“Se un giorno mi vedrai vecchia: se mi sporco quando
mangio e non riesco a vestirmi... abbi pazienza, ricorda il tempo che ho
trascorso ad insegnartelo. Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose,
non mi interrompere... ascoltami, quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni
sera la stessa storia finché non ti addormentavi. Quando non voglio lavarmi non
biasimarmi e non farmi vergognare... ricordati quando dovevo correrti dietro
inventando delle scuse perché non volevi fare il bagno. Quando vedi la mia
ignoranza per le nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi
con quel sorrisetto ironico ho avuto tutta la pazienza per insegnarti l'abc;
quando ad un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso...
dammi il tempo necessario per ricordare e se non ci riesco non ti innervosire:
la cosa più importante non è quello che dico ma il mio bisogno di essere con te ed averti li che mi ascolti. Quando le mie gambe
stanche non mi consentono di tenere il tuo passo non trattarmi come fossi un
peso, vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l'ho
fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi. Quando dico che vorrei essere
morta... non arrabbiarti, un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo.
Cerca di capire che alla mia età non si vive, si sopravvive. Un giorno
scoprirai che nonostante i miei errori ho sempre voluto il meglio per te che ho
tentato di spianarti la strada. Dammi un po' del tuo tempo, dammi un po' della
tua pazienza, dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stesso modo in cui
io l'ho fatto per te. Aiutami a camminare, aiutami a finire i miei giorni con
amore e pazienza in cambio io ti darò un sorriso e l'immenso amore che ho
sempre avuto per te. Ti amo figlio mio.”.
sabato 27 aprile 2013
venerdì 26 aprile 2013
"IRON MAN 3" DI SHANE BLACK
“Iron Man 3” di Shane Black, con un disintossicato da alcol e droghe Robert Downey nella parte del supereroe
creato dalla mente fantasmagorica di Stan Lee (marchio Marvel, come i
Fantastici 4, Spider Man, Thor, Devil, Lanterna Verde, Capitan America, Ghost Rider, X Men e Hulk).
In un’orgia di effetti speciali, stuntman a profusione, rumori e
esplosioni senza soluzione di continuità, si inserisce
una storia che non ripete la carica emotiva delle molto più avvincenti pellicole precedenti.
Il nostro Uomo di Ferro vive
una crisi umana probabilmente dovuta al trovarsi ingessato in una personalità che non gli si
addice, regolarmente fidanzato con Pepper Potts (l’affascinante Gwyneth Paltrow), lui che aveva bellissime
donne a iosa. Non solo!Ha crisi di panico causate degli accadimenti avvenuti in
The Avengers (in cui è coprotagonista
insieme a Thor, Hulk, la
Vedova Nera , Capitan America e Robin) ove ha rischiato di lasciarci sul serio la pelle.
Questa volta il suo acerrimo nemico è Mandarino (nome degli antichi funzionari cinesi), una sorta di Bin
Laden con gli occhi a mandorla – seppur non dotato di super poteri al pari modo
pericolosissimo terrorista - che è determinato ad annientare l’America, incarnando ovviamente gli incubi quotidiani di ogni singolo
cittadino statunitense.
Mia figlia ha gradito parecchio la
nuova versione di Iron Man,
meno spaccone e più riflessivo, a me meno, perché la sua minor simpatia e
ironica giocosità, unitamente ad una ridotta intraprendenza con il gentil
sesso, rende l’incedere narrativo leggermente noioso: ce lo vedete Voi Johnny Storm, in arte
la
Torcia Umana ,
con moglie e figli?
Fabrizio Giulimondi
giovedì 25 aprile 2013
FABRIZIO GIULIMONDI: AL TEATRO GOLDEN.....DUE GRANDI ATTORI, UNA GRANDE COVER, UN GRANDE SPETTACOLO!
Una cover
Un telo dove vengono proiettate le
allucinazioni visionarie e oniriche di Syd Barrett
Un ragazzo e una ragazza
L’incontro
L’amore
La galera
Il ritorno
L’incomunicabilità
C’è qualcuno lì che mi ascolta?
IL MURO
C’è qualcuno lì che mi ascolta?
IL MURO
C’è qualcuno lì che mi ascolta?
THE WALL
mercoledì 24 aprile 2013
25 APRILE 1945 - 25 APRILE 2013: E' TEMPO DI PACIFICAZIONE NAZIONALE
domenica 21 aprile 2013
"SIA FATTA LA TUA VOLONTA' " di STEFANO BALDI
“Sia
fatta la Tua volontà” di Stefano
Baldi (Newton Compton Editori) è
un libro che segna la persona, entra dentro di lei, la trascina nei luoghi dove
non vuole mai andare, perché ne ha terrore, perché sono luoghi dove sa che
invece dovrà necessariamente recarsi.
Questo
capolavoro parla della morte, parla della morte di una persona affetta da
tumore in entrambi i polmoni, parla della morte e del percorso di sofferenza e
di paura di un ragazzo di 26 anni, Luca, detto Lazzaro. Ma chi è Luca detto
Lazzaro? E’ lo stesso Autore del romanzo autobiografico, Stefano Baldi, morto dopo pochi giorni aver finito di scriverlo.
Stefano Baldi è
Luca, un giovane anonimo come tanti, con sogni low cost come tanti. Si sente insignificante nel fisico e nella
personalità: non ci sa fare con le ragazze, è un mediocre sul lavoro, sempre
annoiato con gli amici, senza speranze o desideri particolari, con un padre
morto di cancro, un fratello voluminoso e ritardato di cui vergognarsi e una
madre, da cui si allontanato come dalla fede, a cui invece la madre è
legatissima.
Luca
vive in una piccola località, Maddalena, vicino Bologna, e trascorre settimane
grigie e noiosi fine settimana insieme ad amici vuoti, che hanno come unica
aspirazione contare il maggior numero di ragazze da portarsi a letto.
“Tenete questo libro vicino a voi anche
quando avrete voltato l’ultima pagina”: invito fatto da critici letterari cui
mi associo.
Luca
si decide di capire l’origine di una fastidiosa e persistente tosse grassa e scopre
di avere un carcinoma in entrambi i polmoni: la musichetta ripetitiva e noiosa
della sua esistenza come certe melodie orientali cambia, trasformandosi in un’opera
tragica.
E’
difficile raccontare il dramma che percorre il proprio corpo, la propria mente,
la propria anima. Baldi, attraverso Luca detto Lazzaro, lo fa, spesso con
ironia, scherzandoci anche su, con la bocca impastata dalle lacrime.
Ho
difficoltà a parlare e commentare e recensire ciò che ogni parola, ogni riga e
ogni pagina esprime di Luca, ossia dello Scrittore, a cui non potrà essere
riconosciuto alcun Premio, alcuno Strega, o Campiello, o Nobel. E’ difficile
perché le emozioni non si sono ancora depositate, le sensazioni non si sono
sedimentate, le parole di Baldi sono ancora nell’aria e fluttuano con il suo
carico di bellezza, di dolore e di angoscia.
La
madre di Luca sa quale sarà il futuro del figlio ma non v’è disperazione in lei
(“Lei gli stette accanto e lo aiutò
durante la malattia, con l’affetto che non guarisce, ma cerca almeno di
condividere la sofferenza, con la compagnia che non cambia la meta, ma che si
propone almeno di aiutare a viaggiare meglio”).
