“Liberi
di scegliere” di Giacomo Campiotti, è un film liberamente ispirato
alla vita del giudice Roberto di Bella (uno straordinario Alessandro
Preziosi interpreta la toga Marco Lo Bianco), prima Presidente del
Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, poi di Catania.
Di
Bella fu il primo magistrato che decise di rompere i legami familiari fra i
figli dei boss e le loro famiglie adottando provvedimenti di sospensione o
decadenza dalla potestà genitoriale.
Dal
2012 quaranta ragazzini sono stati salvati così.
Dal
2012 madri e mogli sono state salvate così.
È un’opera
sulla solitudine di chi, nel decidere, rifiuta di adeguarsi alla stantia
reiterazione di decisioni. Quello del protagonista è coraggio vero, non avendo
nulla a che fare con le locuzioni “virilità” o “coraggio” con cui si traduce l’etimo
greco della parola 'Ndrangheta: andraghatía.
Le
decisioni che contano comportano sofferenza, dolore e audacia: il vero audace è
colui che, pur avendo paura, va avanti lo stesso.
Il
futuro si cambia con le decisioni di chi non si adegua, di chi, pur pieno da
mille timori, non si ferma.
L’appartenenza
alla 'Ndrangheta (con un fatturato mondiale annuo di 53 miliardi di euro) non è
una scelta ma una eredità; è contrapposizione fra un’accezione degenere di
famiglia e lo Stato; è vincolo di sangue che sparge sangue.
La
famiglia Tripodi è una 'Ndrina e tutti i suoi componenti o sono morti
ammazzati o stanno in galera, anche al 41 bis. Non vi sono vie di scampo, né di
fuga, non v’è alcuna scelta né autonomia decisionale.
Il
film si incentra su quelle scelte, sulle alternative alla vita da ratti dei
miliardari capi mafia, sulla libertà e la libertà di scelta.
Giovanni
Tripodi aveva intenzione di cambiare vita ma il sangue infetto dalla
“mafiosità” ha prevalso. Il fratello Domenico il cambiamento lo compie, con la
sorella Teresa.
Il
cambiamento è travaglio, dolore, presa di coscienza, pianto, liberazione. Il bagno
in mare di Domenico con i suoi compagni di comunità è una esplosione
liberatoria di gioia e di un nuovo senso della propria esistenza, scena ben
lontana da quella plumbea di “Gomorra”.
È un lavoro
cinematografico sulle mine vaganti, su come inceppano il sistema e lo fanno
impazzire, al pari di cellule portatrici di molecole che invece di fare
ammalare l’organismo lo sanano.
“Liberi
di scegliere” mostra senza infingimenti la tragedia di essere madri, mogli,
figli e figlie di mafiosi, descrivendo la forza centrifuga che vorrebbe farli
fuggire, costretti invece a rimanere dalla forza centripeta della Terra e della
famiglia. Lo spettatore vive questo dramma e avverte la potenza evocatrice di
parole come scelta, libertà, alternativa, cambiamento, vita da fogna che muta in
vita piena, che sa dell’odore della stazione e del treno che porta verso nuovi
orizzonti e dell’abbraccio di due fratelli che hanno un sorriso, finalmente autentico
e non più chimico, dipinto sul viso.
Fabrizio Giulimondi
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