“Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere.
Sarò tutti i personaggi che vorrò essere” (Barbara Alberti)
Un’opera
prima. Un giovane Autore. Un nuovo scrittore che si affaccia nel mondo
letterario. Una speranza che si accresce come la luce di una stella che diviene
più intensa e luminosa.
“Alghedon. Le catene dei ricordi” (Albatros) di Gabriele Quarta è un mix di generi letterari, dove all’introspezione
si affiancano l’horror e il fantasy, con evocazioni cineastiche al pari de “Il
Paradiso può attendere” e “La storia infinita” (il “Grande Vuoto” ricorda “Il
Nulla”).
Il romanzo
è immaginifico, allucinatorio, onirico, gotico, creato dalla potenza dei
ricordi. Gli incubi raffigurati dai pittori fiamminghi quattrocenteschi e cinquecenteschi
emergono orripilanti e disgustosi durante il racconto del viaggio a ritroso del
e nel dolore di due fratelli, Lorenzo e Daniele, con sullo sfondo il padre.
Sensazioni,
emozioni, sentimenti e stati d’animo vengono “cosalizzati”, percepiti dai
cinque sensi, veri, autentici: il carattere algido del padre abbassa la
temperatura dello studio dove egli lavora, mentre la prigione dell’anima e la
disperazione di colui che la ospita si trasformano in una prigione dotata di
sbarre. La sofferenza non è una entità astratta ma diviene tortura fisica inflitta
da un carceriere, null’altro che la propria proiezione.
Metempsicosi,
concezioni religiose e filosofiche innervano la narrazione: “Il piacere, come l’amore, non sono altro che
uno sporco imbroglio. Il creato stesso è solo un inganno. Siamo allevati come
bestie da macello”.
La
liberazione avviene cercando la sorgente del patimento, che cresce quanto più
si fugge dalle sue ragioni e dalle sue cause. Il simbolismo è lo stilema di Quarta, inventore di storie che non conoscono
cesure fra il materiale e l’invisibile, perché l’immateriale compie una
metamorfosi in sostanza che, a sua volta, è inscindibilmente connessa con lo
spirito, con l’”Altrove”, con l’”Al-di-là”.
La
realtà è una ed una sola e può essere compresa sia con il corpo, sia con l’intelletto e lo
spirito.
L’arioso
fraseggio, fra il colto ed il giovanilistico, è talora punteggiato da dialoghi
serrati come quello micidiale fra il padre e il figlio Lorenzo, estetica
letteraria di psicanalisi dei rapporti parentali.
“É stata una incredibile avventura. Prometto
a voi e a me stesso che sarà solo la prima di molte”.
Me lo
auguro!
Fabrizio Giulimondi