La
madre possiede la fede, il figlio no. Don Edoardo lo avvicina e lo conduce per
mano su praterie inesplorate dove Luca non si è mai avventurato, verso panorami
a lui sconosciuti. V’è un Dio che parla di sé attraverso le parabole dei
talenti e del figliol prodigo e per mezzo della simbologia della Umanità come
un corpo umano.
Luca
comincia ad avere gravi problemi respiratori ma questo non gli impedisce di
notare una prostituta dell’est europeo e di cambiarle la vita. Alla storia di
Luca si affianca quella di Irina, schiava, umiliata, massacrata, torturata,
seviziata dai propri aguzzini slavi e dai propri lerci clienti. L’ultimo fiato,
prima di perderlo, prima di perdere l’autonomia su tutto, prima del pannolone e
dell’annichilimento del propria fisicità, Luca lo dona a Irina, facendola
ridiventare Anna, fuori dalla belluina ferocia dei propri carnefici, fuori
dall’infame trattamento dei suoi “utenti”.
La
mano fredda della “donna ossuta” lo prende sempre di più per condurlo dove non
vorrebbe andare, ma un’altra, calda, lo tiene per mano.
“Questo
percorso lo faremo insieme, non ti lascerò mai solo” è l’adagio della
seconda parte del libro, che si insinuerà dentro il lettore e che, come Marco
Lodoli ha sostenuto, “prima Vi farà male,
poi bene”.
Mi sovviene
in mente quell’anonimo brasiliano che recita: “perché Signore nei momenti di angoscia la Tua impronta sulla sabbia non
era accanto alla mia? E Dio rispose: “Perché
Ti avevo preso in braccio!”.
Luca è
libero, non più condizionato dalle banalità del mondo e scopre il fratello,
scarso di intelligenza, che gli ha creato sempre imbarazzo con gli amici e le
ragazze. Giorgio - “il talento più scarso
e quello più splendente” - che Luca vede davanti alla statua della Madonna
pregare a voce alta così la Signora lo sente meglio e guarisce prima il
fratello.
E poi
vi sono gli amici, che dovranno affrontare l’impaccio e l’imbarazzo che le
certe patologie creano, ognuno in maniera diversa, ognuno con la propria particolare
fuga.
E’ la
narrazione di una vita grigia trascorsa inutilmente fra facezie e problemi
fittizi che, alla fine, sboccia.
Baldi vergherà di proprio
pugno una lettera indirizzata a don Edoardo per ringraziarlo di tutto…. prima che
tutto si concluda…. che poi non è la Fine, ma solo l’Inizio.
Fabrizio Giulimondi
sabato 20 aprile 2013
"BIANCA COME IL LATTE, ROSSA COME IL SANGUE" DI GIACOMO CAMPIOTTI
“Bianca come il
latte, rossa come il sangue”, film assolutamente da vedere, altamente
consigliato agli adolescenti, ragazzi,
fanciulli, giovani e chi più ne ha più ne metta. Tratto dal romanzo omonimo di
Alessandro D’Avenia (Mondadori, 2010) e molto ben diretto da Giacomo Campiotti, parte come uno dei
tanti film giovanilisti stile “Notte
prima degli esami”, per poi trasformarsi
all’improvviso in una pellicola drammatica
di alto valore morale e valoriale: riprende, modernizzandolo, il filone cinematografico tragico - che ha visto il suo
apice nei primi anni settanta – in cui la protagonista al termine muore di
grave malattia.
Leo è uno dei tanti sedicenni, un po’ sfigato, già disilluso sul proprio futuro, disinteressato della scuola,
innamorato della compagna,
inavvicinabile nella sua aurea di
bellezza. Il triangolo è sempre lo stesso: lui ama la bella sconosciuta e parla
sempre di lei alla propria amica di
infanzia, che in realtà stravede per lui. Lui chiede aiuto a lei perché possa aiutarlo
ad avvicinarlo all’amata, tentativo fallimentare perché l’amica del cuore (per lui) si
impegnerà – con l’inganno –ad impedirlo.
Tutto scorre liscio come l’olio, finché la bella dai capelli rossi e la pelle
pallida non si ammala di una forma devastante di leucemia.
Tutto cambia: il cazzeggio
finisce e il sedicenne con i suoi amici si impattano con la
Malattia , la
Morte , la
Sofferenza , la
Paura , Dio (parola che scritta sul cellulare con il sistema
di digitazione T9 è Fin e, quindi, non esiste). Morire a sedici anni non è accettabile e non lo è a
maggior ragione per uno che ama. Il sedicenne innamorato e un po’ sfigato non rientra fra quelli descritti dalla pulviscolare moltitudine di
libri e film progressisti e politicamente corretti sui “giovani d’oggi”, tutti
centri sociali, impegno politico (ovviamente di un certo tipo) e scopate. Il protagonista ama davvero e
non v’è una sola scena di sesso, ma solo inquadrature che mostrano una
commovente dedizione a lei (di lacrime
dai Vostri occhi ne usciranno a profusione).
Leo è terrorizzato degli aghi ma offrirà se stesso (v’è qualche cosa di
più bello che offrirsi per il proprio Zahir?) per la donazione del midollo
osseo, e donerà tutto il tempo a lei e studierà seriamente, perché così lei gli ha chiesto. Leo scoprirà
molte cose insieme ai suoi amici e, grazie
alla bella dai capelli rosso fuoco e la
pelle bianca, troverà un amore tenero e pulito nella sua amica di infanzia, brava a scuola e legata
alla famiglia.
Vedetelo, perché il regista affronta temi difficili per i quali vi sono insolute domande e parla in maniera non banale della malattia e
cosa v’è dietro la parola FIN. Il professore, seppur giovane, non è travolto dalla superficialità del Nulla imperante e fa l’
educatore anche conducendo sul ring Leo per un incontro di boxe, così che possa sfogarsi e tirare fuori la propria disperazione, l’angosciante buio che ha
dentro, perché la vita è come un
incontro di pugilato.
In questo lavoro cinematografico non c’è l’asfissiante assenza di valori
imposta dalla violenza del relativismo etico: il dramma è vivisezionato per conto di una
determinata ottica e la visuale
dell’Autore propone ai ragazzi una prospettiva, che poi è una speranza! La morte non porterà alla disperazione ma a una
riconciliazione, a un delicato bacio fra sedicenni, ad un abbraccio tra ex
bulli, a una festa insieme ad amici
ritrovati al ritmo dei brani dei Modà e di Andrea Guerra, le cui musiche sono perfette
colonne sonore di un’ opera che dovrebbe essere proiettata in tutte le
scuole medie superiori d’Italia.
Complimenti a tutti gli attori, protagonisti, coprotagonisti e non, sino
alle comparse, tutti bravissimi, da Flavio Insinna, a Luca Argentero (il
professore), a Filippo Scicchitano (Leo, già interprete in Scialla), ai volti meno noti
- per ora - ma egualmente straordinari, del
nuovo cinema italiano.
ANDATECI!!!
Fabrizio Giulimondi
venerdì 19 aprile 2013
"COME PIETRA PAZIENTE" DI ATIQ RAHIMI
“Come pietra
paziente” diretto dallo stesso autore dell’omonimo libro Synguè Sabour.Pierre de patience
il franco afgano Atiq Rahimi.
La tormentata Terra dell’Afganistan in sempiterna lotta fra tribù
talebane, fa da sfondo alla storia di una splendida ragazza di un villaggio
vicino Kabul interpretata da una straordinaria Golshifteh Faraham.
