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domenica 6 marzo 2022

FABRIZIO GIULIMONDI: "GUARDATEVI DALL'INFORMAZIONE UFFICIALE. LO STUDIO E' LA CHIAVE DI VOLTA"

 


Questi sono i tempi dell’informazione uniforme che non ammette dissenso. I dissenzienti sono degni della damnatio memoriae, della morte civile: ai dissenzienti è “democratico” chiudere le porte dei grandi network. Mai, invece, come in questo momento storico bisogna diffidare delle “notizie” e delle “letture” ufficiali e indagare al meglio per scovare molte notizie e molte letture e, una volta, scoperte, compararle fra di loro, scrutarle e scrutinarle, per forgiare, in ultimo, la notizia e la lettura figlie di una elaborazione, oculata e personale, legata a dati fattuali e ad una ponderazione “media” fra i “tanti passati” e i “tanti presenti” che esistono, senza omettere uno sguardo nel futuro. La lungimiranza, l’intuizione profetica sono qualità dello statista, ma anche del “grande italiano medio”, o, se vogliamo, del quisque de populo o anche dell’expertise, capace di illuminare con la propria saggezza il detentore dello scettro del potere.

Lo studio, la ricerca, l’approfondimento, l’attenzione nella valutazione delle fonti e la loro armonica caratura sono essenziali per capire, conoscere ed esprimere un giudizio alla cui base sarà partorita la decisione più coerente con gli interessi privati e statuali. Il costante aggiornamento della propria cultura e della propria competenza è dato imprescindibile per non farsi ingannare, in primo luogo dalla “informazione ufficiale” che tende a distorcere la visuale della popolazione e così meglio plagiarla, per farle credere che i comandi che saranno disposti saranno quelli maggiormente adeguati alle sue esigenze, alle sue istanze ed ai suoi interessi, mentre, invero, risulteranno essere esattamente il contrario. L’informazione televisiva e cartacea, nella sua visibile omogeneità, assomiglia sempre più ad una propaganda nelle cui vene scorre un insistente indottrinamento ben lungi dalla concezione di uno Stato liberale: ieri era la pandemia, oggi la guerra, domani qualcosa d’altro che interessa chi comanda, sempre meno gli Stati e sempre più gli organismi sovra-statuali.   

Fabrizio Giulimondi

sabato 26 febbraio 2022

FABRIZIO GIULIMONDI: "SIAMO ANCORA FIGLI DI JALTA"

 


Questa mia breve riflessione sarà composta da domande. Non è mia intenzione ripercorrere la storia recente dell’Ucraina, dal 2014, anno della occupazione ed annessione russa della Crimea (“ceduta” nel 1954 da Chruščёv all’Ucraina) e della autoproclamazione delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk (russofone e russofile) nella regione del Donbass, ai nostri giorni, oscurati e rabbuiati dalla invasione dell’Ucraina da parte delle armate di Putin.

Porrò sì quesiti, ma evocherò anche episodi storici.

A Jalta (scherzo del destino in Crimea), fra il 4 e l’11 febbraio 1945, i vincitori della seconda guerra mondiale, Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Iosif Stalin, si spartirono il mondo in zone di influenze. In quelle zone gli States e l’Unione Sovietica avrebbero dominato senza che l’altro potesse interferire in alcun modo.

Tanto tempo è trascorso e sono sopraggiunti altri protagonisti, come la Cina, mentre l’impero sovietico si è dissolto nel 1991 a seguito del crollo del Muro di Berlino il 9 novembre 1989 e, con esso, della tirannide comunista.

Il 24 agosto 1991 l’Ucraina diviene Stato indipendente.

Altro passaggio.

La Dottrina Monroe, annunciata il 2 dicembre 1823, proclama che gli Stati Uniti devono sovraneggiare sul Centro-Sud America, loro centro di interesse da tutelare, garantire e proteggere.

Fra il 16 e il 28 ottobre 1962 si rischiò la terza guerra mondiale per la reazione militare del Presidente americano Kennedy contro l’allocazione di missili sovietici nell’isola castrista di Cuba (e se fossi già nato mi sarei schierato certamente con gli States).

