Quesito: sorte del contratto di appalto
di lavori pubblici, di servizi pubblici e forniture pubbliche stipulato con una Associazione Temporanea di
Impresa ( A.T.I. ) a seguito di
fallimento del mandante o del mandatario.
Risposta: soluzione
elaborata dal prof. Fabrizio Giulimondi in base al parere della Adunanza della Commissione
Speciale del Consiglio di Stato del 22 gennaio
2008.
La questione che andiamo ad affrontare è la seguente:
quale è la sorte del contratto di appalto pubblico (lavori, servizi e
forniture) stipulato con una A.T.I. a seguito di fallimento del soggetto
mandatario o mandante?
In primo luogo con l’acronimo A.T.I. si vuole
significare l’Associazione Temporanea di Impresa, anche qualificata dalla
normativa di settore Raggruppamento Temporaneo di Imprese (R.T.I.).
L’art. 37 del decreto legislativo 12 giugno 2006, n.
136, meglio conosciuto come “codice degli appalti pubblici” o “codice dei
contratti pubblici”, ai primi due commi disciplina il Raggruppamento Temporaneo
di Imprese - suddividendolo in verticale ed orizzontale:
“1. Nel caso di lavori, per
raggruppamento temporaneo di tipo verticale si intende una riunione di
concorrenti nell'ambito della quale uno di essi realizza i lavori della
categoria prevalente; per lavori scorporabili si intendono lavori non
appartenenti alla categoria prevalente e così definiti nel bando di gara, assumibili
da uno dei mandanti; per raggruppamento di tipo orizzontale si intende una
riunione di concorrenti finalizzata a realizzare i lavori della stessa
categoria.
2. Nel caso di forniture o
servizi, per raggruppamento di tipo verticale si intende un raggruppamento di
concorrenti in cui il mandatario esegua le prestazioni di servizi o di
forniture indicati come principali anche in termini economici, i mandanti
quelle indicate come secondarie; per raggruppamento orizzontale quello in cui
gli operatori economici eseguono il medesimo tipo di prestazione; le stazioni
appaltanti indicano nel bando di gara la prestazione principale e quelle
secondarie. “.
Occorre allo scopo chiarire il rapporto fra la disciplina
generale ai sensi dell’art.81 legge fallimentare (r.d. 267/1942) – che da
adesso in poi sarà indicata con le iniziali l.f. - e la disciplina speciale inerente la sorte del
contratto di pubblico appalto in caso di fallimento dell’appaltatore (singolo o
A.T.I.).
Dispone l’art.81 l.f., nel testo in vigore dal 1
gennaio 2008, che se l’appalto non è intuitu
personae esso si scioglie a meno che il curatore fallimentare non dichiari
di voler subentrare nel rapporto, entro un certo termine e previa
autorizzazione del comitato dei creditori, oltre che con l’offerta di idonee garanzie (art.81 comma
1, l.f.);
se invece l’appalto è intuitu personae,
nel senso che la qualità soggettiva dell’appaltatore è stata determinante, in
contratto si scioglie in caso di fallimento dell’appaltatore, a
meno che il committente non consenta la prosecuzione del rapporto (art.81,
comma 2, l.f.).
Dunque, la disciplina generale non
esclude la possibilità che il rapporto contrattuale prosegua con il fallito
(atteso che il giudice fallimentare può autorizzare l’esercizio provvisorio
dell’impresa). La disciplina generale fa
salve solo le disposizioni relative al contratto d appalto e nulla dice
circa le forniture pubbliche e gli appalti di servizi. Tale dubbio non sussiste
perché, anticipando le conclusioni, si deve ritenere che per tutti i pubblici
appalti (lavori, servizi e forniture),
sia stipulati con imprese singole
sia con raggruppamenti di imprese, in caso di fallimento dell’appaltatore il
rapporto contrattuale non possa proseguire con il fallito (ancorché il giudice
fallimentare abbia autorizzato l’esercizio
provvisorio dell’impresa).
