“Le ombre”, secondo romanzo del
britannico Alex North (Mondadori), entra a pieno titolo nella
scuola letteraria thriller di Stephen King, anche se il fatto che non sia stato
scritto dal Genio americano lo si nota, specie nella parte conclusiva.
La
trama richiama alla mente “It”, “Pet Sematary” ed altri capolavori del Maestro
dell’horror, forse perché l’Autore, pregno della letteratura di King, anche
senza volerlo, ne “copia” idee, immagini e suggestioni. Persino in questo
romanzo sussistono gli elementi sociali cari alle opere di Stephen King, come
il problema del bullismo e del plagio fra adolescenti. Lo stile è scorrevole,
agile e ben oleato.
La
narrazione prende ma la tensione cala verso il termine come se risentisse di
una stanchezza finale, di una scarsa capacità di acciuffare l’idea vincente che
faccia svoltare il romanzo, che non irrompe ma, al crepuscolo, frena.
Il
bosco, metafora dantesca, è il luogo oscuro che nel suo sistema complesso, misterioso
e chiuso, impenetrabile alla luce e privo di orizzonti certi, da sempre riempie
di inquietudine l’animo umano, inquietudine che provoca ogni possente bellezza
della natura: il bosco è l’estetica dell’interiorità umana più nascosta.
“Le ombre” racconta l’oscurità che si
cela in ogni essere umano che rimane inarrivabile come una folta macchia di
inestricabili alberi.
Fabrizio Giulimondi