“Ti volevo dire”, opera prima del giornalista Daniele Bresciani(Rizzoli).
Una ragazzina quindicenne milanese trova il padre morto di infarto al
letto e il trauma le toglie l’uso della parola. Il percorso per ritrovare la
favella non avverrà solo con la logopedia ma, soprattutto, attraverso la pedissequa
ricerca del passato del padre, che in gioventù aveva avuto un altro grande,
forse, unico vero amore, durante il soggiorno per lavoro a Londra.
L’Autore si sforza di dare pathos, tensione emotiva, vibrazioni sentimentali
alla narrazione, ma non vi riesce in alcuna maniera. Solo nelle ultime pagine
al lettore pulserà un poco il muscolo cardiaco.
Fabrizio Giulimondi
Leggo ora la toccante recensione del libro “Ti volevo dire”.
RispondiEliminaQuante volte, ancora oggi dopo 23 anni, penso a questa frase. Penso a mio padre, scomparso nel giro di un mese a causa di un male che lo fulminò.
Si dice che un genitore non dovrebbe mai sopravvivere ad un figlio. Vero.
Ma altrettanto vero è il contrario. Perdere un genitore vuol dire perdere per sempre un faro. Perderlo negli anni dell’infanzia, poi, è come se quella luce si spegnesse sotto i tuoi occhi, di notte, mentre stai ancora navigando e non sai quanto ci vorrà per raggiungere la terra ferma.
A volte la rabbia della perdita è così forte da perdere la parola. E, soltanto attraverso l’elaborazione del lutto e la riconciliazione con i propri ricordi o non – ricordi, quella “parola” può tornare ad echeggiare nell’aria senza più alcun timore. E da quel momento in poi nella tua vita fai di tutto per dichiarare a coloro a cui vuoi bene: “Ti voglio dire”. E non avere così alcun rimpianto.
Grazie al caro Amico Fabrizio per aver regalato a noi lettori del Suo blog un’altra emozionante perla.
Fiora Fornaciari – Psicologa, Bari