domenica 30 aprile 2023

“IL SOL DELL’AVVENIRE” di e con NANNI MORETTI

 


Il sol dell’avvenire” di e con Nanni Moretti è un lavoro in alcuni suoi spunti felliniano, divertente e mesto, un amarcord triste, ironico e fantasioso dei giorni a cavallo fra l’ottobre ed il novembre del 1956, che videro la rivolta del popolo ungherese contro il proprio governo comunista, rivolta repressa dai carri armati sovietici con l’avvallo del Partito Comunista Italiano di Togliatti.

Moretti interpreta se stesso mentre inizia le riprese di un film proprio su come una sezione romana del P.C.I. al Quarticciolo ha vissuto quei giorni.

Il regista, con il suo cast storico (Margherita Buy, Silvio Orlando), insieme ad altri molti innesti che rendono l’opera corale, come Barbara Bobulova, Teco Celio, Francesco Brandi e ancora ulteriori, nel riprendere alcune tematiche già tratteggiate in “Palombella Rossa”, cita immagini e leit motiv presenti in “Bianca” (l’attenzione per le scarpe), “Mia madre” (il fortissimo legame con la mamma) e “Caro diario” (il disprezzo per l’abuso della violenza e del sangue nei film).

Già in “Ecce Bombo” il direttore – attore inizia il compimento di un cammino di critica della Sinistra, prima comunista, poi in eterna fase di transizione. Ne “Il sol dell’avvenire” lo sguardo è sempre più stanco e disincantato, rivolto ad un passato che avrebbe condotto ad un diverso presente, se – a detta dell’Autore – il Partito Comunista avesse intrapreso una direzione opposta nel 1956.

Troviamo di nuovo l’amore per il ballo e la musica, rigorosamente italiana, specie degli anni ’60, come abbozzato già in “Aprile”.

La pellicola, indubbiamente gradevole, mostra un Nanni Moretti che, come molti suoi colleghi, dopo anni e anni di produzione cineastica di ottima qualità estetica e narrativa, palesa una disillusione per la contemporaneità e uno scetticismo per il futuro, rivolgendo, alla fine, la propria curiosità solo al passato, magari per rimodellarlo.

Fabrizio Giulimondi




venerdì 14 aprile 2023

“L’ESORCISTA DEL PAPA” di JULIUS AVERY

 


L’esorcista del Papa” di Julius Avery, ossia una occasione mancata! Il famoso Padre Gabriele Amorth – morto nel 2016 – viene tratteggiato in modo caricaturale, assomigliando più a Sean Connery ne “Il nome della rosa” che a Padre Merrin nel film cult “L’esorcista” da cui, però, il regista copia ampi passaggi narrativi e scene clou.

La realtà è che tutti cercano di imitare l’opera del 1973 di William Friedkin ma nessun neanche vi si avvicina.

Una occasione persa perché, dai tanti e contenutisticamente corposi libri di Padre Amorth, poteva essere tratta una pellicola di grande interesse cinematografico ed artistico.

V’è da dire che vi sono alcuni spunti inventivi relativi alla Santa Inquisizione spagnola di qualche interesse.

La stessa scelta degli attori è errata a causa della abissale differenza fisica e nel modo di parlare ed atteggiarsi di Russell Crowe con Padre Amorth; parimenti Franco Nero con San Papa Giovanni Paolo II.

Forse è meglio occupare il proprio tempo a leggersi gli scritti del grande esorcista piuttosto che vedere questo film.

Fabrizio Giulimondi




domenica 2 aprile 2023

"UNA FAMIGLIA RADICALE" di EUGENIA ROCCELLA (RUBBETTINO)

 





La lingua mi sembrava terribile, un impasto di suoni indistinti, e pensavo con una punta di risentimento a mia madre che riteneva il dialetto siciliano indecifrabile. Ero passato in un attimo da un mondo in cui era tutto familiare e protettivo, a un ambiente straniero in cui mi muovevo come una sonnambula muta.”.

Una famiglia radicale” di Eugenia Roccella (Rubbettino) è un romanzo morbido, intimo, emozionante, commovente, ironico, delicato, biografico e autobiografico, che induce alla riflessione. La Roccella compie un percorso che dal mondo laico, anticlericale e radicale si infrange nella fede, nella morte, nel coma, nella finitudine, nella malattia, nel fallimento, nella dicotomia dell’individuo con la persona e dell’autodeterminazione assolutizzante con la determinazione diretta dall’Alto.

È un cammino corporeo e immateriale, visibile e spirituale, che vede nel paesino siciliano di Riesi l’inizio e la fine, l’Hora di Carmine Abate che per l’Autrice costituisce il rifugio dell’anima, l’Eden, la sua piccola patria, luogo natio da cui non si distaccherà mai e che la farà rimanere bambina e figlia anche una volta divenuta una combattente femminista. Riesi è il luogo impalpabile dei ricordi, degli antichi affetti che conducevano a tavola tutti, nessuno escluso, anche anziani e malati. La cucina era il cuore pulsante delle esistenze e rendeva irremovibile ed intramontabile il passato. Della cucina si sentono gli odori di pietanze perse nel tempo, si ode il crepitio del fuoco, giunge il profumo acre del fumo del fuoco attaccato agli abiti di Peppina ed il pungente sentore di cipolla promanante dalle sue mani.

Tutto quello che di Riesi mia madre detestava, io lo amavo. Sguazzavo nel mare di amicizie, parentele e vicinato come un pesce felice: era la mia acqua, priva di insidie e pericoli. In paese non c’era quella netta separazione tra vita degli adulti e dei bambini che con sorpresa avrei poi sperimentato poi a Roma. La comunità familiare e amicale, includeva tutti, anche anziani e disabili, e ogni anomalia e stranezza individuale era assorbita.”.

Pagine intense sul padre Franco, uno dei fondatori del Partito Radicale, sulla di lui moglie e madre di Eugenia, Wanda, sulle dinamiche familiari fra i genitori e fra questi ed i figli, tra i fratelli e fra i nonni, gli zii ed i loro nipoti.

L’epistolario i cui protagonisti sono Marco Pannella e Franco Roccella scatena brividi lungo la schiena per la profondità del pensiero e la asperità del linguaggio.

La mano di Dio che non si era voluto percepire, nonostante fosse stata sempre presente, viene poi avvertita ed il senso della esistenza umana e della sua fine assume un significato diverso.

Perché racconto tutto questo, rischiando di sminuire l’immenso fascino umano e intellettuale di Franco, l’intensità del suo mondo interiore, e di sovrapporgli una figura vagamente caricaturale? Perché ‘agli uomini capita di attraversare la vita, di occupare posti importanti e di morire senza arrivare mai a sbarazzarsi del bambino rannicchiato nell’ombra’. A lui è accaduto.”.

Fabrizio Giulimondi