L’incontro
fra cinema e letteratura, tra partigiani, resistenza e film, avviene nelle
suggestive pagine del saggio di Enzo
Natta “Ombre sul sole, storie di
uomini-contro: Bottai, Lulli, Rossif” (edizioni Tabula Fati).
“Quale il rapporto fra la storia e il cinema?
Il cinema può essere una fonte storiografica?”
L’Autore
cerca di fornire una risposta attraverso la vita di tre personalità che hanno
inciso con le proprie azioni sugli ultimi anni del regime fascista e sul
tramonto della seconda guerra mondiale.
Giuseppe
Bottai, prima Ministro delle Corporazioni e, poi, della Educazione Nazionale (in
tale veste immaginò la introduzione dello studio dell’arte cinematografica fra
le discipline scolastiche), dopo aver votato la notte fra il 24 e il 25 aprile
1943 l’ordine del giorno proposto da Grandi al
Gran Consiglio del Fascismo, determinando
così la fine della dittatura mussoliniana, fuggì in Africa per entrare nella Legione Straniera, mettendosi in luce con
eroiche azioni contro le truppe naziste e repubblichine.
Frederic
Rossif, documentarista e regista francese, come milite della Legione Straniera fu aggregato al corpo di
spedizione francese in Italia, dove partecipò, al termine del maggio del 1944, all’audace colpo di mano che permise agli Alleati
di liberare Roma ed impedire il rapimento di Papa Pio XII da parte dei nazisti.
Folco
Lulli, attore dotato di intensa capacità comunicativa e di rilevante efficacia
drammatica, convinto fascista prese parte alla campagna d’Etiopia. Entrato in
crisi a seguito della alleanza dell’Italia di Mussolini con la Germania hitleriana,
entrò nelle formazioni partigiane badogliane di Martini Mauri.
Tutti
e tre sono “ombre del sole” che, secondo i miti raccontati nei poemi epici giapponesi,
sono macchie che hanno oscurato la chanson de gesta dei ronin, samurai disillusi e senza
padrone, dediti al sacrificio attraverso
una tardiva presa di coscienza, che si riscattano non solo dai loro trascorsi, ma anche dagli
inganni subiti e dagli altrui tradimenti: “miti
rubati, eroi dimenticati, memorie perdute di uomini esiliati dalla Storia….ombre
del Sole, uomini senza identità, macchie che offuscano e che suscitano lo
sdegno della coscienza civile, offesa dai reiterati silenzi.”.
Fabrizio Giulimondi
E’
tempo di passare la parola ad un amico
di capacità critiche ed estetiche ben superiori alle mie, Rocco Cesareo.
La lotta contro il potere è la lotta della memoria contro l’oblio.
Milan Kundera
Scrittore e critico
cinematografico, Enzo Natta nel suo “Ombre sul sole – Storie di uomini contro:
Bottai, Lulli, Rossif” per conto di Edizione Tabula Fati – Solfanelli Editore,
specula sulle interazioni tra cinema e storia: il cinema può essere considerato
uno strumento d’indagine storiografica? In altre parole, realtà storica e la sua
“riproducibilità artistica” (film, romanzi, opere liriche e via discorrendo) possono
convivere al punto tale da parlare di “fedeltà” ogni volta che s’incontrano? E più in generale si potrebbero forse fissare
eventuali “paletti” rispetto agli avvenimenti narrati? Insomma le questioni
sollevate da Natta sulle relazioni pericolose fra cinema e storia nell’epoca
della “riproducibilità” del passato, sono già da molto tempo oggetto di acceso
dibattito e non a caso l’autore, fra le molte citazioni di cui il libro è
ricco, ricorda da subito “La caduta- gli ultimi giorni di Hitler” un film del
2004 del regista tedesco Oliver Hirschbiegel (tratto dalla biografia su Hitler
dello storico tedesco Joaquim Fest e dall’autobiografia di Traudl Junge “Fino
all’ultima ora. Le memorie della segretaria di Hitler, 1942-1945”) con uno strepitoso
Bruno Ganz nei panni del dittatore. La vicenda ripercorre fedelmente, anche
grazie al diario della sua assistente Traudl, gli ultimi giorni di vita del
dittatore dal giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno (20 aprile 1945) fino
al suicidio nel bunker di Berlino poco prima della resa incondizionata della
Germania. Una pagina di storia forse poco esplorata dagli storici di
professione, ma che proprio per questo, non ha mancato all’uscita del film, di
suscitare un’onda “emozionale” fatta da una miriade impressionante di articoli,
recensioni, dichiarazioni pubbliche, ricordi ancora vivi, ora pro, ora contro
il film, che hanno interessato a vario titolo, intere generazioni di esseri
umani, con un’intensità tale da stordire gli stessi autori del film (produttori,
sceneggiatore, regista, attori). Ma a tale proposito forse la spiegazione più esatta
la fornisce lo stesso Fredèric Rossif che nella sua intervista a Enzo Natta
parlando di nuove frontiere della storiografia dice “Alla storia ufficiale,
dove le istituzioni assurgono al rango di protagonista e consegnano ai posteri una
versione codificata, bisogna contrapporre la storia totale, dove protagonista è
il sentimento popolare. C’è più verità nelle immagini di Combat Film, che in
centinaia di documenti. La vera storia è scritta nei volti fissati da John
Huston, da John Ford, da Frank Capra, e in quegli stessi volti voglio tornare a
leggerla”.