L’appalto pubblico è caratterizzato dall’intuitu personae, ovverosia dalla
essenzialità dalle qualità soggettive dell’appaltatore e, dal codice dei
contratti si desume il principio che la stazione pubblica appaltante non possa
intrattenere rapporti contrattuale con imprese fallite. In sintesi, è
senz’altro inapplicabile ai pubblici appalti il comma 1 dell’art. 81 l.f., che si riferisce, invece,
al caso di appalto non connotato dall’intuitu personae.
Quanto all’art. 81, comma 2, l.f. è applicabile ai
pubblici appalti solo la prima parte della previsione, secondo cui l’appalto si
scioglie automaticamente in caso di fallimento dell’appaltatore, quando sono
essenziali le sue qualità soggettive (Cass, sez. I, 9 luglio 1999, n. 7203).
Non è applicabile, pertanto, ai pubblici appalti l’ultima regola, contenuta
nella seconda parte del comma 2 dell’art.81, l.f. secondo cui l’appaltante può
consentire alla prosecuzione del rapporto. Alla stazione appaltante pubblica
tale facoltà è impedita. Il principio che si desume dal codice degli appalti,
secondo cui le stazioni appaltanti pubbliche non possono intrattenere rapporti
contrattuali con appaltatori falliti, prevale sulla disciplina generale dettata
dall’art.81, comma 2. l.f.,
sia in base al carattere speciale della disciplina dei pubblici appalti, sia in
virtù del principio della successione delle leggi nel tempo.
Passando alla disamina del quadro normativo giova
premettere che l’art. 37, d.lgs. 163/2006, ai commi 18 e 19, disciplina espressamente gli effetti, in
ordine al contratto di appalto di pubblici lavori, servizi o forniture, stipulato
fra un A.T.I. e una P.A., che derivano dal fallimento della società mandataria (comma 18) o di una
società mandante (comma 19).
In caso di
fallimento di una società mandataria si applica il comma 18 dell’art. 37 del
codice degli appalti: la stazione appaltante dispone di una facoltà di scelta
tra il recesso dal contratto e la sua prosecuzione con altra impresa alla quale
l’A.T.I. abbia conferito mandato. Emerge
in modo esplicito una sostanziale
differenza con la disciplina generale dettata dalla legge fallimentare.
Infatti, secondo la normativa speciale inerente i contratti stipulati fra una stazione
appaltante e un A.T.I., il rapporto contrattuale non può proseguire fra la
prima e l’originario appaltatore fallito.
La prosecuzione dell’originario contratto postula
sempre una novazione soggettiva, mediante una modifica del soggetto fallito. Vi
è pertanto un rapporto di specialità tra l’art. 81. l.f. e l’art. 37, comma
18, d.lgs. 163/2006, che impone di dare prevalenza a quest’ultimo. Come è stato
già messo in evidenza l’art. 37, comma 18, si riferisce al caso di un contratto
stipulato con una A.T.I., di cui fallisca il mandatario. La disposizione si
riferisce a qualsiasi tipo di contratto, quale che ne sia l’oggetto (lavori,
servizi, forniture). Ma l’art. 37, comma 18, è espressione del principio più
generale della impossibilità per la stazione appaltate pubblica di intrattenere
rapporti contrattuali con soggetti falliti. Tale principio generale è sotteso
anche a numerose altre norme del d.lgs. 163/2006, che riguardano non solo gli
appalti stipulati con una A.T.I., ma anche
quelli stipulati con imprese singole. Intanto, nelle procedure di affidamento
di pubblici lavori, servizi e forniture, è essenziale il possesso da parte
dell’appaltatore, oltre dei requisiti generali di carattere morale, anche di
quelli specifici di capacità tecnico - professionale
ed economico-finanziaria.
Sicché i contratti di pubblici appalti si connotano
come caratteristiche dell’intuitu
personae, con conseguente impossibilità di applicazione del comma 1
dell’art. 81 l.f.
(a tenore del quale il curatore fallimentare può dichiarare di voler subentrare
nell’appalto , se questo non è intuitu
personae).