La protagonista, madre di due bambine, vive da tre settimane con il marito che giace sul pavimento della
povera casa dove abitano, in stato comatoso perché attinto nel collo da una pallottola,
mai rimossa da alcuno. Fra la donna e l’uomo, immobile per tutto il tempo, gli
occhi chiusi, il respiro talmente flebile – vera colonna sonora del film – da
farlo apparire morto, inizia un dialogo unilaterale. La giovane intraprende
un cammino snocciolato in racconti, verità nascoste, misteri disvelati, rabbia, risentimento, per tutte le umiliazioni
subite mentre era sposa, dal marito oltre dalla di lui madre. La donna comincia
un racconto della sua anima che diventa verbo per le apparenti sorde orecchie
del consorte.
Lo sposo è la pietra paziente, che per
le credenze popolari di quelle
alture assorbe il dolore delle persone che ad essa si rivolgono e
interloquiscono e, una volta piena delle loro storie, si frantuma, per liberare
i confessori dai loro patimenti. Il marito è la pietra paziente della
narrazione della moglie che metterà a nudo il “dietro le quinte” della sua esistenza
come adolescente, ragazza, fidanzata e consorte, a partire da quando ella si è
sposata con accanto la sola effige del “promesso” ed un suo coltello, essendo
egli assente perché troppo impegnato a fare l’eroe in guerra. E racconta la
sofferenza di una donna afgana con il burka, che poi è la sofferenza di tutte
le donne afgane imprigionate nel burka e
nel terribile fardello sulle spalle
delle farneticanti regole islamico-talebane. In quelle tre settimane con
accanto un corpo più simile ad un cadavere, per salvarsi dagli stupri e dalle
sevizi dei miliziani che scorrazzano in quella zone, si deve fingere una prostituta: le prostitute
sono immonde e non possono essere toccati dai bravi maomettani che potrebbero
essere contaminati dalla loro impudicizia. In realtà, solo facendo
realmente la meretrice impedirà a se stessa e ai figli di morire di fame, non
potendo godere della protezione di un altro uomo battendo al coniuge ancora il
cuore.
La storia si sviluppa fra le squallide stanze della abitazione e le polverose
strade del villaggio, fra colpi di kalashnikov
e di mortaio.
Il finale – aspettato – conduce al risveglio della pietra paziente.
Bravissima l’attrice che è sulla scena per 98 minuti con la sua voce, lo
sguardo intenso dei bellissimi occhi, la mimica di un volto di rara
espressività.
Fabrizio
Giulimondi
"CI VEDIAMO DOMANI" CON ENRICO BRIGNANO
“Ci vediamo domani” di Andrea Zaccariello con Enrico Brignano (protagonista assoluto) e Ricky Tognazzi (compresenza di peso), che fisicamente assomiglia sempre più al padre Ugo.
Non condivido la sussunzione di questo film fra le pellicole comiche, giacché possiede un mixage di elementi, alcuni dei quali si avvicinano senza meno a quelli propri del cinema c.d. brillante o divertente che dir si voglia, ma altri, invece, sono meglio qualificabili come macabri, tristi, malinconici e, talora, persino un po’ angoscianti.
Enrico Brignano – attore che esprime meglio le proprie notevoli qualità attoriali in teatro – interpreta un fallito a tutto tondo, sia a livello familiare che professionale, che si ingegna a intraprendere una attività commerciale nel campo delle pompe funebri (la morte è l’unico evento certo della vita!) in un paesino dove il più giovane ha novanta anni. Il nostro novello becchino è proprio sfortunato perché i vecchietti non hanno la minima intenzione di passare a miglior vita. Le proverà tutte per oliare il percorso verso l’altro mondo, facendosi aiutare dalle intemperie climatiche e da grandi mangiate, ma a sentirsi male è regolarmente lui: la fibra degli abitanti del villaggio è granitica. La svolta economica del necroforo arriverà grazie all’escamotage congeniato dagli anziani, che oltre ad essere in ottima salute sono anche in splendide condizioni mentali. Il finale è imprevisto e ad effetto.
Buon divertimento!......o quasi.
Fabrizio Giulimondi
martedì 16 aprile 2013
FABRIZIO GIULIMONDI: A PROPOSITO DELLA ELEZIONE DEL CAPO DELLO STATO!
L’ abc SULLA ELEZIONE DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
A norma dell’art. 83 della Costituzione, il Presidente della
Repubblica è eletto dal Parlamento in
seduta comune, integrato da tre delegati per ogni Regione (a statuto ordinario
e speciale) eletti dai rispettivi Consigli Regionali, nel rispetto delle minoranze politiche (due
alla maggioranza ed uno alla minoranza). Avendo la Valle d’Aosta un solo
delegato, il numero complessivo delle espressioni regionali - che si aggiungono ai senatori eletti e a
vita (ex Presidenti della Repubblica e
nominati ai sensi dell’art. 59, comma 2, Cost.) e ai deputati - pertanto ammonta a cinquantotto unità.
L’elezione ha luogo a scrutinio segreto ed a maggioranza qualificata dei
due terzi dei componenti l’Assemblea (Parlamento con funzioni elettorali in
seduta comune integrato dai rappresentanti delle Regioni), proprio per la necessità
che il Capo dello Stato sia eletto dal più gran numero di parlamentari e dei nunci regionali e, quindi, dalle varie
anime politiche, culturali e partitiche
italiane, essendo il Presidente della Repubblica il rappresentante della unità
nazionale (art.87 Cost.).
Solamente dal quarto scrutinio in poi è sufficiente la maggioranza
assoluta, ossia il 50 per cento più uno dei componenti del Parlamento in seduta
comune integrato nel modo sopra evidenziato: inevitabile la conseguenza di un
Capo dello Stato con una statura istituzionale e di moral suasion di minor cabotaggio.
I Padri Costituenti hanno optato per un tipologia di sistema elettorale
indiretto, per il tramite del Parlamento, organo rappresentativo del Popolo
italiano, rifiutando il percorso elettorale vigente in altri ordinamenti
(seppur sensibilmente diversificati fra di loro) come quello statunitense (presidenzialismo
puro) e francese (semi presidenzialismo), nei quali il Presidente viene votato direttamente dal Popolo (negli
Stati Uniti attraverso la elezione dei
Grandi elettori in ogni Stato membro).
Tale scelta è indubbiamente più coerente alla forma del Governo
parlamentare (Parlamento con funzioni legislative conferente la fiducia al Governo, tributario di
competenze esecutive e, talora,
normative), mentre una maggiore consonanza della elezione diretta del Capo
dello Stato è con quei statuti ordinamentali che assegnano a quest’ultimo poteri
di ordine politico interno ed internazionale, nonché creatori di diritto.
A tale riguardo v’è un vivace e
annoso dibattito politico, culturale,
dottrinario e massmediatico su un eventuale mutazione genetica della nostra
intelaiatura costituzionale, nascente dall’inserimento nella nostra Grundnorm della elezione diretta
del Presidente della Repubblica, che
condurrebbe fatalmente ad una innovata qualificazione del Governo da
parlamentare a presidenziale (o semi-presidenziale a seconda del diverso
atteggiarsi delle modifiche costituzionali che sarebbero apportate in
subiecta materia).
Negli anni 1946 e 1947 tale concezione politologica statuale fu reietta
perché vista come foriera di pericoli per la democrazia, vista l’esperienza del
ventennio precedente: un Capo dello Stato eletto direttamente dal corpo
elettorale, con pieni poteri politici, esecutivi e legislativi, ha fatto
tremare le vene ai polsi della Assemblea
costituente, che ha virato convintamente per un Parlamento centrale nello
schema costituzionale, per un sistema di fonti legicentrica e un Governo con un
Presidente del Consiglio titolare di una apparente supremazia sui Ministri, ma
in realtà primus inter pares con i medesimi (del tutto differente dal premierato
britannico in cui il Prime Minister ha poteri, fra i tanti, di nomina
e revoca dei ministri) e, in conclusione, per un Presidente della Repubblica “simbolo” della
Nazione, con scarsi poteri effettivi (previsti agli artt. 59, comma 2, 87, 92,
104, 135 Cost.).
