martedì 9 ottobre 2012

ATI-FALLIMENTO MANDANTE O MANDATARIO-APPALTO PUBBLICO



Quesito: sorte del contratto di appalto di lavori pubblici, di servizi pubblici e forniture pubbliche  stipulato con una Associazione Temporanea di Impresa ( A.T.I. )  a seguito di fallimento del mandante o del mandatario.

Risposta:  soluzione elaborata dal prof. Fabrizio Giulimondi in base al  parere della Adunanza della Commissione Speciale del Consiglio di Stato del 22 gennaio 2008.

La questione che andiamo ad affrontare è la seguente: quale è la sorte del contratto di appalto pubblico (lavori, servizi e forniture) stipulato con una A.T.I. a seguito di fallimento del soggetto mandatario o mandante?
In primo luogo con l’acronimo A.T.I. si vuole significare l’Associazione Temporanea di Impresa, anche qualificata dalla normativa di settore Raggruppamento Temporaneo di Imprese (R.T.I.).
L’art. 37 del decreto legislativo 12 giugno 2006, n. 136, meglio conosciuto come “codice degli appalti pubblici” o “codice dei contratti pubblici”, ai primi due commi disciplina il Raggruppamento Temporaneo di Imprese -   suddividendolo in verticale ed orizzontale:
“1. Nel caso di lavori, per raggruppamento temporaneo di tipo verticale si intende una riunione di concorrenti nell'ambito della quale uno di essi realizza i lavori della categoria prevalente; per lavori scorporabili si intendono lavori non appartenenti alla categoria prevalente e così definiti nel bando di gara, assumibili da uno dei mandanti; per raggruppamento di tipo orizzontale si intende una riunione di concorrenti finalizzata a realizzare i lavori della stessa categoria.
2. Nel caso di forniture o servizi, per raggruppamento di tipo verticale si intende un raggruppamento di concorrenti in cui il mandatario esegua le prestazioni di servizi o di forniture indicati come principali anche in termini economici, i mandanti quelle indicate come secondarie; per raggruppamento orizzontale quello in cui gli operatori economici eseguono il medesimo tipo di prestazione; le stazioni appaltanti indicano nel bando di gara la prestazione principale e quelle secondarie. “.

Occorre allo scopo chiarire il rapporto fra la disciplina generale ai sensi dell’art.81 legge fallimentare (r.d. 267/1942) – che da adesso in poi sarà indicata con le iniziali l.f. -  e la disciplina speciale inerente la sorte del contratto di pubblico appalto in caso di fallimento dell’appaltatore (singolo o A.T.I.).
Dispone l’art.81 l.f., nel testo in vigore dal 1 gennaio 2008, che se l’appalto non è intuitu personae esso si scioglie a meno che il curatore fallimentare non dichiari di voler subentrare nel rapporto, entro un certo termine e previa autorizzazione del comitato dei creditori, oltre che  con l’offerta di idonee garanzie (art.81 comma 1, l.f.); se invece l’appalto è intuitu personae, nel senso che la qualità soggettiva dell’appaltatore è stata determinante, in contratto si scioglie in caso di fallimento dell’appaltatore, a
meno che il committente non consenta la prosecuzione del rapporto (art.81, comma 2, l.f.). Dunque,  la disciplina generale non esclude la possibilità che il rapporto contrattuale prosegua con il fallito (atteso che il giudice fallimentare può autorizzare l’esercizio provvisorio dell’impresa). La disciplina generale fa
salve solo le disposizioni  relative al contratto d appalto e nulla dice circa le forniture pubbliche e gli appalti di servizi. Tale dubbio non sussiste perché, anticipando le conclusioni, si deve ritenere che per tutti i pubblici appalti (lavori, servizi e forniture),  sia  stipulati con imprese singole sia con raggruppamenti di imprese, in caso di fallimento dell’appaltatore il rapporto contrattuale non possa proseguire con il fallito (ancorché il giudice fallimentare abbia autorizzato l’esercizio  provvisorio dell’impresa).
