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martedì 9 dicembre 2014

GIORGIO MAGLIOCCA ASSOLTO PERCHE' IL FATTO NON SUSSISTE.



CORTE DI APPELLO DI NAPOLI: CONFERMATA LA SENTENZA DI PRIMO GRADO DI ASSOLUZIONE PIENA PERCHE' IL FATTO NON SUSSISTE  PER GIORGIO MAGLIOCCA.
CONDANNATE AL PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI LE PARTI CIVILI  RAIMONDO CUCCARO E ENZO PALMESANO COSTITUITOSI IN VECE DELLA PROVINCIA DI CASERTA.
MI AUGURO CHE IL LETAME CHE E' STATO BUTTATO ADDOSSO A GIORGIO MAGLIOCCA TORNI  A CHI GLIELO HA LANCIATO.

FABRIZIO GIULIMONDI, L'AMICO ROMANO 


lunedì 5 novembre 2012

DAVID LUBRANO:UNA PERSONA PER BENE




 
Per il mio compleanno ho ricevuto molti graditi libri e ho immediatamente aggredito Una persona perbene di David Lubrano, Cairo editore, trovandolo veramente bello, scorrevolissimo, brillante. Dramma e comicità si alternano con il ritmo di una salsa agrodolce orientale: una prima parte potrebbe essere definita anche lievemente angosciante, visto il racconto della carcerazione preventiva subita da innocente dall’avv. Giovanni Angioli,  protagonista del romanzo, egregiamente affiancato da Kempes,  personaggio simpaticissimo che  da assiduo frequentatore delle patrie galere in veste di assuntore e trafficante di droghe, si trasforma in un co-protagonista umano, commovente e grande produttore di boutade; la seconda parte della storia porta avanti il tempo di cinque anni dalla assoluzione dell’avvocato, ossia quando l’Angioli pensava di essersi lasciato finalmente alle spalle la tragica avventura processuale che, invece,  rivivrà, insieme a molte altre, dopo l’inaspettato  ritorno dell’amico di cella Kempes.
Lubrano, collaboratore del noto giornale satirico Il Male di Vauro,  mette a nudo, tramite il racconto della detenzione di Giovanni Angioli, i ripetuti, diffusi e terribili errori giudiziari che in Italia si verificano oramai con angosciante cadenza. Lubrano, con grandezza espositiva descrive non solo i luoghi, ma anche gli stati d’animo di Angioli e dell’umanità che lo circonda,  facendo vivere al lettore l’orrore e la devastazione che travolge una persona  innocente follemente sbattuta in un istituto penitenziario. Sin dall’incipit la mia mente e il mio cuore sono volati inesorabilmente alle vicende che hanno sconvolto l’esistenza del  mio buon amico Giorgio Magliocca (e, fatalmente, della sua famiglia) il quale, come sindaco del comune di  Pignataro Maggiore nel Casertano, con l’imputazione di concorso esterno in associazione camorristica,  è stato tradotto in prigione per rimanervi per ben otto mesi e mezzo (a cui si aggiungono  due di  arresti domiciliari ottenuti grazie alla  straordinaria capacità tecnica e sensibilità umana del giudice per le indagini preliminari), per poi vedersi riconosciuta la sua completa innocenza dal giudice della udienza preliminare di Napoli  con una formula piena e totale: assoluzione PERCHE’ IL FATTO NON SUSSISTE.  Il protagonista del romanzo è assolto per non aver commesso il fatto: il fatto criminoso esisteva ma l’Angioli ne era estraneo, mentre, nel caso di Magliocca,  non esisteva neanche nella realtà (ossia in rerum natura, volendo adoperare un po’ di manzoniano latinorum), anche se sono esistiti per lui gli otto mesi e mezzo di galera, prima presso la struttura di Santa Maria Capua Vetere, successivamente presso quella di Avellino. A pari dell’avv. Angioli che vedrà calare la definitiva pietra  tombale sulla sua dirompente disavventura giudiziaria in sede di appello con la conferma del verdetto di primo grado, anche l’avv. Giorgio Magliocca è in attesa della decisione del  giudice di seconde cure, che senza alcuna ombra di dubbio confermerà la  statuizione assolutoria, perché Giorgio  è una persona per bene, come l’avv. Giovanni Angioli e, come il 40 per cento dei detenuti, secondo una ricerca  pubblicata sul sito www.errorigiudiziari.com: tale percentuale si riferisce alle  persone in vinculis estranee ai reati loro contestati, la cui innocenza, però,  è provata a distanza di tempo, talora troppo, come alcuni  recenti  fatti di cronaca ci hanno dimostrato.
Afferma il decano dei cronisti giudiziari, Roberto Martinelli: “alcuni giudici sbagliano in buona fede, altri meno. Alcuni perché non hanno strumenti adeguati e strutture idonee, altri perché si ritengono baciati dal dogma dell’infallibilità”. Una realtà che pesa anche sotto il profilo economico-finanziario: il Guardasigilli Paola Severino nella sua relazione sullo stato della Giustizia del gennaio 2012 ha  ricordato  che sono  213 i milioni di euro di risarcimento per ingiusta detenzione che l’Amministrazione pubblica ha dovuto liquidare nel triennio 2004-2007.
Mentre ero assorto e completamento avviluppato  dalla narrazione di  Una persona per bene,  dall’ammanettamento alla definitività della sentenza di assoluzione dell’Angioli,  venivo colpito dalla somiglianza  dei suoi  pensieri, delle sue emozioni, delle sue sensazioni, dello suo stato di abbandono sino a visioni allucinatorie e della sua disperazione senza scampo, descritti con  potenza dall’Autore,  con quanto via via mi ha raccontato durante questi mesi Giorgio.
Peccato per alcune sbavature presenti nella seconda parte del romanzo, dovute purtroppo alla emersione nel linguaggio di un becero anticlericalismo e di un eccesso di laicismo, quando una comparsa del romanzo che ha la ventura di essere  sinceramente  cattolico, padre di  quattro figli ”avuti dalla stessa donna” (boh!), si intrattiene sessualmente  con un transessuale (conclusione obbligata  per un fervente cattolico con quattro figli “avuti dalla stessa donna”, in attesa- per giunta, Signori della Corte! -  del provvedimento ecclesiastico di annullamento del precedente vincolo coniugale), oppure quando il sacerdote celebrante il matrimonio fra Kempes e Lisa inevitabilmente  lo fa di corsa mangiandosi le parole, essendo un  vigliacco, non potendo evidentemente essere altro un prete cattolico…..Bah! o, se preferite, Mah!
Comunque, ad eccezione di queste cosellas, vale veramente la pena leggerlo.
Fabrizio Giulimondi