Ultimo passaggio, forse quello più fastidioso. Il diritto internazionale dà forma a regole costruite dai detentori, non della saggezza, della cultura, della lungimiranza e della scienza, bensì delle armi. Il diritto internazionale è il dettame imposto da chi ha eserciti, armi e testate nucleari. Il vero diritto si sostanzia nella forza bellica ed i primi a trasgredirlo, come la storia dal 1945 in poi insegna, sono proprio coloro che hanno immaginato e redatto i trattati sovranazionali. La stessa condotta è illecita o meno a seconda di chi la compia: le guerre israelo-arabo-palestinesi e i conflitti in Iraq, Siria, Afghanistan e Libia ci mostrano la strada.

Veniamo ai giorni d’oggi.

Il Messico potrebbe ospitare missili russi? Il Messico potrebbe decidere di allearsi militarmente, politicamente ed economicamente con la Russia di Putin?

Draghi o Mattarella potrebbero sfidare Biden in televisione proclamando la volontà di aderire ad un novellato Patto di Varsavia? Potrebbero, irridendo il Capo americano, ufficializzare una richiesta di accesso ad una organizzazione militare a guida russa?

Cosa accadrebbe? Il Governo americano lancerebbe fiori colorati sul territorio italiano sventolando bandiere arcobaleno della pace?

Lituania, Estonia e Lettonia, Paesi facenti parte dell’allora Urss, dal 1999 sono nella Nato, ossia quegli Stati un tempo non satelliti (come Polonia, Ungheria, etc.) ma costituenti propriamente l’Urss.

La Russia, prima zarista, poi socialista reale, depotenziata e messa all’angolo dal Nuovo Ordine Mondiale a stelle e strisce, ha visto i suoi confini circondati da Paesi agli ordini dell’antico nemico.

Il cambio di Governo ucraino nel 2014 ha portato alla richiesta dell’Ucraina di entrata nella Unione europea e nella Nato. La classica goccia che ha fatto traboccare il vaso!

Nel 2015, intervistato da Aldo Cazzullo, Prodi spiegò: “Se l’obiettivo è portare l’Ucraina nella Nato, allora crei tensioni irreversibili”. Alla domanda in cui gli si faceva notare l’accusa di essere “troppo morbido con Putin”, rispose: “Duro o morbido non sono concetti politici. Puoi essere duro se ti conviene, o morbido se ti conviene; non puoi fare il duro se te ne vengono solo danni. Isolare la Russia è un danno.”.

Il 23 febbraio scorso, quando il Presidente ucraino Zelens'kyj ha pubblicamente sfidato Putin – che stava schierando già i tank nel Donbass -  rinnovando la volontà di entrare nella Nato e nella Unione europea, non ha esposto il proprio Popolo ad un probabile -  se non certo - massacro? L’esercito russo è tra i più possenti al mondo, rinvigorito, molto ben armato ed equipaggiato e reso particolarmente professionale dopo la guerra russo-georgiana del 2008. Pensava Zelens'kyj di avere con sé Biden e la sua cavalleria? L’esperienza afghana non gli è servita a nulla? Riteneva che con lui vi sarebbe stata la Nato che nulla c’entra con l’Ucraina, nonostante le dichiarazioni improvvide del Segretario Generale Stoltenberg? Oppure l’Unione europea priva di un proprio esercito ed esausta dopo due anni di pandemia?

Non sono mai stato pacifista ma credo che in questo caso il dialogo sia l’unico percorso, visto il plurimo numero di soggetti coinvolti, tutti con legittime istanze e tutti dotati di armi: Russia, Ucraina, le due Repubbliche del Donbass, la Crimea oramai russa, i Paesi della Unione europea confinanti con l’Ucraina e che temono, se non la guerra, l’invasione di profughi (Polonia, Ungheria, Romania, Slovacchia), la stessa Unione europea oltre gli USA. Perché non tornare al maggio del 2002, a Patrica di Mare ed al suo spirito? Il desiderio di trattare espresso in queste ore dal Presidente ucraino è sicuramente saggio e del pari pragmatico.

Passi indietro e ripensamenti in Ucraina, nella Nato, in Russia e nelle Istituzioni comunitarie non condurrebbero a rasserenare il clima, ottenendo la fine di un numero osceno di vittime innocenti (ucraini che hanno 500.000 connazionali qui in Italia) ed un notevole miglioramento economico a livello globale? Le sanzioni economiche colpiranno la Russia o i nostri interessi nazionali, spingendo ulteriormente Putin nelle braccia di Xi Jinping (non dimenticando Taiwan)? Non sarebbe maggiormente opportuno “finlandizzare” l’Ucraina, rendendola equidistante fra Oriente ed Occidente?