L’appalto pubblico è caratterizzato dall’intuitu personae, ovverosia dalla essenzialità dalle qualità soggettive dell’appaltatore e, dal codice dei contratti si desume il principio che la stazione pubblica appaltante non possa intrattenere rapporti contrattuale con imprese fallite. In sintesi, è senz’altro inapplicabile ai pubblici appalti il comma 1 dell’art. 81 l.f., che si riferisce, invece,  al caso di appalto non connotato dall’intuitu personae.
Quanto all’art. 81, comma 2, l.f. è applicabile ai pubblici appalti solo la prima parte della previsione, secondo cui l’appalto si scioglie automaticamente in caso di fallimento dell’appaltatore, quando sono essenziali le sue qualità soggettive (Cass, sez. I, 9 luglio 1999, n. 7203). Non è applicabile, pertanto, ai pubblici appalti l’ultima regola, contenuta nella seconda parte del comma 2 dell’art.81, l.f. secondo cui l’appaltante può consentire alla prosecuzione del rapporto. Alla stazione appaltante pubblica tale facoltà è impedita. Il principio che si desume dal codice degli appalti, secondo cui le stazioni appaltanti pubbliche non possono intrattenere rapporti contrattuali con appaltatori falliti, prevale sulla disciplina generale dettata dall’art.81, comma 2. l.f., sia in base al carattere speciale della disciplina dei pubblici appalti, sia in virtù del principio della successione delle leggi nel tempo.
Passando alla disamina del quadro normativo giova premettere che l’art. 37, d.lgs. 163/2006,  ai commi 18 e 19,  disciplina espressamente gli effetti, in ordine al contratto di appalto di pubblici lavori, servizi o forniture, stipulato fra un A.T.I. e una P.A., che derivano dal fallimento  della società mandataria (comma 18) o di una società mandante (comma 19).
 In caso di fallimento di una società mandataria si applica il comma 18 dell’art. 37 del codice degli appalti: la stazione appaltante dispone di una facoltà di scelta tra il recesso dal contratto e la sua prosecuzione con altra impresa alla quale l’A.T.I.  abbia conferito mandato. Emerge in modo esplicito  una sostanziale differenza con la disciplina generale dettata dalla legge fallimentare. Infatti, secondo la normativa speciale inerente  i contratti stipulati fra una stazione appaltante e un A.T.I., il rapporto contrattuale non può proseguire fra la prima e l’originario appaltatore fallito.
La prosecuzione dell’originario contratto postula sempre una novazione soggettiva, mediante una modifica del soggetto fallito. Vi è pertanto un rapporto di specialità tra l’art. 81. l.f. e l’art. 37, comma 18, d.lgs. 163/2006, che impone di dare prevalenza a quest’ultimo. Come è stato già messo in evidenza l’art. 37, comma 18, si riferisce al caso di un contratto stipulato con una A.T.I., di cui fallisca il mandatario. La disposizione si riferisce a qualsiasi tipo di contratto, quale che ne sia l’oggetto (lavori, servizi, forniture). Ma l’art. 37, comma 18, è espressione del principio più generale della impossibilità per la stazione appaltate pubblica di intrattenere rapporti contrattuali con soggetti falliti. Tale principio generale è sotteso anche a numerose altre norme del d.lgs. 163/2006, che riguardano non solo gli appalti stipulati con una  A.T.I., ma anche quelli stipulati con imprese singole. Intanto, nelle procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, è essenziale il possesso da parte dell’appaltatore, oltre dei requisiti generali di carattere morale, anche di quelli  specifici di capacità tecnico - professionale ed economico-finanziaria.
Sicché i contratti di pubblici appalti si connotano come caratteristiche dell’intuitu personae, con conseguente impossibilità di applicazione del comma 1 dell’art. 81 l.f. (a tenore del quale il curatore fallimentare può dichiarare di voler subentrare nell’appalto , se questo non è intuitu personae).