A ben vedere, però, non è possibile applicare agli
appalti pubblici nemmeno l’art. 81, comma 2, secondo periodo, l.f, secondo cui
negli appalti intuitu personae
l’appaltante può consentire alla prosecuzione del rapporto con l’appaltatore
fallito: alla stazione appaltante pubblica è preclusa la possibilità di
esprimere tale assenso.
Tenendo come stella polare quanto sino ad ora
riportato, esaminiamo alcune disposizioni del codice dei contratti che rilevano
in parte qua:
a)
l’art.38,comma1,lett.a),
secondo cui negli appalti intuitu
personae la dichiarazione di fallimento e, persino la pendenza della procedura per
addivenire alla emanazione della sentenza di fallimento del tribunale, sono ostative della partecipazione alle gare
di appalto, dell’affidamento dei subappalti, della stipula dei relativi
contratti, costituendo causa di esclusione obbligatoria (secondo una
impostazione più rigorosa di quella comunitaria, che considera il fallimento o
la pendenza del relativo procedimento causa di esclusione facoltativa , a mente
dell’art. 45, direttiva 204/18(CE));
b)
l’art. 37, comma 19, in
virtù del quale in caso di fallimento di una impresa mandante di una A.T.I., il
mandante fallito deve essere sostituito o dal mandatario, o da altro mandante,
o da altro operatore economico esterno alla A.T.I. medesima;
c)
L’art.116, comma 4, consente la prosecuzione del contratto di
appalto pubblico in caso di cessione o affitto di azienda, anche nella
evenienza in cui ciò avvenga ad opera di imprenditore fallito; il fallimento
non osta alla prosecuzione del contratto, ma da un lato v’è una modifica di
ordine soggettivo a seguito di cessione o affitto di azienda; dall’altro,
necessita una peculiare qualità soggettiva del soggetto cessionario o
affittuario, il
quale deve essere obbligatoriamente una società
cooperativa costituita o da costituire con la partecipazione di almeno i tre
quarti dei soci cooperatori, nei cui confronti risultano estinti, a seguito del
procedura concorsuale, rapporti di lavoro subordinato, che si trovino in cassa
integrazione guadagni o in lista di mobilità;
d)
L’art. 140,
in virtù del quale, per i lavori pubblici, il bando di
gara deve stabilire, in caso di
fallimento dell’appaltatore, che la stazione appaltante interpelli
progressivamente (sino ai cinque successivi al soggetto fallito) i soggetti che
hanno partecipato alla originaria procedura , secondo l’ordine di graduatoria,
al fine di stipulare un nuovo appalto per il completamento de lavori; implicito
e necessario presupposto di tale disciplina è che in nessun caso il rapporto
contrattuale possa proseguire con il fallito.
In conclusione, nei pubblici appalti si deve escludere
la possibilità che, a seguito di fallimento dell’appaltatore, il rapporto
contrattuale possa continuare fra stazione appaltante pubblica e l’appaltatore
fallito, ancorché il giudice fallimentare possa autorizzare l’esercizio
provvisorio della impresa. La stessa giurisprudenza di legittimità è orientata
in questo senso. La sentenza della Cassazione, sez. I, 13 settembre 2007, n. 19165 ha ribadito che il
fallimento dell’appaltatore determina obbligatoriamente la mancata prosecuzione
del rapporto contrattuale fra questi e la stazione appaltante, segnatamente nel caso
di fallimento di mandatario o mandante di un A.T.I..
Una volta validata tale esclusione occorre esaminare,
nel caso di A.T.I. e di fallimento della società mandataria, quali siano le
condizioni per la prosecuzione del rapporto mediante una sua modifica
soggettiva.
In attuazione dell’art. 37, comma 18, occorrono tre
condizioni: la costituzione di un nuovo mandatario; il possesso da parte di
quest’ultimo dei requisiti di qualificazione alle prestazioni ancora da
eseguire; il consenso da parte della stazione appaltante.
