venerdì 19 aprile 2013

"COME PIETRA PAZIENTE" DI ATIQ RAHIMI



Locandina italiana Come pietra paziente 

“Come pietra paziente” diretto dallo stesso autore dell’omonimo libro Synguè Sabour.Pierre de patience  il franco afgano Atiq Rahimi.
La tormentata Terra dell’Afganistan in sempiterna lotta fra tribù talebane, fa da sfondo alla storia di una splendida ragazza di un villaggio vicino Kabul interpretata da una straordinaria Golshifteh Faraham.
La protagonista, madre di due bambine, vive da tre settimane  con il marito che giace sul pavimento della povera casa dove abitano, in stato comatoso perché attinto nel collo da una pallottola, mai rimossa da alcuno. Fra la donna e l’uomo, immobile per tutto il tempo, gli occhi chiusi, il respiro talmente flebile – vera colonna sonora del film – da farlo apparire morto, inizia un dialogo unilaterale. La giovane intraprende un cammino snocciolato in  racconti,  verità nascoste, misteri disvelati,  rabbia, risentimento, per tutte le umiliazioni subite mentre era sposa, dal marito oltre dalla di lui madre. La donna comincia un racconto della sua anima che diventa verbo per le apparenti sorde orecchie del consorte.
Lo sposo è la pietra paziente, che per  le credenze popolari  di quelle alture assorbe il dolore delle persone che ad essa si rivolgono e interloquiscono e, una volta piena delle loro storie, si frantuma, per liberare i confessori dai loro patimenti. Il marito è la pietra paziente della narrazione della moglie che metterà a nudo il “dietro le quinte” della sua esistenza come adolescente, ragazza, fidanzata e consorte, a partire da quando ella si è sposata con accanto la sola effige del “promesso” ed un suo coltello, essendo egli assente perché troppo impegnato a fare l’eroe in guerra. E racconta la sofferenza di una donna afgana con il burka, che poi è la sofferenza di tutte le donne afgane imprigionate nel  burka e nel  terribile fardello sulle spalle delle farneticanti regole islamico-talebane. In quelle tre settimane con accanto un corpo più simile ad un cadavere, per salvarsi dagli stupri e dalle sevizi dei miliziani che scorrazzano in quella zone,  si deve fingere una prostituta: le prostitute sono immonde e non possono essere toccati dai bravi maomettani che potrebbero essere  contaminati dalla  loro impudicizia. In realtà, solo facendo realmente la meretrice impedirà a se stessa e ai figli di morire di fame, non potendo godere della protezione di un altro uomo battendo al coniuge ancora il cuore.
La storia si sviluppa fra le squallide stanze della abitazione e le polverose  strade del villaggio, fra colpi di kalashnikov e di mortaio.
Il finale – aspettato – conduce al risveglio della pietra paziente.
Bravissima l’attrice che è sulla scena per 98 minuti con la sua voce, lo sguardo intenso dei bellissimi occhi, la mimica di un volto di rara espressività.

Fabrizio Giulimondi  

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