A ben vedere, però, non è possibile applicare agli appalti pubblici nemmeno l’art. 81, comma 2, secondo periodo, l.f, secondo cui negli appalti intuitu personae l’appaltante può consentire alla prosecuzione del rapporto con l’appaltatore fallito: alla stazione appaltante pubblica è preclusa la possibilità di esprimere tale assenso.
Tenendo come stella polare quanto sino ad ora riportato, esaminiamo alcune disposizioni del codice dei contratti che rilevano in parte qua:
a)    l’art.38,comma1,lett.a),  secondo cui negli appalti intuitu personae la dichiarazione di fallimento e,  persino la pendenza della procedura per addivenire alla emanazione della sentenza di fallimento del tribunale,  sono ostative della partecipazione alle gare di appalto, dell’affidamento dei subappalti, della stipula dei relativi contratti, costituendo causa di esclusione obbligatoria (secondo una impostazione più rigorosa di quella comunitaria, che considera il fallimento o la pendenza del relativo procedimento causa di esclusione facoltativa , a mente dell’art. 45, direttiva 204/18(CE));
b)    l’art. 37, comma 19,  in virtù del quale in caso di fallimento di una impresa mandante di una A.T.I., il mandante fallito deve essere sostituito o dal mandatario, o da altro mandante, o da altro operatore economico esterno alla A.T.I. medesima;
c)    L’art.116, comma 4,  consente la prosecuzione del contratto di appalto pubblico in caso di cessione o affitto di azienda, anche nella evenienza in cui ciò avvenga ad opera di imprenditore fallito; il fallimento non osta alla prosecuzione del contratto, ma da un lato v’è una modifica di ordine soggettivo a seguito di cessione o affitto di azienda; dall’altro, necessita una peculiare qualità soggettiva del soggetto cessionario o affittuario, il
quale deve essere obbligatoriamente una società cooperativa costituita o da costituire con la partecipazione di almeno i tre quarti dei soci cooperatori, nei cui confronti risultano estinti, a seguito del procedura concorsuale, rapporti di lavoro subordinato, che si trovino in cassa integrazione guadagni o in lista di mobilità;
d)    L’art. 140, in virtù del quale, per i lavori pubblici, il bando di gara deve stabilire, in  caso di fallimento dell’appaltatore, che la stazione appaltante interpelli progressivamente (sino ai cinque successivi al soggetto fallito) i soggetti che hanno partecipato alla originaria procedura , secondo l’ordine di graduatoria, al fine di stipulare un nuovo appalto per il completamento de lavori; implicito e necessario presupposto di tale disciplina è che in nessun caso il rapporto contrattuale possa proseguire con il fallito.

In conclusione, nei pubblici appalti si deve escludere la possibilità che, a seguito di fallimento dell’appaltatore, il rapporto contrattuale possa continuare fra stazione appaltante pubblica e l’appaltatore fallito, ancorché il giudice fallimentare possa autorizzare l’esercizio provvisorio della impresa. La stessa giurisprudenza di legittimità è orientata in questo senso. La sentenza della Cassazione, sez. I, 13 settembre 2007, n. 19165 ha ribadito che il fallimento dell’appaltatore determina obbligatoriamente la mancata prosecuzione del rapporto contrattuale fra questi e  la stazione appaltante, segnatamente nel caso di fallimento di mandatario o mandante di un A.T.I..
Una volta validata tale esclusione occorre esaminare, nel caso di A.T.I. e di fallimento della società mandataria, quali siano le condizioni per la prosecuzione del rapporto mediante una sua modifica soggettiva.
In attuazione dell’art. 37, comma 18, occorrono tre condizioni: la costituzione di un nuovo mandatario; il possesso da parte di quest’ultimo dei requisiti di qualificazione alle prestazioni ancora da eseguire; il consenso da parte della stazione appaltante.