lunedì 14 maggio 2012

DEPOSITATE LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA DI ASSOLUZIONE CON FORMULA PIENA PERCHE’ IL FATTO NON SUSSISTE DEL MIO AMICO FRATERNO CASERTANO GIORGIO MAGLIOCCA

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/campania/media/foto/2012/02/25/magliocca--190x130.jpgDEPOSITATE LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA DI ASSOLUZIONE CON FORMULA PIENA PERCHE’ IL FATTO NON SUSSISTE DEL MIO AMICO FRATERNO CASERTANO GIORGIO MAGLIOCCA (OTTO MESI E MEZZO IN CARCERE E DUE AGLI ARRESTI DOMICILIARI): GIORGIO MAGLIOCCA E’ COMPLETAMENTE INNOCENTE!

GIORGIO MAGLIOCCA E’ PERSONA E POLITICO DI GRANDE CAPACITA E RIGORE’!

GIORGIO MAGLIOCCA E’ MORALMENTE INATTACCABILE!

 IL SUO AMICO ROMANO FABRIZIO GIULIMONDI 

 Il Gup del Tribunale di Napoli, dottor Eduardo De Gregorio, ha ritenuto non sussistenti i fatti di cui all’ipotesi accusatoria (ndr sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste del 20 febbraio 2012). Le emergenze processuali, scrive il Tribunale di Napoli, “frantumano” l’impianto della Dda di Napoli. In particolare, si legge nella sentenza n. 1069/12, per il 2006, anno in cui secondo la Procura di Napoli l’ex sindaco Magliocca avrebbe stretto uno scellerato patto elettorale con il boss Pietro Ligato, in cambio del rilascio di una concessione edilizia, “le condotte non risultano provate nel loro accadimento storico.”
 “Le dichiarazioni del pentito Pettrone – continua infatti il Gup – non solo sono state smentite dal teste di riferimento Anziano ma sono negate anche da quanto emerge in atti circa i periodi di detenzione di Ligato Pietro; costui, secondo quanto certificato dal Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria, fu detenuto dal 6 ottobre 2004 al 20 luglio 2006, ben oltre la chiusura del periodo elettorale, pertanto impossibilitato a tenere i comportamenti riferiti dal Pettrone che lo aveva immaginato personalmente e direttamente impegnato per il Magliocca in campagna elettorale”. In relazione ai fatti del 2002, anno in cui Magliocca avrebbe stipulato – secondo l’accusa - uno scellerato accordo politico-mafioso con il locale clan in cambio di una allegra gestione dei beni confiscati, il giudice De Gregorio scrive circa “i tempestivi adempimenti (ndr grazie a Giorgio Magliocca) riguardanti la concessione dell’appartamento in Pignataro, dalla rapida acquisizione di tutti i beni al patrimonio comunale (ndr grazie a Giorgio Magliocca), da una discreta generale attività di controllo sulla loro sorte (ndr grazie a Giorgio Magliocca)” e di “ gravi errori e consistenti inadempienze di altri soggetti tenuti ad intervenire nelle procedure…. una chiara presa di distanza ed iniziativa nei confronti della ritardataria associazione Icaro…. costituzione di un ufficio beni confiscati nel 2000”; circa le cene raccontate dal braccio destro del capo clan Lubrano Raffaele, sul quale il Gup sottolinea la poco “cristallina” personalità e getta un’ombra sulle sue reali “intenzioni” circa il riferimento dei momenti conviviali, Magliocca “nulla promise e di conseguenza alcun contributo concreto, specifico e consapevole dette o ha dato ai fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione criminale”.
      Vi riporto anche l'articolo di Rosaria Capacchione, nota, coraggiosa e attenta giornalista anticamorra, pubblicato oggi 12 maggio sul quotidiano "Il Mattino", dal titolo "Pentiti non cristallini: ecco perchè Magliocca è innocente". 