In merito alla prima condizione è bene sottolineare che
il nuovo mandatario che sostituisce quello fallito può essere sia un soggetto
estraneo all’originario raggruppamento di imprese, sia uno dei mandanti dell’A.T.I.
medesima. In questa ultima ipotesi i soggetti mandanti debbono essere
necessariamente più di uno per far si che, nella ipotesi di sostituzione di un mandante
in luogo del mandatario, rimanga in piedi l’A.T.I., essendovi ancora almeno un
mandante. Difatti, se l’unico mandante si sostituisce al mandatario fallito,
viene meno l’originario soggetto contraente, ossia l’A.T.I. e, il rapporto contrattuale si svilupperebbe con
un soggetto nuovo, una impresa singola, con conseguenze deleterie immediate dovute alla riduzioni di garanzie per la stazione
appaltate pubblica. Questa, nell’ interfacciarsi con una A.T.I. ha di fronte a
sé una pluralità di soggetti responsabili della corretta esecuzione del
contratto: se l’A.T.I. è verticale il mandatario è responsabile in solido
mentre il mandante lo è pro quota; se
l’A.T.I. è di tipo orizzontale, si applica pienamente il principio di
solidarietà (art.1292 c.c.). Se l’A.T.I. si estingue e in suo luogo si costituisce una
impresa singola, si determina un nuovo regime di responsabilità rispetto a quello solidaristico appena accennato. La
stazione appaltante non possiede più i soggetti
sul cui patrimonio contare in caso di inadempienza totale o parziale della
società mandataria. Altresì, la scelta
del nuovo mandatario in luogo del fallito viene effettuata congiuntamente dai
soggetti partecipanti al raggruppamento
di impresa, non potendo provenire dal curatore della società mandataria
fallita.
Addentriamoci oltre pur rimanendo sempre all’interno
della prima condizione.
Come si deve comportare la stazione appaltante pubblica
in caso di cessione o affitto di azienda da parte dell’appaltatore fallito?
Occorre distinguere a seconda del momento in cui
avviene la cessione o l’affitto dell’azienda. Se avviene antecedentemente alla dichiarazione tribunalizia di fallimento
dell’appaltatore, la cessione o l’affitto dell’azienda da parte
dell’appaltatore ancora in bonis può
essere opposta alla stazione appaltante, la quale può esprimere il proprio
diniego solo eccependo motivi tassativi, quali l’assenza dei requisiti di
qualificazione, inclusi quelli inerenti la normativa antimafia in capo al
cessionario o all’affittuario ex art. 116, commi 1,2 e 3 del codice degli
appalti.
Qualora, invece,
il momento della cessione o l’affitto
travalichi la dichiarazione di
fallimento dell’imprenditore cedente o
del locatore, si applica il principio generale del divieto imposto alla
stazione appaltante di proseguire nel rapporto negoziale con un soggetto fallito, che, nel caso di
specie, è rappresentato dal cessionario o dall’affittuario dell’azienda di un
imprenditore già fallito (art. 116, comma 4, d.lgs. 163/2006). Unica eccezione è
rappresentata nel caso in cui l’affitto di azienda avvenga a favore di una cooperativa
costituita o da costituire con al partecipazione di almeno i tre quarti dei
soci cooperatori, nei cui confronti risultino estinti, a seguito della
procedura concorsuale, rapporti di lavoro subordinato, o che si trovino in cassa
integrazione guadagni o in lista di mobilità. Tale ipotesi però vale solamente
per le imprese singole e mai per le A.T.I.. Quindi, solo nella cennata evenienza
il curatore fallimentare ha il potere di opporre alla stazione appaltante
l’affitto di azienda, scegliendo unilateralmente il soggetto affittuario.
Eccettuata questa unica ipotesi, non compete al curatore fallimentare designare
unilateralmente come sostituto del mandatario fallito l’affittuario di azienda,
spettando tale compito ai componenti dell’originario raggruppamento di imprese che
siano in bonis.