So che è urticante da ammettere, ma siamo ancora figli di Jalta.

Fabrizio Giulimondi

 

 

giovedì 4 novembre 2021

FABRIZIO GIULIMONDI: "LOBBYING E ADVOCACY"

 8,661 Foto Advocacy, Immagini e VettorialiAttività di lobbying parola sfera cloud concetto su sfondo bianco Foto  stock - Alamy


Il Lobbying mira a ottenere il perseguimento di un interesse particolare, ossia consiste in un gruppo di pressione (lobby), inteso come gruppo organizzato di persone o aziende che cerca di influenzare dall'esterno le Istituzioni al fine di ottenere la tutela dei propri specifici interessi.

L’Advocacy, diversamente, è una forma di attivismo volta ad allargare la sfera dei diritti, delle regole, delle risorse per gruppi e individui, mediante relazioni con le Istituzioni, sensibilizzazione dell’opinione pubblica, diffusione di messaggi tramite il sistema dei mass media, manifestazioni e mobilitazioni.

Si può fare Advocacy, ad esempio, per richiedere pari opportunità fra donne e uomini nel mondo del lavoro pubblico e privato, dipendente, professionale e artigianale.

A fare Advocacy sono spesso movimenti sociali o organizzazioni non profit. Si tratta di una forma di attivismo che si fonda sul un ruolo rilevante della comunicazione, considerata come strumento principale per informare i decisori pubblici e proporre loro norme e soluzioni, prospettare una visione positiva di un tema ai mass media e all'opinione pubblica, educare, infine, a nuovi paradigmi e modelli di comportamento la comunità nazionale La comunicazione è posta in essere senz'altro tramite i canali "classici", quali giornali e programmi televisivi, ma, soprattutto, per mezzo del web e dei social, facendosi supportare da uomini dello spettacolo e del calcio, da Youtuber ed Influencer, ossia da soggetti che hanno mostrato nel tempo di essere più seguiti ed ascoltati dei politici, degli uomini delle Istituzioni e del mondo accademico, religioso e culturale.

Ciò che viene letto su facebook o visto su instagram o tiktok è ritenuto più credibile di quanto scritto su un quotidiano o di quanto detto da personalità che studiano un certo argomento da decenni.

V'è una indissolubile sinergia fra Advocacy e comunicazione. Youtuber e Influencer possono condizionare il pensiero di decine di milioni di persone, potendo formare la coscienza di adolescenti che vanno ad identificare le proprie idee con quelle del proprio "beniamino telematico".

L'Advocacy dà quasi vita ad una sorta di co-decisione, perché è vero che essa svolge il ruolo di propulsore, stimolatore, proponente, ma è altrettanto vero che più è forte il suo peso e più l'organo decisore è condizionato e fortemente influenzato nell'adottare la decisione richiesta, per non perdere consenso o non entrare in contrasto con una certa porzione della società. Da sottolineare che l'Advocacy è forte se le "voci" che la aiutano sono possenti, famose e diffuse ovunque: più i "personaggi" sono conosciuti e "amati" da moltitudini di individui e più l'Advocacy risulta essere capace di incidere sul Potere decidente ottenendo da quest'ultimo la norma o l'atto sperato.

Mentre il Lobbying è tradizionalmente una attività "in presenza" che si svolge per lo più fuori da occhi indiscreti, dentro i Palazzi della Politica e delle Istituzioni, l'opera di Advocacy è pubblica, visibile, massmediatica correndo, anche, lungo i mille rivoli di internet, sotto gli occhi di tutti, proprio perché consiste nello spingere il maggior numero di persone verso la proposta indicata, aumentando così la probabilità che le Autorità decisionali, quali, ad esempio, il Parlamento ed il Governo, convergano, accogliendolo e regolandolo, sul pensiero portato  dall'originale  gruppo proponente esercente l'Advocacy.

Forse è tempo di normare queste materie, partendo, come è accaduto oramai in molti Paesi europei e non, dal Lobbying,  per pervenire - perché no? - all'Advocacy.