La questione è probabilmente più
complessa di come la poneva Rossif a cominciare dalla classica opposizione,
secondo la famosa definizione coniata dallo storico Bazin, tra registi che
credono alla “realtà” e coloro che credono all’ “immagine”. In parole più
semplici all’inquadratura asciutta, severa e un po’ marginale di Rossellini, è
stata da sempre contrapposta quella elaborata, fiammeggiante, di De Sanctis,
quale delle due potesse in qualche modo evidenziare meglio la nascente società
industriale, con i suoi modelli e bisogni simbolici tipici della società dei
consumi. Ma questa è, del resto, la stessa domanda che si è posta l’autore del
libro, ossia la teorizzazione consapevole del cinema come mezzo di
comunicazione e infine del rapporto, come si dice oggi, fra vita pubblica e
privata.
E alquanto private e di
conseguenza sconosciute sono le vicende indagate da Enzo Natta nel suo bel
libro sull’avventura umana e politica di Giuseppe Bottai, Frédéric Rossif e
Folco Lulli, della loro ricerca di clandestinità: per Bottai e Rossif nella
Legione Straniera; per Lulli nelle formazioni partigiane. Esse possono apparire
in apparenza distanti se non addirittura contrapposte e sono invece assolutamente
vicine e confluenti nella loro ricerca di riscatto. Le loro sono “storie
rubate”, ombre sul sole appunto, mai raccontate perché ritenute scomode,
tutt’al più buone per qualche confidenza nascosta da “vrai des vrais”, nascondendo
la commozione dietro una nuvola di fumo, davanti a una bottiglia di “vin de
sable” fresco al punto giusto.
Bottai, volontario e ufficiale degli arditi nella prima guerra mondiale, partecipò
alla marcia su Roma del 1922. Fu anche fondatore di “Critica fascista”, unica
voce accreditata del regime mussoliniano. Sua fu la redazione della Carta del
lavoro, base dell’ordinamento corporativo, e della Carta della Scuola che
prevedeva anche l’insegnamento del cinema nelle scuole di ogni ordine e grado. Eroico e leale sostenitore dell’ideologia fascista che lo portò a
combattere come ufficiale degli alpini in Albania, nel 1943 deluso e preoccupato
per le sorti del Paese, fu tra i promotori e firmatari della mozione Grandi che,
il 25 luglio di quell’anno porto alla deposizione e successivamente all’arresto
di Mussolini. Dopo l'occupazione nazista di Roma sfuggì alla cattura, grazie
agli appoggi di cui godeva in Vaticano, fra cui quella di Monsignor Montini,
futuro papa Paolo VI. Dopo essersi nascosto in diversi Istituti religiosi,
decise di rinunciare a una vita da fuggiasco che certamente non sentiva propria
e in un impeto di riscossa e in qualche modo di riscatto nelle degenerazioni
finali del fascismo, riuscì ad arruolarsi nella legione
straniera con il nome di Andrea Battaglia e successivamente Andrè Jacquier.
Con questa divisa, indossata per
sfuggire al passato a quarantanove anni troppi anche per la Legione Straniera
che pure non andava troppo per il sottile quando si trattava di arruolare,
Bottai fu protagonista di una singolare impresa in Provenza dove al comando di
quaranta legionari e contro lo stesso Alto Comando francese che non vedeva di
buon occhio l’avanzata legionaria, grazie ad un singolare stratagemma ideato
dallo stesso Bottai, tagliò in due la Provenza mettendo in fuga i soldati tedeschi. Di
questa straordinaria impresa militare non vi traccia né nei libri di storia, né
nelle memorie dello stesso Bottai. Fu il giuramento al silenzio che tutti i
legionari sono tenuti a fare quando termina il loro ingaggio? Certo gli storici
militari hanno raccontato la liberazione della Provenza secondo la versione
ufficiale dell’Alto Comando, dando credito ai rapporti forniti dallo Stato Maggiore.
