Dopo
aver letto i bei romanzi Ragionevoli
dubbi, Il silenzio dell’onda, Il bordo vertiginoso delle cose e il suggestivo
racconto La velocità dell’angelo nella
raccolta Cocaina, ho approcciato l’ultima
fatica di Gianrico Carofiglio “La regola dell'equilibrio” (Einaudi), nella quale tornano le storie
che vedono protagonista la sua principale creatura letteraria, l’avvocato
penalista del foro di Bari (città nativa dell’Autore) Guido Guerrieri, le cui
fattezze psicologiche e modalità operative ricordano molto il commissario Ricciardi, ideato dallo scrittore partenopeo Maurizio De
Giovanni.
Lo
stile è, come sempre, scorrevole e la narrazione gradevole, didascalica ogniqualvolta
vi sia un passaggio che necessiti di una spiegazione processual-penalistica
dell’istituto citato.
La
figura di Guerrieri risente della originaria professione di magistrato di Carofiglio:
difende solo persone che ritiene innocenti e si tiene lontano da coloro che hanno
posto in essere condotte criminose quali la corruzione o la concussione, salvo
non le ritenga assolutamente estranee ai fatti loro contestati.
Il
fulcro del racconto gira intorno a questo quesito deontologico ed etico, posto
a difensori e giudici:
“Il lavoro dell’avvocato penalista consiste,
perlopiù, nel difendere imputati colpevoli-spesso di reati gravi e ripugnanti –
e nel cercare, con tutti i mezzi leciti, di farli assolvere…….Il nostro
problema, dunque, è duplice: come ammettere la liceità etica della difesa di un
colpevole di reati orribili; come ammettere la liceità etica della privazione
della libertà personale di una persona da parte di un’altra persona.”.
Fabrizio
Giulimondi