Fra tutte le formazioni sociali che elaborano e traducono i dati della
realtà politica a livello di Stato - apparato, peculiare e preminente posizione
occupa il partito politico come associazione di individui accumunati da una
visione di parte degli interessi generali della Comunità statale. Elementi costitutivi del partito
risultano, pertanto, essere la pluralità di persone, il patrimonio e lo scopo.
In merito a questo ultimo e al suo raggiungimento non può non esservi una organizzazione stabile.
Il ruolo fondamentale della azione dei partiti nella vita ordinamentale dello Stato è
riscontrabile nella loro rilevanza costituzionale. Occorre distinguere una
posizione costituzionale del partito come strumento privatistico (associazione
non riconosciuta) indispensabile per la determinazione della politica nazionale, ed una situazione di vera e propria
incorporazione dello Stato come istituzionalizzazione ed attribuzione al
partito della qualità di organo stesso di formazione della volontà statale.
Questa bipartizione trova riscontro nei due diversi tipi di sistemi giuridici e
politici che l’occidente ha conosciuto: quelli delle democrazie bi o
multipartitiche e quelle – per fortuna
in via di estinzione – dei Paesi a socialismo reale.
L’incardinazione del partito
politico nella compagine costituzionale italiana è avvenuta nel 1948 in forza dell’art. 49
della Carta Costituzionale: ” Tutti i
cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con
metodo democratico a determinare la politica nazionale”. La disposizione in
esame costituisce una evidente specificazione dell’art. 18 Cost. (libertà di
associazione), che rende la costituzione di un partito politico non un diritto,
bensì una libertà.
Occorre chiedersi se solo i cittadini iscritti ai partiti concorrono
alla creazione della vita politica
nazionale. La risposta non può essere
che negativa alla luce della interpretazione testuale della espressione
“concorrere” utilizzata nel citato art. 49 Cost. e, della concomitante esistenza della libertà di
associazione sancita nell’art. 18 Cost., che danno luogo ad un pluralismo associativo teso a
contribuire allo “svolgimento della
personalità umana” (art.2 Cost.), al "pieno
sviluppo della persona umana e all'effettiva partecipazione alla organizzazione
politica, economica e sociale del Paese" (art.3 Cost.).
L’associazionismo politico, strutturato in partiti e non (pluralismo
politico), costituisce un valore
costituzionale ineliminabile ed immediatamente caratterizzante il nostro
ordinamento istituzionale: i partiti concorrono alla realizzazione della politica nazionale unitamente alle altre
forze politico-sociali.
L’azione dei partiti di partecipazione alla politica nazionale si svolge in seno al c.d.
Stato - comunità e non al c.d. Stato - apparato, ove si persegue un indirizzo
politico generale attraverso l’azione “di parte” del Governo. Il concorso alla
determinazione della politica nazionale è operato per mezzo del metodo democratico, che non deve indirizzarsi
solamente all’esterno della
struttura-partito (ad esempio: nella manifestazione
delle idee, nella soluzione da approntare per le questioni di interesse
generale o in costanza delle competizioni elettorali), bensì anche nella sua organizzazione
interna, nella esistenza di normazione quali statuti, atti costitutivi e vari interna corporis, oltre nel rispetto della o delle “correnti” di minoranza.
La funzione pubblica di rilievo costituzionale esercitata dal
partito può e deve indurre organi
statuali a ciò preposti a verificare certamente non l’aspetto più propriamente
ideologico di esso (a meno che esso non incida sui principi fondamentali della Repubblica, le libertà poste a base dell’ordinamento
giuridico italiano, i diritti
riconosciuti e garantiti dalla Carta Costituzionale e il diritto comunitario),
ma il contenuto delle sue fonti di
diritto, gli aspetti squisitamente
comportamentali a livello verticale fra
dirigenti, quadri e associati, oltre che orizzontale fra “pari grado”. Il
nostro ordinamento non conosce lo strumento previsto dall’art. 21 della
Costituzione germanica che assegna al Tribunale Costituzionale Federale il
potere di dichiarare la incostituzionalità di un partito politico qualora, per
la sua finalità o per il comportamento
dei suoi vertici o dei suoi simpatizzanti, si prefigge di danneggiare o eliminare
l’ordinamento fondamentale democratico e liberale o di minacciare l’esistenza
della Repubblica.
