“Uscire dalla pelle del dottor Romand
significava ritrovarsi senza pelle. Più che nudo: scorticato”.
“L’Avversario” di Emmanuel Carrère (Adelphi,
2013) è un libro scioccante basato su una storia vera. Nonostante sia come un
lungo racconto che può essere letto in poche ore, “L’Avversario” crea problemi di non poco momento nel lettore, che
deve ripetutamente frapporre fra il libro e se stesso più di una interruzione
per placare lo stato di disagio che avverte nel suo animo.
Il 9
gennaio 1993 è la data di un crimine mostruoso compiuto in Francia: un uomo
uccide a sangue freddo la moglie, i due figli, il padre e la madre.
Quest’uomo
per diciotto anni ha costruito una dimensione esistenziale e professionale del
tutto inesistente. Famiglia e figli hanno pensato che lui fosse ciò che non è
mai stato. Quest’uomo per diciotto anni ha mostrato al mondo quello che sotto l’aspetto
umano e lavorativo non è mai esistito. Per diciotto anni la finzione ha sostituito
la realtà, la menzogna la verità visibile.
Bastavano
semplici e banali controlli per capire che era tutto falso, ma quei semplici e
banali controlli nessuno in diciotto anni li ha mai posti in essere.
Il
lettore, grazie alla raffinata capacità narrativa di Carrère, è gettato in un reticolato mentale inestricabilmente tessuto
con i fili del falso pedissequamente sostituito al vero. La penna dell’Autore
intinge nei neuroni allucinatori del protagonista che viene travolto dal
proprio incubo, incessantemente fabbricato in diciotto anni di falsità che
figliavano falsità e ancora falsità. Il protagonista è solo l’artefice originario
delle menzogne per poi divenirne nel lungo termine la vittima.
Pirandello
assume le vesti di complice letterario inconsapevole di una agghiacciante strage.
L’inganno
non cessa mai, nemmeno durante il processo, neppure dopo la condanna, neanche
in carcere e la stessa fede religiosa e la conversione non sono altro che l’ennesimo
prodotto dell’”eterno Avversario”.
Psichiatria,
ritualità quotidiana e familistica e letteratura partoriscono un lavoro che
getta chi lo legge in una perturbante riflessione di non facile soluzione.
Uno
scritto profondo per menti profonde e culturalmente attrezzate.
Fabrizio Giulimondi
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