“È arrivato il momento di rinunciare al controllo quando non mi serve a niente. Devo essere felice”.
Il
nuovo lavoro di Chiara Gamberale “Dimmi di te” (Einaudi) è
letteratura psicoanalitica allo stato puro.
L’Autrice
di “Le luci nelle case degli altri” e di “Per dieci minuti” si racconta in un
libro autobiografico forte, intimistico e intensamente introspettivo. La Gamberale
mette a nudo senza riserve la propria vita dal periodo pandemico ad oggi,
disvelando al pubblico il “blocco dello scrittore” in cui si è imbattuta, il
rapporto totalizzante con la figlia, “Bambina”, di cinque anni e il
non-rapporto con il suo “non-fidanzato”, il cui nome rivela solo alla fine. I
nomi sono importanti perché il loro uso esprime un sentimento, legittima la
persona, la rende reale.
Libro vero, sincero, coinvolgente perché autentico, “Dimmi di te” affronta tematiche scottanti seguendo – incredibile dictu! – un canone inverso: nonostante il bambino di una coppia sia gravemente disabile la madre esclude da subito di ricorrere all’aborto; viene descritto il cammino al contrario di un omosessuale, che si sposa con una donna dalla quale avrà due figli e con la quale ne adotterà altri due; v’è una grande attenzione per la maternità, per il rapporto fra madre e figlio e per la bellezza dell’allattamento al seno.
“Credimi,
fin da quando era piccolissimo, incrociavo il suo sguardo e capivo che le cose
si sarebbero sistemate, che Angelo e io avremmo solo dovuto avere un po’ di
pazienza….”
“Dimmi
di te” è intriso di una profonda spiritualità e narra il cammino di ricerca
interiore percorso dalla Scrittrice.
L’Umanità
nelle sue molteplici forme è rappresentata da Raffaello, Ivan, Riccarda, Grazia,
Paloma, Stefano e Cate, che vengono tutti “intervistati” da Chara Gamberale.
La Gamberale, per comprendere se stessa, scruta le esistenze degli altri:
tirarsi fuori dalla palude in cui è immersa, uscire dal buco nero dove è stata
risucchiata attraverso le parole e le esperienze degli amici di un tempo e di
nuova acquisizione. Non solo. Molto possono insegnare le dinamiche relazionali
fra l’adulto e il bambino e l’osmosi fra il singolo e la coppia. Molto può
insegnare l’elaborazione del lutto, che sia da malattia o da suicidio. Sul
confine gelatinoso fra la vita e la morte l’Autrice spende parole meravigliose nell’imbattersi
in Nick nel cimitero di Ventotene: “…Questa vicinanza fra chi è nel mondo
fisico, chi non c’è, chi ci sarà quando noi non ci saremo più…Non si muore. E’
l’unica risposta….Chi più di me potrebbe constatare che non siamo niente: siamo
ossa. Ma io so che non moriamo, perché il respiro, qui al camposanto, è
incessante….”
Fabrizio
Giulimondi