibile orrore nei suoi
occhi. L’avvicinarsi nella foiba che la fagociterà viva. Gli infoibati legati
due alla volta da un fil di ferro ma solo uno dei due sarà ucciso con una
pallottola. L’altro morirà nell’antro dell’Inferno. A Norma Cossetto è toccata
la foiba.
Foibe
oscure come decenni e decenni di negazionismo da parte della storiografia ufficiale.
Migliaia
e migliaia di italiani sepolti vivi, torturati, stuprati, vilipesi, nella terra
rossa giuliano-dalmata.
Gli
attori sono formidabili e credo che a Selene
Gandini l’impresa interpretativa di ricoprire il ruolo di Norma Cossetto sia
costata uno sforzo imponente.
Il
ritmo recitativo è di tipo teatrale e solo raramente cineastico e la luce che
illumina i personaggi, in molte scene, evoca quella dei dipinti di Caravaggio e
Rembrandt.
La
cadenza narrativa sin dall’inizio crea uno stato di inquietudine, per divenire
poi angoscia e impotenza. Implacabile. Bellissimo. Sconvolgente. Curato in ogni
più tragico particolare. Impietoso nel non lasciare nulla all’immaginazione. Radioso
nel coraggio di donne e uomini che hanno subito il martirio.
“Red Land” è un dovere morale vederlo.
Fabrizio Giulimondi