Fabrizio Giulimondi 

mercoledì 6 ottobre 2021

FABRIZIO GIULIMONDI: "SOSTENIBILITÀ E SICUREZZA ALIMENTARE DOPO LA PANDEMIA"

 

 Made In Italy - Foto e Immagini Stock - iStock

Il cibo è nutrimento, scoperta, piacere, convivialità. La pandemia ci ha insegnato quanto tutto questo sia più che mai vero.

Durante il lockdown ed il "coprifuoco" le famiglie si sono riunite certamente di più fra di loro, avvertendo maggiormente la necessità di mettere a tavola cibo di qualità, pietanze fatte con prodotti di eccellenza.

Il Made in Italy in quel periodo non è stato solo un'espressione usata e abusata, bensì una realtà con cui ogni italiano si è confrontato ogni giorno.  

Prodotti alimentari e cucina della tradizione sono un vero e proprio patrimonio culturale che trae origine da passione, professionalità, ingegno e fantasia di agricoltori, artigiani e cuochi. La sicurezza alimentare è la base imprescindibile su cui gli operatori culinari ed agricoli poggiano la loro arte. Oggi il cibo non è più semplicemente una “fonte di sostentamento”, ma un modo per stare bene, per divertirsi, per sperimentare, per "fare comunità".

È cresciuta l’attenzione verso i cibi salubri e salubri.

La ricerca della qualità e della tipicità del prodotto è ritenuta oggi un fattore rilevante da ben l’87,6% degli italiani, inducendo questi ultimi (ma certamente anche gli stessi turisti) a cercare luoghi dove trovare pietanze godendo, oltre dell'area turistica che si visita, anche di quel certo piatto, di quel determinato vino, di quella specifica birra, di quel particolare vino o distillato. L’enogastronomia è cultura, connessione tra persona e territorio, “strumento” privilegiato di veicolo di quei valori che il consumatore contemporaneo desidera sperimentare, ossia: rispetto della cultura e delle sue tradizioni, autenticità, sostenibilità ambientale, rispetto della Natura e benessere psico-fisico.

Sostenibilità e sicurezza alimentare si inverano nell'antica tradizione culinaria rappresentata dalla Dieta Mediterranea, iscritta dall'Unesco il 16 novembre 2010 nella prestigiosa Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO.

Lo stesso Comitato ha ritenuto che: “…  La Dieta Mediterranea costituisce un insieme di abilità, conoscenze, pratiche e tradizioni che spaziano dal paesaggio alla tavola, che comprendono le coltivazioni, il raccolto, la pesca, la conservazione, lavorazione, la preparazione e, in particolare, il consumo degli alimenti. La Dieta Mediterranea è caratterizzata da un modello nutrizionale che è rimasto costante nel tempo e nello spazio, che consiste principalmente di olio d’oliva, cereali, frutta e verdura fresca o secca, una quantità moderata di pesce, latticini e carne, e molti condimenti e spezie, il tutto accompagnato da vino o infusi, nel rispetto delle credenze di ogni comunità. Tuttavia, la Dieta Mediterranea (dal greco diaita, o stile di vita) riguarda più che i semplici alimenti. Essa promuove l’interazione sociale, dal momento che i pasti comuni rappresentano la pietra angolare delle usanze sociali e degli eventi festivi. Essa ha dato origine a un considerevole corpo di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende. Si tratta di un sistema radicato nel rispetto per il territorio e la biodiversità, e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e artigianali legate alla pesca e all’agricoltura nelle comunità mediterranee. Le donne rivestono un ruolo particolarmente vitale nella trasmissione delle competenze, nonché della conoscenza di rituali, gesti e celebrazioni tradizionali, e nella salvaguardia delle tecniche.”.