I requisiti dell’elettorato passivo sono pochi e semplici: essere
cittadino italiano, avere compito cinquanta anni e godere dei diritti civili e
politici. Esclusione era espressamente
sancita nell’art. XIII delle “Disposizioni transitorie e finali” della
Costituzione per i discendenti della famiglia reale Savoia: ”I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori
e non possono ricoprire uffici pubblici né cariche elettive”, ma la legge
costituzionale 23 ottobre 2002, n. 1 ne ha dichiarato l’inefficacia.
La durata dell’incarico è di
sette anni il cui dies a quo parte dalla prestazione del giuramento di fedeltà alla
Repubblica e di osservanza della Costituzione innanzi al Parlamento in seduta
comune, a mente dell’art. 91 Cost.
Il lungo periodo del mandato trova la sua giustificazione nel ruolo super partes di moderatore ed equilibratore delle diverse e contrapposte
istanze politiche del Presidente della Repubblica, non essendo vincolato ad alcuna specifica pars
politica.
La convocazione del Parlamento in seduta comune (che nella evenienza che
stiamo vivendo in questi giorni è composto da 1007 elettori: 630 deputati; 315
senatori eletti; 4 senatori a vita; 58 delegati delle Regioni) è compiuta dal
Presidente della Camera trenta giorni prima del giorno della scadenza del
settennato che, come abbiamo poc’anzi detto, incomincia a far data dal pronunzia
del solenne giuramento).
L’Aula che ospita la procedura elettorale è quella della Camera dei
Deputati(Palazzo di Montecitorio) ed è disciplinata dal suo Presidente, accanto
al quale siede quello del Senato della Repubblica. Per garbo istituzionale il
cerimoniale riserva 319 posti ai
senatori in quanto ospiti e componenti
della “Camera Alta”.
In ordine, prima votano i senatori a vita, poi i senatori eletti, successivamente i deputati e, infine, i delegati regionali.
In ordine, prima votano i senatori a vita, poi i senatori eletti, successivamente i deputati e, infine, i delegati regionali.
“Se le Camere sono
sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo
entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono
prorogati i poteri del Presidente in carica.”. (art. 85, comma 3).
Prof. Fabrizio Giulimondi
lunedì 15 aprile 2013
"TI VOLEVO DIRE" DI DANIELE BRESCIANI
“Ti volevo dire”, opera prima del giornalista Daniele Bresciani(Rizzoli).
Una ragazzina quindicenne milanese trova il padre morto di infarto al
letto e il trauma le toglie l’uso della parola. Il percorso per ritrovare la
favella non avverrà solo con la logopedia ma, soprattutto, attraverso la pedissequa
ricerca del passato del padre, che in gioventù aveva avuto un altro grande,
forse, unico vero amore, durante il soggiorno per lavoro a Londra.
L’Autore si sforza di dare pathos, tensione emotiva, vibrazioni sentimentali
alla narrazione, ma non vi riesce in alcuna maniera. Solo nelle ultime pagine
al lettore pulserà un poco il muscolo cardiaco.
Fabrizio Giulimondi
domenica 14 aprile 2013
FABRIZIO QUATTROCCHI 14 APRILE 2004-14 APRILE 2013
"VI FACCIO VEDERE ECCO COME
MUORE UN ITALIANO"
sabato 13 aprile 2013
Democrazia, Sondocrazia, Webcrazia: e i Partiti?
Fra tutte le formazioni sociali che elaborano e traducono i dati della
realtà politica a livello di Stato - apparato, peculiare e preminente posizione
occupa il partito politico come associazione di individui accumunati da una
visione di parte degli interessi generali della Comunità statale. Elementi costitutivi del partito
risultano, pertanto, essere la pluralità di persone, il patrimonio e lo scopo.
In merito a questo ultimo e al suo raggiungimento non può non esservi una organizzazione stabile.
Il ruolo fondamentale della azione dei partiti nella vita ordinamentale dello Stato è
riscontrabile nella loro rilevanza costituzionale. Occorre distinguere una
posizione costituzionale del partito come strumento privatistico (associazione
non riconosciuta) indispensabile per la determinazione della politica nazionale, ed una situazione di vera e propria
incorporazione dello Stato come istituzionalizzazione ed attribuzione al
partito della qualità di organo stesso di formazione della volontà statale.
Questa bipartizione trova riscontro nei due diversi tipi di sistemi giuridici e
politici che l’occidente ha conosciuto: quelli delle democrazie bi o
multipartitiche e quelle – per fortuna
in via di estinzione – dei Paesi a socialismo reale.
L’incardinazione del partito
politico nella compagine costituzionale italiana è avvenuta nel 1948 in forza dell’art. 49
della Carta Costituzionale: ” Tutti i
cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con
metodo democratico a determinare la politica nazionale”. La disposizione in
esame costituisce una evidente specificazione dell’art. 18 Cost. (libertà di
associazione), che rende la costituzione di un partito politico non un diritto,
bensì una libertà.
Occorre chiedersi se solo i cittadini iscritti ai partiti concorrono
alla creazione della vita politica
nazionale. La risposta non può essere
che negativa alla luce della interpretazione testuale della espressione
“concorrere” utilizzata nel citato art. 49 Cost. e, della concomitante esistenza della libertà di
associazione sancita nell’art. 18 Cost., che danno luogo ad un pluralismo associativo teso a
contribuire allo “svolgimento della
personalità umana” (art.2 Cost.), al "pieno
sviluppo della persona umana e all'effettiva partecipazione alla organizzazione
politica, economica e sociale del Paese" (art.3 Cost.).
L’associazionismo politico, strutturato in partiti e non (pluralismo
politico), costituisce un valore
costituzionale ineliminabile ed immediatamente caratterizzante il nostro
ordinamento istituzionale: i partiti concorrono alla realizzazione della politica nazionale unitamente alle altre
forze politico-sociali.
L’azione dei partiti di partecipazione alla politica nazionale si svolge in seno al c.d.
Stato - comunità e non al c.d. Stato - apparato, ove si persegue un indirizzo
politico generale attraverso l’azione “di parte” del Governo. Il concorso alla
determinazione della politica nazionale è operato per mezzo del metodo democratico, che non deve indirizzarsi
solamente all’esterno della
struttura-partito (ad esempio: nella manifestazione
delle idee, nella soluzione da approntare per le questioni di interesse
generale o in costanza delle competizioni elettorali), bensì anche nella sua organizzazione
interna, nella esistenza di normazione quali statuti, atti costitutivi e vari interna corporis, oltre nel rispetto della o delle “correnti” di minoranza.