E’ il collegamento fra partito e
rappresentanza politica che negli ultimi anni è stato messo in discussione, al
pari del binomio rappresentanza e rappresentatività politica.
« Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco
di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo
esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo,
voluto. ». Così si espresse
alla Camera dei Deputati Benito Mussolini il 16 novembre 1922, dopo la Marcia su Roma del 28
ottobre 1922: il collegamento fra partito e rappresentanza politica era stato cancellato,
il binomio rappresentanza-rappresentatività annullato.
La storia in verità non insegna
nulla e i dittatori in camicia nera e i
tiranni in camicia bruna e rossa possono tornare, per questo è opportuno una
breve disamina su questi temi.
Si suole generalmente affermare
che l’elezione con metodo democratico di selezione dei governanti conferisce a
questi la qualità dei rappresentanti: ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione (art.67 Cost).
La figura della rappresentanza
tratteggiata dalla cennata disposizione non si identifica in nulla con l’omonimo
istituto civilistico. Il codice civile, agli artt. 1387 e seguenti, prevede che
i negozi giuridici stipulati dal soggetto rappresentante nel nome e nell’interesse
del soggetto rappresentato producono effetti direttamente in capo a quest’ultimo,
mentre la rappresentanza, qualificabile come politica, prevista nella Carta
Costituzionale, ha elementi costitutivi di ben altra natura: gli eletti non
rappresentano una determinata parte della collettività, ossia il partito o l’area
politica che li ha espressi inserendoli nelle liste elettorali, ma l’intera Comunità
nazionale; non sussiste alcun rapporto giuridico fra rappresentante e
rappresentato, non essendovi, a mente dell’art. 67 Cost, alcun vincolo di
mandato (il che comporta la piena libertà di azione e decisionale del parlamentare nel transitare per qualsivoglia
ragione da un gruppo all’altro e nel non adeguarsi alle direttive di voto del
capogruppo); non esiste il potere da parte degli elettori di revocare gli
eletti.
La rappresentanza politica, che
senza dubbio ha una consistenza ectoplasmatica, è stata definita dal Romano e
dal Biscaretti rappresentanza di interessi generali; dal Mortati rappresentanza
di interessi collettivi visti nel loro insieme; dal Lavagna rappresentanza di
opinioni; dal Giannini struttura organizzatoria intesa a collegare mediante
elezioni un gruppo ad un ente esponenziale; dal Balladore Pallieri come una
figura che caratterizza alcuni organi per il cui mezzo la volontà popolare è
presente nel governo dello Stato.
Quanto stabilito dalla Costituzione determina l’inevitabile sanzione di grave
incostituzionalità di quei comportamenti posti in essere da alcuni gruppi
dirigenti nello svolgimento della attività di controllo quasi manu
militari degli intendimenti politici dei componenti del proprio gruppo parlamentare, adoperando metodi somiglianti
più a quelli utilizzati da alcune sette religiose o presunte tali, che alle
consuete metodologie di dialettica politica interne ai partiti, che per
tale ragione di devono dotare statutariamente di organi interni ove mediare le
diverse tesi in gioco (Consigli, Congressi, Giunte Esecutive, Uffici di
Presidenza, Gran Giurì et similia)
Rappresentanza (politica) e rappresentatività
vanno tenute distinte fra di loro.
La prima attiene al momento della
autorità, la seconda a quello della libertà e trova il suo fondamento nel
consenso, nella corrispondenza e nella
adesione al sentimento popolare da parte degli eletti, nella consonanza fra
governanti e governati, quando i primi riescono a tradurre in termini normativi
i valori e le istanze dei secondi.
Ho dipinto sinteticamente – e me
ne scuso – a mo' di quadro espressionista, argomenti che meriterebbero ben altra stesura
e impegno, ma talora anche poche pagine possono far intendere all'accorto
lettore ciò che si vuole significare.