"Un pentito poco credibile, un movente poco verosimile, l'aiuto al clan smentito dagli stessi accusatori. E la cena, la fatidica cena dell'accordo, al ristorante Ebla di Pontelatone, negata da alcuni, non ricordata da altri, con la materia dell'intesa - lo scambio voti-favori - che neppure il principale teste della Procura ha spiegato con elementi di fatto. E che, anzi, ha ridotto ad una chiacchierata accademica sulla necessità di dare un volto nuovo a Pignataro Maggiore, paese del casertano dove la camorra aveva l'aspetto e i nomi di Cosa Nostra. 

E' per queste ragioni, per la somma di chiacchiere non dimostrate o addirittura smentite, per lo "scarno ed equivoco quadro d'accusa" che il giudice Edoardo De Gregorio - accogliendo la richiesta del difensore, Mauro Iodice - ha assolto con formula piena, perchè il fatto non sussiste, Giorgio Magliocca, sindaco pignatarese e consulente del sindaco di Roma Gianni Alemanno, fino alla data del suo arresto. 

La sentenza è del 20 febbraio scorso; l'altro giorno il deposito delle motivazioni, 27 pagine nelle quali il Magistrato - che ha processato Magliocca, imputato di concorso esterno e di omissione di atti di ufficio, con il rito abbreviato - ha ricostruito la vicenda giudiziaria senza risparmiare considerazioni pesanti sulla qualità dei testimoni d'accusa. Partiamo da , antagonista politico di Magliocca, prima fonte della Procura. Fonte, dice il Giudice, che "deve essere valutata con grande circospezione, poichè si tratta di persona in grave e dichiarato contrasto con l'imputato, in controversia penale e civile con lo stesso e da quest'ultmo accusato di vicinanza con i Lubrano". Cioè, con gli stessi capicamorra che sarebbero, nell'ipotesi dell'accusa, sponsor di Giorgio Magliocca. 
Ne consegue, rileva il Gup, che visti i notevolissimi interessi (politici ed amministrativi) in gioco del sindaco e del suo avversario "e quindi la potenzialità devastante delle accuse mosse, le stesse notizie dei testi oculari delle cene, devono essere soppesate con rigore". Ma ecco i testi: Francesco Parisi (che non è un collaboratore di giustizia), factotum di Lello Lubrano e suo uomo di fiducia "per questo in se' non brillante attendibilità"; Eliseo Cuccaro, nipote del principale denunziante, rimproverato da Magliocca di "astio per motivi personali e politici". 
 Entrambi avrebbero partecipato alla cena pre-elettorale con Giorgio Magliocca e Lello Lubrano, ucciso nel 2002. Cene durante le quali, a detta degli stessi, "non si parlò di temi politici". All'ultimo incontro, Giorgio Magliocca - a detta di Parisi - avrebbe chiesto l'appoggio elettorale suo e di Lubrano. La contropartita? Nessuna, perchè il capoclan voleva solo "che un giovane della sua età, che si accingeva a fare il sindaco, si facesse seriamente carico dei problemi sociali del paese". Non solo. Ad un Magliocca che gli chiedeva come regolarsi con i beni confiscati alla sua famiglia, Lubrano avrebbe risposto sdegnato "Non mi interessa".
 Una risposta poco verosimile, che ha offerto al giudice l'occasione per ribadire la sua valutazione su Parisi: ha una personalità "non cristallina". Infine Giuseppe Pettrone, collaboratore di giustizia: delle stesse cene a parlato "de relato", riferendo di confidenze ricevute dalla moglie (nel periodo contestato, tra il 2004 ed il 2006, era detenuto). 
Ma la donna ha smentito, anche durante un confronto, ribadendo: "Mai parlato di queste cose con mio marito, durante i colloqui discutevamo solo di problemi economici familiari". L'altra accusa riguardava la gestione dei beni confiscati, che nell'ipotesi della Procura erano stati assegnati con ritardo con l'intento di favorire al famiglia Lubrano. 
Il Giudice l'ha smentita "alla luce della ricostruzione del fatto, caratterizzato dai tempestivi adempimenti riguardanti la concessione dell'appartamento in Pignataro (assegnato alla onlus Mondotondo, ndr), della rapida acquisizione di tutti i beni al patrimonio comunale, da una discreta generale attività di controllo sulla loro sorte, da gravi errori e consistenti inadempienze di altri soggetti tenuti ad intervenire nelle procedure"."