La funzione pubblica di rilievo costituzionale esercitata dal
partito può e deve indurre organi
statuali a ciò preposti a verificare certamente non l’aspetto più propriamente
ideologico di esso (a meno che esso non incida sui principi fondamentali della Repubblica, le libertà poste a base dell’ordinamento
giuridico italiano, i diritti
riconosciuti e garantiti dalla Carta Costituzionale e il diritto comunitario),
ma il contenuto delle sue fonti di
diritto, gli aspetti squisitamente
comportamentali a livello verticale fra
dirigenti, quadri e associati, oltre che orizzontale fra “pari grado”. Il
nostro ordinamento non conosce lo strumento previsto dall’art. 21 della
Costituzione germanica che assegna al Tribunale Costituzionale Federale il
potere di dichiarare la incostituzionalità di un partito politico qualora, per
la sua finalità o per il comportamento
dei suoi vertici o dei suoi simpatizzanti, si prefigge di danneggiare o eliminare
l’ordinamento fondamentale democratico e liberale o di minacciare l’esistenza
della Repubblica.
E’ il collegamento fra partito e
rappresentanza politica che negli ultimi anni è stato messo in discussione, al
pari del binomio rappresentanza e rappresentatività politica.
« Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco
di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo
esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo,
voluto. ». Così si espresse
alla Camera dei Deputati Benito Mussolini il 16 novembre 1922, dopo la Marcia su Roma del 28
ottobre 1922: il collegamento fra partito e rappresentanza politica era stato cancellato,
il binomio rappresentanza-rappresentatività annullato.
La storia in verità non insegna
nulla e i dittatori in camicia nera e i
tiranni in camicia bruna e rossa possono tornare, per questo è opportuno una
breve disamina su questi temi.
Si suole generalmente affermare
che l’elezione con metodo democratico di selezione dei governanti conferisce a
questi la qualità dei rappresentanti: ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione (art.67 Cost).
La figura della rappresentanza
tratteggiata dalla cennata disposizione non si identifica in nulla con l’omonimo
istituto civilistico. Il codice civile, agli artt. 1387 e seguenti, prevede che
i negozi giuridici stipulati dal soggetto rappresentante nel nome e nell’interesse
del soggetto rappresentato producono effetti direttamente in capo a quest’ultimo,
mentre la rappresentanza, qualificabile come politica, prevista nella Carta
Costituzionale, ha elementi costitutivi di ben altra natura: gli eletti non
rappresentano una determinata parte della collettività, ossia il partito o l’area
politica che li ha espressi inserendoli nelle liste elettorali, ma l’intera Comunità
nazionale; non sussiste alcun rapporto giuridico fra rappresentante e
rappresentato, non essendovi, a mente dell’art. 67 Cost, alcun vincolo di
mandato (il che comporta la piena libertà di azione e decisionale del parlamentare nel transitare per qualsivoglia
ragione da un gruppo all’altro e nel non adeguarsi alle direttive di voto del
capogruppo); non esiste il potere da parte degli elettori di revocare gli
eletti.
La rappresentanza politica, che
senza dubbio ha una consistenza ectoplasmatica, è stata definita dal Romano e
dal Biscaretti rappresentanza di interessi generali; dal Mortati rappresentanza
di interessi collettivi visti nel loro insieme; dal Lavagna rappresentanza di
opinioni; dal Giannini struttura organizzatoria intesa a collegare mediante
elezioni un gruppo ad un ente esponenziale; dal Balladore Pallieri come una
figura che caratterizza alcuni organi per il cui mezzo la volontà popolare è
presente nel governo dello Stato.
Quanto stabilito dalla Costituzione determina l’inevitabile sanzione di grave
incostituzionalità di quei comportamenti posti in essere da alcuni gruppi
dirigenti nello svolgimento della attività di controllo quasi manu
militari degli intendimenti politici dei componenti del proprio gruppo parlamentare, adoperando metodi somiglianti
più a quelli utilizzati da alcune sette religiose o presunte tali, che alle
consuete metodologie di dialettica politica interne ai partiti, che per
tale ragione di devono dotare statutariamente di organi interni ove mediare le
diverse tesi in gioco (Consigli, Congressi, Giunte Esecutive, Uffici di
Presidenza, Gran Giurì et similia)
Rappresentanza (politica) e rappresentatività
vanno tenute distinte fra di loro.
La prima attiene al momento della
autorità, la seconda a quello della libertà e trova il suo fondamento nel
consenso, nella corrispondenza e nella
adesione al sentimento popolare da parte degli eletti, nella consonanza fra
governanti e governati, quando i primi riescono a tradurre in termini normativi
i valori e le istanze dei secondi.
Ho dipinto sinteticamente – e me
ne scuso – a mo' di quadro espressionista, argomenti che meriterebbero ben altra stesura
e impegno, ma talora anche poche pagine possono far intendere all'accorto
lettore ciò che si vuole significare.
La democrazia da quando il Popolo
italiano ha cessato di cantare Giovinezza ha già avuto una prima degenerazione
nella “sondocrazia”, in cui le società demoscopiche da strutture di
accertamento del sentire popolare su qualsivoglia vexata quaestio, si sono tramutate in organismi di condizionamento della medesima ad opera del committente di turno.
Ora la democrazia sta subendo una
ancor più terribile minaccia, la webcrazia, strumento utilizzato simulatamente
per effettuare il passaggio dalla democrazia rappresentativa (corpo elettorale
- elezione dei rappresentanti parlamentari – nomina del governo; oppure corpo
elettorale, nomina immediata non solo dei rappresentanti parlamentari ma anche
del Capo dello Stato o del Governo) alla democrazia diretta. Il web che
interloquisce immediatamente, in tempo reale, fra istanti e decidenti, tra corpo elettorale e governanti, nella
panacea della immedesimazione di rappresentato e rappresentante, in cui il
rappresentante è il rappresentato perché nell'istante del bit v’è la traduzione della volontà popolare nella formulazione
giuridica-legislativa-politica.
Cinquantadue milioni di morti nella seconda
guerra mondiale; cento milioni di morti ad opera dei vari regimi comunisti; sei milioni di
ebrei sterminati dall'Orrore nazionalsocialista; tre milioni sterminati da Pol Pot in Cambogia;
decine di morti anche per denutrizione grazie a Mao che amava tanto il suo Popolo e lo rappresentava direttamente
contro l’imperialismo americano, capitalista e borghese; un guerra civile in
Italia che ancora permane perché al Duce
servivano poche migliaia di morti per
sedersi al tavolo della pace.
Le dittature e le tirannidi spesso
non si impongono con un putsch o con
una blitzkrieg, ma si insinuano nascostamente prima nelle
menti e nei cuori delle persone, per poi
installarsi saldamente nelle loro anime. Ebrei e armeni non sono stati
sterminati in un giorno solo, ammantandosi il Male Assoluto di umanità, proprio come sta
avvenendo in questi anni con le
normative olandesi sulla eutanasia che
sta provocando la morte di migliaia di malati mentali o il progetto down syndrome
free in Svezia.
Il web che sto adoperando in
realtà è un non luogo, dove persone senza volto, anonime, che si nascondono spesso dietro ad un nickname, possono dire
qualsiasi cosa senza controllo, spesso senza potere essere sanzionate
penalmente o civilmente, senza che le eventuali affermazioni erronee, false o
infondate possano essere – se non percorrendo
una procedura complessa
e farraginosa – rimosse ( V. il mio articolo su questa stessa Rubrica
sul “diritto all’oblio”): tutto è riposto al discernimento degli utenti, discernimento posseduto
anche dai tedeschi nel 1933 e dai sovietici nel 1917 .
Calato lo strumento democratico
nel sistema informatico sorgono, fra i tantissimi, due enormi problemi.
Nel primo ci imbattiamo con il Titolo
IV (rapporti politici) della Costituzione (artt.49-53) che indica come condizione necessaria ed imprescindibile il
possesso della cittadinanza italiana da parte di coloro che esercitano, ad esempio, il diritto al voto
(comunale, regionale, nazionale,referendario): il web consente anche allo
straniero abitante ai confini della Terra di intervenire e partecipare.
