“Come pietra
paziente” diretto dallo stesso autore dell’omonimo libro Synguè Sabour.Pierre de patience
il franco afgano Atiq Rahimi.
La tormentata Terra dell’Afganistan in sempiterna lotta fra tribù
talebane, fa da sfondo alla storia di una splendida ragazza di un villaggio
vicino Kabul interpretata da una straordinaria Golshifteh Faraham.
La protagonista, madre di due bambine, vive da tre settimane con il marito che giace sul pavimento della
povera casa dove abitano, in stato comatoso perché attinto nel collo da una pallottola,
mai rimossa da alcuno. Fra la donna e l’uomo, immobile per tutto il tempo, gli
occhi chiusi, il respiro talmente flebile – vera colonna sonora del film – da
farlo apparire morto, inizia un dialogo unilaterale. La giovane intraprende
un cammino snocciolato in racconti, verità nascoste, misteri disvelati, rabbia, risentimento, per tutte le umiliazioni
subite mentre era sposa, dal marito oltre dalla di lui madre. La donna comincia
un racconto della sua anima che diventa verbo per le apparenti sorde orecchie
del consorte.
Lo sposo è la pietra paziente, che per
le credenze popolari di quelle
alture assorbe il dolore delle persone che ad essa si rivolgono e
interloquiscono e, una volta piena delle loro storie, si frantuma, per liberare
i confessori dai loro patimenti. Il marito è la pietra paziente della
narrazione della moglie che metterà a nudo il “dietro le quinte” della sua esistenza
come adolescente, ragazza, fidanzata e consorte, a partire da quando ella si è
sposata con accanto la sola effige del “promesso” ed un suo coltello, essendo
egli assente perché troppo impegnato a fare l’eroe in guerra. E racconta la
sofferenza di una donna afgana con il burka, che poi è la sofferenza di tutte
le donne afgane imprigionate nel burka e
nel terribile fardello sulle spalle
delle farneticanti regole islamico-talebane. In quelle tre settimane con
accanto un corpo più simile ad un cadavere, per salvarsi dagli stupri e dalle
sevizi dei miliziani che scorrazzano in quella zone, si deve fingere una prostituta: le prostitute
sono immonde e non possono essere toccati dai bravi maomettani che potrebbero
essere contaminati dalla loro impudicizia. In realtà, solo facendo
realmente la meretrice impedirà a se stessa e ai figli di morire di fame, non
potendo godere della protezione di un altro uomo battendo al coniuge ancora il
cuore.
La storia si sviluppa fra le squallide stanze della abitazione e le polverose
strade del villaggio, fra colpi di kalashnikov
e di mortaio.
Il finale – aspettato – conduce al risveglio della pietra paziente.
Bravissima l’attrice che è sulla scena per 98 minuti con la sua voce, lo
sguardo intenso dei bellissimi occhi, la mimica di un volto di rara
espressività.
Fabrizio
Giulimondi
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