In merito alla prima condizione è bene sottolineare che il nuovo mandatario che sostituisce quello fallito può essere sia un soggetto estraneo all’originario raggruppamento di imprese, sia uno dei mandanti dell’A.T.I. medesima. In questa ultima ipotesi i soggetti mandanti debbono essere necessariamente più di uno per far si che,  nella ipotesi di sostituzione di un mandante in luogo del mandatario, rimanga in piedi l’A.T.I., essendovi ancora almeno un mandante. Difatti, se l’unico mandante si sostituisce al mandatario fallito, viene meno l’originario soggetto contraente, ossia l’A.T.I. e,  il rapporto contrattuale si svilupperebbe con un soggetto nuovo, una impresa singola, con conseguenze  deleterie immediate dovute alla  riduzioni di garanzie per la stazione appaltate pubblica. Questa, nell’ interfacciarsi con una A.T.I. ha di fronte a sé una pluralità di soggetti responsabili della corretta esecuzione del contratto: se l’A.T.I. è verticale il mandatario è responsabile in solido mentre il mandante lo è pro quota; se l’A.T.I. è di tipo orizzontale, si applica pienamente il principio di solidarietà (art.1292 c.c.). Se l’A.T.I.  si estingue e in suo luogo si costituisce una impresa singola, si determina un nuovo regime di responsabilità rispetto a  quello solidaristico appena accennato. La stazione appaltante non possiede  più i soggetti sul cui patrimonio contare in caso di inadempienza totale o parziale della società mandataria. Altresì,  la scelta del nuovo mandatario in luogo del fallito viene effettuata congiuntamente dai soggetti partecipanti al  raggruppamento di impresa, non potendo provenire dal curatore della società mandataria fallita.
Addentriamoci oltre pur rimanendo sempre all’interno della prima condizione.
Come si deve comportare la stazione appaltante pubblica in caso di cessione o affitto di azienda da parte dell’appaltatore fallito?
Occorre distinguere a seconda del momento in cui avviene la cessione o l’affitto dell’azienda. Se avviene antecedentemente  alla dichiarazione tribunalizia di fallimento dell’appaltatore, la cessione o l’affitto dell’azienda da parte dell’appaltatore ancora in bonis può essere opposta alla stazione appaltante, la quale può esprimere il proprio diniego solo eccependo motivi tassativi, quali l’assenza dei requisiti di qualificazione, inclusi quelli inerenti la normativa antimafia in capo al cessionario o all’affittuario ex art. 116, commi 1,2 e 3 del codice degli appalti.
Qualora,  invece,  il momento della cessione o l’affitto travalichi la dichiarazione  di fallimento dell’imprenditore  cedente o del locatore, si applica il principio generale del divieto imposto alla stazione appaltante di proseguire nel rapporto negoziale  con un soggetto fallito, che, nel caso di specie, è rappresentato dal cessionario o dall’affittuario dell’azienda di un imprenditore già fallito (art. 116, comma 4,  d.lgs. 163/2006). Unica eccezione è rappresentata nel caso in cui l’affitto di azienda avvenga a favore di una cooperativa costituita o da costituire con al partecipazione di almeno i tre quarti dei soci cooperatori, nei cui confronti risultino estinti, a seguito della procedura concorsuale, rapporti di lavoro subordinato, o che si trovino in cassa integrazione guadagni o in lista di mobilità. Tale ipotesi però vale solamente per le imprese singole e mai per le A.T.I.. Quindi, solo nella cennata evenienza il curatore fallimentare ha il potere di opporre alla stazione appaltante l’affitto di azienda, scegliendo unilateralmente il soggetto affittuario. Eccettuata questa unica  ipotesi, non  compete al curatore fallimentare designare unilateralmente come sostituto del mandatario fallito l’affittuario di azienda, spettando tale compito ai componenti dell’originario raggruppamento di imprese che siano in bonis.