Secondo ostacolo di non poco momento:
quali sono gli organi accertatori, validatori e verificatori della correttezza
procedurale in relazione ad una realtà quale
il web che ingloba “Tutto e il suo esatto contrario ” e che neanche gli
organismi preposti alla sicurezza nazionale di Paesi come gli Stati Uniti o Israele
riescono a “gestire”?
Spero che la storia qualche cosa
ci insegni.
Fabrizio Giulimondi
La presente pubblicazione è
depositata alla SIAE e tutelata a sensi della normativa vigente sul diritto
d’autore.
Provvederò a citare il giudizio
dinanzi l’Autorità Giudiziaria competente chiunque copi totalmente o
parzialmente il testo senza il mio consenso preventivo.
Fabrizio Giulimondi
venerdì 12 aprile 2013
"UN GIORNO DEVI ANDARE" DI GIORGIO DIRITTI
“Un giorno devi
andare” del regista, sceneggiatore e soggettista Giorgio Diritti, già Autore del bel film L’uomo che verrà.
Non è facile
parlare di una opera di tal fatta, dove spiritualità e bellezza si intersecano
inscindibilmente,e la bellezza è quella della strenua e drammatica ricerca
dell’anima, e la bellezza è quella di luoghi stupefacenti, come le foreste
fluviali del Rio delle Amazzoni, ove l’immenso, l’infinito, l’assoluto si
manifestano attraverso il Creato. E lì che Augusta interpretata da Jasmine
Trenca si rifugia per scappare al dolore
della morte del figlio nel proprio grembo. E lì che Augusta con la zia suora e
missionaria, attraversando i poveri villaggi indios, cerca la risposte ad una domanda che
perseguita l’umanità da sempre e per sempre: perché il male, la ragione del
dolore. È una domanda a cui l’uomo non saprà mai darsi una risposta. E’ lo scandalo del male di cui ha parlato
Papa Benedetto XVI. E’ da quello scandalo che Augusta vuole fuggire; è a quello
scandalo che Augusta vuole dare un senso; è a quello scandalo che l’esperienza
caritatevole con la zia non fornisce un
fondamento. Augusta deve ancora andare, in un altro posto, in un altro luogo,
in una casa-famiglia in una favela: una vera comunità umana a cui la povertà,
il degrado dei luoghi, i tuguri che
scivolano nelle acque in piena, non
tolgono mai il sorriso. Allo sguardo iniziale perennemente triste di Augusta, alla assenza anche fugace
sulle sue labbra di un accenno di gioia, contrastano i volti sempre allegri di tuto mundo.
Il cadenzarsi
altalenante della storia fra un freddo e cupo paesino del settentrione d’Italia,
dove vivono la madre e la nonna di
Augusta e, la serena esistenza dei
villaggi brasiliani, macchiata dalla infamia della tratta di bimbi a scopi
pedofili o di espianto di organi, è
tratteggiato esteticamente da colori mesti e grigio-verdognoli nelle
inquadrature italiane e da colori lussureggianti nelle scene amazzoniche, tinte
sempre più accese e sorridenti, come gli occhi di Augusta quando lentamente si
immerge nella festosità dei bambini, nei loro sguardi, nelle loro braccia e
gambe in movimento. E sarà la tragedia che colpirà uno di loro che trascinerà
di nuovo negli inferi interiori Augusta.
L’incontro con una terza tappa del suo cammino la condurrà in una spiaggia isolata con una sabbia fina bianchissima,
simile al deserto della sua disperazione, perché il suo bambino era morto ancora dentro di lei. Ma le iridi luminose e
irradianti gioia di un fanciullo che le compare dinanzi all’improvviso e i
giochi che intratterrà con lui prenderanno per mano Augusta per accompagnarla colà dove deve
andare, perché “devi andare, devi essere, devi sperare”.
Spes contra spem
Fabrizio Giulimondi
giovedì 11 aprile 2013
FABRIZIO GIULIMONDI: NOVITA' UTILE DEL COMUNE DI ROMA-RACCOLTA DI RIFIUTI INGOMBRANTI (TELEVISIONE, FRIGORIFERO, LAVASTOVIGLIE, LAVATRICE) GRATUITAMENTE A DOMICILIO
La raccolta dei rifiuti ingombranti, elettrici ed elettronici.
AMA promuove il servizio per la raccolta di materiali che non devono essere inseriti nei cassonetti stradali dell'indifferenziata, ma avviati separatamente al recupero.
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Come funziona il servizio: tel: 0606060 oppure clicca su www.amaroma.it
Servizio di raccolta GRATUITA a domicilio
Per le famiglie servizio gratuito di ritiro dei materiali ingombranti, elettrici, elettronici, ecc. fino a 2 metri cubi di materiale, effettuato al piano stradale delle abitazioni.
lunedì 8 aprile 2013
sabato 6 aprile 2013
FABRIZIO GIULIMONDI: ULTERIORI AGGIORNAMENTI SULLA "FORMAZIONE DEL GOVERNO"
Pubblico di nuovo l'articolo che riassume sinteticamente i passaggi della formazione di un nuovo Governo esaminati sotto la visuale del diritto costituzionale. Il breve scritto tratta l'argomento tenendo inevitabilmente conto dell'attualità, applicando gli istituti e le disposizioni giuridiche giuspubblicistiche alle cronache politiche, istituzionali e parlamentari di questi giorni e di queste ore.
Fabrizio Giulimondi
SCHEMA RIASSUNTIVO SULLA “PROCEDURA DI FORMAZIONE DEL GOVERNO”
· Le norme che presiedono al procedimento di formazione del Governo sono in gran parte non scritte e frutto di convenzioni costituzionali (fonti di diritto).
· Il Presidente della Repubblica deve procedere alla nomina del Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di quest’ultimo, dei Ministri (art. 92, comma 2, Cost.). Il profilo dell’eligendo Presidente del Consiglio deve possedere requisiti politici ed elettorali tali da avere buone probabilità di ottenere la fiducia da entrambi i rami del Parlamento (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica) (art. 94 Cost.) e di mantenerla per tutta la durata del mandato (cinque anni)(art. 60, comma 1, Cost).
Il Presidente della Repubblica utilizza il percorso istituzionale delle consultazioni per individuare la personalità politica che, alla luce delle elezioni, meglio ha la possibilità di formare un nuovo Governo, ottenere la fiducia parlamentare e rimanere in carica per tutto il periodo del mandato costituzionalmente previsto.
· Le consultazioni si realizzano tramite l’audizione da parte del Presidente della Repubblica dei vertici dei partiti che hanno partecipato alle elezioni riuscendo ad esprimere anche una minima rappresentanza parlamentare, gli ex Presidenti della Repubblica e le parti sociali (organizzazioni sindacali e datoriali).NB L'istituzione di due gruppi di lavoro (o commissioni di “saggi”) - per volontà del Presidente Napolitano - costituiti da esimi costituzionalisti, economisti e da personalità appartenenti, ad alto livello, alle aree politico-partitiche rappresentanti le "varie" maggioranze (rectius minoranze) relative uscite dalle recenti urne, sono una novità assoluta: prassi, consuetudini, convenzioni, disposizioni (gli artt. 59 comma 2, 87, 92, 104, 135 della Costituzione elencano dettagliatamente e tassativamente i poteri del Presidente della Repubblica, fra i quali non sono affatto contemplate tali funzioni e competenze) e leggi costituzionali non ne hanno mai visto traccia. La natura di tali "organismi", lo scopo che debbano perseguire e all'interno di quale ordito costituzionale, istituzionale ed ordinamentale essi si vadano ad inserire poco si comprende, oltre la marchiana violazione, nella loro composizione, della c.d. parità di genere.