Ma le vieux des vieux sanno che andò diversamente e gli avevano già affibbiato
un altro soprannome: Sun Tzu.
Questa è dunque la tesi del libro di
Enzo Natta, venuta alla luce, è proprio il caso di dirlo, grazie alla sua
amicizia con Frèdèric Rossif, regista e documentarista di fama, autore di
celebri capolavori come Morire a Madrid. Fu proprio questo francese d’adozione,
ma di origine montenegrina e nipote della Regina Elena, che andando a
intervistare un superstite dei vielles moustaches nella casa di riposo a pochi
chilometri da Aix en Provence, facendogli infrangere un solenne giuramento, si fece
raccontare la verità sullo sbarco in Provenza del 1944. Roussif si trovava a
Roma diciottenne dove frequentava la facoltà di matematica, quando allo
scoppiare della guerra decise di parteciparvi e raggiunta Alessandria si
arruolò anche lui nella Legione Straniera per poi tornare in Italia aggregato
al corpo di spedizione francese, e partecipò
alla liberazione di Roma con un'azione di commandos
toccata alla pattuglia della Legione Straniera di cui faceva parte e organizzata dagli alleati stremati dalla
resistenza nazista. Nel
dopoguerra, ormai noto come documentarista e originale autore cinematografico,
oltre al già citato “Mourir à Madrid”, va almeno ricordato “Le temps du ghetto”,
Rossif, che con facilità slava parlava anche l’italiano, venne a Roma per
organizzare documentari e fu proprio a Cinecittà che conobbe, diventandone
amico, Enzo Natta.
Terzo protagonista dell’opera è Folco
Lulli (1912-1970). Intrigante personaggio del cinema Italiano del dopoguerra,
molti lo ricordano come coprotagonista di peso in molti film fino agli ultimi
anni ’60 e spesso con registi di primo ordine come Lattuada, Camerini, Soldati
(con cui Lulli avrebbe dovuto girare “Fuga in Francia” ma in realtà, il film
come raccontava Lulli, fu interamente girato da Pietro Germi perché Soldati era
malato….) e poi ancora, Steno, Monicelli, Fellini, e soprattutto Henri-Georges
Clouzot nel cui “Le salaire de la peur” del 1953 al fianco di Yves Montand, è
uno dei quattro delinquenti reclutati per trasportare un pericoloso carico
esposivo. Dalle note di Natta viene fuori una figura umana e patriottica che
non si credeva di poter sospettare in Lulli. Fu partigiano in Piemonte dal 1943
subito dopo l’8 Settembre e combattè insieme a Beppe Fenoglio l’autore de “Il
partigiano Johnny”.Catturato dai tedeschi Lulli, uomo di fiducia di Mauri,
partecipò allo smantellamento di una pericolosa rete di spionaggio nazista.
L’analisi su una corretta
metodologia d’indagine storica applicabile al cinema, è quindi, come abbiamo
visto, da decenni al centro del dibattito culturale. Il risultato comunque sia,
rimane particolarmente avvincente, se è vero che cinema e storia, sono comunque
uniti in modo indissolubile, gremiti entrambi di gesta eroiche e slanci
romantici, d’imprese gloriose spesso compiute da “ Vite in Esilio” o, come li
chiama Enzo, Ombre sul sole. Si può
concludere, affermando che se il cinema ha una capacità unica di evidenziare con
grande efficacia le contraddizioni dell’uomo spesso nei momenti cruciali,
subito dopo si pone il problema dell’imparzialità storica perché la
rappresentazione che di essa si da, è talmente potente e ricca di suggestioni
da contribuire indelebilmente alla formazione del messaggio che passerà ai
posteri.
Se il cinema è una sequenza d’immagini
in movimento, la Storia
è vita, quindi occorre essere sempre estremamente attenti alla ricerca della
esatta percezione del momento storico in tutta la sua complessità.
Per concludere e tornando alle tesi di Enzo
Natta, chi possono essere oggi i suoi “ Uomini contro”, quali “Le ombre sul sole?”
quali ingiustizie dovranno patire per la loro diversità, per il loro essere
perennemente e felicemente preda de “le Cafard”, come legionari ebbri di fresco
“ vin de sabre” che bramano il deserto?
Rocco Cesareo