In relazione alla seconda condizione posta dall’art. 37, comma 18, d.lgs. 136/2006,  va rilevato che, una volta subentrato il nuovo imprenditore al mandatario fallito in un rapporto contrattuale in corso di esecuzione, i requisiti di qualificazione debbono essere valutati non tanto con riferimento alla originaria prestazione, ossia alla prestazione nella sua interezza, bensì avendo riguardo alle prestazioni ancora da eseguire, potendo, pertanto, essere necessari requisiti meno pregnanti degli originali richiesti alla società mandataria fallita e poi sostituita. Ad ogni modo il sostituto deve possedere i requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 del codice dei contratti.
Quanto alla terza condizione, ossia il consenso che la stazione appaltate deve esprimere alla sostituzione, occorre capire la sua latitudine, id est sino a che punto  può la stazione appaltante rifiutare il subentro in parola.
La clausola di gradimento prevista dall’art.25 d.lgs. 406/1991 è stata soppressa ad opera dell’art. 37, comma 18,  in commento, soppressione che ha eliminato una eccessiva valutazione discrezionale in capo alla stazione appaltante pubblica.
Gli interessi correlati ai componenti l’A.T.I. e alla stazione appaltante inducono ad un sensibile ridimensionamento del potere di quest’ultima di negare la cennata sostituzione. Ancor più chiaramente il fallimento del mandatario di un A.T.I. determinano l’interesse meritevole di tutela dei soggetti mandanti non falliti a proseguire il rapporto contrattuale, anche in ragione degli impegni tecnici e finanziari assunti a seguito della aggiudicazione della gara, parimenti all’interesse meritevole di tutela del soggetto pubblico che siano portati  celermente a compimento i lavori, i servizi o le forniture, evitando così di procedere ad ulteriore gara con ulteriori aggravi di spesa ed organizzativi.
Il potere della stazione appaltante di recedere dal contratto o assentire alla sua prosecuzione grazie al subentro della nuova società non è ampliamente discrezionale, attesi i concomitanti interessi di entrambe le parti e attesa la modifica contrattuale di mera natura soggettiva, rimanendo inalterati i termini contrattuali (prezzo, dies ad quem di esecuzione, qualità della prestazione).
La stazione appaltante, pertanto, ha l’obbligo di verificare la sussistenza dei requisiti in capo all’operatore economico supplente, sia con riferimento alle originali previsioni del bando di gara, sia con riferimento allo sviluppo della gara stessa (dalla momento del subentro  alla conclusione della procedura con la stipula  del contratto, alla esecuzione dello stesso). La assenza di tali requisiti induce inevitabilmente  la stazione appaltante ad esercitare la facoltà di recesso che deve essere debitamente motivata; parimenti il soggetto pubblico recede dal contratto qualora l’A.T.I.,  composta anche  dalla società subentrante, pretendesse modifiche di natura oggettiva delle condizioni contrattuali. Il rifiuto da parte della stazione appaltate del subentro della nuova società al soggetto fallito è espresso legittimamente, con consequenziale recesso dal contratto, qualora  l’imprenditore sostituto non rispetti i requisiti generali previsti dall’art. 38 codice dei contratti,  ovvero pretenda la modifica sostanziale dei termini contrattuali di natura oggettiva.
L’art. 37, comma 18, non stabilisce una scansione temporale per l’opzione della Amministrazione pubblica fra recesso del contratto e la sua prosecuzione.