· Al termine delle consultazioni il Presidente della Repubblica può:
· se le urne hanno chiaramente espresso un vincitore (basta pensare al Governo Prodi nel 2006 ed ai Governi Berlusconi 2001 e 2008), nominare direttamente il Presidente del Consiglio che accetterà (per prassi costituzionale) con riserva, predisporrà la squadra di governo (Ministri con e senza portafoglio; Sottosegretari) e ne proporrà la nomina al Presidente della Repubblica, sciogliendo così definitivamente la riserva. Il Governo dovrà poi presentarsi alle Camere per riceverne la fiducia.
Il Governo che non ottiene la fiducia non è in nulla legittimato ad esercitare il potere esecutivo ed il Capo dello Stato deve stabilire se individuare altra figura a cui conferire un incarico esplorativo (il cui significato di qui a poco esamineremo), un preicarico (il cui significato di qui a poco esamineremo), ovvero un incarico pieno di Presidente del Consiglio dei Ministri, oppure, in alternativa, sentito il parere dei Presidenti delle Camere, procedere allo scioglimento di esse e convocare i comizi elettorali per nuove elezioni. Rimane in carica per gli affari correnti il Governo che ab origine non ha è stato destinatario della fiducia parlamentare (nella storia repubblicana gli esempi sono tre: Governi Andreotti 1972 e 1979 e Fanfani 1987). In queste tre ipotesi la Democrazia Cristiana aveva vinto le elezioni e si era, almeno apparentemente, palesata una maggioranza politica di supporto alla formazione del Governo durante le consultazioni al Quirinale: alla prova del passaggio alla Camera e al Senato, però, il voto (palese con alzata di mano) per la mozione di fiducia non aveva raggiunto la maggioranza assoluta dei due rami del Parlamento (art. 94 Cost).
NB Quaestio diversa sarebbe stata se l’incaricato alla Presidenza del Consiglio si fosse presentato alle Camere non avendo, sin dall’inizio, ossia a partire dalle consultazioni quirinalizie, una maggioranza politica pre-costituita. In tale evenienza, qualora il Presidente della Repubblica nominasse una personalità politica (esempio vivo di questi giorni è proprio quello dell’on. Pierluigi Bersani, che avrebbe in animo di presentarsi in Parlamento cercando lì i voti per la fiducia, anche “spuri” fra i gruppi che “formalmente” hanno dichiarato di non appoggiarlo) Presidente del Consiglio, senza che si sia manifestata già durante le consultazioni una maggioranza politica certa che, anche nei numeri, consenta in entrambe le Camere l’ottenimento da parte della nuova compagine governativa della fiducia parlamentare (maggioranza semplice, ossia 50% più uno dei presenti alla Camera e al Senato, ai sensi dell'art. 64, comma 3, Cost.), si verrebbe a determinare un vulnus di non poco momento nel sistema istituzionale, ordinametale e costituzionale italiano. Infatti il Governo non otterrebbe una fiducia che ab initio si sapeva che non avrebbe ricevuto, ma il Presidente della Repubblica sarebbe necessitato a mantenerlo “in piedi”, anche se solo per gli affari correnti. E’ di palmare evidenza il discrimen fra questo caso e i tre sopra indicati: in questi ultimi si era evidenziata una maggioranza politica, almeno nella sua apparenza, durante le consultazioni innanzi il Capo dello Stato e, pertanto, esistevano le condizioni per la conservazione delle funzioni governative, seppur per i soli affari correnti, una volta che i due Governi Andreotti e quello Fanfani non avevano ottenuto al fiducia a causa dell’”inciampo” parlamentare; nel caso in esame, invece, il potenziale Governo Bersani si presenterebbe al Parlamento già privo di una maggioranza parlamentare certa sia a livello politico che numerico, specie al Senato della Repubblica, con una altamente probabile negazione della fiducia: il successivo mantenimento di esso per gli affari correnti risulterebbe, dunque, un autentico monstrum giuridico.
· in caso di difficoltà nella individuazione del Presidente del Consiglio (maggioranze politiche diverse nei due rami del Parlamento o assenza di maggioranza in una o entrambe le Camere), affidare un incarico esplorativo ai Presidenti della Camera o del Senato, ovvero ad altra figura di alto profilo istituzionale o, infine, al Segretario o Presidente (anche se a tale riguardo qualche dubbio sussiste) del Partito o coalizione che ha preso più voti, pur senza raggiungere una maggioranza certa in entrambi i rami del Parlamento.
· Colui che riceve l’incarico esplorativo svolge consultazioni ristrette ed essenziali, al termine delle quali riferisce al Presidente della Repubblica sul loro esito negativo o positivo: 1) se negativo il Presidente dovrà decidere se affidare altro incarico esplorativo o optare per lo scioglimento delle Camere e l’indizione di nuove elezioni; 2) se favorevole e la possibilità di formare una nuova compagine governativa è stata riscontrata per lui stesso, si passerà dall’incarico esplorativo all’incarico vero e proprio; se tale possibilità è stata registrata, invece, in capo ad un altro, l’incarico (o il preincarico) sarà conferito all’altro.
· Sussiste il preincarico quando il Presidente della Repubblica affida ad una personalità politica il compito di svolgere ulteriori consultazioni onde assumere, in una posizione - seppur non ufficiale - di candidato in pectore all’Ufficio di Presidente del Consiglio, elementi di chiarificazione per la formazione del nuovo Governo: il reincarico si tramuterà in un incarico vero e proprio se le consultazioni ristrette andranno a buon fine.
· Gli ultimi sei mesi del suo mandato il Presidente della Repubblica non può sciogliere le Camere (art.88, comma 2, Cost.): nella situazione che l’Italia sta attualmente vivendo, pertanto, il Governo deve essere obbligatoriamente formato (salvo il Presidente della Repubblica non si dimetta prima della scadenza naturale del proprio mandato per dare la possibilità all'eligendo Capo dello Stato di sciogliere le Camere e convocare i comizi elettorali). Solamente il nuovo Presidente della Repubblica potrà sciogliere eventualmente le Camere (il ché potrebbe determinare un Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento in seduta comune sub condicione dello scioglimento delle Camere stesse una volta eletto).
· Le Camere possono essere sciolte (art.88 Cost.), sentiti i Presidenti di Camera dei Deputati e Senato della Repubblica, sia contemporaneamente (come è sempre avvenuto), sia singolarmente (evento che potrebbe verificarsi nella vigente occasione visto che solamente il Senato è privo di maggioranza politica).
· Una volta conclusesi le elezioni, Il Governo (vecchio) ancora in carica per gli affari correnti (lo Stato non può rimanere senza Governo) deve essere sostituito in termini rapidi da quello nuovo, una volta ottenuta la fiducia dal Parlamento neo eletto: solo nel caso eccezionale di dichiarazione di stato di guerra le Camere possono essere prorogate nelle proprie funzioni costituzionali (art.60, comma 2) unitamente al (vecchio) Governo, espressione di queste ultime.