La democrazia da quando il Popolo
italiano ha cessato di cantare Giovinezza ha già avuto una prima degenerazione
nella “sondocrazia”, in cui le società demoscopiche da strutture di
accertamento del sentire popolare su qualsivoglia vexata quaestio, si sono tramutate in organismi di condizionamento della medesima ad opera del committente di turno.
Ora la democrazia sta subendo una
ancor più terribile minaccia, la webcrazia, strumento utilizzato simulatamente
per effettuare il passaggio dalla democrazia rappresentativa (corpo elettorale
- elezione dei rappresentanti parlamentari – nomina del governo; oppure corpo
elettorale, nomina immediata non solo dei rappresentanti parlamentari ma anche
del Capo dello Stato o del Governo) alla democrazia diretta. Il web che
interloquisce immediatamente, in tempo reale, fra istanti e decidenti, tra corpo elettorale e governanti, nella
panacea della immedesimazione di rappresentato e rappresentante, in cui il
rappresentante è il rappresentato perché nell'istante del bit v’è la traduzione della volontà popolare nella formulazione
giuridica-legislativa-politica.
Cinquantadue milioni di morti nella seconda
guerra mondiale; cento milioni di morti ad opera dei vari regimi comunisti; sei milioni di
ebrei sterminati dall'Orrore nazionalsocialista; tre milioni sterminati da Pol Pot in Cambogia;
decine di morti anche per denutrizione grazie a Mao che amava tanto il suo Popolo e lo rappresentava direttamente
contro l’imperialismo americano, capitalista e borghese; un guerra civile in
Italia che ancora permane perché al Duce
servivano poche migliaia di morti per
sedersi al tavolo della pace.
Le dittature e le tirannidi spesso
non si impongono con un putsch o con
una blitzkrieg, ma si insinuano nascostamente prima nelle
menti e nei cuori delle persone, per poi
installarsi saldamente nelle loro anime. Ebrei e armeni non sono stati
sterminati in un giorno solo, ammantandosi il Male Assoluto di umanità, proprio come sta
avvenendo in questi anni con le
normative olandesi sulla eutanasia che
sta provocando la morte di migliaia di malati mentali o il progetto down syndrome
free in Svezia.
Il web che sto adoperando in
realtà è un non luogo, dove persone senza volto, anonime, che si nascondono spesso dietro ad un nickname, possono dire
qualsiasi cosa senza controllo, spesso senza potere essere sanzionate
penalmente o civilmente, senza che le eventuali affermazioni erronee, false o
infondate possano essere – se non percorrendo
una procedura complessa
e farraginosa – rimosse ( V. il mio articolo su questa stessa Rubrica
sul “diritto all’oblio”): tutto è riposto al discernimento degli utenti, discernimento posseduto
anche dai tedeschi nel 1933 e dai sovietici nel 1917 .
Calato lo strumento democratico
nel sistema informatico sorgono, fra i tantissimi, due enormi problemi.
Nel primo ci imbattiamo con il Titolo
IV (rapporti politici) della Costituzione (artt.49-53) che indica come condizione necessaria ed imprescindibile il
possesso della cittadinanza italiana da parte di coloro che esercitano, ad esempio, il diritto al voto
(comunale, regionale, nazionale,referendario): il web consente anche allo
straniero abitante ai confini della Terra di intervenire e partecipare.
Secondo ostacolo di non poco momento:
quali sono gli organi accertatori, validatori e verificatori della correttezza
procedurale in relazione ad una realtà quale
il web che ingloba “Tutto e il suo esatto contrario ” e che neanche gli
organismi preposti alla sicurezza nazionale di Paesi come gli Stati Uniti o Israele
riescono a “gestire”?
Spero che la storia qualche cosa
ci insegni.
Fabrizio Giulimondi
La presente pubblicazione è
depositata alla SIAE e tutelata a sensi della normativa vigente sul diritto
d’autore.
Provvederò a citare il giudizio
dinanzi l’Autorità Giudiziaria competente chiunque copi totalmente o
parzialmente il testo senza il mio consenso preventivo.
Fabrizio Giulimondi
Bellissimo articolo ed analisi! Grazie!
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