Si deve ritenere che tale scelta, nel rispetto dei principi di affidamento, buona fede e tempestività dell’agere amministrativo, debba avvenire nel rispetto dei termini eventualmente  fissati dal contratto, ovvero, in loro mancanza, su iniziativa del soggetto pubblico che compulsando direttamente l’A.T.I., la invita a procedere entro un termine perentorio fissato dalla P.A. stessa a sostituire il mandatario fallito o il mandante fallito con altro soggetto interno (mandante o mandatario) o esterno. Scaduto il termine e  l’A.T.I. non provvede, la P.A. procederà a comunicare a quest’ultima il recesso dal contratto; se invece l’A.T.I.  provvede e il sostituto assolve ai requisiti generali e particolari previsti dalla normativa, la P.A. si determinerà a continuare nel rapporto contrattuale.                                            
Laddove l’iniziativa non sia intrapresa dalla stazione appaltante, la stessa ATI potrebbe ritenere di procedere alla sostituzione in parola. La stazione appaltante sarà obbligata a recedere solo se il nuovo soggetto subentrante non rispetti i requisiti su cui ci si è più volte soffermati, ovvero pretenda cambiamenti di elementi oggettivi del vincolo contrattuale.
 
In conclusione, riassumiamo:
stipulato un appalto si qualsiasi genere tra una stazione appaltate e una A.T.I. in caso di fallimento della società mandataria, il rapporto contrattuale non può proseguire automaticamente con la curatela fallimentare, seppur autorizzata dal giudice all’esercizio provvisorio della impresa, trovando applicazione l’art.37, comma 18, codice degli appalti, che in veste di norma speciale, prevale sull’art. 81 l.f., permettendo alternativamente il recesso ovvero la prosecuzione  dell’originario rapporto per il tramite della novazione soggettiva (sostituzione del fallito); ove la curatela fallimentare stipuli un contratto di affitto o di cessione di azienda, tale contratto non è opponibile alla stazione appaltante, ai sensi dell’art. 116 d.lgs. 163/2006, atteso che i primi tre commi si riferiscono alla cessione o affitto di azienda dell’imprenditore in bonis (ossia non fallito), mentre il quarto comma, pur contemplando l’affitto e la cessione di azienda da parte del curatore dell’appaltatore fallito, in presenza di condizioni specifiche e tassative,  presuppone l’appalto con una impresa singola  e non con una A.T.I. di cui fallisca il mandatario ( o il mandante).
 Posto che il fallimento del mandatario estingue il contratto di mandato (art. 78 l.f), in caso di fallimento del mandatario di una A.T.I., il sostituto del mandatario fallito deve essere a sua volta costituito come mandatario della stessa A.T.I. e, dunque, deve essere designato dai mandanti della medesima ancora in bonis, e non dalla curatela fallimentare del mandatario fallito.           L’opzione  da parte della stazione appaltante pubblica se recedere dal contratto o proseguire nel rapporto contrattuale con l’ A.T.I. (di cui il mandante o il mandatario sia stato dichiarato fallito) non è né arbitraria né effettuata con una discrezionalità di ampia – ed eccessiva -  latitudine: la scelta è rimessa ad una rigorosa valutazione  circa il possesso da parte del nuovo mandatario (o mandante) -  nominato tempestivamente -  dei requisiti di qualificazione adeguati e riguardo l’accettazione da parte di questi delle condizioni contrattuali precedentemente pattuite.
Tale  facoltà di scelta deve essere esercitata entro il termine stabilito dal contratto,  dal capitolato speciale o entro un termine ragionevole. Si ribadisce che in caso l’ A.T.I. sia costituita  solamente da un soggetto mandante e dal soggetto mandatario e uno dei due fallisce, l’altro non può sostituirlo, venendo meno l’A.T.I. stessa, prendendo corpo un imprenditore unico, cessando le garanzie e le responsabilità a tutela della stazione pubblica appaltante per tutto ciò che è stato posto in essere prima della dichiarazione di fallimento.

                   Prof. Fabrizio Giulimondi


La presente pubblicazione è depositata alla SIAE e tutelata a sensi della normativa vigente sul diritto d’autore.
Provvederò a citare il giudizio dinanzi l’Autorità Giudiziaria competente chiunque copi totalmente o parzialmente il testo senza il mio consenso preventivo.
Fabrizio Giulimondi

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