La Dieta Mediterranea è la dieta più studiata dalla comunità scientifica: oltre 5000 lavori scientifici sono stati pubblicati sull’argomento dal 1984 ad oggi, con un trend esponenziale che non accenna ad attenuarsi. L’impatto sulla salute è dimostrato da ormai settant'anni di ricerche scientifiche e le linee guida nutrizionali in diversi Paesi del mondo si rifanno specificatamente al modello mediterraneo al fine di promuovere la salute dei cittadini durante tutto l’arco della loro vita. La Dieta Mediterranea rallenta l’invecchiamento, potenzia il sistema immunitario, previene le patologie neoplastiche, metaboliche e degenerative e aiuta a contrastare i disturbi del comportamento alimentare. La Dieta Mediterranea è l'autentica realizzazione della sicurezza alimentare e della sostenibilità ambientale: prodotti agroalimentari, rispettosi dell'ambiente e dell'ecosistema, che si trasformano in portate di alta qualità e di garanzia per la salute di ognuno di noi. Il Legislatore italiano (AS 2241 "Disposizioni sulla promozione e valorizzazione della dieta mediterranea") si sta premurando di normare la dieta mediterranea, specie in questo periodo post-pandemico, proprio per tutelare al meglio e in modo efficace ed incisivo la materia alimentare.

La protezione della Dieta Mediterranea va di pari passo con quella del territorio, con l'ottenimento di una produzione agricola primaria sana, di qualità, ottenuta con metodi eco-compatibili e nel rispetto delle regole, attenta alla salute del consumatore e rispettosa delle tradizioni ma aperta all' innovazione. La Dieta Mediterranea esalta la biodiversità delle fonti alimentari e l’armonica combinazione degli ingredienti tenendo conto della loro qualità, quantità e frequenza di assunzione nella piramide alimentare. Nella Dieta Mediterranea converge in modo palese l'abilità culinaria, la tradizione, la cultura ed i territori. Le evidenze scientifiche nel loro insieme dimostrano come gli alimenti più calorici (come le proteine o i grassi di origine animale) siano limitati alla regione apicale della piramide alimentare, mentre frutta e verdura ne costituiscono la base. La Dieta Mediterranea tende a non modificare gli ingredienti naturali, limitandosi ad esaltarli e combinarli rispettandone la vocazione dei territori, la stagionalità e la sostenibilità ambientale ed economica. Il risultato di questo connubio tra scienza, cultura e tradizione è alla base di una cucina eccellente, ampia e diversificata, appetibile nel gusto, godibile nei sapori, attrattiva nei colori e capace di generare salute e benessere. In questo processo il nostro Paese è leader europeo indiscusso e può vantare il primato dei prodotti agroalimentari a "denominazione di origine" e a "indicazione geografica" riconosciuti dall'Unione europea: 314 prodotti agroalimentari e 526 vitivinicoli.

La Dieta Mediterranea - secondo il best diet ranking 2021 elaborato dal network statunitense U.S. News & World Report - nell’anno del Covid si è classificata come migliore dieta al mondo davanti alla dash e alla flexariana. Il primato generale della Dieta Mediterranea è stato ottenuto grazie al rispetto di cinque specifiche categorie: prevenzione e cura del diabete, difesa del cuore, mangiare sano, componenti a base vegetale e facilità a seguirla.

In Italia si registra un aumento medio del 9,7% dei consumi nel 2020 dei prodotti simbolo della Dieta Mediterranea, come l'olio extravergine d’oliva, la frutta e la verdura, fino alla pasta. A guidare la classifica della spesa mediterranea in Italia – come riporta Coldiretti – è la frutta con un incremento degli acquisti dell’11%. Al secondo posto l’olio extravergine d’oliva dove i consumi aumentano del 9,7%, davanti a verdura, con una crescita del 9%, e pasta (+8.9%), grazie al boom fatto registrare da penne e spaghetti certificati, fatti con grano 100% Made in Italy.

Ad essere avvantaggiate sono state le esportazioni nazionali di conserve di pomodoro (+17%), pasta (+16%), olio di oliva (+5%) e frutta e verdura (+5%), che hanno raggiunto in valore il massimo di sempre. Anche negli Stati Uniti nel 2021 la Dieta Mediterranea è diventata prototipo di stile di vita salutare, bilanciato e amico dell’ambiente.

L'incremento della attenzione per il cibo che si mette a tavola comporta e comporterà un inevitabile aumento dell'attenzione per l'ambiente che ci circonda, per l'uso di tecnologie agricole sempre più avanzate e rispettose dei territori e, non da ultimo, per il prezioso, competente ed abile lavoro degli operatori di questo meraviglioso universo eno-agro-gastronomico e Green: gli agricoltori in veste anche di custodi dell'ambiente e del territorio. 

Fabrizio Giulimondi