“Mi rifaccio vivo” che vede Sergio Rubini regista e attore
(bravo come al solito in entrambi i ruoli), insieme ad un cast di tutto
riguardo del miglior cinema italiano, come Margherita Buy (protagonista del già
commentato - in questa Rubrica - Viaggio da sola), Lillo Petrolo (che ho più
volte ritenuto dare il meglio di sé più sul piccolo schermo che sul grande),
Vanessa Incontrada (che dire: bella e brava!), Neri Marcorè (sempre migliore),
Emilio Solfrizzi (con la solita mimica e gestualità che lo caratterizza per la sua peculiarità e
straordinarietà, molto simile a quella adoperata nella nota sit com televisiva con Michelle
Hunziker) ed Enzo Iacchetti (che non ha
bisogno di presentazioni).
Classica commedia brillante con finale sentimental-umanitario sulla
riscoperta di se stessi e dei valori fondamentali della vita (per dirla con
Renato Zero “dietro al portafogli un
cuore ancora c’è ”), con accenni un po’ pirandelliani (quello che uno
mostra di sé non è il suo vero essere, ossia, filosoficamente parlando,
l’apparire sull’essere, cioè l’essenza del mondo occidentale contemporaneo).
La storia è semplice e piena di gag e riproduce l’eterna lotta fra la
persona perfetta e conoscitrice di tutto, titolare di una enorme dose di fortuna (un po’ come il
personaggio di Walt Disney Gastone) e
il sempiterno sfigato a cui la vita è stata
rovinata sin da bambino dal primo, che lo sovrasta in tutto.
Alla fine il Paperino della
situazione si suicida (e anche in tale occasione in maniera improvvida) e va a
finire nell’Aldilà, dove scopre che non v’è un Dio ad attenderlo, ma Karl Marx
in persona che, su intercessione di Sergio
Rubini, lo rimanda una settimana sulla Terra, a mò di bonus, per dargli un’altra
possibilità e rimediare alla sua esistenza da “padrone” (in vita era un
imprenditore) e, quindi, sfruttatore degli oppressi e del proletariato. Lo sfortunato non sarà più tale perché
prenderà le vesti dell’amico - altrettanto efficientissimo - del suo insopportabile antico contendente.
Anche in questo nuovo ruolo, di contro, non riesce realmente a vendicarsi e a mettere
in difficoltà il tutto lui, che tale
però non è, nascondendo invero paranoie, difetti e gravi limiti.
Il passaggio in Paradiso e il
ritorno in questo mondo ricorda fortemente
il bellissimo film “Il paradiso può attendere”, oltre ad esservi sicuramente un richiamo
alla nota pellicola “Il piccolo diavolo”, ogni volta che il nostro reincarnato passa
davanti ad uno specchio mostrando il precedente aspetto fisico (quello prima
del decesso), al posto di quello “adottato”
durante il ritorno terreno post
mortem.
Esilarante per buona parte della proiezione, con un finale uno zinzinino scontato e stantio.
Fabrizio Giulimondi
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