In relazione alla seconda condizione posta dall’art.
37, comma 18, d.lgs. 136/2006, va
rilevato che, una volta subentrato il nuovo imprenditore al mandatario fallito
in un rapporto contrattuale in corso di esecuzione, i requisiti di
qualificazione debbono essere valutati non tanto con riferimento alla originaria
prestazione, ossia alla prestazione nella sua interezza, bensì avendo riguardo
alle prestazioni ancora da eseguire, potendo, pertanto, essere necessari
requisiti meno pregnanti degli originali richiesti alla società mandataria
fallita e poi sostituita. Ad ogni modo il sostituto deve possedere i requisiti
di ordine generale di cui all’art. 38 del codice dei contratti.
Quanto alla terza condizione, ossia il consenso che la
stazione appaltate deve esprimere alla sostituzione, occorre capire la sua
latitudine, id est sino a che
punto può la stazione appaltante
rifiutare il subentro in parola.
La clausola di gradimento prevista dall’art.25 d.lgs.
406/1991 è stata soppressa ad opera dell’art. 37, comma 18, in commento, soppressione che ha eliminato una
eccessiva valutazione discrezionale in capo alla stazione appaltante pubblica.
Gli interessi correlati ai componenti l’A.T.I. e alla
stazione appaltante inducono ad un sensibile ridimensionamento del potere di
quest’ultima di negare la cennata sostituzione. Ancor più chiaramente il
fallimento del mandatario di un A.T.I. determinano l’interesse meritevole di tutela
dei soggetti mandanti non falliti a proseguire il rapporto contrattuale, anche
in ragione degli impegni tecnici e finanziari assunti a seguito della
aggiudicazione della gara, parimenti all’interesse meritevole di tutela del
soggetto pubblico che siano portati
celermente a compimento i lavori, i servizi o le forniture, evitando
così di procedere ad ulteriore gara con ulteriori aggravi di spesa ed organizzativi.
Il potere della stazione appaltante di recedere dal
contratto o assentire alla sua prosecuzione grazie al subentro della nuova
società non è ampliamente discrezionale, attesi i concomitanti interessi di
entrambe le parti e attesa la modifica contrattuale di mera natura soggettiva,
rimanendo inalterati i termini contrattuali (prezzo, dies ad quem di esecuzione, qualità della prestazione).
La stazione appaltante, pertanto, ha l’obbligo di
verificare la sussistenza dei requisiti in capo all’operatore economico
supplente, sia con riferimento alle originali previsioni del bando di gara, sia
con riferimento allo sviluppo della gara stessa (dalla momento del subentro alla conclusione della procedura con la
stipula del contratto, alla esecuzione
dello stesso). La assenza di tali requisiti induce inevitabilmente la stazione appaltante ad esercitare la
facoltà di recesso che deve essere debitamente motivata; parimenti il soggetto
pubblico recede dal contratto qualora l’A.T.I.,
composta anche dalla società
subentrante, pretendesse modifiche di natura oggettiva delle condizioni
contrattuali. Il rifiuto da parte della stazione appaltate del subentro della
nuova società al soggetto fallito è espresso legittimamente, con consequenziale
recesso dal contratto, qualora l’imprenditore
sostituto non rispetti i requisiti generali previsti dall’art. 38 codice dei
contratti, ovvero pretenda la modifica
sostanziale dei termini contrattuali di natura oggettiva.
L’art. 37, comma 18, non stabilisce una scansione
temporale per l’opzione della Amministrazione pubblica fra recesso del contratto
e la sua prosecuzione.
Si deve ritenere che tale scelta, nel rispetto dei
principi di affidamento, buona fede e tempestività dell’agere amministrativo, debba avvenire nel rispetto dei termini
eventualmente fissati dal contratto,
ovvero, in loro mancanza, su iniziativa del soggetto pubblico che compulsando
direttamente l’A.T.I., la invita a procedere entro un termine perentorio
fissato dalla P.A. stessa a sostituire il mandatario fallito o il mandante
fallito con altro soggetto interno (mandante o mandatario) o esterno. Scaduto
il termine e l’A.T.I. non provvede, la P.A. procederà a comunicare a
quest’ultima il recesso dal contratto; se invece l’A.T.I. provvede e il sostituto assolve ai requisiti
generali e particolari previsti dalla normativa, la P.A. si determinerà a
continuare nel rapporto contrattuale.
