“Napoli
– New York” di Gabriele Salvatores è uno “Sciuscià” rivisitato e
visto con gli occhi di un regista degli anni 2000.
L’interpretazione
è magistrale. Le espressioni mimiche dei giovanissimi protagonisti lasciano il
segno e coinvolgono empaticamente ed emozionalmente il pubblico dalla prima all’ultima
scena.
Dea
Lanzaro nel ruolo di Celestina (dieci anni) e Antonio Guerra
in quello di Carmine (quindici anni) sono due autentici prodigi, due veri
portenti. Il viso di Celestina, da quando esce viva dalla esplosione della bomba
della Seconda guerra mondiale (siamo nel 1949 a Napoli) sino all’ultima
immagine che la ritrae a New York durante la “sfida esistenziale” giocata barando
a carte, è pura narrazione corporea, fisica, mimica, vera, autentica e verace, di sguardi smorti e visi apatici, di volti rassegnati o pronti a tutto perché tutto hanno già conosciuto.
Uno sguardo intenso e semplice, un viso come pochi, proteso verso il
futuro, pronto a conoscere tragedie già vissute o magari un’altra vita, il cui solo
pensiero dipinge un sorriso dolce e sognante.
Pierfrancesco
Favino oramai ci ha abituato a performance di alto livello.
La sua statura di attore si conferma anche in questa prova.
Dagli
Appennini alle Ande, da Napoli a New York, insieme alle storie, drammatiche o
gioiose, di centinaia di migliaia di italiani che hanno lasciato tutto - o
niente – per andare verso un nuovo orizzonte con lo skyline della Grande Mela.
Credo che alcuni David di Donatello saranno assegnati a questa pellicola e, presumibilmente, ai due suoi incredibili, straordinari, unici attori-ragazzini.
Fabrizio
Giulimondi
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