· E’ di palmare evidenza che la proposta compiuta da alcuni commentatori politici di prorogare l’attuale Governo Monti è gravemente lesiva del dettato costituzionale
NB L'attuale prosecuzione delle attività, seppur in forma ordinaria per gli affari correnti (impedito, quindi, del potere di varare decreti-legge)(1), del Governo Monti, dimissionario a far data del 21 dicembre 2012 e privo di una maggioranza politica a seguito della nuova composizione del Parlamento a seguito delle elezioni del 24/25 febbraio 2013 (che può convertire i decreti leggi approvati dal Consiglio dei Ministri prima delle dimissioni), determina una grave anomalia nel sistema costituzionale, istituzionale e ordinamentale italiano. Le nuove Camere - partiticamente strutturate in maniera evidentemente diversa dalle precedenti - debbono conferire la fiducia, ai sensi dell'art. 94 Cost, ad un nuovo Governo. Il Governo Monti se dovesse permanere - come sta permanendo - deve essere rinviato alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica dal Capo dello Stato per ottenerne la fiducia, non avendo più valore quella ricevuta dal "vecchio" Parlamento (quello eletto nell'aprile del 2008).
(1) In data 2 aprile 2013 la Camera di Deputati all'unanimità ha approvato la risoluzione (strumento parlamentare di indirizzo della attività dell'Esecutivo diretta a manifestare orientamenti o a definire indirizzi su specifici argomenti) LVII-bis, n. 1-A-bis, riferita alla relazione sull'aggiornamento del quadro economico e il pagamento dei debiti della P.A. alle imprese. Tale atto parlamentare appare una sorta di risoluzione "delega", che conferisce la legitimatio al Governo di approvare un decreto legge in subiecta materia, ossia rappresenta una sorta di escamotage giuspubblicistico per ovviare ai non pochi e non lievi ostacoli esposti, spero lucidamente, in questo sintetico lavoro: chi lo ha concepito è dimentico che la Carta Costituzionale, segnatamente all'art. 76, ha previsto la legge delega come unico mezzo di legittimazione parlamentare del Governo ad esercitare la funzione legislativa nelle sembianze del decreto legislativo, sconoscendo l'ordinamento giuridico italiano altre forme e tipologie di deleghe normative, specie se si versa nell'ambito del decreto legge, il quale non ne necessita affatto (art.77 Cost.).
Il Consiglio dei Ministri il 6 aprile ha approvato il decreto legge che consentirà il pagamento di una parte dei crediti che le imprese private con più di venti dipendenti vantano nei confronti della Pubblica Amministrazione.
Premessa, a livello contenutistico, la giustezza etica di tale provvedimento d’urgenza (che consente finalmente l’adempimento di prestazioni di carattere pecuniario da parte delle stazioni appaltanti pubbliche a fronte di appalti, forniture e servizi realizzati da operatori economici in esecuzione di contratti), oltre che economica (attivandosi il moltiplicatore K di spese e consumi da parte dei soggetti privati, secondo gli insegnamenti macroeconomici di Keynes), il decreto legge, così come esplicitato e argomentato nell’articolo, è costituzionalmente illegittimo.
NB Non solo: ora si pone un problema di diritto parlamentare di non poco conto. I regolamenti di Camera (art.19, comma 2) e Senato (art.21, comma 3) prevedono il rispetto della dicotomia maggioranza-opposizione nella composizione delle singole Commissioni permanenti (al pari degli altri organismi anche bicamerali), id est i commissari devono rappresentare proporzionalmente i grupppi parlamentari presenti nella Assemblea e, di conseguenza, le quote spettanti alla maggioranza e alla minoranza. Tale strutturazione e, quindi, istituzione di questi fondamentali organi legislativi del Parlamento come potrà conseguirsi finché non sarà formato un nuovo Governo, che potrà finalmente demarcare numericamente la maggioranza e la minoranza politica? E come si potrà procedere alla conversione in legge entro sessanta giorni dell’atto normativo in esame finché non si darà vita alle Commissioni, atteso che esse sono deputate a svolgere il fondamentale ruolo consultivo (sede consultiva) ed istruttorio (sede referente) sul disegno di legge di conversione del decreto legge, articolato che diverrà definitivo solo con la votazione da parte di entrambe le Aule (per prassi prima da quella del Senato, in seguito da quella della Camera dei Deputati)?
(1) In data 2 aprile 2013 la Camera di Deputati all'unanimità ha approvato la risoluzione (strumento parlamentare di indirizzo della attività dell'Esecutivo diretta a manifestare orientamenti o a definire indirizzi su specifici argomenti) LVII-bis, n. 1-A-bis, riferita alla relazione sull'aggiornamento del quadro economico e il pagamento dei debiti della P.A. alle imprese. Tale atto parlamentare appare una sorta di risoluzione "delega", che conferisce la legitimatio al Governo di approvare un decreto legge in subiecta materia, ossia rappresenta una sorta di escamotage giuspubblicistico per ovviare ai non pochi e non lievi ostacoli esposti, spero lucidamente, in questo sintetico lavoro: chi lo ha concepito è dimentico che la Carta Costituzionale, segnatamente all'art. 76, ha previsto la legge delega come unico mezzo di legittimazione parlamentare del Governo ad esercitare la funzione legislativa nelle sembianze del decreto legislativo, sconoscendo l'ordinamento giuridico italiano altre forme e tipologie di deleghe normative, specie se si versa nell'ambito del decreto legge, il quale non ne necessita affatto (art.77 Cost.).
Il Consiglio dei Ministri il 6 aprile ha approvato il decreto legge che consentirà il pagamento di una parte dei crediti che le imprese private con più di venti dipendenti vantano nei confronti della Pubblica Amministrazione.
Premessa, a livello contenutistico, la giustezza etica di tale provvedimento d’urgenza (che consente finalmente l’adempimento di prestazioni di carattere pecuniario da parte delle stazioni appaltanti pubbliche a fronte di appalti, forniture e servizi realizzati da operatori economici in esecuzione di contratti), oltre che economica (attivandosi il moltiplicatore K di spese e consumi da parte dei soggetti privati, secondo gli insegnamenti macroeconomici di Keynes), il decreto legge, così come esplicitato e argomentato nell’articolo, è costituzionalmente illegittimo.
NB Non solo: ora si pone un problema di diritto parlamentare di non poco conto. I regolamenti di Camera (art.19, comma 2) e Senato (art.21, comma 3) prevedono il rispetto della dicotomia maggioranza-opposizione nella composizione delle singole Commissioni permanenti (al pari degli altri organismi anche bicamerali), id est i commissari devono rappresentare proporzionalmente i grupppi parlamentari presenti nella Assemblea e, di conseguenza, le quote spettanti alla maggioranza e alla minoranza. Tale strutturazione e, quindi, istituzione di questi fondamentali organi legislativi del Parlamento come potrà conseguirsi finché non sarà formato un nuovo Governo, che potrà finalmente demarcare numericamente la maggioranza e la minoranza politica? E come si potrà procedere alla conversione in legge entro sessanta giorni dell’atto normativo in esame finché non si darà vita alle Commissioni, atteso che esse sono deputate a svolgere il fondamentale ruolo consultivo (sede consultiva) ed istruttorio (sede referente) sul disegno di legge di conversione del decreto legge, articolato che diverrà definitivo solo con la votazione da parte di entrambe le Aule (per prassi prima da quella del Senato, in seguito da quella della Camera dei Deputati)?
La presente pubblicazione è depositata alla SIAE e tutelata a sensi della normativa vigente sul diritto d’autore.
Provvederò a citare il giudizio dinanzi l’Autorità Giudiziaria competente chiunque copi totalmente o parzialmente il testo senza il mio consenso preventivo.
Fabrizio Giulimondi
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