Laddove l’iniziativa non sia intrapresa dalla stazione
appaltante, la stessa ATI potrebbe ritenere di procedere alla sostituzione in
parola. La stazione appaltante sarà obbligata a recedere solo se il nuovo
soggetto subentrante non rispetti i requisiti su cui ci si è più volte
soffermati, ovvero pretenda cambiamenti di elementi oggettivi del vincolo
contrattuale.
In conclusione, riassumiamo:
stipulato un appalto si qualsiasi genere tra una
stazione appaltate e una A.T.I. in caso di fallimento della società mandataria,
il rapporto contrattuale non può proseguire automaticamente con la curatela
fallimentare, seppur autorizzata dal giudice all’esercizio provvisorio della
impresa, trovando applicazione l’art.37, comma 18, codice degli appalti, che in
veste di norma speciale, prevale sull’art. 81 l.f., permettendo alternativamente il
recesso ovvero la prosecuzione dell’originario rapporto per il tramite della
novazione soggettiva (sostituzione del fallito); ove la curatela fallimentare
stipuli un contratto di affitto o di cessione di azienda, tale contratto non è
opponibile alla stazione appaltante, ai sensi dell’art. 116 d.lgs. 163/2006, atteso
che i primi tre commi si riferiscono alla cessione o affitto di azienda
dell’imprenditore in bonis (ossia non
fallito), mentre il quarto comma, pur contemplando l’affitto e la cessione di
azienda da parte del curatore dell’appaltatore fallito, in presenza di
condizioni specifiche e tassative, presuppone l’appalto con una impresa
singola e non con una A.T.I. di cui
fallisca il mandatario ( o il mandante).
Posto che il
fallimento del mandatario estingue il contratto di mandato (art. 78 l.f), in caso di fallimento
del mandatario di una A.T.I., il sostituto del mandatario fallito deve essere a
sua volta costituito come mandatario della stessa A.T.I. e, dunque, deve essere
designato dai mandanti della medesima ancora in bonis, e non dalla curatela fallimentare del mandatario fallito. L’opzione da parte della stazione appaltante pubblica se
recedere dal contratto o proseguire nel rapporto contrattuale con l’ A.T.I. (di
cui il mandante o il mandatario sia stato dichiarato fallito) non è né arbitraria
né effettuata con una discrezionalità di ampia – ed eccessiva - latitudine: la scelta è rimessa ad una
rigorosa valutazione circa il possesso da
parte del nuovo mandatario (o mandante) - nominato tempestivamente - dei requisiti di qualificazione adeguati e riguardo
l’accettazione da parte di questi delle condizioni contrattuali precedentemente
pattuite.
Tale facoltà di scelta
deve essere esercitata entro il termine stabilito dal contratto, dal capitolato speciale o entro un termine
ragionevole. Si ribadisce che in caso l’ A.T.I. sia costituita solamente da un soggetto mandante e dal
soggetto mandatario e uno dei due fallisce, l’altro non può sostituirlo,
venendo meno l’A.T.I. stessa, prendendo corpo un imprenditore unico, cessando
le garanzie e le responsabilità a tutela della stazione pubblica appaltante per
tutto ciò che è stato posto in essere prima della dichiarazione di fallimento.
Prof. Fabrizio Giulimondi
La presente pubblicazione è
depositata alla SIAE e tutelata a sensi della normativa vigente sul diritto d’autore.
Provvederò a citare il giudizio
dinanzi l’Autorità Giudiziaria competente chiunque copi totalmente o
parzialmente il testo senza il mio consenso preventivo.
Fabrizio Giulimondi
Nessun commento:
Posta un commento