“I ventitré giorni della città di Alba” di Beppe Fenoglio (1922-1963), pubblicato nel 1952 dalla casa editrice
Einaudi, è una di quelle raccolte di
racconti che lasciano il segno nella storia della letteratura patria e nella
storia della guerra civile degli anni 1943-1945.
Beppe Fenoglio,
entrato nel 1944 nelle formazioni partigiane comuniste della brigata “Garibaldi”, getta uno sguardo nel prima e nel dopo il 25
aprile del 1945, da un angolo prospettico che, per la prima volta, tiene in
considerazione anche quello dei militi “della
parte sbagliata”, attirandosi, per tale ragione, il disprezzo di molti suoi ex
“compagni”.
Giampaolo Pansa
di questa linea di pensiero, di ricerca e
di condotta ne ha fatto il fulcro della sua produzione letteraria da Il sangue dei vinti (ottobre2003) in poi
(Fabrizio Giulimondi).
E ora la parola al Maestro.
“I
ventitrè giorni della città di Alba”, rievocanti episodi partigiani o l’inquietudine
dei giovani nel dopoguerra, sono racconti pieni di fatti, con una evidenza
cinematografica, con una penetrazione psicologica tutta oggettiva e rilevano un
temperamento di narrazione crudo ma senza ostentazione, senza compiacenze di
stile, asciutto ed esatto” (Italo
Calvino)